Decreto ingiuntivo (esecuzione provvisoria del)

Cesare Trapuzzano
10 Maggio 2016

L'esecutività del decreto ingiuntivo è provvisoria quando il relativo titolo non è ancora stabilizzato.
Inquadramento

L'esecutività del decreto ingiuntivo è provvisoria quando il relativo titolo non è ancora stabilizzato. In realtà ad essere provvisorio è il titolo da eseguire, per cui appare più appropriata la definizione di esecutorietà provvisoria. E tanto anche perché la provvisorietà è concetto estraneo all'esecuzione, la quale ontologicamente è sempre definitiva, salvo che non sia dichiarata come invalidamente compiuta, in quanto basata su un titolo esecutivo non confermato.

L'esecutività provvisoria anticipa gli effetti della sentenza che rigetti l'opposizione proponibile o proposta ovvero anticipa gli effetti del decreto ingiuntivo che divenga definitivo per carenza di opposizione nel termine di legge.

Ciò può accadere in due ipotesi.

Nel primo caso, già in sede di rilascio, il provvedimento monitorio può essere munito della clausola di provvisoria esecutorietà, in ordine alle fattispecie delineate dall'art. 642 c.p.c. In presenza dei relativi presupposti, il decreto ingiuntivo è dichiarato provvisoriamente esecutivo già al momento della genesi; in questa fattispecie vi è ontologica coincidenza tra il provvedimento dichiarato esecutivo e il provvedimento che dichiara l'esecutorietà e la discriminazione tra esecutività ed esecutorietà è alquanto sfumata. Nondimeno, il titolo non è ancora definitivo poiché all'epoca dell'adozione pendono i termini per interporre l'opposizione a cura dell'ingiunto. Qualora quest'ultimo proponga l'opposizione, può richiedere la sospensione di detta esecutività ai sensi dell'art. 649 c.p.c.

Nel secondo caso, all'esito della proposizione dell'opposizione, quando ancora tale giudizio non sia stato definito, può essere richiesta dalla parte opposta la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo che sia stato fatto oggetto di opposizione, ai sensi dell'art. 648 c.p.c. Sarà una separata ordinanza emessa dal giudice dell'opposizione all'udienza di prima comparizione e trattazione a concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto. Tuttavia, in questa ipotesi non è escluso che la sentenza che chiude il giudizio di opposizione possa accogliere l'opposizione spiegata e revocare conseguentemente il provvedimento monitorio. Ne discende la possibile caducazione dell'esecutività concessa nel corso del giudizio, che conferisce all'ordinanza di esecutorietà disposta in corso di causa il carattere di precarietà o, comunque, di non stabilità, tanto da iscrivere anche tale fattispecie tra le ipotesi di esecutività provvisoria del decreto ingiuntivo.

Esecutività inaudita altera parte

Qualora si segua il percorso ordinario, il decreto ingiuntivo non acquista efficacia esecutiva se non quando sia decorso il termine di 40 giorni senza che sia stata spiegata opposizione ovvero senza che l'opponente si sia costituito ex art. 647, comma 1, c.p.c. o, ancora, quando il giudizio a cognizione piena di opposizione si sia concluso con il rigetto dell'opposizione proposta ovvero con l'estinzione del giudizio ex art. 653, comma 1, c.p.c.

In evidenza

Nondimeno, la legge contempla alcune ipotesi eccezionali in cui il decreto ingiuntivo può essere dichiarato provvisoriamente esecutivo ab origine ovvero subito dopo l'instaurazione del contraddittorio differito. In simili evenienze il ricorrente per ingiunzione ha la possibilità di iscrivere immediatamente (rectius prima della notifica del decreto nel caso di concessione immediata) ipoteca giudiziale ex art. 655 c.p.c., iscrizione assimilata, per alcuni versi, ad un atto esecutivo (Cass. civ., sez. III, 5 giugno 1997, n. 5007). Sicché l'istituto della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo attribuisce al decreto medesimo la natura di titolo esecutivo ai sensi dell'art. 474, comma 1, c.p.c. e, al contempo, di titolo ipotecario, sebbene sia ancora pendente il termine per proporre l'opposizione ovvero sia in corso lo stesso giudizio di opposizione.

Le ipotesi eccezionali menzionate, in cui compete al giudice la facoltà di concessione dell'esecuzione provvisoria del provvedimento monitorio prima che il decreto ingiuntivo diventi definitivo per carenza di opposizione, ovvero prima che sia definito il giudizio di opposizione debitamente proposto, possono realizzarsi in due stadi temporali differenti:

a) nel momento stesso in cui il giudice deliba in ordine alla concessione del provvedimento monitorio ex art. 642 c.p.c.;

b) b)ovvero all'udienza di prima comparizione e trattazione del procedimento ordinario di opposizione, quando l'opposto chieda la concessione della clausola di provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c.

Le disposizioni menzionate regolano la c.d. esecuzione provvisoria «ordinaria» del decreto ingiuntivo, ossia quella prevista in via generale dalle norme sul procedimento monitorio.

Nondimeno, sussistono altre fattispecie in cui è possibile la concessione della provvisoria esecuzione in forza di previsioni speciali.Nelle ipotesi regolate dagli artt. 642 e 648 c.p.c. la provvisoria esecuzione deriva direttamente da un atto giudiziale, il quale si coniuga con l'ingiunzione. Per questo motivo si annovera l'istituto nella categoria degli atti complessi.

Presupposti della provvisoria esecuzione inaudita altera parte

L'analisi che interessa il presente paragrafo concerne la prima fase, ossia la concessione della provvisoria esecuzione nella fase monitoria. In forza del dettato della norma evocata, si possono discriminare due blocchi di presupposti idonei per la concessione della provvisoria esecuzione, già al tempo del rilascio del decreto ingiuntivo.In base al primo blocco ex art. 642, comma 1, c.p.c., se il credito sia fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa ex art. 44 della l. 20 marzo 1913, n. 272, modificato dall'art. 12 del r.d.l. 30 giugno 1932, n. 815o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice, su istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare, senza dilazione, autorizzando — in mancanza — l'esecuzione provvisoria del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell'opposizione. In presenza di questi documenti qualificati si realizzano i c.d. presupposti oggettivi per il rilascio della provvisoria esecuzione inaudita altera parte. La Corte di legittimità si è pronunciata per la natura amministrativa del certificato di liquidazione di borsa, che giustifica la concessione della provvisoria esecuzione in favore della parte che lo possiede (Cass. civ., sez. un., 28 maggio 1998, n. 5290). Peraltro, l'emissione a cura del consiglio di borsa dei certificati di credito o di liquidazione di borsa è cessata a decorrere dal 1° gennaio 1998.

L'integrazione delle fattispecie documentali delineate rende obbligatoria la concessione della provvisoria esecuzione richiesta dall'ingiungente, escludendo che il giudice del monitorio conservi alcun margine discrezionale.

In ragione del secondo blocco di presupposti ex art. 642, comma 2, c.p.c., l'esecuzione provvisoria può essere accordata anche qualora vi sia pericolo di grave pregiudizio nel ritardo ovvero qualora il ricorrente produca documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere. L'integrazione di tali fattispecie determina, invece, la concessione della provvisoria esecuzione in guisa dei c.d. presupposti soggettivi. In questi casi il giudice mantiene un ampio potere discrezionale in ordine alla valutazione della ricorrenza delle relative fattispecie. La seconda condizione da ultimo evocata è stata introdotta dall'art. 2, comma 1, lett. s), l. 28 dicembre 2005, n. 263.

La disposizione della provvisoria esecuzione del provvedimento monitorio, già al tempo del rilascio del provvedimento medesimo, impone un duplice ordine di ponderazioni prima che il contraddittorio sia instaurato:

a) per un verso, il giudice del monitorio dovrà accertare che sussistano le condizioni per l'emissione del decreto ingiuntivo sulla base della previsione di cui all'art. 633 c.p.c. (ovvero che la pretesa abbia ad oggetto il pagamento di una somma liquida di denaro o la consegna di una determinata quantità di cose fungibili o la consegna di una cosa mobile determinata, che vi sia prova scritta del diritto fatto valere, che vi siano elementi atti a far presumere l'adempimento della controprestazione o l'avveramento della condizione quando il diritto dipenda da una controprestazione o da una condizione);

b) per altro verso, ed all'esito, il giudice del monitorio dovrà verificare che il credito si fondi su uno dei documenti qualificati indicati dall'art. 642, comma 1, c.p.c. ovvero che vi siano elementi deduttivi o documentali atti a comprovare il pericolo di grave pregiudizio nel ritardo o, ancora, che vi sia documentazione proveniente dal debitore attestante la pretesa fatta valere.

In tutti i casi in cui vi siano i presupposti, oggettivi o subiettivi, per la concessione della provvisoria esecuzione, il decreto ingiuntivo con clausola di provvisoria esecuzione legittimerà il creditore istante ad agire in via esecutiva quando, per effetto della notifica del titolo, il debitore ingiunto non abbia immediatamente adempiuto la prestazione. E ciò indipendentemente dalla proposizione o meno della relativa opposizione.

In conseguenza della concessione della clausola di provvisoria esecuzione, ai sensi del comma 1 ovvero del comma 2 dell'art. 642 c.p.c., il giudice dell'ingiunzione, su istanza di parte, può autorizzare l'esecuzione forzata senza il rispetto del termine indicato nel precetto, ovvero del termine di 10 giorni dalla sua notifica ex art. 482 c.p.c., come previsto dal comma 3 dell'art. 642 c.p.c. Ad ogni modo, tale esonero non si può estendere anche alla dispensa dall'onere di notifica del precetto, che dovrà essere sempre notificato prima di agire in via esecutiva.

Presupposti oggettivi

Quando il credito sia fondato su uno dei documenti indicati dall'art. 642, comma 1, c.p.c., su istanza di parte, il giudice attribuirà al decreto ingiuntivo efficacia esecutiva provvisoria e, più precisamente, ingiungerà al debitore di adempiere immediatamente, cioè subito dopo la relativa notificazione del decreto, autorizzando — in mancanza — l'esecuzione provvisoria. Il che non inibisce ovviamente la proposizione dell'opposizione. In questo filone si collocano i casi in cui la richiesta di ingiunzione sia supportata dalla particolare qualificazione della prova scritta offerta ovvero dalla natura speciale delle prove scritte su cui si fonda il ricorso monitorio. Questa tipologia di documenti è stata considerata dal legislatore come rivelatrice di una maggiore certezza del diritto azionato dal ricorrente.

Qualora il fondamento della richiesta sia concretamente rappresentato da uno dei riferiti documenti, ossia da cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice dovrà rilasciare la clausola di provvisoria esecuzione, e dunque il vaglio del giudice si limita al riscontro dell'esistenza di uno dei documenti elencati. Al riguardo, è stato efficacemente argomentato in dottrina che il controllo del giudice è esterno alla previsione normativa. Il giudice che concede (ovvero che rifiuta) la clausola di provvisoria esecuzione, ai sensi dell'art. 642, comma 1, c.p.c., deve motivare, sebbene succintamente, tale decisione nel corpo del decreto ingiuntivo, in ragione del preciso riferimento al documento rilevante, incluso nell'elencazione della norma, che giustifica l'accoglimento dell'istanza. In presenza dei documenti qualificati prescritti dalla norma, ma in difetto della richiesta di concessione della provvisoria esecuzione, il decreto ingiuntivo non potrà essere dichiarato provvisoriamente esecutivo d'ufficio. Tuttavia, non necessariamente l'istanza volta alla concessione della provvisoria esecuzione deve essere formulata nel corpo del ricorso introduttivo del procedimento monitorio. Infatti, tale richiesta può essere avanzata anche con ricorso separato, purché il relativo deposito si perfezioni prima della pronuncia del decreto ingiuntivo.

La giurisprudenza della Suprema Corte, in ordine all'elencazione degli atti che legittimano la concessione della provvisoria esecuzione ex art. 642, comma 1, c.p.c., è orientata a considerare la previsione normativa come meramente esemplificativa di una categoria più ampia e generale di titolo pubblico e certo(Cass. civ., sez. I, 10 marzo 1980, n. 1579; Cass. civ., sez. III, 25 ottobre 1974, n. 3130). In particolare, secondo detta ricostruzione, dall'esegesi della norma può desumersi che qualunque documento di fede privilegiata, in ordine alla sussistenza del preteso credito, purché abbia per oggetto immediato e diretto il rapporto da cui sorge l'obbligazione, ossia la consacrazione del rapporto obbligatorio, consente l'ingiunzione provvisoriamente esecutiva. In forza di tale impostazione, si reputa che la norma sia estensibile anche ad atti non espressamente menzionati, quando abbiano le medesime caratteristiche sostanziali degli atti specificamente elencati dall'art. 642, comma 1, c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 20 luglio 1965, n. 1647; Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 1965, n. 263; Cass. civ., sez. III, 22 maggio 1963, n. 1345; Cass. civ., sez. III, 21 luglio 1953, n. 2438; Cass. civ., sez. III, 25 gennaio 1949, n. 98; nella giurisprudenza di merito App. Napoli, 12 maggio 1956; App. Cagliari, 17 febbraio 1959; Pret. Milano, 17 giugno 1985), con particolare riguardo al profilo della loro efficacia probatoria. Le relative caratteristiche sono state individuate nella peculiare efficacia riconosciuta dalla legge ordinaria o da norme speciali al documento probatorio del credito e ad esso intrinseca. Per l'effetto, dovrebbe essere riconosciuta la provvisoria esecuzione in ordine alla richiesta ingiuntiva di rimborso in parte qua delle spese straordinarie sostenute per intero dal genitore affidatario o coaffidatario collocatario in favore della prole, quando la pronuncia di separazione o di divorzio (ovvero le relative statuizioni provvisorie e quelle modificative) abbia disposto che il genitore non affidatario o coaffidatario non domiciliatario debba contribuire al loro sostenimento nei limiti di una quota percentuale, quando il ricorso per decreto ingiuntivo sia corredato, oltre che dalla pronuncia di separazione o divorzio che stabilisce la misura percentuale di tale contributo, dai documenti fiscali qualificati che attestino il beneficiario, la natura, l'ammontare complessivo di tali spese nonché l'autore del pagamento anticipato di detti esborsi (Cass. civ., sez. I, 28 gennaio 2008, n. 1758; di contrario avviso Cass. civ., sez. I, 24 febbraio 2011, n. 4543).

Per le medesime ragioni dovrebbero ricadere tra i documenti dotati di forza privilegiata, che impongono la concessione della provvisoria esecuzione, nonostante non siano compresi nell'elencazione di cui al comma 1 dell'art. 642 c.p.c., le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di denaro in esse contenute. Ed infatti, a seguito della novella del 2005, anche tali scritture ricadono tra i titoli esecutivi ai sensi dell'art. 474 c.p.c., sicché appare quanto mai evidente l'assimilazione con gli altri atti stragiudiziali dotati di forza esecutiva contenuti nell'elenco di cui al citato comma 1, pena un'ingiustificata differenza di trattamento.

Presupposti soggettivi

Quando, invece, sia evocata la presenza di un pericolo di grave pregiudizio nel ritardo ovvero sia prodotta documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere, la valutazione del giudice è, per definizione, ancorata non già ad elementi oggettivi di riscontro, bensì all'esercizio di un potere discrezionale, diretto ad accertare la positiva integrazione del pericolo ovvero del documento confessorio. La ricorrenza del pericolo e della gravità del pregiudizio nel ritardo importa, per il creditore istante, una dimostrazione sommaria della loro integrazione — evidentemente basata su dati documentali — e, per il giudice, la ponderazione della loro effettiva esistenza, sulla scorta di una delibazione discrezionale.Allo stesso modo si deve ritenere che la valutazione circa l'effettiva esistenza di documentazione, dalla quale sia desumibile che il debitore ha riconosciuto la ricorrenza del credito, è intrisa di un margine notevole di discrezionalità.

Ad es. si pensi alla sottoscrizione di un piano rateale concordato di rientro dal debito ovvero ad una missiva di comunicazione del pagamento parziale del maggior debito ammesso e quantificato nella sua esatta entità.

Il pericolo di grave pregiudizio nel ritardo si riferisce al creditore (che potrebbe subirlo), ma afferisce a fatti incidenti sulla sfera giuridica del debitore (da cui tale periculum potrebbe derivare). Esso consiste nel pericolo che la futura procedura esecutiva, per effetto del decorso del termine di 40 giorni dalla notifica senza alcuna opposizione ovvero per il rigetto dell'opposizione spiegata, non dia esito alcuno a causa dello stato o della condotta imputabili al debitore, già attuali al tempo in cui è depositato il ricorso per decreto ingiuntivo. Sicché il pericolo concerne il creditore istante, ma discende da elementi riguardanti l'ambito del debitore ingiungendo. Detti elementi si riflettono negativamente sull'ingiungente, che — in ragione del decorso del tempo — potrebbe subire un nocumento irreparabile. Né può assumere alcun rilievo, a tali fini, la natura del credito da soddisfare, quand'anche si tratti di un credito di lavoro subordinato (contra Pret. Roma 17 luglio 1981). Ad ogni modo, la delibazione in ordine alla ricorrenza del pericolo di grave pregiudizio nel ritardo non ha natura autenticamente cautelare e, dunque, non ricorrono le condizioni per l'applicazione delle norme dedicate al rito cautelare uniforme. Il pericolo richiesto dalla norma deve essere qualificato, id est grave. La gravità, ossia la rilevanza, del pregiudizio è richiesta allo scopo di evitare un attentato alla parità dei creditori, realizzabile mediante l'iscrizione di ipoteca giudiziale in forza del decreto ingiuntivo. Esso si manifesta nello stato di dissesto o di insolvenza del debitore ovvero, quando l'ingiunzione abbia ad oggetto la consegna di una determinata quantità di cose fungibili, nella condizione di deperibilità delle merci ovvero nella loro facile deteriorabilità ovvero nel periculum specifico che la res possa subire danneggiamento in ragione della sua destinazione, tali da far presagire, secondo una valutazione prognostica, la futura infruttuosità dell'azione esecutiva. Lo stato di dissesto può essere desunto dalla produzione di volture ipocatastali da cui risultino iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli a carico del debitore, come iscrizioni di ipoteche, trascrizioni di pignoramenti immobiliari. Oppure può essere ricavato dalla produzione di volture camerali o dal bollettino dei protesti, da cui emerga la levata di protesti. O ancora dalla pendenza di procedimenti esecutivi ovvero dal deposito di istanze di fallimento, attestate da certificazione rilasciata dal cancelliere. Per converso, lo stato di insolvenza può essere dimostrato, sempre in via documentale, tramite le risultanze di ricerche che attestino la mancata intestazione di beni immobili o di mobili registrati in favore del debitore. O ancora detta condizione può essere desunta dalla produzione documentale da cui sia possibile rilevare che il debitore si è spogliato o si sta spogliando, nel periodo immediatamente precedente al deposito del ricorso per ingiunzione, di tutti i beni o dei beni più significativi a lui intestati, sottraendo così il suo patrimonio alla garanzia generica dei creditori. O ancora dalla produzione di atti che denotino la possibile aggressione del patrimonio a cura di terzi. Ad integrare lo stato di insolvenza non bastano le prove di mere situazioni di difficoltà economica da ritenersi preventivamente (già al momento in cui è sorta l'obbligazione) conosciute o accettate dal creditore. Si pensi ad una pregressa iscrizione di ipoteca giudiziale in forza di altro decreto ingiuntivo(Trib. Bergamo, 14 settembre 1965).In ultimo, la deperibilità o deteriorabilità o il possibile danneggiamento delle cose da consegnare costituiscono elementi che possono essere ricavati da una descrizione tecnica (vedi consulenza asseverata di parte) del loro stato o della loro destinazione ovvero da adeguata documentazione illustrativa (anche fotografica).Ad ogni modo, è onere della parte che richiede la provvisoria esecuzione per l'asserita integrazione del pericolo di grave pregiudizio nel ritardo fornire adeguata dimostrazione documentale della sua ricorrenza già in sede monitoria. Non bastano le mere affermazioni rese sul punto, senza adeguato riscontro documentale.

Come anticipato, l'art. 2, comma 1, lett. s), della l. 28 dicembre 2005, n. 263, applicabile a tutti i procedimenti monitori pendenti a decorrere dal 2 marzo 2006 — o successivamente all'1 marzo 2006 — (secondo quanto previsto dall'art. 39-quater del d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, in l. 23 febbraio 2006, n. 51), avuto riguardo alla data di deposito del ricorso(Cass. civ., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20596), ha introdotto, nel comma 2 dell'art. 642 c.p.c., un ulteriore presupposto soggettivo per la concessione della provvisoria esecuzione, rappresentato dalla produzione di documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere. In primis, nell'alveo dell'espressione atecnica documentazione ricadono non solo le scritture private, ma anche i documenti informatici o elettronici con firma digitale e, in una prospettiva innovativa, qualsiasi rappresentazione documentata di fatti o di manifestazioni di volontà. Invece, non può trovare seguito la tesi che aderisce ad una concezione per così dire burocratica del termine adoperato «documentazione», che presupporrebbe non un singolo atto sottoscritto dal debitore, ma una pluralità di documenti, un «insieme di dati raccolti o presentati per documentare un fatto». Viceversa, la produzione di una sola scrittura privata sottoscritta dal debitore o di un documento informatico o elettronico munito di firma digitale, sicuramente imputabile al debitore, è sufficiente per ottenere il rilascio del provvedimento monitorio, con clausola di provvisoria esecuzione, quando detti atti rappresentino autonomamente tutti gli elementi del credito ingiungendo. Al contempo, il requisito richiesto per la provvisoria esecuzione può provenire da una serie coordinata di documenti, in cui ognuno si integri con gli altri, in modo tale che solo dalla lettura congiunta dei documenti prodotti si possa desumere la “comprova” del diritto. In ogni caso, sarebbe stato più opportuno che il legislatore avesse usato una diversa terminologia, come quella di «documento», eventualmente prevedendo espressamente anche la possibilità di avvalersi di un documento informatico. Si reputa che rientrino nell'ampia categoria dei documenti anche la posta elettronica semplice e, secondo parte della dottrina, anche gli short messages via telefono cellulare (c.d. sms), lo scambio di consensi nelle chat line e la trasmissione via telefax. La documentazione deve riportare la sottoscrizione del debitore. L'attribuzione di paternità al debitore della sottoscrizione, di cui non è richiesta l'autenticazione, deve essere ben riconoscibile a cura del giudice, eventualmente anche attraverso il confronto con altri documenti che riportano la medesima sottoscrizione. Nessun dubbio deve quindi residuare sulla provenienza, quantomeno apparente. Ne consegue che non rientrano nell'alveo della documentazione sottoscritta dal debitore gli scritti olografi senza firma o le deliberazioni di organi collegiali di cui lo stesso debitore sia membro, sempre in difetto di sottoscrizione. Tuttavia sembra più plausibile ritenere che il termine «sottoscrizione» non debba essere inteso in senso stretto e formale, bensì come sinonimo di riconducibilità qualificata ad un soggetto determinato, il che può avvenire attraverso qualsiasi sistema, anche estraneo alla sottoscrizione vera e propria, che consenta di attribuire con sufficiente certezza un certo documento alla paternità del debitore. In questa prospettiva si è ritenuto che il requisito della sottoscrizione può essere integrato, in base alle circostanze, anche da dichiarazioni di volontà che non contemplino, almeno formalmente, la firma del debitore, ma che siano comunque al medesimo imputabili in ragione di dati oggettivi. Tra esse si annoverano le deliberazioni assembleari che vincolano tutti i soci o tutti i condomini, anche dissenzienti, oltre la fattispecie specificamente regolata dall'art. 63 disp. att. c.c. Non necessariamente tali dichiarazioni di scienza devono essere indirizzate al creditore. Ben è possibile che esse siano dirette al legale del creditore ovvero ad altro terzo qualificato.

Provvisoria esecuzione in corso di causa

Secondo il dettato dell'art. 648 c.p.c., l'esecuzione provvisoria non rilasciata al tempo in cui il decreto ingiuntivo è stato emesso può essere concessa dopo la proposizione dell'opposizione, su istanza del creditore opposto, e può essere delibata dal giudice istruttore alla prima udienza di comparizione e di trattazione. Tale decisione può essere assunta con ordinanza non impugnabile quando l'opposizione non sia fondata su prova scritta ovvero non sia di pronta soluzione. L'art. 9, comma 3, del d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 ha introdotto l'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 648 c.p.c., secondo cui può essere concessa la provvisoria esecuzione parziale del decreto ingiuntivo opposto quando l'opponente non contesti la tenutezza relativamente ad una parte della somma ingiunta, salvo che l'opposizione non sia proposta per vizi procedurali, posto che in tale evenienza, il vizio si riverbera sulla legittimità dell'intero decreto.

Secondo l'orientamento ormai consolidato, sia in dottrina che in giurisprudenza, la clausola di provvisoria esecuzione nel giudizio di opposizione richiede l'esistenza congiunta di due presupposti negativi (la prova scritta dell'opposizione ovvero la pronta soluzione dell'opposizione) e di un presupposto positivo (il fumus boni juris del diritto azionato o, secondo un'opinione più rigorosa, la piena prova del buon diritto, sebbene allo stato degli atti).In ragione del comma 2 della norma, all'esito della pronuncia di illegittimità costituzionale della Consulta(C. cost., 4 maggio 1984, n. 137), qualora la parte opposta offra una cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni, il giudice dell'opposizione può concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, espressamente richiesta, solo dopo avere sciolto positivamente il nodo della ricorrenza degli elementi di cui al comma 1 e purché l'entità della cauzione sia congrua ai fini della presumibile soddisfazione delle pretese di restituzione dell'oggetto dell'ingiunzione, delle spese e dei danni che potrebbero nascere dall'accoglimento ipotetico dell'opposizione. Pertanto, non vi è un obbligo del giudice di provvedere positivamente sulla concessione della provvisoria esecuzione quando l'opposto offra una cauzione. Né essa può essere imposta dal giudice quando non sia offerta dall'opposto.

Opposizione fondata su prova scritta

La prova scritta prodotta dall'opponente, che impone il rigetto della richiesta di concessione della provvisoria esecuzione, postula il richiamo alle prove scritte nell'ordinario giudizio di cognizione ex artt. 2699 e seguenti c.c. e non alla speciale disciplina delle prove scritte nel procedimento monitorio di cui agli artt. 634,635 e 636 c.p.c. Dunque, per prova scritta è da intendersi ogni documento scritto idoneo a provare, a norma degli artt. 2699 e ss. c.c., l'inesistenza del fatto costitutivo del diritto del creditore e, quindi, il fondamento dell'eccezione — in senso lato — del debitore ingiunto ovvero l'esistenza dei fatti estintivi od impeditivi dedotti dall'opponente a sostegno delle sue eccezioni — in senso stretto —.Il problema si pone quando la prova scritta sia rappresentata da scrittura proveniente dal creditore ingiungente che l'abbia tempestivamente disconosciuta in sede di opposizione(quanto all'interposizione con l'art. 216, comma 1, c.p.c. confronta C. cost., 4 novembre 1987, n. 379). In ordine alla medesima ipotesi, l' art. 186-ter, comma 2, seconda parte, c.p.c. esclude che possa essere concessa la provvisoria esecutorietà dell'ordinanza-ingiunzione ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l'atto pubblico. Quando ciò si verifichi nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, secondo alcuni arresti di merito(per la natura radicalmente impeditiva del disconoscimento Trib. Torino, 23 settembre 2013; Trib. Latina, 20 febbraio 1996), sarebbe radicalmente vietata la possibilità di disporre la provvisoria esecuzione, in base ad un'interpretazione analogica della norma ex art. 186-ter c.p.c. quand'anche sia proposta tempestivamente istanza di verificazione all'esito del disconoscimento, poiché la valenza probatoria del documento è elisa sino all'eventuale esito positivo della verificazione. Secondo altro orientamento, la delibazione in ordine alla concessione della provvisoria esecuzione sarebbe rimessa al prudente apprezzamento del giudice, il quale dovrebbe valutare, prima facie e allo stato degli atti, se l'avvenuto disconoscimento costituisca un mero espediente per inibire la disposizione della provvisoria esecuzione ovvero se abbia un apparente fondamento.

Opposizione di pronta soluzione

Con l'espressione «pronta soluzione» il legislatore intende riferirsi ad ogni prova che non comporta istruzione in senso stretto, come ad esempio quella che consegue ai fatti notori ex art. 115, comma 2, c.p.c.o pacifici, perché non specificamente contestati ex art. 115, comma 1, c.p.c. (come sostituito dall'art. 45, comma 14, della legge 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009), o ammessi a cura del ricorrente. Si pensi ad un'eccezione di prescrizione, quando il decorso del tempo sia agevolmente rilevabile e sempre che già nella prima udienza parte opposta non fornisca dimostrazione dell'integrazione di eventi interruttivi. Ovvero ad un'eccezione di prescrizione presuntiva avverso cui la controparte non abbia reagito con il deferimento del giuramento decisorio ex art. 2960 c.c. Si tratta dell'esatto opposto delle c.d. eccezioni di lunga indagine, delle quali fanno menzione l'art. 65 della legge sulla cambiale di cui al r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669 e l'art. 57 della legge sull'assegno di cui al r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736. Si noti che il legislatore, sul piano lessicale, si riferisce alla prova di pronta soluzione e non all'opposizione di pronta soluzione(C. cost., 8 marzo 1996, n. 65).Ovviamente, il concetto di «pronta soluzione» deve essere valutato in guisa della concreta attività processuale da dispiegare e non delle contingenti necessità dell'ufficio cui appartiene il giudice designato, soprattutto qualora l'intervallo tra i rinvii delle udienze sia notevole per i carichi di lavoro. Siffatti differimenti a lungo termine non assumono rilevanza sulla valutazione della pronta soluzione, poiché non dipendono da esigenze oggettive legate allo svolgimento dell'attività assertoria ed istruttoria. Sicché quando, in ragione di una ponderazione prognostica fondata sulla tipologia delle questioni dibattute, il processo possa esaurirsi in poche udienze, ricorre la condizione della pronta soluzione, benché i rinvii possano essere disposti a lungo termine. Ma in senso contrario si sono espresse alcune pronunce di merito(Trib. Milano, 1 ottobre 1991), le quali hanno sostenuto che l'attuale lunghezza dei tempi necessari per la definizione con sentenza di una causa ordinaria di merito impedisce di qualificare un'opposizione a decreto ingiuntivo di pronta soluzione qualora, senza dedurre alcuna prova, il debitore si limiti a svolgere le sue difese solo in diritto, sollecitando l'immediata rimessione della causa al collegio per la decisione(Trib. Cagliari, 29 aprile 1991).

Riferimenti

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