Il lavoro atipico in condominio

16 Ottobre 2017

Spesso in condominio, per ricerca del risparmio e della semplificazione amministrativa, ci si rivolge a forme di lavoro diverse da quelle tradizionali (lavoro dipendente ed in appalto): la legge permette diverse possibilità, che tuttavia occorre governare nel rispetto dei principi che le hanno ispirate. Diversamente si corrono rischi maggiori rispetto all'essere un comune datore di lavoro o un comune committente, e in caso di infortunio la presunta semplificazione genera notevoli inconvenienti.
Forme di lavoro tradizionale

In condominio, per ricerca del risparmio e della semplificazione amministrativa, capita spesso di rivolgersi a forme di lavoro diverse da quelle tradizionali (lavoro dipendente ed in appalto): la legge permette diverse possibilità, che tuttavia occorre governare nel rispetto dei principi che le hanno ispirate. Diversamente si corrono rischi maggiori rispetto all'essere un comune datore di lavoro o un comune committente, e in caso di infortunio la presunta semplificazione genera notevoli inconvenienti.

Semplifichiamo con uno schema le modalità di lavoro in condominio:

Con il lavoro dipendente o con il ricorso a imprese o lavoratori autonomi si può risolvere qualunque esigenza condominiale. Però spesso succede che l'amministratore o i condomini decidano di rivolgersi a forme di lavoro diverse, più o meno innovative, che possono permettere di risolvere necessità contingenti o di risparmiare denaro.

Esaminiamole una per una.

Il lavoro accessorio: i voucher

Non possiamo non parlare dei c.d. voucher, buoni lavoro oggetto di polemiche e definitivamente cancellati all'inizio del 2017, con residua possibilità di utilizzare i buoni già acquistati fino al 31 dicembre 2017. I voucher nascono come buoni per il «lavoro occasionale accessorio», nel 2013 l'occasionalità è stata espunta dalla legge e nel 2015 è stato modificato – certamente in modo opportuno – il contenuto dell'art. 3, comma 8, del d.lgs. n. 81/2008 che, in materia di sicurezza sul lavoro, prevedeva che un lavoratore con voucher rendesse il suo datore di lavoro soggetto a tutti gli obblighi del decreto, trasformando una semplificazione in un appesantimento burocratico assurdo e che portava all'inutilizzabilità dello strumento amministrativo. Attualmente l'art. 3, comma 8, prevede che ai residui lavoratori con voucher si applichi la normativa di sicurezza dei lavoratori autonomi, il che ha portato a consigliare cautele e autonomia in caso di utilizzo. Ma si spera che in condominio questa modalità sia ormai passata nel dimenticatoio, soprattutto dopo le recenti novità del legislatore.

Le prestazioni occasionali dopo i voucher

Dal giugno 2017 è vigente la l. n. 96/2017, che all'art. 54-bis regola le prestazioni di lavoro occasionale, che si differenziano dal lavoro autonomo occasionale (di cui parliamo al prossimo paragrafo) per l'esenzione dell'imposizione fiscale e per la particolare modalità attuativa; questa forma di lavoro ha, nelle intenzione del legislatore, preso il posto dei voucher.

Nel corso di un anno il prestatore d'opera non può ricevere in questa forma compensi maggiori a 5.000 euro (2.500 euro massimo per utilizzatore) e un utilizzatore non può spendere più di 5.000 euro l'anno in questo tipo di prestazioni occasionali (quindi con almeno due diversi prestatori d'opera). I prestatori sono assicurati automaticamente a INPS e INAIL ed hanno diritto a pause e riposi e, ai fini della sicurezza sul lavoro, sono espressamente tutelati dall'art. 3, comma 8, del d.lgs. n. 81/2008, come può evincersi dal relativo testo che segue:

«8. Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro accessorio, le disposizioni di cui al presente decreto e le altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori si applicano nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista. Negli altri casi si applicano esclusivamente le disposizioni di cui all'articolo 21. Sono comunque esclusi dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto e delle altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori i piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili».

L'unico caso di esclusione riguarda il lavoro domestico, ma abbiamo già rilevato come il lavoro per un condominio non sia mai inquadrabile come domestico. Per i lavori non domestici, il comma 8 distingue gli obblighi di committente imprenditore (una società immobiliare, per esempio) o professionista, per il quale è da applicare interamente il d.lgs. n. 81/2008, dagli obblighi di un committente non imprenditore né professionista, come il tradizionale condominio. In quest'ultimo caso si applicano solo le disposizioni dell'art. 21 d.lgs. n. 81/2008, che riguardano la tutela dei lavoratori autonomi, a carico degli stessi. Si ritorna quindi all'impostazione dell'ultima fase dei voucher, quando si doveva – per le scelte del legislatore – invocare e consigliare di lasciare massima autonomia al prestatore d'opera.

Certo, equiparare ai classici lavoratori autonomi professionisti un lavoratore non professionale, che sarebbe stato il target dei buoni lavoro ed è l'attuale obbiettivo di questa nuova forma di prestazione occasionale, non appare segnale di straordinaria comprensione del tema, ma tant'è. Bisogna comunque essere cauti, scegliere con ragionevolezza persone fisicamente idonee e non comportarsi da datori di lavoro «di fatto». Questi sono sempre buoni punti di partenza.

Il lavoro autonomo occasionale

Anche dopo le novità legislative della l. n. 96/2017, nel condominio è comunque possibile pagare prestazioni autonome occasionali con la cosiddetta ritenuta d'acconto. Questa prestazione occasionale è inquadrabile in un rapporto di lavoro autonomo alla luce delle disposizioni dell'art. 2222 c.c. sul contratto d'opera, per il quale si può definire lavoratore autonomo occasionale chi si obbliga a compiere, dietro corrispettivo, un'opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione, né potere di coordinamento del committente ed in via del tutto occasionale. Il lavoro autonomo occasionale si distingue quindi per:

- la completa autonomia del lavoratore circa i tempi e le modalità di esecuzione del lavoro, dato il mancato potere di coordinamento del committente;

- la mancanza del requisito della continuità, dato il carattere del tutto episodico dell'attività lavorativa;

- il mancato inserimento funzionale del lavoratore nell'organizzazione aziendale.

Dal punto di vista della sicurezza sul lavoro, il d.lgs. n. 81/2008 distingue chi esegue opere in due macrocategorie: i «lavoratori» di cui alla definizione dell'art. 2, comma 1, lett. a), ed i «lavoratori autonomi» di cui all'art. 2222 c.c. e con gli obblighi di cui all'art. 21 dello stesso d.lgs. n. 81/2008. I primi, che un tempo si definivano per semplicità «subordinati», devono rispondere alle direttive di un datore di lavoro, essendo inseriti nella sua organizzazione: devono essere tutelati dal datore di lavoro, come prescritto in tutto il citato d.lgs. I secondi, per definizione «autonomi», indipendenti e non inseriti in una organizzazione lavorativa, devono fornire un servizio secondo criteri, modalità, orari che decidono in autonomia e libertà: devono tutelarsi da soli, come prescritto all'art. 21.

Per comprendere l'esatta posizione di un lavoratore, ai fini dell'individuazione del titolare degli obblighi di tutela, la posizione fiscale è solamente uno degli elementi, e nemmeno il più importante. Quello che davvero rileva è l'effettività della prestazione: semplificando, un lavoratore non autonomo è soggetto a gerarchie, a direttive, ad orari, a vincoli contrattuali, e riceve attrezzature e materiali di consumo dal proprio datore di lavoro; un lavoratore autonomo non ha orari prefissati, esegue il lavoro come meglio crede, utilizzando attrezzature e materiali di proprietà, ai fini di rendere il servizio pattuito con il proprio committente.

Rapportando quanto sopra al condominio, l'amministratore che utilizzi lavoro autonomo occasionale e che rispetti sia fiscalmente che dal punto di vista di sicurezza sul lavoro quanto sopra descritto, è «committente» e non «datore di lavoro» (a meno che il condominio non abbia altro personale alle proprie dipendenze: custode, portiere ecc.). Il semplice committente di lavoro autonomo, secondo il d.lgs. n. 81/2008, non è obbligato ad ottenere alcuna documentazione di sicurezza, non essendo giuridicamente applicabile l'art. 26 del d.lgs. n. 81/2008 al committente che non sia anche datore di lavoro (come da numerose e ripetute indicazioni istituzionali). Appare però certamente opportuna la redazione di un contratto scritto che ribadisca la condizione di totale autonomia lavorativa.

È comunque da consigliare estrema cautela nell'affidamento di lavorazioni che espongano a rischi elevati, come il rischio di caduta dall'alto (per lavori con scale portatili o su alberi), i rischi chimico, di taglio, rumore, schegge, per l'utilizzo di prodotti ed attrezzature speciali da giardiniere; in questo caso sarebbe prudente – anche se non rigorosamente obbligatorio – ottenere dal lavoratore autonomo occasionale una dichiarazione che attesti il rispetto dell'art. 21 del d.lgs. n. 81/2008, la competenza tecnica e l'idoneità fisica all'esecuzione delle lavorazioni necessarie per svolgere il servizio concordato.

In ogni caso, qualora il committente si rendesse conto di situazioni di pericolosità durante le opere del lavoratore autonomo occasionale, sarebbe suo diritto (e secondo la giurisprudenza suo dovere) intervenire affinché le opere vengano interrotte.

Infine, non si può eludere il tema dell'applicazione dell'art. 26 del d.lgs. n. 81/2008 quando obbligatorio: un datore di lavoro (l'amministratore di un condominio con portiere, per esempio) non può rivolgersi ad un lavoratore autonomo senza richiedere – ex art. 26, appunto – anche l'iscrizione alla CCIAA. In questo caso quindi si esclude l'applicazione del lavoro «con ritenuta d'acconto» nei confronti di lavoratori occasionali privi dell'iscrizione alla Camera di Commercio. Ma la presenza del portiere probabilmente esclude a priori questa eventualità.

Esternalizzare il portierato

È più diffuso di quanto si pensi, in particolare nei condomini di nuova costituzione, l'interesse per la pratica di appaltare a società esterne il servizio di portierato. Il lavoratore «in appalto» svolge nel concreto la stessa funzione del tradizionale custode o portiere; in questo modo (pare essere il ragionamento di chi propone questa tipologia di appalto) il condominio può rimanere esente da responsabilità nei confronti della sicurezza del «portiere in appalto», perché quest'ultimo sarebbe tutelato dal proprio datore di lavoro. A supportare una siffatta soluzione ci sono diverse ditte – imprese di pulizie, cooperative, società di servizi ad ampio spettro – che propongono il servizio di portierato, sia temporaneo, sia permanente.

Se sulla prestazione temporanea non occorrono particolari approfondimenti, bisogna invece chiedersi se sia lecito un appalto «permanente» quale quello descritto, che appare a tutti gli effetti come una sostanziale fornitura di manodopera.

L'appalto (art. 1655 c.c.) è «il contratto con il quale una parte assume con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro». La mera fornitura di manodopera, un tempo vietata espressamente, oggi è normata come somministrazione di lavoro dal d.lgs. n. 276/2003 – c.d. «legge Biagi» - che prevede le figure del somministratore (sotto forma di un'agenzia autorizzata), dell'utilizzatore (l'azienda presso cui eserciterà il lavoratore) e del lavoratore stesso. Non è possibile per un'impresa qualunque, cioè per una ditta non autorizzata come agenzia del lavoro, «fornire» un lavoratore per un tempo determinato a soddisfare i bisogni di un'azienda terza (utilizzatore): per queste necessità ci sono appunto le agenzie del lavoro o, in casi diversi da quello esaminato, l'istituto del «distacco».

In cosa quindi consiste l'appalto di portierato conferito dal condominio ad una società? È un appalto regolare, con le caratteristiche dell'art. 1655 c.c., o è un'illecita fornitura di manodopera, senza alcun rischio d'impresa?

I grandi proprietari immobiliari (istituti di credito, assicurazioni, fondi pensione) utilizzano questo tipo di appalto per il personale di custodia rispettando sostanzialmente le previsioni di legge: i dipendenti delle società di servizi variano periodicamente, eseguono esclusivamente e tassativamente solo quanto indicato in contratto e ricevono ordini solo dai propri superiori e non dalla committenza.

Nel condominio invece il servizio di portierato «in appalto» si risolve spesso in un dipendente mascherato da appaltatore, sempre la stessa persona da anni, che svolge funzioni di dipendente condominiale «di fatto», con attrezzature e dispositivi di protezione decisi e forniti dal condominio, soggetto a direttive impartite dal condominio, con valutazione dei rischi lavorativi (che in teoria spetterebbe al datore di lavoro della ditta appaltatrice) che sono quanto meno carenti se non addirittura assenti, con lavoratori «sotto due padroni» paradossalmente tutelati meno di un normale lavoratore di condominio; si aggiunga che il datore di lavoro di fatto – e cioè l'amministratore pro tempore – neppure appare in grado di accertarsi se il lavoratore venga pagato regolarmente e se vengano versati i contributi assicurativi e previdenziali, esponendo così il condominio a perniciose rivalse. Questo tipo di appalto improprio non fa che raddoppiare il numero dei datori di lavoro, con tutti gli oneri, le responsabilità ed i rischi che questa decisione potrebbe comportare.

La somministrazione di lavoro

Regolata dal d.lgs. n. 81/2015 (v. art. 30 e seguenti), la somministrazione prevede la presenza di due contratti: un contratto di lavoro tra somministratore e lavoratore, un contratto di somministrazione tra somministratore e utilizzatore. Questa forma di lavoro comporta le condizioni, nella retribuzione e nei diritti, del CCNL applicabile per dipendenti a pari mansioni dell'utilizzatore: in sostanza è come se il lavoratore somministrato avesse due datori di lavoro, cioè nei fatti l'amministratore di condominio nei confronti di un lavoratore somministrato va considerato datore di lavoro. Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro il somministratore – che deve essere un'agenzia autorizzata – informa il lavoratore sui rischi e li forma e li addestra per l'uso di attrezzature; contrattualmente però questi obblighi possono essere trasmessi all'utilizzatore, quindi al condominio. È quindi evidente come la somministrazione non offra vantaggi rispetto all'assunzione di un comune dipendente di condominio, fatta salva la durata. Inoltre la somministrazione è espressamente vietata per datori di lavoro «che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori». Questo obbligo tradotto in condominio impone riflessioni, perché per lavoratori soggetti al CCNL dei proprietari di fabbricati si deve applicare l'art. 3, comma 9, del d.lgs. n. 81/2008, che non prevede obblighi di valutazione rischi.

Appare quindi sconsigliabile il ricorso a questo tipo di lavoratori a servizio del condominio.

Il global service

Le più recenti produzioni legislative in tema di sicurezza sul lavoro si preoccupano di evitare o ridurre al minimo le interferenze tra attività lavorative diverse. A questo scopo il d.lgs. n. 494/1996 introdusse la figura del coordinatore della sicurezza nei cantieri edili ed analogamente la legge n. 123/2007 ha previsto il DUVRI (documento unico di valutazione dei rischi interferenziali), poi confermato e precisato dal d.lgs. n. 81/2008 (all'art. 26, comma 3), a carico del datore di lavoro committente, proprio per eliminare o ridurre le interferenze negli appalti non edili o negli appalti edili dove il coordinatore non è richiesto.

Come combinare queste richieste legislative con una gestione di fornitori (de)centralizzata come avviene nel cosiddetto «global service»?

Il servizio propone un referente unico per ogni necessità condominiale, di solito tramite un numero verde; manutenzioni ordinarie e straordinarie e anche emergenze: il global service riceve le segnalazioni e le richieste e, con il suo call center, smista le chiamate ai diversi operatori tecnici, inviati e coordinati direttamente dal global service. L'amministratore del condominio, dicono le informative promozionali, viene informato costantemente via telefono, sms, email, web.

L'applicazione al condominio di questo sistema non sembra però affrontare la questione della sicurezza sul lavoro. Appaltare oggi è molto meno semplice di quanto appariva anni fa: oltre al citato d.lgs. n. 81/2008, esiste una costante giurisprudenza che non perde occasione di ribadire che il committente – anche un privato cittadino – deve assicurarsi di incaricare persone munite di capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo di attività commissionata ed alle concrete modalità di svolgimento della stessa.

Il d.lgs. n. 81/2008 esprime i criteri di base per valutare l'idoneità tecnico professionale: per i lavori non edili l'art. 26, comma 1, lett. a, indica i documenti minimi che un committente datore di lavoro deve ottenere, mentre per i lavori edili la verifica di idoneità è normata all'art. 90, comma 9, applicabile a qualunque tipo di committente. Inoltre il committente a termini di codice civile (art. 1656) deve autorizzare eventuali subappalti, diversamente vietati. E i global service, per costante esperienza sul campo, sono generalmente una lunga teoria di subappalti, controllabili solamente tramite l'impostazione di una procedura tecnico-amministrativa che persino i grandi enti proprietari di immobili hanno dovuto creare ed adattare, strada facendo negli anni. Nel caso di un condominio appare impossibile che un comune amministratore, abituato a chiamare la ditta o il lavoratore autonomo «di fiducia» per interventi su immobili dai problemi noti, sia in grado di controllare l'idoneità di persone che, forse, neppure il centralinista del call center conosce direttamente.

E non è finita qui. Il citato art. 26 prescrive infatti ulteriori obblighi, quali la fornitura di dettagliate informazioni sui rischi esistenti nei luoghi in cui andranno ad operare i «mister X» inviati dal global service, ed anche la predisposizione del DUVRI; mentre nei lavori edili basta la compresenza di due imprese per rendere necessaria la nomina del coordinatore per la sicurezza: e chi lo sa se le imprese esecutrici del tal lavoro saranno due, tre, una sola?

L'amministratore, soggetto ormai passivo, informato ad interventi avvenuti e non prima, viene di fatto esautorato dalla gestione degli interventi sulle parti comuni, facendo del global service una sorta di amministratore-ombra, con il vero amministratore che appare praticamente nudo di fronte agli obblighi ed alle responsabilità di legge, per la sostanziale impossibilità di controllo sugli esecutori.

Applicazioni pratiche

Chi esegue lavori in autonomia non usa scale o attrezzature altrui.

È importante che, se ricorre a lavoratori in vario modi classificabili come autonomi, il condominio non metta o lasci a disposizione attrezzature «comuni» e quindi soggette alla responsabilità dell'amministrazione. Le scale portatili sono il caso più eclatante, ma anche decespugliatori, soffiatori, idropulitrici, ecc.: qualunque attrezzatura è bene sia di proprietà del lavoratore autonomo che la deve utilizzare.

Scale portatili da non utilizzare

Decespugliatore pericoloso

Criticità operative: i «lavoretti» condominiali

Come illustrato nella scheda tecnica relativa a «Sicurezza in condominio: luogo di vita o di lavoro?», per i condomini le attività di propria iniziativa e gratuite non sono vietate (salvo casi specifici e ben normati) e quindi sono lecite, sia nelle unità immobiliari private, sia nelle parti comuni. Se invece alcune attività vengono imposte ai singoli dall'assemblea o vengono pagate nelle forme di «lavoro nero» diretto (con saldo brevi manu) o indiretto (con «abbuono» di parte degli oneri condominiali) allora siamo di fronte ad illeciti fiscali, contributivi e di sicurezza sul lavoro.

L'amministratore saggio combatte le forme di lavoro irregolare perché sa di essere il primo che ne subisce i riflessi negativi in caso di contestazioni o, molto peggio, di infortuni.

I «lavoretti» condominiali devono essere contrattualizzati, altrimenti non hanno ragione di essere effettuati.

Guida all'approfondimento

G. Semeraro, Lavori condominiali - Prevenzione infortuni negli affidamenti di lavori nei condomini, EPC, Roma, 2015

C. Moretti, Millescale 1999-2014 – Archivio storico sulla sicurezza dei lavoratori nel condominio, ANACI,Milano, 2014

M. Caroli, La sicurezza nei lavori di manutenzione del condominio, DEI, Roma, 2012

C. Moretti, Sicurezza sul lavoro nel condominio, Boopen, 2011

P. Masciocchi, Sicurezza del lavoro in condominio - Quesiti e soluzioni - Obblighi dell'amministratore - Adempimenti e sanzioni, Il Sole 24 Ore, 2010

M. Antoniotti, L'amministratore condominiale e la sicurezza del lavoro. Compiti. Responsabilità. Modulistica, Maggioli Editore, 2009

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