Per provare la ricezione della comunicazione telematica è sufficiente l'attestazione telematica di cancelleria

Redazione scientifica
13 Febbraio 2017

La Cassazione ha chiarito che anche l'attestazione telematica di cancelleria è idonea a provare sia l'avvenuta ricezione della comunicazione telematica sia il suo contenuto.

Il caso. In un procedimento relativo a un licenziamento disciplinare, la Corte d'appello di L'Aquila ha dichiarato inammissibile l'impugnazione proposta dal ricorrente in quanto depositata oltre il termine breve di 30 giorni previsto dall'art. 1, comma 58, l. n. 92/2012. Il ricorrente ha presentato, quindi ,ricorso per cassazione.

La RAC può dimostrare, fino a prova contraria, l'avvenuta ricezione della comunicazione. La Suprema Corte ritiene fondato il convincimento della Corte territoriale circa la tardività dell'impugnazione basato su un'attestazione telematica di cancelleria, contenente ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di PEC del destinatario. Tale attestazione, fondata su dati desunti da registri di cancelleria, è idonea a provare «sia l'avvenuta ricezione della comunicazione telematica sia il contenuto della medesima», atteso che la ricevuta di avvenuta consegna rilasciata dal gestore PEC del destinatario «pur senza assurgere a quella “certezza pubblica” propria degli atti facenti prova fino a querela di falso, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario» stesso (Cass. n. 15035/2016).

Per questi motivi, la Cassazione rigetta il ricorso.

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