Decreto ingiuntivo (procedimento per l’emanazione del)
06 Settembre 2017
Inquadramento
Il procedimento monitorio consente di ottenere, in presenza di quelle che la norma chiama condizioni di ammissibilità, inaudita altera parte, un provvedimento di condanna, denominato ingiunzione. Si tratta, quindi, di un procedimento finalizzato a procurarsi in tempi brevi un titolo esecutivo. Tale funzione si realizza per un verso consentendo al giudice di emanare un provvedimento di condanna in assenza di contraddittorio e, per altro verso, spostando sul convenuto (destinatario del provvedimento di condanna) il giudizio sull'opportunità di determinare l'instaurazione del processo a cognizione piena. La prima fase (monitoria in senso stretto) è sempre necessaria e si sviluppa dal momento del deposito del ricorso fino alla notifica del decreto ingiuntivo (ovvero fino al rigetto del ricorso), dando vita a un procedimento sommario tipico, caratterizzato da una cognizione parziale (per l'assenza di contraddittorio) e superficiale, sottoposto a speciali condizioni di ammissibilità e attraverso il quale viene esercitata un'azione speciale di condanna. Invece, la fase successiva è solamente eventuale e viene introdotta su iniziativa del soggetto ingiunto, il quale propone opposizione al decreto ingiuntivo notificatogli, introducendo un processo ordinario disciplinato dalle regole della cognizione piena, destinato a concludersi con una sentenza che determinerà il regolamento sostanziale della res controversa. L'art. 633 c.p.c. disciplina le condizioni di ammissibilità della domanda di ingiunzione. Anzitutto, oggetto del procedimento monitorio può essere solo un'azione di condanna e non anche azioni dichiarative o costitutive. Il diritto posto a base della domanda di ingiunzione deve consistere in un diritto di credito in senso lato, avente ad oggetto una somma liquida di denaro o una determinata quantità di cose fungibili, ovvero in un diritto alla consegna di una cosa mobile determinata. Conseguentemente, non si potrà fare ricorso alla procedura in esame per ovviare alla perdita della proprietà o del possesso della cosa propria, per ottenere il rilascio di un immobile o l'esecuzione di un obbligo di fare o di non fare, o, infine, il pagamento di un debito non costituente obbligazione attivabile in giudizio, così come nel caso delle obbligazioni naturali. Per quanto concerne i diritti di credito aventi a oggetto somme di denaro si ritiene, in linea generale, che detta somma debba essere liquida ed esigibile. Si parla di somma liquida con riferimento a un credito predeterminato nel suo ammontare, senza che vi sia, quindi, la necessità di procedere a calcoli o aggiunte, se non meramente strumentali. Pertanto, non è ammissibile fare ricorso alla procedura monitoria per richiedere, genericamente, la condanna dell'asserito debitore al risarcimento dei danni. Il credito deve essere inoltre esigibile,come si può desumere dall'onere del ricorrente, se il credito dipende da una controprestazione o da una condizione sospensiva, di offrire elementi idonei a far presumere l'adempimento o l'avveramento della condizione (art. 633, comma 2, c.p.c.). In caso di diritto dipendente da controprestazione, è sufficiente provare l'esistenza dell'obbligazione a carico del debitore ed offrire elementi indiziari in ordine all'adempimento dell'obbligazione propria. L'esigenza che l'ingiunzione si riferisca necessariamente ad un credito scaduto comporta, nel caso di previsione di un termine a favore del debitore, l'onere per il creditore di provare, con atto scritto, la decadenza dell'ingiunto dal beneficio del termine ex art. 1186 c.c.. Ma, nel caso previsto dall'art. 658 c.p.c., l'ingiunzione può essere pronunciata per espressa previsione dell'art. 664 c.p.c. anche per il pagamento dei canoni di locazione da scadere, oltre quelli scaduti (Cass., sez. II, 6 novembre 1991, n. 11834). Il ricorso monitorio può essere anche utilizzato, come già si è anticipato, da chi è creditore di una determinata quantità di cose fungibili. L'art. 639 c.p.c., norma di rara applicazione, impone al creditore di dichiarare la somma che è disposto ad accettare, in mancanza della prestazione in natura, a definitiva liberazione dell'altra parte. Al giudicante, inoltre, è attribuito il potere di verificare la congruità della somma indicata dall'istante, consentendo al ricorrente altresì di produrre idonea certificazione della competente camera di commercio. L'orientamento prevalente esclude che l'omessa indicazione della somma da parte del creditore possa determinare la nullità del decreto ingiuntivo. Infine, il ricorso monitorio può essere esperito per la consegna di una cosa mobile determinata. Questa ipotesi si riferisce, secondo la giurisprudenza e la dottrina, alle sole prestazioni di dare che costituiscono il contenuto di un rapporto obbligatorio. Pertanto, non possono essere esperite tramite il procedimento monitorio né azioni di rivendica di una cosa mobile, né azioni di rilascio di un immobile, né si può ottenere l'esecuzione di un obbligo di fare o di non fare. Oltre alla categoria dei crediti sopra menzionati, l'art. 633 c.p.c. estende l'ambito di applicazione del procedimento monitorio anche:
Infine, in base alla previsione dell'ultimo comma dell'art. 633 c.p.c., la possibilità di notificare il provvedimento nel territorio dello Stato costituiva un presupposto di ammissibilità dell'ingiunzione. La questione deve ritenersi ormai risolta perché la disposizione dell'art. 633 ult. comma c.p.c. è stata abrogata per effetto dell'art. 9 D.Lgs. n. 231/2002. Ne consegue che attualmente è consentito il ricorso alla procedura monitoria anche laddove il decreto vada notificato all'estero.
Prova scritta
Il presupposto essenziale di ammissibilità del procedimento monitorio è l'esistenza di una prova scritta del diritto vantato. In particolare, secondo gli artt. 634, 635 e 636 c.p.c., sono prove scritte idonee: le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se mancanti dei requisisti prescritti dal codice civile. Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di denaro nonché per le prestazioni di servizi, fatte da imprenditori che esercitano un'attività commerciale, anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli artt. 2214 e ss. c.c., purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando sono tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture. Per i crediti dello Stato, o di enti o istituti soggetti a tutela o vigilanza dello Stato, sono prove idonee anche i libri o registri della pubblica amministrazione, quando un funzionario all'uopo autorizzato o un notaio ne attesti la regolare tenuta a norma delle leggi e i regolamenti. Restano salve le disposizioni delle leggi sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli enti o istituti sopra indicati. La nozione di prova scritta che viene in rilievo ai fini dell'emanazione del decreto ingiuntivo è comunque più ampia di quella che emerge dalla disciplina dettata per il processo ordinario di cognizione. Difatti, secondo un orientamento ampiamente consolidato della giurisprudenza, costituisce prova scritta qualsiasi documento proveniente dal debitore o da un terzo, che abbia intrinseca legalità, purché il giudice, nella sua valutazione discrezionale, ne riconosca l'idoneità a dimostrare il diritto controverso; ciò vale anche se il documento prodotto è privo di efficacia probatoria assoluta, dato che la completezza della documentazione esibita va accertata nel successivo giudizio a cognizione piena, in cui il creditore può provare il suo credito indipendentemente dalla legittimità, validità e efficacia del provvedimento monitorio, allo stesso modo in cui il debitore può dimostrare l'insussistenza del preteso diritto (Cass., sez. II, 21 febbraio 2013, n. 4334). Ampia è la casistica generata da dottrina e giurisprudenza sul punto.
Giudice competente
L'art. 637 c.p.c. stabilisce che è competente per valore e per territorio il giudice di pace o, in composizione monocratica, il tribunale che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria. Deve escludersi, pertanto, che il giudice cui è proposta la domanda di ingiunzione diventi competente per il solo fatto di essere stato adito con tale tipo di domanda, come emerge, del resto, dalla circostanza che lo stesso può rilevare il proprio difetto di competenza e rigettare per questo motivo l'istanza. Qualora, peraltro, detto giudice non rilevi la propria incompetenza, l'opposizione deve essere rivolta a quel giudice e, con l'opposizione, la parte può rilevare la questione di competenza (Cass., sez. III, 20 marzo 2007, n. 6672, in dejure.giuffre.it). Circa la competenza per territorio,l'art. 637 c.p.c., riferendosi al giudice che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria, richiama implicitamente, oltre le regole ordinarie di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c., anche quella dell'art.20 c.p.c., che per le cause relative a diritti di obbligazione stabilisce il foro facoltativo del luogo ove è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta (Cass., sez. I, 6 dicembre 1984, n. 6430, in dejure.giuffre.it). A rigore, non èescluso l'operare dei fori esclusivi, sempre che, naturalmente la domanda di ingiunzione abbia a oggetto un diritto di credito tutelabile nelle forme del rito monitorio. Anche nel procedimento monitorio trova applicazione l'art. 38 c.p.c., per cui il giudice adito con il ricorso può rilevare d'ufficio la propria incompetenza per materia, valore e territorio inderogabile, mentre, quando si tratta di competenza per territorio derogabile, spetta all'ingiunto sollevare la relativa eccezione nel successivo atto di opposizione, indicando il giudice ritenuto competente (alla stregua della nuova formulazione dell'art. 38, co. 1, c.p.c. spetta in ogni caso all'opponente eccepire, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta anche l'incompetenza per materia, quella per valore e per territorio inderogabile oltre che quella per territorio derogabile). Tuttavia la Corte Cost. (sent., 3 novembre 2005, n. 410, in dejure.giuffre.it) ha ritenuto possibile anche la rilevabilità ex officio di tale incompetenza, al fine di non imporre una onerosa costituzione solo per far valere la violazione di norme attinenti all'individuazione del giudice, atteso il pregiudizio che altrimenti ne deriverebbe. Per i crediti riguardanti onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali è competente anche il capo dell'ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla quale il credito si riferisce. In particolare, gli avvocati possono altresì proporre domanda d'ingiunzione contro i propri clienti al giudice competente per valore del luogo dove ha sede l'associazione professionale alla quale sono iscritti.
Il procedimento monitorio
Il procedimento monitorio ha inizio con la domanda di ingiunzione di pagamento o di consegna che si propone con ricorso, il quale, oltre agli elementi prescritti dall'art. 125 c.p.c., deve contenere:
Il ricorso deve essere depositato in cancelleria del giudice, al quale la domanda di ingiunzione è proposta, unitamente ai documenti prodotti, che, in virtù della espressa previsione di cui all'art. 638, co.3, c.p.c., non possono essere ritirati fino a quando non sia decorso il termine per proporre l'opposizione.
Processo civile telematico
Si segnala che, ai sensi dell'art. 16 bis, co. 4 D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 conv. con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, “A decorrere dal 30 giugno 2014, per il procedimento davanti al tribunale di cui al libro IV, titolo I, capo I del codice di procedura civile, escluso il giudizio di opposizione, il deposito dei provvedimenti, degli atti di parte e dei documenti ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici….”. Pertanto, alla stregua di tale previsione, rimasta invariata anche dopo la pubblicazione del D.L. 24 giugno 2014 n. 90, la domanda monitoria deve obbligatoriamente essere introdotta con modalità telematiche, ad esclusione per i procedimenti di competenza del Giudice di Pace. Rapporti con la mediazione e con la negoziazione assistita obbligatorie
Non è necessario che il deposito del ricorso sia preceduto dall'esperimento del procedimento di mediazione, in virtù della previsione di cui all'art. 5, co.4, lett. a), D.LGS. n. 4 marzo 2010, n. 28, la quale espressamente dispone che “I commi 1-bis e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”. Trova, tuttavia, applicazione l'art. 4, co. 3, di detto decreto, secondo cui, all'atto di conferimento dell'incarico, l'avvocato è tenuto a informare, per iscritto, il cliente della possibilità di esperire il procedimento di mediazione, nonché dei casi in cui il medesimo è obbligatorio. Allo stesso modo il deposito del ricorso per decreto ingiuntivo non deve essere preceduto dal preliminare invito rivolto alla controparte alla stipula della convenzione di negoziazione assistita, giusta la previsione di cui all'art. 3, comma 3, lett. a) d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla L. 10 novembre 2014, n. 162. Anche in tal caso, tuttavia, ai sensi dell'art. 2 co. 7, l'avvocato è tenuto ad informare il cliente all'atto del conferimento dell'incarico della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita. La domanda di ingiunzione, per potere essere accolta, deve passare un doppio vaglio di carattere processuale da parte del giudice adito: quest'ultimo, infatti, deve verificare l'esistenza deipresupposti processuali e delle condizioni dell'azione e successivamente l'esistenza dei presuppostiprocessuali speciali, costituiti dalle condizioni di ammissibilità stabilite dall'art. 633 e ss. c.p.c.. Qualora l'analisi di tali elementi sia negativa (ad es. ricorso presentato da un soggetto processualmente incapace ovvero sottoscritto da un difensore privo di procura, assenza di legittimazione ad agire del ricorrente, incompetenza del giudice adito, oppure l'assenza di un credito liquido di denaro o di una quantità di cose fungibili o di un diritto alla riconsegna di una cosa mobile determinata), salvo quanto si dirà nel prosieguo con riferimento all'integrazione della prova, il giudice deve rigettare il ricorso, senza emettere alcuna pronuncia in merito allo stesso. Accertata l'esistenza dei menzionati presupposti, il giudicante, al fine di potere accogliere il ricorso, deve esaminare nel merito la documentazione prodotta. A tal riguardo, si deve ricordare che l'art. 640, co.1, c.p.c., in deroga al principio dell'onere della prova in senso sostanziale, ha attribuito al giudice la possibilità di invitare il ricorrente ad integrare la documentazione esibita, qualora la domanda appaia non sufficientemente fondata, ma non manifestamente infondata. Infatti, qualora si verificasse questa ultima circostanza, non vi sarebbe spazio per il potere integrativo del giudice. Qualora, invece, il ricorrente non provveda all'integrazione richiesta oppure quando l'interpretazione del ricorso conduca il giudice a conclusioni diverse da quelle che il ricorrente mirava ad ottenere, come accade nei casi di obbligazione naturali o da causa illecita, il ricorso deve essere rigettato. In ogni caso, il rigetto del ricorso non pregiudica un'eventuale riproposizione della stessa domanda, sia in via monitoria sia in via ordinaria, essendo pertanto il decreto di rigetto non impugnabile per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass., sez. un., 19 aprile 2010, n. 9216, in dejure.giuffre.it; Cass., sez. un., 1 marzo 2006 n. 4510, in dejure.giuffre.it). Se sussistono le condizioni previste dall'art. 633 c.p.c. e, quindi, il ricorso è accoglibile, il giudice pronuncia decreto motivato con il quale ingiunge all'altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose richieste, nel termine di quaranta giorni (termine che su istanza del ricorrente può essere anche abbreviato o esteso ex art. 641, co. 2, c.p.c.), con l'espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione e che, in mancanza di questa, si procederà ad esecuzione forzata. Tale termine decorre dalla notificazione del ricorso e del decreto. Tuttavia, il termine appena indicato non viene sempre concesso al debitore, in quanto il giudice, su istanza del ricorrente, può ingiungere di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando l'esecuzione provvisoria del decreto nei casi di cui all'art. 642 c.p.c.. Accessoria all'ingiunzione, così come prevede l'art. 641, co. 3, c.p.c., è la pronuncia sulle spese del procedimento d'ingiunzione, che il giudice liquida nel decreto, ingiungendo il pagamento delle stesse alla parte contro la quale è stato emesso il decreto. L'art. 643 c.p.c. prevede, inoltre, che l'originale del decreto d'ingiunzione sia depositato, con l'originale del ricorso in calce al quale è iscritto, nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciato e che sia notificato per copia autentica all'intimato, unitamente alla copia autentica del ricorso, nei modi previsti dall'art. 137 ss. c.p.c.. Cenni sul decreto ingiuntivo europeo
Il Parlamento Europeo e il Consiglio hanno adottato il 12 dicembre 2006 il Regolamento (CE) n. 1896/2006, con il quale è stato istituito un procedimento europeo di ingiunzione di pagamento, per il recupero rapido ed efficace di crediti commerciali sorti nell'ambito di controversie giuridiche transfrontaliere, in cui almeno una delle parti ha domicilio o residenza in uno degli Stati membri dell'Unione europea diverso da quello del giudice adito (esclusa la Danimarca). L'ambito di applicazione del Regolamento concerne le controversie transfrontaliere (quelle in cui almeno una delle parti ha domicilio o residenza in uno degli Stati membri dell'Unione europea diverso da quello del giudice adito) che sorgono per il mancato pagamento di crediti non contestati aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro nel settore civile e commerciale. Il creditore potrà richiedere al giudice l'emissione del provvedimento di ingiunzione utilizzando un apposito modulo rinvenibile nell'Allegato 1 del Regolamento che può essere inoltrato anche in via telematica. La domanda deve contenere l'indicazione del credito, l'allegazione delle circostanze invocate a fondamento e una “descrizione” delle prove a sostegno della domanda. La finalità deflattiva del procedimento è rafforzata dalla possibilità che il creditore dichiari anticipatamente di rinunciare al credito in caso di opposizione, con conseguente estinzione del procedimento, salva la possibilità, per l'istante, di introdurre un nuovo giudizio di cognizione ordinario. Il provvedimento viene emesso se risultano prima facie rispettate le condizioni di legge. Entro 30 giorni dalla notificazione del provvedimento, l'ingiunto può proporre opposizione dinanzi al giudice di origine, utilizzando un apposito modulo, instaurando così un procedimento disciplinato dalle regole processuali dello Stato di origine. La competenza del giudice per l'emissione del c.d. decreto ingiuntivo europeo si determina in conformità alle norme di diritto eurounitario applicabili in materia, tra le quali assumono rilievo quelle del Regolamento (UE) 1215/2012 che ha sostituito il Reg. CE 44/2001 (in ogni caso per le ingiunzioni nei confronti dei consumatori sono competenti solo i giudici del loro domicilio). In caso di mancata opposizione da parte del debitore, l'ingiunzione europea divenuta esecutiva nello Stato membro d'origine è riconosciuta ed eseguita negli altri Stati dell'Unione senza che sia necessaria alcuna dichiarazione di esecutività. Riferimenti
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