Il deposito telematico “frazionato” non giustifica il deposito tardivo dei documenti

Adriana Augenti
09 Giugno 2017

Il Tribunale di Padova stabilisce che deve essere rigettata l'opposizione allo stato passivo se la busta telematica supera i 30 mega e le buste integrative sono depositate oltre la scadenza del termine per opporsi.
Massima

Deve essere rigettata, ai sensi dell'art. 99 l. fall., l'opposizione allo stato passivo qualora, essendo la totalità della documentazione da depositare per via telematica di dimensione superiore ai 30 MB, i depositi “frazionati” successivi, contenenti in particolare la documentazione giustificativa del credito, vengano effettuati in un momento successivo alla scadenza del termine previsto per l'opposizione, anche a prescindere dai tempi di lavorazione della Cancelleria.

Il caso

Il Tribunale di Padova è stato chiamato a pronunciarsi su una questione quale quella prevista dal combinato disposto degli artt. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179/2012 e 14, Specifiche Tecniche 16 aprile 2014: la “busta telematica” di dimensione superiore a 30 MB. Nel caso di specie il ricorrente adiva il Tribunale di Padova chiedendo l'ammissione degli importi meglio specificati nel ricorso introduttivo, ma avvedendosi di dover depositare documentazione che avrebbe dato luogo a una busta telematica di dimensione superiore ai 30 MB decideva di avvalersi del c.d. deposito multiplo. Trattandosi di atto introduttivo, i depositi successivi avvenivano solo dopo la comunicazione da parte della Cancelleria del numero di ruolo, comunicazione che arrivava oltre la scadenza del termine per proporre l'opposizione. Si veniva così a determinare una situazione ambigua per cui il ricorso in opposizione risultava tempestivo ma il deposito dei documenti giustificativi del credito e della domanda tardivi. Alla luce di questa situazione l'invocato Tribunale ha stabilito che il deposito successivo al primo effettuato dopo la scadenza del termine – perentorio – per proporre opposizione allo stato passivo determina il rigetto dell'opposizione.

La questione

La questione in esame si propone di stabilire se, nel deposito telematico di un atto introduttivo che superi la dimensione limite imposta dalle Specifiche Tecniche di 30 MB per busta, essendo stato tempestivo il deposito dell'atto introduttivo i successivi depositi multipli, intervenuti oltre termine a causa del tardivo invio da parte della Cancelleria del numero di R.G. necessario, determinino decadenza e se tale decadenza sia imputabile a negligenza della parte, comportando perciò il rigetto del ricorso.

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia in esame, pur nella novità delle questioni trattate, suscita non poche perplessità tanto dal punto di vista giuridico quanto dal punto di vista tecnico.

Le regole tecniche. È noto che, ai sensi dell'art. 14 delle Specifiche Tecniche sul processo civile telematico del 16 aprile 2014, quando un deposito telematico supera la dimensione massima di 30 MB è necessario procedere a depositi multipli.

Parimenti, ai sensi dell'art. 51, d.l. n. 90/2014 che ha modificato il comma 7 dell'art. 16-bis, d.l. n. 179/2012, affinché il deposito telematico sia considerato tempestivo è necessario che tutti ed ognuno dei depositi multipli pervengano entro le ore 23:59 dell'ultimo giorno consentito per il deposito stesso.

Quid iuris in caso deposito degli atti introduttivi che superino i 30 MB, ove la possibilità di effettuare depositi multipli resta nella disponibilità esclusiva della cancelleria, che deve provvedere all'accettazione della busta al fine di assegnare al deposito un R.G. valido per consentire depositi successivi al primo?

La giurisprudenza sul punto non ancora avuto modo di esprimersi e pertanto la pronuncia in epigrafe appare come prior in tempore, ma auguriamoci non potior in iure.

La fattispecie contemplata dall'ordinanza esaminata riguarda un termine di decadenza considerato come perentorio dal Tribunale di Padova: l'interpretazione che il Tribunale da dell'art. 99 l. fall. infatti pone a carico dell'opponente «l'onere di dimettere, a pena di decadenza, tra l'altro, i documenti di cui intende avvalersi entro lo stesso termine previsto per la proposizione dell'opposizione, con la conseguenza che i documenti tardivamente dimessi non possono essere valutati fini del giudizio».

Lo stesso Tribunale attribuisce a negligenza dell'opponente il ritardo dei depositi “frazionati” in quanto «nella consapevolezza della necessità di effettuare un deposito telematico “frazionato” sarebbe stato onere dell'opponente procedere all'incombenza in tempo utile per completare l'intero deposito in termini di legge», a nulla valendo, a suo dire, che l'accettazione da parte della cancelleria, necessaria per poter effettuare i successivi invii, sia avvenuta in un momento successivo (e comunque oltre la scadenza del ridetto termine).

Per le suesposte ragioni Tribunale di Padova considera «non scusabile» la tardività dovuta alla necessità di effettuare depositi frazionati a causa delle ingenti dimensioni della busta telematica, spingendosi finanche a giustificare tale interpretazione con l'impossibilità per una norma di legge di essere subordinata a una norma regolamentare.

È bene precisare che l'opposizione allo stato passivo, completa di indice e in cui era espressamente richiamata la necessità di depositi successivi per l'allegazione della documentazione ulteriore, era stata depositata tempestivamente dall'opponente e sul punto non era intervenuta alcuna eccezione dalla curatela, che invece aveva eccepito sin dalla costituzione in giudizio la tardività del deposito documentale.

L'assenza di un'istanza di rimessione in termini da parte dell'opponente – per quanto sarebbe stato opportuno proporla quantomeno a fronte della censura di tardività mossa dalla curatela – deve essere giustificata con l'affidamento che parte ricorrente può aver posto nell'impossibilità materiale di procedere ai depositi successivi al primo in assenza dell'accettazione da parte della cancelleria del primo deposito tempestivo.

A tacer d'altro è bene comunque ricordare che l'ancora lanciata dall'art. 153, comma 2, c.p.c. è stata dettata dal legislatore proprio al fine di evitare la pesante sanzione della decadenza a causa di eventi imprevedibili che non comportino negligenza della parte. Fra questi possono farsi rientrare le modalità operative dei depositi telematici, senza che per questo debba scomodarsi la gerarchia delle fonti.

D'altronde, ad oggi si è già formata giurisprudenza che concede la rimessione in termini alla parte che sia incorsa in tardività di deposito in ragione di ritardi di lavorazione a lei non imputabili (ex multis, Trib. Milano, sez. lav., ord. 10 maggio 2016).

Inspiegabile, di contro, appare l'asserto per cui l'opponente non avrebbe allegato (sic!) o provato il superamento del limite previsto dall'art. 14 delle Specifiche Tecniche richiamate, come se la dimensione di tutta la documentazione prodotta non fosse evincibile dal fascicolo telematico.

Del tutto incomprensibile, inoltre, il riferimento alla facoltatività del deposito telematico al fine di giustificare la non scusabilità del deposito ritenuto tardivo: è facoltativo ciò che non è obbligatorio ma che riconosce un certo grado di autonomia, quindi la scelta in capo alla parte deve ritenersi libera e non vincolata, non potendo in alcun modo tale scelta determinare un esito diverso a seconda dell'opzione favorita.

L'art. 99 legge fallimentare. «Il ricorso deve contenere: (…) 4) a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti» (art. 99, comma 2, n. 4, l. fall.).

Sulla scorta di tale norma la giurisprudenza si è da sempre espressa a favore della valenza del principio del dispositivo anche in tale tipo di procedimento.

Però, proprio in ragione della lettera della legge la giurisprudenza di legittimità è giunta a pronunciare il seguente principio di diritto: «Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l'opponente, a pena di decadenza ex art. 99, comma 2, n. 4), l.fall., deve soltanto indicare specificatamente i documenti, di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, sicché, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale deve disporne l'acquisizione dal fascicolo d'ufficio della procedura fallimentare ove esso è custodito» (Cass. civ.,sez. I, sent., 18 maggio 2017, n. 12549).

Se è vero che la precedente pronuncia è successiva a quella in questa sede commentata è anche vero che già precedentemente la Cassazione aveva espresso il principio per cui «qualora l'opponente abbia tempestivamente indicato in ricorso la documentazione di cui intende avvalersi, facendo riferimento per relationem a quanto già prodotto davanti al giudice delegato con formula non di stile, tale da non lasciare dubbi sull'identità degli atti su cui vuole fondare l'opposizione, e ne abbia contestualmente formulato istanza di acquisizione, non è ravvisabile alcuna sua negligente inerzia idonea a giustificare il rigetto del ricorso per inosservanza dell'onere della prova (…)» (Cass. civ.,sez. I, sent., 21 dicembre 2016, n. 26639)

Anche alla luce di quanto testé evidenziato il rigetto dell'opposizione contenuto nell'ordinanza in epigrafe appare certamente una sanzione eccessiva e non giustificata sotto alcun profilo.

Osservazioni

Per quanto auspicabile il progressivo abbandono dell'abitudine al “deposito dell'ultimo minuto”, in particolare in ambito telematico, si deve osservare come un ragionamento giuridico quale quello del Tribunale di Padova, ove adottato dai nostri Tribunali e dalle nostre Corti, finirebbe per sminuire se non privare di significato tutte quelle norme che contemplano termini processuali, non solo nell'ambito del processo telematico: si verrebbe in questo modo a subordinare delle norme di legge a delle interpretazioni giurisprudenziali.

Nel caso di specie il Tribunale avrebbe potuto considerare non tardivo il deposito della documentazione effettuata dopo il ricevimento del numero di R.G. da parte della Cancelleria, ma puntualmente richiamata nell'Opposizione tempestiva.

Si osserva altresì come anche la più recente giurisprudenza di legittimità si è espressa nel senso di ritenere sufficiente, nel procedimento di opposizione allo stato passivo, il riferimento a documenti già depositati nella domanda di insinuazione al passivo.

In subordine, in presenza di una valida istanza, il Tribunale avrebbe dovuto rimettere in termini la parte incorsa nella pretesa decadenza ai sensi dell'art. 153, comma 2, c.p.c. in quanto, a voler considerare quella che ci occupa come una decadenza, l'opponente vi sarebbe certamente incorso per causa a lui non imputabile, non essendo il tempo di accettazione da parte della cancelleria della prima busta telematica attribuibile a negligenza della parte.

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