Inefficace il pignoramento se manca l'attestazione di conformità sulle copie depositate con l'iscrizione a ruolo
19 Maggio 2017
Massima
La mancata apposizione delle attestazioni di conformità sugli atti depositati all'atto dell'iscrizione a ruolo dell'espropriazione produce l'inefficacia del pignoramento rilevabile d'ufficio ed insanabile, non trattandosi di ipotesi di nullità bensì di una fattispecie di inosservanza di termine perentorio (nella fattispecie la corte ha rigettato l'appello avverso la sentenza che aveva respinto il reclamo contro l'ordinanza di estinzione pronunciata dal giudice dell'esecuzione a seguito della mancata apposizione delle attestazioni di conformità sulle copie di titolo esecutivo, atto di precetto e pignoramento immobiliare, sebbene le stesse fossero state firmate digitalmente). Il caso
La sentenza in commento torna a pronunciarsi sul tema, già trattato da alcune recenti decisioni, delle conseguenze processuali all'omessa attestazione di conformità sugli allegati alla nota d'iscrizione a ruolo del pignoramento, collocandosi peraltro nel solco, sinora minoritario, della giurisprudenza più intransigente. Nella fattispecie l'omissione del difensore è consistita nel mancato inserimento, sugli allegati obbligatori all'iscrizione a ruolo (cioè: titolo esecutivo, atto di precetto ed atto o verbale di pignoramento), dell'attestazione di conformità con cui l'avvocato avrebbe dovuto specificare che le copie per immagine (rectius: scansioni) dei predetti atti, depositate telematicamente, sono conformi agli atti stessi ricevuti in restituzione da parte dell'ufficiale giudiziario. I documenti erano infatti sottoscritti digitalmente, ma erano carenti della relativa certificazione di conformità. La Corte d'Appello di Milano, non dissimilmente da quanto già deciso in primo grado dal Tribunale di Milano (con sentenza del 29 giugno 2016), ha confermato la correttezza della declaratoria di estinzione del procedimento esecutivo, conseguente all'inefficacia del pignoramento, rilevata d'ufficio dal giudice dell'esecuzione. La questione
Il tema è abbastanza semplice da prospettare, sebbene la sua soluzione sia tutt'altro che immediata, come dimostra il contrasto giurisprudenziale sin da subito creatosi. Come ben noto, a norma dell'art. 16-bis, comma 2, II e III periodo, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, in l. 17 dicembre 2012, n. 221 (introdotti dall'art. 18, comma 4, d.l. 12 settembre 2014 n. 132, convertito, con modificazioni, in l. 10 novembre 2014, n. 162), «a decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Unitamente alla nota di iscrizione a ruolo sono depositati, con le medesime modalità, le copie conformi degli atti indicati dagli artt. 518, comma 6, 543, comma 4 e 557, comma 2, c.p.c.». Le predette disposizioni codicistiche (appositamente modificate dal medesimo articolo di legge sopra citato che è intervenuto sull'art. 16-bis) sono state integrate ed “aggiornate” alla normativa del processo civile telematico e tra queste anche l'art. 557 c.p.c., dedicato all'iscrizione a ruolo dell'espropriazione immobiliare ed applicato dalla decisione in commento. La norma, al suo comma 2, dispone che: «Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di pignoramento e della nota di trascrizione entro quindici giorni dalla consegna dell'atto di pignoramento. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo». Aggiunge poi l'ultimo comma che «Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie dell'atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto sono depositate oltre il termine di quindici giorni dalla consegna al creditore». Non dissimilmente dispongono le disposizioni relative agli altri mezzi di espropriazione. La questione da affrontare consiste quindi nel capire se l'inefficacia che l'ultimo comma citato riconduce al mancato deposito nei termini di legge della nota di iscrizione a ruolo e delle «copie dell'atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto» valga anche per il caso in cui le “copie” siano prive dell'attestazione di conformità, requisito richiesto invece dal comma 2. Secondo aspetto da definire è comprendere se tale inefficacia sia rilevabile, o meno, d'ufficio da parte del giudice dell'esecuzione – tema essenziale in quanto statisticamente il debitore non si fa parte attiva nel processo esecutivo – e se possa essere in qualche modo sanabile. Le soluzioni giuridiche
La Corte d'Appello di Milano, condividendo appieno l'interpretazione del Tribunale, ha stabilito che l'ultimo comma dell'art. 557 c.p.c. – così come, evidentemente, le corrispondenti norme riferite alle altre fattispecie espropriative – introduce una fattispecie di inefficacia che, del pari a quella di cui all'art. 496 c.p.c., conduce all'estinzione del processo ed è rilevabile d'ufficio stante l'attuale formulazione del comma 2 dell'art. 630 c.p.c. (così come modificato dall'art. 49, comma 4, l. 18 giugno 2009, n. 69). Tale ultima norma, infatti, stabilisce che quando la parte non prosegue il processo in uno dei termini stabiliti dalla legge come perentorio, l'estinzione del processo opera di diritto ed il giudice dell'esecuzione la dichiara anche d'ufficio non oltre la prima udienza successiva rispetto al momento in cui essa si verifica. Considerato quindi il termine di cui all'art. 557, u.c., c.p.c., come un termine perentorio, la Corte ha ritenuto che la sua violazione avesse determinato l'estinzione del procedimento che il giudice dell'esecuzione, a norma dell'art. 630 c.p.c., aveva correttamente dichiarato d'ufficio. Tale fattispecie nulla ha a che fare – prosegue la motivazione – con la nullità degli atti processuali, che sarebbe suscettibile di essere sanata, ma concerne la diversa categoria dell'inosservanza del termine perentorio che implica un'inefficacia in relazione a cui alcun rilievo può assumere il principio del raggiungimento dello scopo dell'atto. Il percorso logico della motivazione – sin qui condivisibile – prosegue poi con un ulteriore, decisivo, passaggio: secondo la Corte, atteso che i commi 2 e 3 dell'art. 557 c.p.c. contribuiscono a delineare lo stesso adempimento, prima occupandosi del suo contenuto e poi individuando gli effetti processuali conseguenti all'inosservanza della sua disciplina, la violazione di una qualsiasi delle incombenze ivi stabilite implica inevitabilmente la conseguenza processuale dell'inefficacia e quindi dell'estinzione del processo. La decisione di primo grado oggetto d'appello (Trib. Milano, 29 giugno 2016, v. N. Gargano, In mancanza di attestazione di conformità di titolo esecutivo, precetto e atto di pignoramento, il pignoramento è inefficace,in ilProcessotelematico.it) chiarisce meglio questo assunto evidenziando che le “copie” degli atti menzionate dall'ultimo comma non possono non essere “copie conformi” in quanto non soltanto il comma 2 dell'art. 557 c.p.c. impone il deposito delle copie conformi, ma pure l'art. 16-bis, comma 2, già citato, nonché l'art. 159-ter,disp. att., c.p.c. ribadiscono ulteriormente tale requisito, che non è solo formale ma – secondo la tesi in esame – è volto a garantire un presupposto essenziale dell'azione esecutiva, ovverosia il possesso da parte del creditore precedente del titolo esecutivo in originale. In mancanza del deposito delle copie conformi, statuisce la motivazione di primo grado, il giudice dell'esecuzione non è nelle condizioni di conoscere se il creditore sia o meno in possesso del titolo esecutivo e quindi sia o meno legittimato all'esercizio del diritto incorporato nel titolo. L'argomento, molto formalistico, è poco convincente in quanto è evidente che l'apposizione o meno della conformità non fornisce alcuna garanzia al magistrato circa il possesso ancora attuale del titolo esecutivo, possesso che comunque potrebbe venir meno tra il momento in cui viene apposta l'attestazione e quello in cui l'atto viene materialmente depositato. Pare in realtà più convincente ritenere che la sanzione processuale dell'inefficacia contemplata dalla disposizione in esame venga espressamente comminata nel solo caso in cui la parte ometta di effettuare il deposito dell'iscrizione a ruolo nel termine stabilito e non anche nel caso di non perfetta osservanza delle restanti regole che disciplinano il suddetto deposito. Ed è tale seconda lettura quella condivisa dagli ulteriori precedenti registrati sul tema, con l'unica eccezione di Trib. Napoli, 17 gennaio 2017, che riprende sostanzialmente i medesimi argomenti dei giudici meneghini, nonché della più risalente Trib. Pesaro, ord., 10 giugno 2015, (v. C. Coticelli, Processo esecutivo: conseguenze dell'inosservanza delle norme relative al deposito telematico dell'attestazione di conformità, in ilProcessotelematico.it), pronunciatasi sull'istanza di sospensione dell'esecuzione e poi superata dalla successiva decisione di merito Trib. Pesaro, 19 gennaio 2016 (v. F. Minazzi, Mancanza di attestazione di conformità: da vizio a irregolarità, in ilProcessotelematico.it). Le decisioni meno intransigenti fanno spesso leva sul principio del raggiungimento dello scopo (tra queste ad esempio Trib. Pesaro, 19 gennaio 2016), evidenziando come d'altra parte il deposito di una copia non munita dell'attestazione di conformità non incida in alcun modo sul diritto di difesa del debitore esecutato (Trib. Bologna, 22 ottobre 2015), il quale può comunque utilizzare gli strumenti processuali previsti dalla legge anche per far valere la non conformità all'originale degli atti depositati dal creditore procedente, sebbene tale ipotesi sia senz'altro residuale nel panorama delle opposizioni. In altre occasioni la giurisprudenza si è soffermata giustamente sul dato testuale evidenziando come l'ultimo comma sanzioni il mancato deposito delle “copie” nel termine di legge e non delle “copie conformi” di cui al comma precedente, sicché l'inefficacia può interessare soltanto il caso in cui decorso il termine di legge il creditore procedente abbia omesso di depositare la nota d'iscrizione a ruolo con i relativi allegati e non anche il caso in cui tali allegati non siano muniti di attestazione di conformità (Trib. Bari, 4 maggio 2016; ma anche Trib. Bologna, 22 ottobre 2015, che sottolinea l'assenza di sanzioni processuali nel quarto comma dell'art. 543 c.p.c., speculare al secondo comma dell'art. 557 c.p.c. applicato nella sentenza in commento). Secondo la tesi meno formalista, in sostanza, l'omessa attestazione dà luogo ad una mera irregolarità che, in ogni caso, può essere sanata dal deposito successivo degli atti in originale, ciò in particolar modo in mancanza di formale contestazione sulla effettiva conformità da parte del debitore (Trib. Caltanissetta, 1 giugno 2016 v. A. Ricuperati, Iscrizione a ruolo del processo esecutivo: l'attestazione di conformità degli atti da depositare non è indispensabile,in ilProcessotelematico.it), concludendo non dissimilmente da quanto riteneva la giurisprudenza precedente, che escludeva la perentorietà del termine di deposito del titolo esecutivo nel fascicolo dell'esecuzione (v. ad esempio Cass., 22 marzo 2007, n. 6957), peraltro senza possibilità di rilievo officioso (Cass., 24 maggio 2003, n. 8242). Osservazioni
In definitiva, le argomentazioni utilizzate dal filone giurisprudenziale meno intransigente, oltre a rispondere ai generali principi di economia processuale e di conservazione degli atti, trovano piena conferma nel dato letterale delle disposizioni così come formulate all'indomani della “svolta” al processo telematico, che in alcun modo riconducono l'assenza delle attestazioni di conformità alla sanzione dell'inefficacia del pignoramento, discendente invece dall'omessa iscrizione a ruolo nei termini di legge. E d'altro canto il rigore seguito dalla decisione in commento non trova alcuna giustificazione nel dato testuale della norma, né tantomeno garantisce – come vorrebbe – il possesso attuale del titolo esecutivo da parte del creditore procedente, potendo sempre e comunque il debitore esercitare il proprio diritto di difesa anche nel caso di deposito di copie non dichiarate conformi. Quella seguita dalla Corte d'appello di Milano è senz'altro un'impostazione molto rigida che mette in luce in modo emblematico l'eccessivo formalismo con cui il legislatore sta trattando il tema delle copie informatiche attestate dal difensore, imponendo regole, talvolta molto complesse, che se da una parte non possono garantire in modo assoluto gli obiettivi a cui sono volte, allo stesso tempo risultano inadeguate in un contesto – quello telematico – ove i rischi della diffusione di documenti non conformi si pone in termini diversi rispetto agli scenari tradizionali. Ad avviso di chi scrive, quindi, meglio sarebbe semplificare la modalità di attestazione – ad esempio mediante semplice sottoscrizione digitale da parte del difensore dell'atto o del provvedimento emesso in un procedimento in cui il medesimo è costituito – ed inasprire le sanzioni in caso di copie infedeli.
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