Chiusura anticipata dell’esecuzione forzata per infruttuosità

Alessio Luca Bonafine
03 Maggio 2016

Ai sensi dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c. ai sensi della quale «Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo».
Inquadramento

Il d.l. 12 settembre 2014, n. 132 – come convertito con la l. 10 novembre 2014, n. 162 – ha introdotto, attraverso l'art. 19, comma 2, lett. b), l'art. 164-bis disp. att. c.p.c. ai sensi della quale «Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo».

La ratio ispiratrice dell'intervento è certamente quella di predisporre meccanismi utili alla garanzia della “ragionevole durata” della procedura esecutiva, senza invero sfuggire alla esigenza di evitare condotte abusive del debitore che, incentivato dalla idea della chiusura anticipata a causa di ripetuti ribassi dei prezzi di aggiudicazione dei beni immobili pignorati, finisca per perseverare volutamente nel proprio inadempimento (cfr. F. Valerini).

Il nuovo testo, dapprima limitato nel campo applicativo, in forza del dettato dell'art. 19, comma 6, d.l. 132/2014, ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione e quindi esteso, giusta la previsione del nuovo comma 6-bis introdotto in sede di conversazione del decreto anche ai procedimenti già pendenti (cfr. F. De Stefano), in altri termini, assolve ad una funzione di economia processuale con finalità deflattive, pur nel rispetto del conservato principio della responsabilità patrimoniale del debitore.

In ciò la disposizione si pone in linea di continuità con altre previsioni già note al panorama normativa nazionale, anche processuale; il riferimento è, ad esempio, all'art. 492, comma 4, c.p.c. che, nel prendere in considerazione l'ipotesi di insufficienza dei beni pignorati alla soddisfazione del credito, impone all'ufficiale giudiziario di invitare il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, nonché all'art. 102 l. fall. che pure mira ad evitare l'inutile dispendio di risorse in presenza di fallimenti “negativi” o “vuoti” che non presentano alcuna prospettiva di soddisfacimento dei creditori (P. P. Ferraro), a tal fine liberando il curatore dall'obbligo di redigere il programma di liquidazione e rendendo più rapide le operazioni della procedura (Trib. Roma 22 agosto 2007, in www.ilcaso.it).

Il contenuto dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c.

Il testo dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c. si caratterizza per una formulazione particolarmente ampia che, conseguentemente, pone non pochi dubbi interpretativi in merito alla sua operatività e alle dinamiche procedimentali sottese.

Innanzitutto, infatti, la disposizione, che chiama il giudice, ai fini della chiusura anticipata della procedura, all'accertamento dell'impossibilità di conseguire un «ragionevole soddisfacimento» delle ragioni «dei creditori», «anche» tenendo conto «dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo», finisce per attribuire a questi un potere discrezionale eccessivo in merito alla verifica delle condizioni di applicabilità del precetto (C. Consolo).

Inoltre, l'art. 164-bis fa richiamo all'intera categoria dei creditori, così suggerendo che i presupposti per il soddisfacimento delle pretese debbano essere verificati con riferimento a tutti quelli presenti nella procedura esecutiva (privilegiati e non, tempestivi e non) (M. A. P. Francola), con evidente sacrificio delle ragioni del creditore procedente, fortemente più esposte, per le stesse ragioni, al rischio della chiusura anticipata.

Soprattutto, poi, il testo non offre precisi criteri di determinazione della soglia di ragionevolezza del soddisfacimento delle pretese.

Ciò che occorre in tale senso indagare è se sia possibile ordinare la chiusura anticipata della procedura esecutiva non solo quando il presumibile valore di realizzo sia inferiore al credito ma pure quando esso sia sostanzialmente corrispondente alle spese già sostenute.

Se infatti il cattivo esito di numerosi tentativi di vendita del bene costituisce certamente un serio indizio di infruttuosità dell'espropriazione forzata (Trib. Alessandria 28 gennaio 2015), è vero pure che, almeno in linea tendenziale, la chiusura dovrebbe escludersi quando il prezzo di vendita continui a presentare una consistenza comunque apprezzabile (N. Cosentino).

In questo senso, non può negarsi l'interesse del creditore alla prosecuzione della procedura per la copertura delle spese atteso che ai sensi dell'art. 95 c.p.c. quelle sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti sono a carico di chi ha subito l'esecuzione solo quando si pervenga ad un'utile distribuzione, rimanendo altrimenti in capo a chi le ha già anticipate.

In altri termini, al giudice dell'esecuzione non spetterebbe sindacare la domanda di soddisfazione parziale del credito (come comprensivo pure degli accessori e delle spese), comunque e sempre legittima.

Ciò in quanto, il nuovo art. 164-bis, salvo volere accedere ad un'interpretazione del testo eccessivamente sacrificante per le ragioni del creditore nonché potenzialmente in contrasto con il principio costituzionale della tutela del diritto, dovrebbe ritenersi applicabile solo quando i prevedibili costi per la prosecuzione della procedura superino il presumibile valore di aggiudicazione del bene.

Tale conclusione, in vero, non pare trovare pieno sostegno in quella giurisprudenza che ha chiarito che ad escludere la chiusura anticipata ai sensi dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c. non è sufficiente l'argomento del ristoro delle spese sostenute essendo piuttosto necessaria la verifica della concreta possibilità di un soddisfacimento (se non integrale) almeno consistente della pretesa creditoria azionata in via esecutiva (Trib. Como 23 aprile 2015, in Nuova giur. civ. comm. (La), 2015, 11, 1038 ss., con nota di M. Polizzi, L'infruttuosità dell'espropriazione forzata tra primi chiarimenti operativi e pressanti esigenze di bilanciamento. Contra, Trib. Palermo 26 marzo 2015, in www.eclegal.it, 2015 con nota di A. Majorca, I soli ribassi a base d'asta non comportano la estinzione anticipata dell'espropriazione forzata per infruttuosità).

A tanto si giunge sul presupposto per cui ogni diversa interpretazione della nuova norma finirebbe per limitarne il campo applicativo alle sole ipotesi di procedure totalmente “incapienti”, con evidenti corollari in termini di errata interpretazione del concetto di «ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori» (cfr. A. M. Soldi) e, soprattutto, di conservazione del numero di procedimenti pendenti.

Il procedimento e i rimedi azionabili

La tecnica normativa impiegata per la formulazione dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c. appare generica anche con riferimento ai profili più strettamente procedimentali legati all'ordine di chiusura anticipata.

Si consideri, ad esempio, il silenzio serbato sui tempi della decisione.

Il tema, in vero, sembra potersi declinare anche attraverso la spendita di argomenti imposti da esigenze di coerenza sistematica e, soprattutto, di valorizzazione della ratio dell'istituto.

La necessità di offrire adeguato bilanciamento agli interessi incisi dal provvedimento di chiusura, infatti, rende verosimilmente indispensabile procedere preliminarmente ad almeno un tentativo di vendita (cfr. C. Consolo, Un d.l. processuale, cit., 1181, che ritiene irrinunciabile un termine minimo di attesa), ferma la possibilità che il bene risulti - effettuata la perizia di stima - non collocabile sul mercato già al momento dell'udienza di autorizzazione ex art. 569 c.p.c.

In tal senso sembra muovere anche il dettato dell'art. 532, comma 2, c.p.c. (nella versione novellata dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83 come convertito dalla l. 6 agosto 2015, n. 162) che nel fissare, sebbene nel solo ambito dell'espropriazione mobiliare, il numero minimo (in particolare, tre) di tentativi di vendita necessari per poter poi procedere alla chiusura anticipata della procedura, offre un argomento certamente di sostegno (M. Polizzi, L'infruttuosità, cit., 1042).

Il provvedimento, quindi, dovrà verosimilmente essere adottato il prima possibile, anche per evitare di frustare le finalità acceleratorie sottese alla norma, e con la forma dell'ordinanza ai sensi dell'art. 487 c.p.c.

In ogni caso, esso è destinato – come evidenziato – ad incidere sulle ragioni del creditore, sostanzialmente sacrificandole.

Ciò non solo suggerisce l'opportunità della sua convocazione, ma soprattutto impone un esame dei rimedi azionabili (Amplius, sul tema dei rimedi, sia consentito rinviare al nostro, Il nuovo art. 164-bis disp. att. c.p.c. e l'infruttuosità della esecuzione, in www.giustiziacivile.com).

Il profilo evidenziato è strettamente collegato a quello della qualificazione del provvedimento atteso che esso postula la verifica della riconducibilità della fattispecie prevista dall'art. 164-bis disp. att. c.p.c. alla categoria della estinzione della procedura esecutiva.

In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che solo nei casi tipizzati dagli artt. 629, 630 e 631 c.p.c. può ritenersi integrata una ipotesi di estinzione, con conseguente reclamabilità del relativo provvedimento ai sensi dell'art. 630, comma 3, c.p.c. (Cass. 19 dicembre 2014, n. 27031).

Quello invece fondato su cause diverse da quelle sopra richiamate, e comportanti piuttosto la declaratoria di improseguibilità dell'azione esecutiva, è impugnabile con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. quale rimedio tipico avverso gli atti viziati del processo esecutivo (Cass. 20 novembre 2014, n. 24775).

Questo è quindi lo strumento azionabile avverso l'ordinanza di chiusura resa ai sensi dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c.

La norma infatti non prevede (e quindi non tipicizza) una nuova ipotesi di estinzione della procedura esecutiva poiché nessun richiamo (diretto o indiretto) a tale categoria è dato individuare nel testo esaminato, a fortiori in ragione della immediata considerazione per cui nelle ipotesi di cui agli artt. 629, comma 2, 630, comma 3 e 631, comma 3, c.p.c. gli effetti estintivi corrispondo alla volontà della parte (che abbia rinunciato al processo ovvero alla quale sia addebitabile una inattività sanzionabile) a fronte di una valorizzazione operata dal dettato dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c. alla sola (e libera) valutazione del giudice.

A tali argomentazioni si aggiunga pure quella relativa alla altrimenti necessaria applicabilità dell'art. 2945 c.c. che, pur conservando il principio per cui se l'interruzione è avvenuta mediante la notifica dell'atto con il quale si inizia un giudizio, anche esecutivo, la prescrizione non corre fino al momento del passaggio in giudicato dellasentenza che lo definisce (comma 2), precisa attraverso il suo comma 3, che «Se il processo si estingue, rimane fermo l'effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell'atto interruttivo».

In altri termini, se quella di cui all'art. 164-bis disp. att. c.p.c. venisse qualificata come nuova ipotesi tipica di estinzione della procedura esecutiva, con le già richiamate conseguenza in ottica rimediale, per i creditori si configurerebbe un ulteriore danno perché verosimilmente esposti al rischio della intervenuta prescrizione del diritto azionato in esecuzione.

Riferimenti

C. Consolo, Un d.l. processuale in bianco e nerofumo sullo equivoco della degiurisidizionalizzazione, in Corr. giur., 2014, 1181

N. Cosentino, Istanza di efficienza del processo esecutivo ed esigenza costituzionale della sua ragionevole durata, nota a Trib. Venezia 6 novembre 2009, in Giur. Merito, 2010, n. 5, 1342

F. De Stefano, Gli interventi in materia di esecuzione forzata nel d.l. 132/2014, in Riv. esec. forz., 2014, IV, 794

P. P. Ferraro, Sub art. 102, in La riforma della legge fallimentare, a cura di A. Nigro – M. Sandulli, Torino, 2006, 586

M. A. P. Francola, Sub art. 19, in Misure per l'efficienza e la semplificazione del processo esecutivo, in La nuova riforma del processo civile. Degiurisdizionalizzazione, processo e ordinamento giudiziario nel D.L. 132/2014 convertito in L. 162/2014, a cura di F. Santangeli, Roma, 2015, 2333

A. M. Soldi, Formulario dell'esecuzione forzata, Padova, 2015, 1255

F. Valerini, Le altre novità in tema di esecuzione, in Processo civile efficiente e riduzione dell'arretrato, a cura di F.P. Luiso, Torino, 2014, 99 ss.

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