È sufficiente la mera conoscenza del fascicolo informatico ai fini della decorrenza del termine perentorio ex art. 669-terdecies c.p.c.?
26 Gennaio 2017
Massima
Ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto dall'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c. è sufficiente la conoscenza del fascicolo informatico avuta mediante il deposito dell'istanza di visibilità del fascicolo. Il caso
L'amministratore di un condominio agiva contro i condomini Tizio e Caio affinché fosse loro ordinato dal Tribunale di consentire l'accesso all'unità immobiliare di loro proprietà. Il Tribunale concedeva l'ordinanza richiesta, che veniva notificata alle parti presso l'unità immobiliare sita nel condominio medesimo in data 14 marzo 2016. Tizio e Caio proponevano reclamo avverso la suddetta ordinanza con ricorso del 6 maggio 2016, deducendo: (i) la nullità della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio, per essere stato notificato presso l'unità immobiliare sita nel condominio, anziché nel luogo di loro residenza o domicilio; (ii) la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, avendo medio tempore i reclamanti consentito l'accesso. Attesa, dunque, la nullità della notificazione del ricorso e la conseguente soccombenza virtuale del condominio, Tizio e Caio chiedevano che lo stesso fosse condannato alle spese del giudizio. Il condominio si difendeva deducendo: (i) la tardività del reclamo per essere stata l'ordinanza cautelare notificata alle parti in data 14 marzo 2016 e, comunque, per avere Tizio, tramite legale di sua fiducia, depositato in data 9 marzo istanza di accesso agli atti; (ii) la validità della notificazione del ricorso: nell'unità immobiliare sita nel condominio Tizio e Caio avevano posto una cassetta postale, così manifestando implicitamente la volontà di ricevervi le notificazioni. Nel decidere il reclamo, il Tribunale di Rieti, richiamato l'orientamento giurisprudenziale per il quale la comunicazione o notificazione dell'ordinanza che decide il giudizio cautelare «può trovare equipollenti in altri atti o fatti giuridici che siano idonei ad assicurare una conoscenza effettiva e piena del provvedimento (…)» (Cass. civ., sez. II, sent. 16 luglio 1997, n. 6474), conclude per la tardività del reclamo proposto da Tizio. Secondo il Tribunale di Rieti «non può che ritenersi tardivo il reclamo proposto dalla parte solo in data 6 maggio 2016, allorché era ampiamente decorso il termine di quindici giorni previsto dalla legge, con decorrenza dalla predetta data di conoscenza legale dell'atto». A diverse conclusioni giunge, invece, il Tribunale con riferimento al reclamo proposto da Caio, che non aveva depositato l'istanza di visibilità del fascicolo telematico. Ritenuto, dunque, tempestivo il solo reclamo proposto da quest'ultimo, il Tribunale di Rieti ne pronunzia l'accoglimento, non potendosi dubitare della nullità della notifica effettuata in luogo diverso da quelli indicati dall'art. 138 c.p.c.. La questione
La questione che l'ordinanza in commento pone è la seguente: se, ai fini del decorso del termine perentorio dell'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c. sia sufficiente la mera conoscenza del fascicolo informatico ottenuta mediante il deposito dell'istanza di visibilità del suddetto fascicolo. La medesima questione, da un altro punto di vista, si traduce nella seguente: se, il termine di cui all'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c. decorra dal momento del deposito dell'ordinanza che decide il procedimento cautelare. Le soluzioni giuridiche
Nella sua attuale formulazione l'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c. ha inteso risolvere il problema inerente l'individuazione del dies a quo del termine per la proposizione del reclamo, individuandolo in quello nel quale il provvedimento cautelare è pronunziato in udienza, ovvero è comunicato o notificato alla parte (per i termini della questione, cfr. R. Giordano, Art. 669-terdecies, in Codice di procedura civile, a cura di N. Picardi, B. Sassani, A Panzarola, Giuffrè 2015, VI ed., T. II, 3770 e ss.; la giurisprudenza aveva escluso che la comunicazione di cancelleria fosse sufficiente ai fini del decorso del termine per la proposizione del reclamo, tra gli altri, Trib. Torino, 9 gennaio 2004; Trib. Pescara, 26 novembre 1998). Il problema dell'individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine perentorio per la proposizione del reclamo nei confronti del contumace, è stata affrontata dalla giurisprudenza in modo rigoroso. Secondo la giurisprudenza di merito, infatti, il dies a quo per la proposizione del reclamo è quello della pronunzia in udienza, ovvero, è quello del deposito del provvedimento cautelare stesso in cancelleria (cfr. Trib. Reggio Calabria, sez. II, 22 giugno 2012; Trib. Pesaro, 8 ottobre 2009; Trib. Nocera Inferiore, 16 settembre 2009. In dottrina si è, invece, ritenuto che nei confronti del contumace il termine cominci a decorrere dalla data della notifica del provvedimento, facendosi applicazione analogica di quanto dispone l'art. 292 c.p.c.. Cfr. R. Giordano, op. cit,. 3771 anche per gli opportuni riferimenti dottrinali). Il superiore orientamento, tuttavia, non è di ausilio alla soluzione del caso concreto: la dichiarazione di contumacia, infatti, presuppone la ritualità della notifica del ricorso introduttivo del giudizio cautelare che qui, invece, è da escludere. Al fine, dunque, di vagliare l'eccezione di tardività del reclamo, il Tribunale di Rieti ha fatto richiamo a quell'orientamento giurisprudenziale per il quale la conoscenza effettiva del provvedimento cautelare, avvenuta sia pure in forme diverse da quelle prescritte dall'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c., è sufficiente al decorso del termine perentorio per la proposizione del reclamo. Tale orientamento, a ben vedere, poggia sul rilievo per il quale la giurisprudenza di legittimità «assolutamente prevalente, ha ripetutamente affermato che sebbene le comunicazioni di cancelleria debbano avvenire, di norma, in una delle forme previste dall'art. 136 c.p.c. (consegna del biglietto effettuata dal cancelliere al destinatario ovvero notificato a mezzo di ufficio giudiziario), esse possono essere validamente eseguite anche in altre forme equipollenti, sempreché risulti la certezza, per effetto dell'attività della cancelleria, dell'effettiva presa di conoscenza, da parte del destinatario della notizia da comunicare e della data in cui tale comunicazione è avvenuta, e sempreché sia egualmente certo che l'atto ha raggiunto il suo scopo (v. Cass. civ. n. 6221/2002; Cass. civ., sez. I, 23 febbraio 2000, n. 2068; Cass. civ., sez I, 12 ottobre 1999, n. 11441; Cass. civ., sez I, 27 maggio 2002, n. 5230; Trib. Catania, sez. prop. ind., 20 febbraio 2006, n. 516). Il Tribunale di Rieti, dunque, sulla scorta della considerazione per la quale l'effettività della conoscenza del provvedimento è idonea al decorso del termine perentorio per la proposizione del reclamo, conclude che anche il deposito dell'istanza di visibilità del fascicolo informatico è sufficiente ai fini del decorso del termine perentorio per la proposizione dello stesso. Volendo utilizzare le medesime parole dell'ordinanza in commento: «da tale data è da ritenere che la parte abbia avuto conoscenza legale degli atti del procedimento e, tra questi, anche del provvedimento impugnato». L'orientamento cui il Tribunale di Rieti fa riferimento non assume un'equivalenza tra la conoscenza effettiva del provvedimento cautelare e l'inizio della decorrenza del termine per la proposizione del reclamo. Diversamente, esso assume un'equivalenza tra la comunicazione del biglietto di cancelleria nelle forme di cui all'art. 136 c.p.c. e la diversa attività svolta pur sempre dall'ufficio che consenta, comunque, di avere certezza della conoscenza dell'atto da parte del destinatario. A monte occorrerebbe, dunque, chiedersi se, pur in mancanza di attività da parte dell'ufficio – ovvero di una delle parti – la mera conoscenza dell'atto sia di per sé sufficiente al decorso del termine perentorio per la proposizione del reclamo. Altra parte della giurisprudenza ha allora osservato che «il termine per il deposito del ricorso con il quale è introdotto il reclamo (…) decorre dalla notificazione su istanza di parte dell'ordinanza che si intende impugnare, atto quest'ultimo che non ammette forme equipollenti quali la notificazione eseguita dall'ufficiale giudiziario su istanza del cancelliere del giudice a quo, quella effettuata dal cancelliere autonomamente o su ordine del giudice (vedi Cass. civ., S.U., n. 3670/1997) e la conoscenza de facto del provvedimento comunque conseguita dal difensore (cfr. Trib. Napoli, 27 aprile 2001; Trib. Napoli, 30 agosto 2002)» (così Trib. Trapani, 12 gennaio 2004). Osservazioni
La soluzione prospettata dal Tribunale di Rieti lascia perplessi. Occorre, infatti, interrogarsi sulla correttezza dell'assimilazione tra l'accesso al fascicolo informatico e notificazione o comunicazione del provvedimento richiesta dall'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c.. Proseguendo, infatti, in modo rigoroso il ragionamento svolto dal Tribunale di Rieti si dovrebbe anche ammettere che per la parte ritualmente costituita in giudizio il termine per la proposizione del reclamo decorra sempre dal deposito del provvedimento cautelare, ciò in quanto la medesima ha in ogni momento accesso al fascicolo informatico. Tale conclusione contrasta, tuttavia, con l'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c., per il quale il termine perentorio inizia a decorrere: (i) dalla pronunzia del provvedimento in udienza; (ii) ovvero dalla sua notificazione o comunicazione integrale (Trib. Torino, 22 febbraio 2008). Il decorso del termine, nelle ipotesi di deposito del provvedimento cautelare fuori udienza, è, dunque, ancorato al compimento di una specifica attività della controparte ovvero dell'ufficio. La norma esclude espressamente che il termine per la proposizione del reclamo possa decorrere automaticamente, ossia in mancanza di un apposito atto d'impulso. Questione diversa è quella se gli atti indicati dall'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c. ammettano equipollenti, come pare preferire la giurisprudenza prevalente. Dalla circostanza, tuttavia, che la comunicazione o notificazione del provvedimento cautelare ammettano equipollenti, non si può ulteriormente dedurre che sia possibile l'inizio della decorrenza del termine perentorio per l'impugnazione a prescindere dal compimento di un'attività di parte o d'ufficio comunque diretta a far decorrere il termine perentorio per la proposizione del reclamo. Del resto, anche prima dell'introduzione del processo civile telematico il fascicolo era sempre nell'astratta conoscibilità delle parti che, recandosi in cancelleria, potevano visionarlo: ciò malgrado, il legislatore ha imposto che, ai fini della decorrenza del termine di cui all'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c. il provvedimento sia comunque comunicato alle parti costituite. |