Sospensione della procedura esecutiva ex art. 20, l. n. 44/1999 e poteri del giudice dell'esecuzione
01 Settembre 2017
Massima
L'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione abbia rigettato per tardività l'opposizione agli atti esecutivi, pur risultando priva di qualsiasi statuizione in ordine alle eventuali istanze cautelari proposte, conserva pur sempre il suo carattere formale di provvedimento emesso all'esito della fase sommaria con la quale il giudice medesimo adotta i provvedimenti cautelari necessari e fissa il termine per l'introduzione del giudizio di merito: è pertanto legittima la proposizione del reclamo cautelare ex art. 669-terdecies c.p.c. per ottenere una rivalutazione del profilo cautelare. Il caso
Il debitore esecutato, vittima di usura, presentava istanza presso la Procura di Benevento al fine di domandare al Pubblico Ministero la proroga del termine di sospensione originariamente concesso ai sensi dell'art. 20 della legge 23 febbraio 1999, n. 44 («Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura»). A seguito del provvedimento di rigetto pronunciato dal Pubblico Ministero, il debitore domandava l'accoglimento della medesima istanza al giudice dell'esecuzione il quale, rilevata l'improrogabilità del termine, disponeva la prosecuzione delle attività di vendita. Avverso la decisione assunta dal giudice dell'esecuzione, il debitore proponeva opposizione agli atti esecutivi, lamentando la mancata rivalutazione, da parte dello stesso, della decisione negativa assunta dal Pubblico Ministero. Il giudice dell'esecuzione rigettava in rito la proposta opposizione, rilevandone la tardività, senza scendere nell'esame del merito delle censure avanzate. Il debitore proponeva allora reclamo, ex art. 669-terdecies c.p.c., nei confronti di tale provvedimento di rigetto, deducendo la tempestività dell'opposizione proposta e riproponendo, nel merito, le medesime argomentazioni già spese in sede di opposizione agli atti esecutivi. Si costituiva la parte creditrice, che eccepiva: a) l'inammissibilità del reclamo cautelare, in quanto il provvedimento emesso dal giudice dell'esecuzione avrebbe avuto in realtà contenuto decisorio dell'opposizione, sicché il rimedio spendibile doveva essere individuato nel ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost.; b) la tardività della proposta opposizione; c) l'infondatezza della stessa, in quanto il Pubblico Ministero doveva considerarsi come l'unico organo deputato a valutare la sussistenza dei presupposti della sospensione ex art. 20 della legge n. 44/1999. La questione
Le questioni affrontate dal Tribunale di Benevento sono fondamentalmente due. La prima, inerente all'ammissibilità del reclamo cautelare, quale strumento per censurare il provvedimento, nel caso di specie impugnato, di rigetto in rito dell'opposizione agli atti esecutivi per tardività della relativa proposizione. La seconda, riguardante la fondatezza del reclamo nel merito, e dunque la questione attinente alla possibilità, per il giudice dell'esecuzione, di valutare i presupposti per concedere la sospensione (o la proroga della stessa) ex art. 20 della legge n. 44/1999. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Benevento risolve la prima questione rigettando la censura di inammissibilità avanzata da parte creditrice. In particolare, si rileva come il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. rappresenti lo strumento adeguato per impugnare il provvedimento del giudice dell'esecuzione, che, seppur coincidente con una decisione di mero rito, mancante di qualsiasi statuizione in ordine alle istanze cautelari proposte, rappresenta pur sempre, dal punto di vista formale, un provvedimento emesso all'esito della fase sommaria del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, fase in cui tipicamente il giudice è chiamato, tra l'altro, a pronunciarsi appunto sulle richieste cautelari: l'utilizzo del reclamo per ottenere una rivalutazione dei presupposti per ottenere la sospensione dell'esecuzione, allora, non può che apparire corretto. D'altra parte, si aggiunge, richiamando la recente Cass., Sez. VI, ord. 3 aprile 2017, n. 9652, che il provvedimento che conclude la fase sommaria del giudizio di opposizione è privo del carattere della definitività, in quanto la parte può sia proporre reclamo avverso il provvedimento medesimo, sia introdurre il giudizio di merito, nell'ambito del quale ottenere una pronuncia sull'opposizione: è da escludere, di conseguenza, la possibilità di ricorrere allo strumento del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., riservato, come noto, ai provvedimenti connotati da definitività e decisorietà. Verificata l'ammissibilità del reclamo, il Tribunale di Benevento è sceso allora ad esaminare il merito dell'impugnazione proposta, concludendo tuttavia per la sua infondatezza. I giudicanti rilevano, infatti, come la pretesa del reclamante, di ottenere dal giudice dell'esecuzione una rivalutazione dei presupposti di concessione (o di proroga) della sospensione di cui all'art. 20 della l. n. 44/1999, non possa essere condivisa: il settimo comma di tale norma, infatti, appare riservare in via esclusiva al Pubblico Ministero tale facoltà di sospensione, sicché, di fronte al provvedimento di rigetto emanato dallo stesso, in alcun modo è possibile al giudice dell'esecuzione sostituirsi al medesimo al fine di concedere tale inibitoria.
Osservazioni
Dal punto di vista processuale, la pronuncia in epigrafe s'inserisce in quell'orientamento che nega carattere di definitività al provvedimento che chiude la fase sommaria delle opposizioni esecutive, escludendone dunque l'impugnabilità mediante ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (così, le recenti Cass., Sez. VI, ord. 14 giugno 2016, n. 12170 e Cass., Sez. VI, ord. 14 dicembre 2015, n. 25111). Peraltro, nel caso di specie, il Tribunale di Benevento ha assegnato valore preminente agli aspetti formali del provvedimento impugnato, piuttosto che alla sostanza propria dello stesso, affermandone conseguentemente la reclamabilità ex art. 669-terdecies c.p.c. sulla base della sua qualificazione nei termini di provvedimento conclusivo della fase sommaria dell'opposizione agli atti esecutivi, a prescindere dal fatto che il suo contenuto non coincidesse con la pronuncia sulla concessione della sospensione dell'esecuzione, bensì si sostanziasse in un mero rigetto in rito dell'opposizione stessa; dando rilievo alla sostanza del provvedimento, viceversa, quello in esame potrebbe apparire un provvedimento di rigetto dell'opposizione tout court per tardività, con conseguente emersione del dubbio di avere a che fare con una sentenza in senso sostanziale, in quanto tale soggetta soltanto a ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. Vale la pena ricordare, da ultimo, che parte della dottrina, seguita da certa giurisprudenza di merito (Trib. Roma, 28 maggio 2007), esclude la fruibilità del reclamo cautelare per impugnare i provvedimenti che decidono sulla sospensione dell'esecuzione nell'ambito dell'opposizione agli atti esecutivi, in quanto a tale rimedio non si ritiene possa essere esteso il richiamo esplicito all'art. 669-terdecies c.p.c. effettuato all'interno dell'art. 624 c.p.c.. Sulle specifiche questioni si rinvia alla giurisprudenza riportata nel testo, nonché in dottrina, a Barreca, La riforma della sospensione del processo esecutivo, in www.judicium.it; Corsini, Il reclamo cautelare, Torino, 2002; Tarzia-Ghirga, Il reclamo, in Tarzia-Saletti (a cura di), Il processo cautelare, Padova, 2015. |