Decisione a seguito di trattazione scritta e mistaFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 52
27 Settembre 2024
Inquadramento Con l'introduzione degli art. 281-quinquies e 281-sexies c.p.c. ad opera del d.lgs. n. 51/1998, il legislatore ha riformulato la disciplina del procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica attingendo a piene mani dal modello pretorile. Dette norme infatti costituiscono la riedizione, con alcuni adattamenti, degli abrogati artt. 190-bis, 314 e 315 c.p.c. relativi alla decisione rispettivamente da parte del giudice istruttore in funzione di giudice unico e da parte del pretore a seguito di trattazione scritta o orale. Siffatta novità, invero, si innestava su un tessuto normativo già esistente, prevedendo la semplice estensione del modello pretorile al neo-introdotto procedimento davanti al giudice monocratico di primo grado. Restavano inalterate invece le modalità di passaggio dalla fase istruttoria a quella decisoria, tramite lo snodo rappresentato dall'udienza di precisazione delle conclusioni da cui decorrevano i termini per gli scritti difensivi finali (comparse conclusionali e memorie di replica) o per l'udienza di discussione finale, ove fosse stata prevista questa modalità decisoria (vedi bussola Decisione a seguito di trattazione orale). La riforma del 2022 ha invece radicalmente cambiato la struttura della fase decisoria. Preso atto della prassi ormai generalizzata, ha eliminato l'udienza di precisazione delle conclusioni, sostituendola con un termine per il deposito di note scritte contenenti la sola precisazione delle conclusioni nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell'art. 171-ter c.p.c., il quale decorre a ritroso dalla nuova udienza di rimessione della causa in decisione. Ha inoltre riscritto la disciplina relativa alle modalità di decisione della causa, sia laddove il procedimento spetti alla competenza del tribunale in composizione monocratica, sia qualora esso debba essere deciso dal collegio. Sul punto si tornerà diffusamente nei paragrafi successivi. In via di estrema sintesi, dai nuovi artt. 275, 275-bis, 281-quinquies e 281-sexies c.p.c. si desume che, una volta rimessa la causa in decisione, la sentenza è depositata nel termine di sessanta giorni (o di trenta nel caso di decisione resa dal giudice monocratico), previo lo scambio delle note di precisazione delle conclusioni, cui fa seguito il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, salvo che il giudice (collegiale o monocratico) non ritenga opportuno ordinare la trattazione orale della lite con discussione delle parti in udienza e pronuncia immediata della disposizione e della concisa esposizione dei motivi in fatto e diritto della decisione, ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. Le parti, però, possono condizionare la scelta del giudice, giacché esse possono chiedere al giudice di depositare unicamente le comparse conclusionali, domandando al giudice la fissazione di un'udienza di discussione orale, in cui replicare alle comparse; il giudice, poi, depositerà la sentenza nei modi ordinari. La trattazione scritta innanzi al collegio e al giudice monocratico Come accennato, la trattazione scritta presenta le stesse modalità di svolgimento sia se la causa si svolga innanzi al giudice collegiale o a quello unipersonale. In entrambi i casi, infatti, il giudice fisserà davanti a sé l'udienza per la rimessione della causa al collegio per la decisione e assegnerà alle parti, salvo la loro rinuncia, tre termini perentori a ritroso:
Dopodiché si terrà – innanzi al giudice istruttore o a quello monocratico – la già citata udienza di rimessione della causa in decisione, dalla quale decorrerà il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza laddove la causa debba essere decisa dal collegio (art. 275, comma 1, c.p.c.), il quale è dimezzato a trenta per le cause di spettanza del giudice monocratico (art. 281-quinques, comma 1, c.p.c.). Come si vede, rispetto al modello decisorio vigente sino al 2023, si è avuto un rovesciamento di prospettiva, in quanto il legislatore, pur eliminando l'udienza di precisazione delle conclusioni, l'ha di fatto sostituita con l'udienza di rimessione della causa in decisione, preceduta dal deposito delle memorie di cui all'art. 189 c.p.c. testé menzionate. Nella relazione redatta dalla commissione presieduta dal Prof. Luiso a corredo della proposta di disegno di legge di riforma del processo civile si legge che «l'obiettivo di questo specifico intervento è quello di realizzare una semplificazione del procedimento, al tempo stesso adottando alcune misure acceleratorie dirette da assicurare la ragionevole durata del processo, con una riduzione dei tempi processuali di almeno ottanta giorni che, peraltro, potrebbero essere maggiori nel caso di generalizzazione del modello della discussione orale, obiettivo parimenti perseguito dalla riforma». La riduzione dei termini per gli scritti finali e l'anticipazione del deposito delle memorie possono invero dare l'illusione di un'accelerazione; tuttavia, il collo di bottiglia del processo rimane pur sempre la fase decisoria visto il carico dei ruoli. A ciò si aggiunga che la previsione di un'udienza di rimessione della causa in decisione non trova ragion d'essere se non come mero meccanismo di “smistamento” delle cause pendenti sul ruolo del giudice, al pari di quanto accadeva per la tanto vituperata udienza di precisazione delle conclusioni. Peraltro, se da un lato la nuova formulazione dell'art. 281-quinques c.p.c., rinviando all'art. 189 c.p.c. per la determinazione delle modalità di scambio dei scritti defensionali finali, permette il superamento di questioni che si erano poste nella vigenza della disciplina precedente (si pensi al problema rappresentato dalla possibilità o meno per le parti di modificare il termine di venti giorni per il deposito delle memorie di replica tramite l'apposizione del c.d. visto per lo scambio anche dopo che fossero trascorsi i sessanta giorni dall'udienza di precisazione delle conclusioni per il deposito delle comparse conclusionali [su cui v. Verde, Profili del processo civile, II, Processo di cognizione, 4ª ed., Napoli, 2008, 133, nonché Caputo, La nuova normativa sul processo civile, Commento agli articoli del codice modificati dalle leggi 353/90 e 374/91, Padova 2000, 221]), dall'altro determina il sorgere di questioni nuove. L'eliminazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni e la previsione della nuova udienza di rimessione della causa in decisione, infatti, pone il problema della individuazione del termine ultimo per l'allegazione di fatti, rilevanti per la decisione e sopravvenuti rispetto ai termini per le memorie di cui all'art. 171-ter c.p.c.
Nei casi di decisione della causa a seguito di trattazione scritta, la violazione determinata dall'avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità dei difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all'atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo (Cass.civ., sez. un., 25 novembre 2021, n. 36596). La stessa decisione ha precisato che, per stabilire se la causa è stata decisa prima o dopo la scadenza dei termini previsti per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, occorre fare riferimento solo alla data di deposito della sentenza in cancelleria, in quanto è stato già chiarito che il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l'inserimento della sentenza nell'elenco cronologico con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati. Tale momento identifica quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti di legge (Cass. civ., sez. un., 22 settembre 2016, n. 18569). La novella degli artt. 275 e 281-quinquies c.p.c. rende inoltre necessari alcuni adattamenti.
Trattazione mista Come si è già accennato, l'art. 281-quinquies, comma 2, c.p.c., innovando rispetto al modello decisorio tipico del vecchio rito pretorile, aveva previsto la modalità decisoria a seguito di trattazione mista; secondo la formulazione previgente della norma, qualora una delle parti, al momento della precisazione delle conclusioni, avesse chiesto la fissazione dell'udienza di discussione orale della causa, il giudice era tenuto a disporre il deposito delle sole comparse conclusionali ai sensi dell'art. 190 c.p.c., con esclusione delle memorie di replica, quest'ultima avvenendo nel corso della discussione orale. La norma non prevedeva entro quale termine le parti potevano esprimere la loro volontà di optare per la discussione orale; tuttavia, si applicava in via analogica la norma dell'art. 275 c.p.c. secondo cui la richiesta di discussione orale doveva essere effettuata entro e non oltre la udienza di precisazione delle conclusioni. A differenza di quanto avveniva per le cause riservate alla decisione collegiale, in cui la parte aveva l'onere di formulare una doppia istanza (una prima volta al momento della precisazione delle conclusioni e, successivamente, al momento della scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica) e l'udienza di discussione si aggiungeva agli scritti defensionali finali, qualora la lite fosse di competenza del tribunale in composizione monocratica, l'istanza per la fissazione dell'udienza di discussione doveva essere chiesta una volta sola e la discussione che segue le comparse conclusionali era sostitutiva o alternativa rispetto alle memorie di replica. Detto meccanismo, con riguardo alla fase decisoria innanzi al giudice monocratico, è stato ribadito dal legislatore della riforma, il quale si è limitato a modificare il riferimento all'udienza di precisazione delle conclusioni e al deposito della comparsa conclusionale con quello relativo agli scritti defensionali finali di cui all'art. 189 c.p.c., numeri 1) e 2), lasciando inalterato il meccanismo di sostituzione delle memorie di replica con l'udienza di discussione. Pertanto, resterà fermo per le parti il termine assegnato dal giudice istruttore (con il provvedimento di fissazione dell'udienza di rimessione al collegio in decisione) per il deposito delle comparse conclusionali, mentre il presidente, con decreto, revocherà l'udienza fissata dall'istruttore davanti a sé per la rimessione in decisione ex art. 189 c.p.c. e fisserà la data dell'udienza di discussione che dovrebbe tenersi entro il termine ordinatorio di 60 giorni. La riforma non ha colto l'opportunità di prendere posizione circa l'individuazione di un termine preciso entro il quale la parte è tenuta a chiedere la sostituzione delle memorie di replica con l'udienza di discussione. Nel nuovo sistema l'assenza di siffatta indicazione dà luogo a non pochi problemi. Come si è visto, nel vigore della versione precedente della norma era prassi che la parte chiedesse che lo chiedesse al momento della precisazione delle conclusioni. Oggi invece il giudice fisserà l'udienza di rimessione della causa assegnando i termini di cui all'art. 189 c.p.c., «salvo dover verificare - tramite un monitoraggio attento in consolle - se qualcuna delle parti, al momento del deposito almeno dello scritto di cui al numero 1), abbia fatto richiesta di discussione orale» (Italia, I modelli decisori nel d.leg. 10 ottobre 2022, n. 149, cit., 147). Il riformatore, invece, ha fatto – quantomeno parzialmente – tesoro dell'esperienza maturata con riferimento all'abrogato art. 190-bis c.p.c. (poi trasfuso nell'art. 281-quinquies c.p.c.), in relazione al quale era stata sollevata questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. nella parte in cui non era previsto, anche nel processo davanti al giudice istruttore in funzione di giudice unico, lo scambio delle memorie di replica oltre a quello delle comparse conclusionali qualora una delle parti richieda la fissazione della udienza di discussione (Trib. Milano, 2 luglio 1997). In merito, la Consulta aveva ritenuto infondata la questione, ritenendo che la lamentata differenza non determinasse la violazione né del principio di uguaglianza, potendo il diritto di difesa diversamente atteggiarsi a seconda del tipo di processo, purché non ne fossero pregiudicati lo scopo e la funzione, né del diritto di difesa ex se considerato, potendo le parti esporre le proprie tesi difensive all'udienza di discussione (Corte cost., 17 luglio 1998, n. 275). Oggi, la riforma Cartabia ha permesso il superamento della questione relativa alla violazione del principio di uguaglianza, avendo previsto anche per la trattazione mista davanti al collegio il meccanismo già conosciuto per il procedimento in composizione monocratica del mero scambio delle comparse conclusionali e della sostituzione della memoria di replica con la richiesta di discussione orale. La scelta sembra apprezzabile perché migliora l'organizzazione del procedimento consentendo di pianificare la calendarizzate degli incombenti. Nella previgente formulazione della norma la fissazione di un'udienza pubblica di discussione in aggiunta alle memorie di replica previa la duplice manifestazione di volontà sia in sede di precisazione delle conclusioni sia all'esito della scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica, oltre ad essere estremamente complessa e “barocca”, faceva sì che il collegio restasse in balia delle esigenze difensive delle parti. Senonché resta la perplessità circa la possibile lesione del diritto di difesa, in quanto, nella realtà, di fronte ad una comparsa conclusionale particolarmente complessa, l'unica forma di difesa più efficace è rappresentata dal deposito della memoria di replica. Se ciò è vero diventa difficile negare che – se una delle parti può essere privata della facoltà di depositare la memoria di replica per insindacabile volontà dell'avversario, con la conseguenza che deve accontentarsi di svolgere le proprie ragioni esclusivamente in sede di discussione orale – «l'effettività del diritto di difesa venga ad essere almeno parzialmente compromessa» (Italia, I modelli decisori nel d.leg. 10 ottobre 2022, n. 149, cit., 147). Sostituzione del giudice unico dopo la rimessione in decisione della causa e nullità della sentenza Si pone frequentemente in giurisprudenza il problema della nullità o meno della sentenza pronunciata da un giudice diverso da quello davanti al quale si è avuta la trattazione e la rimessione in decisione. In passato, la Cassazione ha ritenuto che una siffatta sentenza dovesse ritenersi affetta da inesistenza per vizio di mancata sottoscrizione del giudice. Secondo quest'opinione, nel caso in cui il giudice unico investito della causa, dopo la precisazione delle conclusioni e prima della decisione, venga sostituito, la sentenza pronunciata da parte del nuovo giudice deve considerarsi affetta da inesistenza, essendo stata sottoscritta da un magistrato investito della cognizione del processo in base ad un provvedimento del presidente del tribunale emesso contra legem, in quanto non accompagnato da un contestuale provvedimento di rimessione della causa sul ruolo per consentire alle parti una nuova precisazione delle conclusioni (Cass. civ., sez. I, 14 marzo 2001, n. 3677; Cass. civ., sez. I, 10 dicembre 1999, n. 13831).
Applicabilità dell'art. 281-quinquies anche a procedimenti diversi da quello di primo grado innanzi al tribunale in composizione monocratica La trattazione scritta è palesemente incompatibile con la normativa specifica del processo del lavoro, che prevede espressamente la discussione orale in pubblica udienza. La trattazione mista, invece appare compatibile con tale rito differenziato, a condizione che la decisione venga adottata subito, con lettura del dispositivo in udienza, e non venga rinviata con il deposito successivo in cancelleria della sentenza completa di motivazione, come previsto per il rito ordinario. Non si dubita che nelle cause di appello avverso le decisioni rese dal giudice di pace, il tribunale (monocratico) possa utilizzare entrambe le opzioni stabilite dall'art. 281-quinquies c.p.c. Al riguardo, la cassazione, in un ormai risalente arresto, ha precisato che i due modelli alternativi di decisione previsti dalla norma sono operanti anche nel giudizio di secondo grado avverso una sentenza pronunciata dal giudice di pace, con l'osservanza del maggior termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e della sentenza; inoltre, l'eventuale adozione d'ufficio della trattazione mista non è suscettibile di ledere il principio del contraddittorio o il diritto di difesa, in quanto i due modelli sotto tali profili sono ritenuti del tutto equipollenti dal legislatore, per cui la decisione impugnata deve ritenersi affetta solo da una mera irregolarità, in nessun modo sanzionata dall'ordinamento (Cass. civ., sez. II, 20 giugno 2005, n. 13226). Deve invece escludersi che la trattazione mista possa trovare applicazione nel procedimento davanti alla corte d'appello. Nel sistema introdotto dalla riforma del 2022 il giudice, quando ravvisa che l'impugnazione è inammissibile o manifestamente infondata, dispone la discussione orale della causa ai sensi dell'art. 350-bis c.p.c.; del pari, sempre in trattazione orale il giudice definisce la causa quando l'impugnazione appare manifestamente fondata o comunque quando lo ritenga opportuno in ragione della ridotta complessità ovvero dell'urgenza della causa. In via subordinata e residuale rispetto alla trattazione orale, l'istruttore poi, ai sensi dell'art. 352 c.p.c., decide a seguito di trattazione scritta fissando davanti a sé l'udienza di rimessione della causa in decisione ed assegnando alle parti, salvo che queste non vi rinuncino, i termini perentori alla stessa maniera di quanto fa il giudice di primo grado ai sensi dell'art. 189 c.p.c. Dunque, non vi è spazio per il modello a trattazione mista di cui sopra. Riferimenti
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