Competenza del tribunale

Cristina Asprella
23 Febbraio 2024

La competenza del Tribunale quale giudice di primo grado è ripartita per valore o per materia, ed ha carattere residuale.

Inquadramento

La competenza del Tribunale quale giudice di primo grado è ripartita per valore o per materia. Ha carattere residuale perché, a prescindere dalle materie che sono specificamente elencate nel secondo comma dell'art. 9 c.p.c. essa si estende a tutte le cause che non siano affidate dalla legge, per materia o valore, alla competenza di altro giudice. Il tribunale presenta anche una competenza funzionale o per grado, in quanto giudice di appello contro la sentenza del giudice di pace. Le controversie instaurate in base alla norma generale sono poi assoggettate alla disciplina processuale fissata per le cause di cognizione del Tribunale in composizione monocratica o collegiale, compresa la disciplina relativa al c.d. foro erariale.

In evidenza

La competenza del Tribunale è suddivisa per valore o materia ma è una competenza residuale perché ad esso sono attribuite le cause che non siano di competenza di altro giudice.

Esso ha anche una competenza funzionale o per gradi perché è giudice d'appello contro la sentenza del giudice di pace.

Competenza per le cause che non sono di competenza di altro giudice

La formulazione dell'art. 9 c.p.c. è del tutto peculiare atteso che essa definisce in negativo la competenza del tribunale. Nell'incipit, infatti, la norma attribuisce allo stesso non già una specifica competenza rispetto a materie determinate, come nel prosieguo della disposizione, ma, piuttosto, una competenza generale pur se residuale, ossia su tutte le cause che non siano attribuite alla competenza di altro giudice.

A parere della dottrina dominante la previsione farebbe riferimento alla competenza per valore, purché non rientrante nella competenza del giudice di pace. In sostanza il limite di valore per le cause relative a beni mobili attribuite al giudice di pace costituirebbe la base da superare per l'attribuzione della competenza al tribunale.

In realtà la previsione non pare riferirsi specificamente alla competenza per valore; ed anzi, siffatta interpretazione sembra svuotare di contenuto la previsione contenuta nell'ultima parte del secondo comma e relativa all'attribuzione al tribunale di ogni causa di valore indeterminabile. In altri termini, ove l'art. 9 c.p.c. si riferisse alla competenza per valore, la sua formula estremamente generica già consentirebbe di assegnare al tribunale la cognizione sulle cause di valore superiore al massimo attribuito al giudice di pace senza alcun limite. Sicché l'unico senso logico attribuibile alla disposizione consiste nel valutarla come una clausola attributiva di una competenza generale, pur se fondata sull'esclusione, e afferente sia al criterio della materia sia al criterio del valore. Peraltro l'espressione utilizzata dal legislatore lascia chiaramente intendere che questa previsione per esclusione, esclude tutte le controversie che sono comunque attribuite alla competenza per materia del tribunale dal successivo comma dell'art. 9 c.p.c. nonché quelle escluse dalla sua competenza perché riservate per materia ad altri giudici ordinari: Giudice di pace, Tribunale regionale acque pubbliche, Tribunale per i minorenni, Sezione specializzata agraria presso il tribunale, Corte d'appello come giudice di primo e unico grado.

Bisogna altresì ricordare che la giurisprudenza (Cass. civ., 25 febbraio 2003, n. 2842) ha affermato che dopo l'eliminazione dell'ufficio del pretore le cause relative a rapporti di locazione e comodato di immobili nonché di affitto di azienda sono devolute alla competenza del tribunale con la stessa natura e qualificazione che avevano davanti al pretore, ratione materiae.

Il tribunale è inoltre giudice d'appello avverso la sentenza del Giudice di pace anche quando viene pronunciata secondo equità.

Competenza esclusiva: singole ipotesi

A norma dell'incipit del secondo comma dell'art. 9 c.p.c. il tribunale ha una competenza per materia esclusiva rispetto a:

  • imposte e tasse;
  • stato e capacità delle persone;
  • diritti onorifici;
  • querele di falso
  • e, a seguito dell'abrogazione dell'ufficio del pretore, per l'esecuzione forzata.

Come esaminato nella Bussola relativa al Giudice di pace non si può più ritenere che alla cognizione del giudice di pace siano sottratte le azioni relative agli immobili, con la conseguenza che la competenza esclusiva del Tribunale residua soltanto nelle ipotesi di azioni reali immobiliari (Cass. civ. 28 luglio 2020, n. 16012).

L'ultima parte della previsione assegna alla competenza del tribunale tutte le cause di valore indeterminabile. Se la dottrina ha sottolineato come sia causa di valore indeterminabile quella il cui oggetto non è economicamente valutabile, ossia valutabile in moneta, la giurisprudenza rileva come l'indeterminabilità del valore della causa vada intesa in senso oggettivo, con esclusione dei casi in cui il giudice per ragioni contingenti non riesce a determinare il valore. Con la conseguenza che non si versa in ipotesi di causa

Indeterminabile quando l'oggetto della controversia, seppure di valutazione economica difficile, è comunque suscettibile di valutazione da parte del giudice in base ai criteri stabiliti dalla legge e alle risultanze degli atti (Cass. civ., 18 luglio 2000, n. 9451) in Dir. e giust., 2000, f. 47, con nota di Rossetti).

In seguito, si farà cenno alla ripartizione di competenza — per materia — tra tribunale nella composizione ordinaria (monocratico o collegiale ex art. 48 ordin. giudiz. novellato) e tribunale per i minorenni nonché sezione specializzata agraria presso il tribunale che costituiscono uffici giudiziari distinti dal tribunale, ragion per cui i criteri di ripartizione del lavoro tra questi uffici attengono alla competenza in senso tecnico e possono dar luogo ai rimedi ex artt. 42 ss. Negli ultimi paragrafi si accennerà anche alla competenza delle sezioni per l'impresa e delle sezioni specializzate per l'immigrazione e per la protezione internazionale. Bisogna subito sottolineare che nei rapporti tra sezioni ordinarie e sezioni specializzate non si pone un rapporto di competenza – fatta eccezione per le controversie da instaurarsi presso le sezioni specializzate agrarie – ma di semplice organizzazione interna, sicché l'individuazione del tribunale cui proporre la domanda non è operazione semplice che rimane regolata dalle norme in materia di competenza ogni volta che i due uffici giudiziari non coincidano (CC, SU, 23 lug. 2019/19882).

Con riferimento, alle cause relative ad imposte e tasse anche se la previsione dell'art. 9 c.p.c. pare attribuire al tribunale ordinario la competenza generale in materia di imposte e tasse, tale competenza è ormai del tutto residuale, a seguito dei successivi interventi normativi che la hanno progressivamente ridotta a tutto vantaggio della giurisdizione tributaria. Sicché adesso il principio posto dalla norma va del tutto ribaltato nel senso della competenza generale delle commissioni tributarie in materia di imposte e tasse e della competenza residuale del tribunale ordinario solo per le controversie che non siano attribuite alla giurisdizione speciale.

Sicché hanno mero valore storico le considerazioni della dottrina sulla corretta definizione di cause in materia di imposte e tasse in virtù dell'art. 9 c.p.c. atteso che, ormai, il criterio di attribuzione è solo quello legislativo e che, come vedremo, le modifiche normative degli ultimi anni hanno istituito una giurisdizione generale delle commissioni tributarie, tendenzialmente onnicomprensiva.

L'art. 12 comma 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448 ha infatti attribuito «tutte le controversie aventi a oggetto i tributi di ogni genere e specie» alle Commissioni tributarie, sostituendo, altresì, il disposto dell'art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

Con la modifica di quest'ultimo articolo è stato scardinato il precedente sistema di ripartizione tra giurisdizione ordinaria e tributaria, fondato, sostanzialmente, sull'elencazione contenuta nello art. 2, sicché i rapporti relativi ai tributi esclusi rientravano nella giurisdizione del giudice ordinario ed erano devoluti alla competenza del tribunale. La giurisdizione delle Commissioni tributarie, cui sono devolute «tutte le controversie» in materia di imposte e tasse, è, pertanto, adesso una giurisdizione esclusiva di carattere generale, ovverosia estesa, senza limitazioni, ad ogni questione relativa all'an o al quantum del tributo. La giurisdizione delle Commissioni tributarie è, quindi, totalmente indifferente al contenuto della domanda e si arresta unicamente di fronte agli «atti dell'esecuzione forzata tributaria», fra i quali non rientrano, per espressa previsione degli artt. 2 e 19 d.lgs. n. 546/1992, né le cartelle esattoriali, né gli avvisi di mora o, a maggior ragione, le mere intimazioni di pagamento (Cass. civ., sez. un., 15 maggio 2007, n. 11082 in Fisco, 2007, 3588; nello stesso senso Cass. civ., sez. un., 4 april3 2006, n. 7805) in Vita not., 2006, 1, 336; Cass. civ., 10 agosto 2005, n. 16776, in Boll. Trib., 2005, 1828).

La dizione del nuovo testo dell'art. 22 d.lgs. n. 546/1992 è sostanzialmente onnicomprensiva poiché attribuisce alle commissioni tributarie la cognizione delle controversie relative ai tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e gli accessori.

L'art. 2 in parola è stato altresì modificato dall'art. 3-bis d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con l. n. 2 dicembre 2005, n. 248, che ha specificato che l'attribuzione alla giurisdizione tributaria riguarda i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, ribadendo, pertanto, il carattere onnicomprensivo della già ricordata modifica normativa.

In realtà la norma dell'art. 2 d.lgs. n. 546/1992 è stata oggetto di successive declaratorie di incostituzionalità. In particolare, occorre ricordare che la Corte Costituzionale, partendo dalla giusta premessa che la giurisdizione del giudice tributario, in base all'art. 102, comma 2, Cost. deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto e che, pertanto, l'attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria - sia che derivi direttamente da un'espressa disposizione legislativa ovvero, indirettamente, dall'erronea qualificazione di «tributaria» data dal legislatore (o dall'interprete) ad una particolare materia - comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui stabilisce che «appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall' art. 63, d.lgs. 15 dicembre 1997, n.446 e successive modificazioni» (Corte cost-, 14 marzo 2008, n. 64).

L'ampliamento della giurisdizione tributaria è proseguito nel 2006, con l'inserimento delle ulteriori lettere e-bis ed e-ter all'art. 19 d.lgs. n. 546/1992 sicché sono stati ampliati gli atti impugnabili innanzi alle commissioni tributarie con l'aggiunta della iscrizione di ipoteca sugli immobili ex art. 77 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e il fermo di beni mobili registrati ex art. 86 stesso d.P.R. In tal modo il legislatore ha disciplinato la giurisdizione rispetto al fermo amministrativo in modo diverso rispetto a quanto sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità che aveva precisato che il fermo in parola, è preordinato all'espropriazione forzata e dunque atto funzionale all'espropriazione medesima, ovvero un mezzo teso ad agevolare la realizzazione del credito; con la conseguenza che la tutela giudiziaria esperibile nei confronti del fermo amministrativo si deve realizzare davanti al giudice ordinario con le forme dell'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, consentite dal vigente art. 57 d.P.R. n. 602/1973 , restando invece esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. civ., sez. un., 31 gennaio 2006, n. 2053).

Cause relative allo stato

La previsione assegna alla competenza esclusiva del tribunale le cause relative allo stato e alla capacità delle persone, nonché ai diritti onorifici.

Secondo la dottrina queste controversie sarebbero state assegnate al tribunale in virtù dell'efficacia ultra partes delle relative pronunce, correlata alla indeterminabilità del valore. In particolare sarebbero cause relative allo stato quelle afferenti agli elementi che dello status sono parte determinante e, precisamente, la personalità, la famiglia e la cittadinanza.

Secondo la giurisprudenza sono cause relative allo stato e alla capacità delle persone: quelle d'interdizione, d'inabilitazione, di affiliazione, di adozione, di cittadinanza, di diritto al nome, allo pseudonimo ed ai predicati nobiliari conservati come parte del nome, di separazione dei coniugi, di scioglimento del matrimonio, di rettificazione degli atti dello stato civile. Rientrano, tra le questioni di stato quelle che si riferiscono alla posizione soggettiva dell'individuo nella sua veste di cittadino e di soggetto di diritti personali nell'ambito della comunità civile e familiare mentre non vi rientrano, ed afferiscono a quelle di capacità, le controversie in cui si discute se un soggetto abbia l'idoneità ad essere titolare di posizioni giuridiche e non già quelle in cui si discute se una determinata posizione giuridica gli sia attribuita in concreto: non vi rientra, pertanto non può esservi ricompresa la controversia relativa al riconoscimento della qualità di combattente, con i benefici connessi (Cass. civ., 25 giugno 1977 n. 2708).

Secondo i giudici di legittimità (Cass. civ., 27 luglio 1978 n. 3769) è, altresì, azione di stato quella diretta all'accertamento dell'intervenuta modificazione dei caratteri sessuali individuali, per ottenere le corrispondenti variazioni degli atti di stato civile.

Nell'ambito delle cause relative alla capacità delle persone rientrano le controversie nelle quali si discute se un soggetto abbia l'idoneità ad essere titolare di posizioni giuridiche e non già quelle in cui si discute se una determinata posizione giuridica gli sia attribuita in concreto. Non vi rientra, pertanto, né la controversia relativa al riconoscimento della qualità di combattente per l'ottenimento dei benefici ad essa relativi (Cass. civ., 25 giugno 1977, n. 2708, in Foro it., 1979, I, 211), né la controversia relativa alla capacità naturale di un soggetto che ha stipulato un contratto per ottenerne l'annullamento ex artt. 428 e 1425, comma 2, c.c. (Cass. civ., 12 agosto 1976, n. 3026). Certamente vi rientrano le controversie sulla interdizione ed inabilitazione.

Non vi rientrano, inoltre, le controversie relative all'accertamento della qualità di erede, perché le cause relative allo stato delle persone sono solo quelle che si riferiscono alla posizione soggettiva dell'individuo nella sua veste di cittadino e di soggetto di diritti personali nell'ambito della comunità civile e di quella familiare, con conseguente esclusione delle controversie relative alla qualità di erede (Cass. civ., 14 dicembre 1993, n. 12366; Cass. civ. 8 luglio 1993, n. 7470).

Rientrano, poi, tra le cause in tema di diritti onorifici attribuite alla competenza esclusiva del tribunale tutte quelle prerogative che riguardano un soggetto per il suo stato o a prescindere da esso e che gli attribuiscono, ovviamente con riferimento ad epoca antecedente all'ordinamento costituzionale, quella che la dottrina dell'epoca definiva come posizione di preminenza. Il discorso se tra di essi rientrino o meno i titoli nobiliari in considerazione del fatto che ormai nel nostro ordinamento repubblicano, in virtù della XIV disp. trans. Cost., rilevano solo come parte del nome, è sostanzialmente sterile. Ciò perché essi, sia che rientrino tra i diritti onorifici sia che vadano ricondotti alle questioni di stato, comunque vengono assegnati alla competenza per materia del tribunale in virtù della norma in commento.

A norma dell'art. 9 c.p.c. sussiste la competenza per materia del tribunale anche rispetto alla querela di falso che, in virtù degli art. 221 e ss. c.p.c. consiste nella impugnazione dell'efficacia probatoria di un documento che abbia valore di prova legale, ossia di un atto pubblico, di una scrittura privata riconosciuta, autenticata o verificata. Su questa impugnazione, come è noto, la decisione è riservata al tribunale essendo esclusa la delibazione incidenter tantum.

La competenza per materia, pertanto, è assegnata sempre e comunque, al tribunale anche se la questione sia proposta in via incidentale in processo pendente dinanzi ad altro giudice e, pertanto, sia se sorga in sede di giudizio di cassazione, sia nell'ambito di un giudizio amministrativo (Cons. St., sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11; Cons. St., sez. IV, 6 luglio 2009, n. 4336), TAR Liguria 22 aprile 2004, n. 493), sia davanti ad una sezione specializzata (Cass. civ.,11 dicembre 1991, n. 13384) .

Nell'ipotesi di incidente di falso, la competenza a conoscere, ratione loci, appartiene inderogabilmente al giudice individuabile ex art. 18 c.p.c.; né, a parere dei giudici di legittimità, il carattere endoprocessuale ed incidentale della procedura di falso può far ritenere che la suddetta competenza inderogabile sia modificabile per effetto di attrazione da parte della connessa causa di merito, in mancanza di specifica disposizione normativa, non potendosi, peraltro, stabilire una correlazione tra luogo ove deve effettuarsi la notificazione dell'atto di riassunzione e foro della competenza territoriale (Cass. civ., 21 maggio 2004, n. 9713).

Dopo la soppressione dell'ufficio del pretore le controversie relative all'esecuzione forzata sono rientrate nella competenza esclusiva del tribunale. Parallelamente è stato abrogato l'art. 16 c.p.c.

La previsione fa riferimento alla competenza per l'esecuzione forzata intesa come competenza rispetto al processo esecutivo e non già alle cause relative all'esecuzione forzata cui è dedicato l'art. 17 c.p.c. e rispetto alle quali sussiste una competenza anche del giudice di pace. Invece, rispetto al processo esecutivo la competenza è esclusivamente del tribunale.

Competenza per le cause di valore indeterminabile

In dottrina la nozione residuale di cause di valore indeterminabile che rientrano in ogni caso nella competenza del tribunale è controversa.

Nozione residuale di cause di valore indeterminabile: contrasti dottrinali

Causa che ha per oggetto diritti non suscettibili di valutazione pecuniaria, non quella di valore indeterminato o incerto.

Causa patrimoniale nella quale manchino in modo assoluto gli elementi di fatto per la

determinazione del valore.

Natura della competenza per le cause di valore indeterminabile

Competenza per materia

Manca nelle controversie de quibus l'elemento quantitativo proprio della competenza per valore.

Competenza per valore

In virtù dell'espressa formula della legge.

Se questa antica disputa non ha più rilevanza ai fini del rilievo dell'incompetenza, accomunato in un'unica disciplina sia per la materia che per il valore dall'art. 38 c.p.c., secondo taluni ha ancora rilevanza ex artt. 44-45, ossia ai fini della proposizione del regolamento d'ufficio che è subordinato alla ritenuta incompetenza per materia o territorio inderogabile, con esclusione, pertanto, del valore.

Secondo la dottrina prevalente deve in ogni caso ritenersi di valore indeterminabile l'azione svolta all'accertamento della qualità di erede o di membro di un'associazione.

L'indeterminabilità del valore della causa secondo la giurisprudenza attiene all'intrinseca inidoneità della pretesa ad essere tradotta in termini pecuniari e non alla mancata determinazione, nel caso concreto, del valore di essa (Cass. civ., 11 maggio 1985 n. 2942). Deve quindi escludersi allorquando il valore sia suscettibile di determinazione da parte del giudice in base ai criteri stabiliti dalla legge ed alle risultanze degli atti (Cass. civ., 3 marzo 1994, n. 2016; Cass. civ., 11 febbraio 1985 n. 1118). Ugualmente è di valore indeterminabile la controversia di divorzio (CC 22 ago. 1977/3826), quella diretta alla declaratoria di nullità della delibera assembleare che ha adottato, nella ripartizione delle spese il sistema delle carature, anziché quello dei millesimi (CC 28 apr. 1976/1513) e quella relativa all'opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento (CC, SU, 24 lug. 2007/16300). Invece non possono considerarsi di valore indeterminabile le controversie relative al risarcimento del danno alla persona: CC 18 lug. 2000/9451; né le controversie tra un condomino ed il condominio limitatamente al criterio di ripartizione di una parte soltanto della complessiva spesa deliberata dall'assemblea, poiché il valore della causa si determina in base all'importo contestato (CC 22 gen. 2010/1201; CC 13 nov. 2007/23559). Si consideri comunque che l'indeterminabilità del valore della causa va intesa in senso obiettivo, quale conseguenza di un'intrinseca inidoneità della pretesa ad essere tradotta in termini pecuniari, al momento di proposizione della domanda; ciò anche ai fini dell'applicazione delle tariffe per la liquidazione dei compensi del c.t.u. Di conseguenza, per stabilire il valore della causa, gli elementi di valutazione sono quelli che risultino precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio, essendo invece irrilevanti quelli acquisiti nel corso dell'istruttoria, anche attraverso la stessa consulenza tecnica (CC 19 mar. 2007/6414; CC 21 dic. 2017/30732).

Casistica: valore indeterminabile o determinabile della causa

Valore indeterminabile

  • controversia concernente la legittimità di una sanzione disciplinare (Cass. civ., 8 ottobre 1988 n. 5443);
  • controversia di divorzio (Cass. civ., 22 agosto 1977, n. 3826);
  • opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento;
  • azione proposta ai sensi dell'art. 844 c.c. esercitata dal conduttore (Cass. civ., 21 febbraio 1994, n. 1653)

Valore determinabile

  • controversie aventi ad oggetto il risarcimento del danno alla persona (Cass. civ., 18 luglio 2000 n. 9451);
  • controversie tra un condomino ed il condominio limitatamente al criterio di ripartizione di una parte soltanto della complessiva spesa deliberata dall'assemblea (Cass. civ., 24 gennaio 2001, n. 971);
  • domanda di riduzione in pristino dello stato dei luoghi (Cass. civ., 3 marzo 1994, n. 2106).

Criteri per stabilire il valore della causa: sono quelli che risultano precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio, essendo irrilevanti quelli acquisiti nel corso dell'istruttoria, anche attraverso la consulenza tecnica (Cass. civ., 21 dicembre 2017, n. 30372).

Querela di falso. Alla competenza per materia del tribunale è assegnata dalla norma anche la querela di falso, mezzo che permette la impugnazione dell'efficacia probatoria di un documento avente valore di prova legale, cioè di un atto pubblico, di una scrittura privata riconosciuta da colui contro il quale è stata prodotta o della quale sia ormai precluso il disconoscimento, di una scrittura privata autenticata o di una scrittura privata verificata. Questa impugnazione è riservata al tribunale essendo esclusa la delibazione incidenter  (si veda in argomento la Bussola Accertamenti incidentali). La decisione sulla falsità dell'atto pubblico è riservata in particolare, ex artt. 9 e 225 c.p.c. al tribunale in composizione monocratica (e non più in composizione collegiale, ex art. 3, co. 16, lett. a), n. 1, del d.lgs. n. 149/2022), sia quando la querela è proposta in via principale, sia quando è proposta in via incidentale.

Riparto della competenza tra tribunale ordinario e quello per i minori. Molte difficoltà vi sono nella demarcazione della competenza nascono tra tribunale in composizione ordinaria (monocratico o collegiale ex art. 48 ord. giud.) e tribunale per i minorenni (art. 38 disp. att. c.c., come riformato per effetto dell'art. 3, co. 1°, della l. 10 dic. 2012/219, nonché, dell'art. 1, co. 28, della l. 26 nov. 2021/206 e, infine, con decorrenza dal 18 ott. 2022, dell'art. 2, comma 1, lett. a), n. 1), del d.lgs. 10 ott. 2022/149; v. anche gli artt. 34,35,40 e 45 disp. att. c.p.c.). Dopo. le modifiche ora ricordate il giudice specializzato è competente nei seguenti procedimenti: 1) l'ammissione del minore infra-sedicenne a contrarre matrimonio ex art. 84 c.c.; 2) la nomina del curatore speciale che assista il minore nella stipulazione di convenzioni matrimoniali ex art. 90 c.c.; 3) l'autorizzazione al riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio fatto dai genitori minori di sedici anni ex art. 250, ult. comma, c.c.; 4) la dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore violi o trascuri i doveri ad essa inerenti o abusi dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio minore, ai sensi dell'art. 330, c.c.; 5) la reintegra nella responsabilità genitoriale quando, cessate le ragioni della decadenza, sia escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio minore ex art. 332 c.c.;6f) la pronuncia di provvedimenti adeguati, quando la condotta di uno o di entrambi i genitori sia pregiudizievole al minore — ma inidonea alla decadenza ex art. 330 c.c. — ovvero l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare o del genitore/convivente che maltratta o abusa del minore a norma dell'art. 333 c.c.; 7) la determinazione delle condizioni per l'amministrazione del patrimonio mal gestito del minore, la rimozione di uno o di entrambi i genitori dalla suddetta amministrazione e la privazione, anche in parte, dell'usufrutto legale ex art. 334 c.c.; 8) la riammissione del genitore all'amministrazione del patrimonio del minore e/o privato dell'usufrutto legale nell'esercizio dell'una e/o nel godimento dell'altro, quando sono cessati i motivi che hanno provocato il provvedimento di rimozione ex art. 335 c.c.); 9) l'autorizzazione alla continuazione dell'esercizio dell'impresa nell'interesse del minore di cui all'art. 371, ult. co., c.c. Spettano invece alla competenza del tribunale ordinario, i procedimenti di: 1) amministrazione del fondo patrimoniale ex art. 171 c.c.; 2) costituzione dell'usufrutto sui beni di un coniuge per le necessità della prole e per l'affidamento di essa ex art. 194, comma 2, c.c.; 3) riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio ex art. 250 c.c., ad eccezione di quelli previsti dall'ult. co. dell'articolo in parola; 4) affidamento del figlio nato fuori dal matrimonio e suo inserimento nella famiglia ex art. 252 c.c.; 5) assunzione del cognome di cui all'art. 262 c.c.; 6) autorizzazione all'impugnazione del riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, ex art. 264 c.c.; 7) dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, a norma dell'art. 269 c.c.; 8) le decisioni nell'interesse del figlio in caso di contrasto tra genitori/esercizio della responsabilità genitoriale, ex artt. 316 c.c. (già 317-bis c.c.) e 155 c.c. (nella vecchia formulazione, ora sostituita dall'art. 337 bis c.c.).

Bisogna altresì segnalare che, attraverso gli artt. 30 e ss. del d.lgs. n. 149/2022, è stato modificato il r.d. 30 gen. 1941/12 (legge sull'ordinamento giudiziario), il quale agli artt. 49, 50, 50.1, 50.2, 50.3 e 50.4 disciplinerà, a far data dal 17 ott. 2024, l'organizzazione ed il funzionamento di un organo di nuova istituzione, il tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie, il quale assorbirà tutte le funzioni ora attribuite al tribunale ordinario, al tribunale dei minorenni e al giudice tutelare secondo il riparto di competenza ora descritto. Questa introduzione risolverà tutte le questioni concernenti l'attribuzione della competenza alle fattispecie ora ricordate; sicuramente il legislatore ha voluto risolvere tutti i problemi applicativi dovuti alla esistenza di una normativa frammentaria pur se accomunata dal fatto di concernere complessivamente tutte le questioni relative allo status delle persone in relazione alla famiglia. Questa riforma è culminata nella istituzione di un tribunale speciale presso la sede di ogni Corte di appello (o sezione distaccata), che - a propria volta - si articolerà in più sezioni distaccate circondariali situate presso ogni sede di tribunale del distretto, con autonoma dirigenza e con funzioni giudiziarie svolte da giudici togati titolari di particolari competenze in materia o da giudici onorari esperti; ogni tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie (o, per comodità, tribunale unico), sarà dotato di una propria competenza territoriale nell'ambito del distretto.

Sezione specializzata agraria. Ai sensi dell'art. 11 del d.lgs. n. 150/2011  commi 1 e 2, “Le controversie in materia di contratti agrari o conseguenti alla conversione dei contratti associativi in affitto sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente disposto dal presente articolo. Sono competenti le sezioni specializzate agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320”.  Perché vi sia la competenza del giudice specializzato agrario è sufficiente che sia dedotta in giudizio, in via di azione o di eccezione, l'esistenza di un rapporto soggetto a proroga legale. Secondo la giurisprudenza di legittimità appartiene alla competenza della sezione specializzata agraria non soltanto la cognizione delle controversie agrarie in materia di applicazione ovvero esclusione di proroghe a rapporti dei quali sia pacifica o già accertata la natura agraria, ma anche di quelle controversie che presuppongono l'accertamento delle caratteristiche, della validità e della stessa esistenza del rapporto da qualificare onde stabilire se esso sia compreso o meno fra le fattispecie cui è applicabile la disciplina vincolistica (Cass. civ., 20 luglio 2018, n. 19331). Invece tale competenza è esclusa solo quando, in sede di delibazione della causa al fine della determinazione della competenza, risulti manifesto non trattarsi di affitto di fondo rustico, né di altro rapporto agrario soggetto a proroga legale, in base alle stesse deduzioni delle parti e senza necessità di altre indagini (Cass. 22 magio 2001, n. 6971).

Le controversie agrarie specificate dalla norma su ricordata sono tutte quelle relative ai contratti agrari. Per individuare la natura agraria del contratto è quindi necessario utilizzare criteri univoci, sicché ad es. si è detto in giurisprudenza che non è riconducibile all'affitto il contratto di comodato in cui è previsto un modus a carico del comodatario, purché questo abbia ad oggetto una prestazione modesta in relazione al godimento dell'immobile, che non incida sul carattere di essenziale gratuità del comodato stesso (Cass. 13 gennaio 2005, n. 562); mentre si è specificato che  il riferimento è da intendersi al contratto di affitto di fondo rustico (sia quelli a conduttore diretto, sia quelli a conduttore privo di tale qualifica) che ha ad oggetto la terra come fattore produttivo, in combinazione con la forza lavoro e non come mera allocazione dell'attività; ciò nonostante quest'ultima sia qualificabile come agricola ai sensi dell'art. 2135 c.c. In mancanza di tale collegamento, il contratto non integra un fitto agrario, ma un comune rapporto locatizio sottratto alla competenza delle sezioni specializzate agrarie (Cass. civ., 10 ottobre 1995, n. 10577).

Al tribunale ordinario spetta comunque una rilevante di competenza in tale materia e, nello specifico: a) per l'affrancazione delle enfiteusi rustiche ex l. 22 luglio 1966, n. 607 (al regime giuridico dell'enfiteusi va assimilato quello del cd. Livello, non attenendo ad un rapporto astrattamente riconducibile nell'ambito di quelli contemplati dalla speciale legislazione sui contratti agrari: Cass. civ., sez. un., 6 giugno 2012, n. 9135; Cass. civ., 15 febbraio 2018, n. 3689); b) per le liti in materia di prestazioni fondiarie perpetue, e per quelle in tema di prelazione e riscatto agrari di cui alla l. 26 maggio 1965, n. 590 (Cass. civ., 18 novembre 2004, n. 21870; Cass. 20 ottobre 2011, n. 23411).

Non sono controversie agrarie quelle intraprese per la regolarizzazione del titolo di proprietà ex art. 2 l. 10 maggio 1976, n. 346, per i fondi rustici con annessi fabbricati situati in comuni classificati montani ai sensi della l. 3 dicembre 1971, n. 1102, nonché per quelli collocati altrove, quando il reddito dominicale sia nei limiti di cui al predetto art. 2 l. n. 346/1976. Per queste controversie la competenza appartiene al tribunale nel rispetto del rito speciale stabilito da tale normativa.

La competenza delle sezioni agrarie ha natura inderogabile, sicché risulta operativa anche in caso di giudizio di rinvio: in tal caso deve essere sempre designata, come giudice di rinvio, la stessa sezione specializzata agraria che ha reso la sentenza cassata, attesa l'assoluta inderogabilità della competenza delle sezioni agrarie non solo ratione materiae ma anche ratione loci, la quale si giustifica con l'esigenza di assicurare alle parti un organo meglio adatto, per la sua composizione, a valutare la situazione agricola del luogo, in rapporto alla natura dei terreni e delle colture e alle consuetudini della zona (Cass. 12 novembre 2010, n. 22944; Cass. civ,. 26 maggio 2014, n. 11700).

La sezione specializzata in materia d'immigrazione. L'art. 1del d.l. 17 febbraio 2017, n. 13, ha istituito le sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea nei tribunali di Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Catanzaro, Firenze, Lecce, Milano, Palermo, Roma, Napoli, Torino e Venezia. Dopo la legge di conversione (l. 13 aprile 2017, n. 46), le sezioni sono state istituite presso tutti i tribunali ordinari del luogo nel quale hanno sede le Corti d'appello, diventando dalle 14 originarie, ben 26. Per la competenza per materia la legge del 2017 determina le attribuzioni dei nuovi organi specializzati. In particolare ad esse spettano: a) le controversie in materia di mancato riconoscimento del diritto di soggiorno sul territorio nazionale in favore dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea e dei loro familiari, di cui all'art. 8, d.lgs. n. 30/2007; b) le impugnazioni del provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari per motivi imperativi di pubblica sicurezza e per gli altri motivi di pubblica sicurezza di cui all'art. 20 del d.lgs. n. 30 cit., o per i motivi di cui all'art. 21 del medesimo decreto, nonché per i procedimenti di convalida dei provvedimenti ex art. 20 ter d.lgs. n. 30 cit.; c) le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale ex art. 35 del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 per i procedimenti per la convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento (o la proroga del trattenimento) del richiedente protezione internazionale, adottati a norma dell'art. 6, co. 5°, d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142, e dell'art. 10 ter d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nonché per la convalida dei provvedimenti di cui all'art. 14, co. 6°, d.lgs. n. 142/2015 cit.; d) le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui all'art. 32, co. 3°, del d.lgs. n. 25/2008; e) le controversie in materia di diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché relative ad altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare ex art. 30, co. 6°, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286; f) le controversie in materia di accertamento dello stato di apolidia e della cittadinanza italiana ex art. 19 bis d.lgs. n. 150/2011; g) le controversie relative all'impugnazione dei provvedimenti adottati dall'autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all'esame della domanda di protezione internazionale, in applicazione del Reg. UE n. 604 del 2013; h) l'impugnazione delle decisioni di trasferimento adottate ai sensi dell'art. 3, co. 3 bis, d.lgs. n. 25/2008; i) le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con tutte quelle ora indicate. Ulteriori innovazioni nell'assetto della tutela giurisdizionale dei migranti sono state apportate dal d.l. 4 ottobre 2018, n. 113 (conv. con modif. in l. 1 dicembre 2018, n. 132).

L'art. 1, 5° co., del d.l. ha inoltre introdotto un nuovo tipo di procedimento sommario di cognizione per le liti in materia di diniego o di revoca dei permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario (c.d. casi speciali), inserendo l'art. 19 ter nel d.lgs. n. 150/2011. Sopprimendo la protezione umanitaria e il permesso di soggiorno per motivi umanitari, l'art. 1, comma 3, lett. a), n. 2, d.l. n. 113/2018, ha devoluto alle sezioni specializzate in materia di immigrazione le controversie in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale, (limitatamente ai casi di cui all'art. 32, comma 3, d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, e cioè laddove la Commissione territoriale non abbia accolto la domanda di protezione internazionale e sussistano i presupposti, di cui all'art. 19, 1° e 1.1 commi, t.u.i.). Amplius sulla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione si rinvia a P. Farina, sub art. 9 c.p.c., in Codice di procedura civile commentato di N. Picardi, a cura di R. Vaccarella, in corso di pubblicazione, Milano, 2024.

La competenza della sezione specializzata in materia di impresa. Il legislatore ha devoluto alle sezioni specializzate le cause in materia di proprietà industriale ed intellettuale aventi ad oggetto: brevetti, marchi nazionali, internazionali e comunitari, brevetti di invenzione e per nuove varietà vegetali, modelli di utilità, disegni e modelli e diritto di autore, nonché fattispecie di concorrenza sleale che interferiscono con la proprietà industriale ed intellettuale (art. 3 del d.lgs. n. 168/2003). Questi organi, a composizione collegiale e composti solo da giudici togati, sono stati collocati presso i Tribunali e le Corti di Appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia. Il legislatore è poi successivamente intervenuto tramutando le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale in sezioni specializzate dell'impresa (con l'art. 2 d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27). Per ciò che concerne la competenza per territorio, accanto a quelle già contemplate, altre sezioni sono state istituite presso i tribunali e le corti d'appello aventi sede in tutti i capoluoghi di regione, nonché presso il Tribunale e la Corte di appello di Brescia. Invece con riferimento alla competenza per materia, essa è stata notevolmente ampliata. In particolare alle sezioni specializzate spettano la materia industriale, la violazione della disciplina della concorrenza dell'Unione europea, i rapporti societari, le controversie in materia di appalti pubblici, forniture e servizi di rilevanza comunitaria, e, infine, le cause ed i procedimenti che presentino ragioni di connessione con i richiamati gruppi di materie.

Ai sensi dell'art, 3, comma 3, d.lgs. n. 168/2003, le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause ed i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1° e 2°. Successivamente il d.l. 23 dicembre 2013, n. 145, conv., con modif., dalla l. 21 febbraio 2014, n. 9, ha attribuito soltanto ad alcune sezioni specializzate la competenza inderogabile sulle controversie in materia di proprietà industriale, societario e di appalti pubblici nelle quali sia parte una società estera.

Infine l'art. 18 d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 3 (di attuazione della direttiva 2014/104/UE) ha modificato l'art. 4 d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168 (inserendovi il comma 1° ter), concentrando la competenza per le violazioni della disciplina della concorrenza previste dal decreto in esame presso tre sole sezioni specializzate in materia di impresa. In particolare, si è previsto che sono di competenza dei soli Tribunali delle imprese di Milano, di Roma e di Napoli tutte le controversie in tema di intese, di abuso di posizione dominante ed operazioni di concentrazione e, più in generale, le liti derivanti dalla violazione della normativa antitrust nazionale ed europea. In particolare si tratta delle azioni di nullità e di risarcimento del danno, comprensive della fase cautelare, conseguenti ad illeciti anticoncorrenziali, per violazione della disciplina contenuta nei titoli dal I al IV della l. 10 ottobre 1990, n. 287, e delle controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell'Unione europea, anche laddove sia parte una società con sede all'estero.

Le Sezioni Unite hanno affermato che il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nello specifico caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni all'ufficio giudiziario, da cui l'inammissibilità del regolamento di competenza, richiesto d'ufficio ai sensi dell'art. 45 c.p.c.; rientra, invece, nell'ambito della competenza in senso proprio la relazione tra la sezione specializzata in materia di impresa e l'ufficio giudiziario diverso da quello ove la prima sia istituita (Cass. Sez. Un., 23 luglio 2019, n. 19882). Amplius si rinvia a P. Farina, sub art. 9, in Codice di procedura civile commentato, cit.