Pignoramento (forma ed effetti del)

Valerio Colandrea
30 Marzo 2016

Il pignoramento è l'atto con cui normalmente inizia l'espropriazione forzata, come stabilisce l'art. 491 c.p.c.
Inquadramento

Il pignoramento è l'atto con cui normalmente inizia l'espropriazione forzata, come stabilisce l'art. 491 c.p.c., tanto che sia la giurisprudenza che la dottrina prevalente negano che il precetto (l'atto che precede il pignoramento) abbia natura processuale, trattandosi di mero atto sostanziale prodromico all'esecuzione forzata.

Normalmente il creditore munito di titolo esecutivo (art. 474 c.p.c.) e di precetto (480 c.p.c.) regolarmente notificati, trascorso il termine dilatorio di 10 giorni dalla notifica del precetto e, comunque, entro i 90 giorni dalla medesima, può decidere di iniziare la procedura esecutiva nei confronti del debitore inadempiente.

Vi sono però dei casi in cui l'espropriazione forzata non necessita di un preventivo atto di pignoramento, come ad esempio nel caso di espropriazione di cose date in pegno o dei beni mobili soggetti ad ipoteca, rispetto ai quali l'art. 502 c.p.c. attribuisce al creditore la possibilità di chiedere direttamente la vendita o l'assegnazione.

Ed ancora, l'art. 686 c.p.c. consente di evitare il previo pignoramento nel caso in cui sia stato eseguito il sequestro conservativo sui beni, dal momento che questo si converte “ipso iure” in pignoramento in caso di sentenza favorevole per il creditore sequestrante.

Il pignoramento deve rispettare i requisiti individuati dall'art. 492 c.p.c., rubricato forma del pignoramento.

All'atto di pignoramento la legge ricollega una serie di effetti di carattere sostanziale, individuati dagli artt. 2913 e ss. del c.c. Se è vero infatti che il pignoramento dà inizio al processo esecutivo (e, conseguentemente, costituisce atto avente natura processuale), esso crea altresì – sul piano sostanziale – un vincolo di indisponibilità sul bene pignorato, che vale ad asservirlo all'espropriazione in favore dei creditori concorrenti, realizzando così al contempo il principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.

Il vincolo di indisponibilità implica in particolare – ai sensi dell'art. 2913 c.c. – l'inefficacia per il creditore pignorante degli eventuali atti dispositivi del bene pignorato da parte del debitore successivamente al pignoramento.

Il vincolo pignoratizio può essere realizzato con modalità diverse, che variano a seconda della natura dei beni oggetto di espropriazione (beni mobili, immobili o crediti); le scelte del legislatore, infatti, mirano non solo a far sorgere validamente il vincolo, ma anche a consentirne la conoscenza da parte dei terzi (pubblicità), ragion per cui la forma del pignoramento è influenzata dal regime di circolazione giuridica del bene interessato.

In questa prospettiva, quindi, nel caso di espropriazione mobiliare è necessaria la materiale individuazione ed apprensione del bene ad opera dell'ufficiale giudiziario.

Ove si tratti, invece, di espropriazione immobiliare, il pignoramento postula non solo la notificazione dell'atto al soggetto esecutato ma anche la trascrizione dello stesso nei registri immobiliari.

Nel caso ancora di espropriazione di crediti il pignoramento si sostanzia in una intimazione rivolta anche al terzo debitor debitoris, nonché la sua successiva partecipazione per individuare l'oggetto dell'espropriazione stessa.

Quanto infine all'espropriazione di beni mobili registrati (come gli autoveicoli, i motoveicoli ed i rimorchi), la l. 162 del 2014 ha dettato una regolamentazione autonoma rispetto alla disciplina propria dell'espropriazione mobiliare (art. 521-bis c.p.c.).

Al riguardo, il d.l. 83 del 2015 ha tuttavia precisato che tale ultima disciplina è concorrente con quella generale dell'espropriazione mobiliare, nel senso che il pignoramento degli autoveicoli può comunque aver luogo – oltre che nelle forma di cui all'art. 521-bis c.p.c. – anche in quelle ordinarie dell'espropriazione mobiliare.

Forma del pignoramento

L'art. 492 c.p.c. reca la disciplina della forma del pignoramento, ovvero delle modalità con cui questo deve avere luogo generalmente.

In forza del primo comma il pignoramento consiste in un'ingiunzione rivolta dall'ufficiale giudiziario al debitore affinché si astenga da qualsivoglia atto diretto a sottrarre alla garanzia generica (art. 2740 c.c.) del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all'espropriazione ed i relativi frutti.

L'ingiunzione non richiede forme sacramentali o particolari, purché abbia carattere non equivoco, tale cioè da far comprendere al debitore l'obbligo di astenersi dal compiere atti dispositivi (Cass. civ., sez. III, 16 aprile 1995, n. 4621).

Assenza dell'ingiunzione

Secondo un più risalente orientamento comporta l'inesistenza dell'atto di pignoramento (Cass. civ., sez. III, 21 giugno 1995, n. 7019);

Secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità comporta la nullità dell'atto di pignoramento, nullità relativa da farsi valere a cura della parte interessata con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. VI, 12 aprile 2011, n. 8408; Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 1998, n. 669).

Ad ogni modo, la nullità del pignoramento sussiste soltanto nel caso di omissione dell'ingiunzione di cui all'art. 492, comma 1, c.p.c., laddove la mancanza dell'avviso e dell'avvertimento di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 492 c.p.c. determinano mere irregolarità, non essendo prevista, come invece accade per la mancata comunicazione ai sensi dell'art. 163, n. 7, c.p.c., la nullità dell'atto o della procedura (Cass. civ., sez. VI, 12 aprile 2011, n. 8408).

Secondo parte della giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 10 Marzo 1999, n. 2082) che considera l'ingiunzione quale elemento essenziale del pignoramento, si tratterebbe di una nullità assoluta, come tale rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento esecutivo, nonché deducibile sempre, fatto salvo il limite della salvezza ex art. 2929 c.c. sulla inopponibilità della nullità degli atti del processo esecutivo all'acquirente o all'assegnatario ed ai creditori diversi da quello procedente.

In senso contrario, tuttavia, si è ritenuto che – in ossequio al principio per cui il procedimento espropriativo si articola in fasi autonome – la nullità in questione non può essere azionata una volta decorsi venti giorni dall'udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l'assegnazione (Cass. civ., sez. III, 1 febbraio 2002, n. 1308).

Ad ogni modo, è valido l'atto di pignoramento che rechi un'unica sottoscrizione dell'ufficiale giudiziario, apposta in calce alla relazione di notificazione stilata di seguito all'ingiunzione al debitore ex art. 492 c.p.c., garantendo tale sottoscrizione la provenienza dall'ufficiale giudiziario anche dell'ingiunzione (Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 2015, n. 2859).

Nel caso di espropriazione forzata immobiliare la giurisprudenza ha anche chiarito che l'errore contenuto nell'atto di pignoramento sugli elementi identificativi del bene pignorato non è causa di nullità del pignoramento, tranne nel caso in cui comporti incertezza assoluta sul bene stesso (Cass. civ., sez. VI, 31 gennaio 2014, n. 2110; Cass. civ., sez. III, 23 agosto 2013, n. 19498).

Qualora il pignoramento sia stato notificato da un ufficiale giudiziario territorialmente incompetente, oppure da un aiutante ufficiale giudiziario (e non già da un ufficiale giudiziario), non si ha inesistenza dell'atto, bensì nullità da far valere mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 9 aprile 2003, n. 5583).

La l. n. 80 del 2005 ha introdotto il secondo comma dell'art. 492 c.p.c., disposizione che richiede altresì che il pignoramento contenga l'invito al debitore di eleggere domicilio o dichiarare residenza in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice dell'esecuzione, con l'avvertimento che – in mancanza o in caso di irreperibilità – le comunicazioni saranno effettuate presso la cancelleria.

La mancanza dell'invito determina non già la nullità del pignoramento, bensì una mera irregolarità, e le comunicazioni dovranno essere eseguite nelle forme ordinarie (Cass. civ., sez. VI, 12 aprile 2011, n. 8408; Cass. civ., sez. III, 23 marzo 2011, n. 6662).

Ciò perché quest'elemento non è richiesto per la validità del pignoramento, ovvero per consentire a questo di raggiungere lo scopo tipico dell'imposizione del vincolo, ma è dettato, invece, nell'interesse del creditore al più sollecito svolgimento della procedura (ed in parte anche nell'interesse del debitore a partecipare consapevolmente al processo esecutivo).

La legge 80 del 2005 ha previsto inoltre che il pignoramento debba contenere le informazioni circa i tempi ed i modi con cui proporre l'istanza di conversione ex art. 495 c.p.c.

In assenza di quest'informativa (che può comunque essere realizzata in altro modo fino all'udienza per l'autorizzazione della vendita) non si ha nullità del pignoramento, ma solo la nullità dell'ordinanza di vendita, nei confronti della quale la parte interessata può dunque proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. entro il relativo termine (Cass. civ., sez. III, 23 marzo 2011, n. 6662).

Anche l'avvertimento che il pignoramento deve contenere ex art. 492, comma 3, c.p.c., infatti, non è funzionale all'insorgere del vincolo pignoratizio, bensì solo a realizzare l'interesse del debitore ad attivarsi tempestivamente per la conversione del pignoramento.

Deve tuttavia ritenersi che tale opposizione non possa fondarsi esclusivamente sulla doglianza della mancata informazione nell'atto di pignoramento, dovendo l'opponente invece – a pena di inammissibilità dell'opposizione – proporre contestuale istanza di conversione nel rispetto dei requisiti fotografati dall'art. 495 c.p.c.

Il recente d.l. 3 maggio 2016, n. 59, ha previsto che nell'atto di pignoramento debba essere inoltre contenuto l'avvertimento al debitore in ordine alla possibilità, salvo che intervengano fatti sopravvenuti o che la stessa non sia stata tempestivamente esperita per causa non imputabile, di proporre opposizione all'esecuzione soltanto prima che sia emanato il provvedimento di autorizzazione alla vendita ovvero all'assegnazione. Tale previsione si correla alla contestuale modifica del secondo comma dell'art. 615 c.p.c., nel senso di introdurre tale inedito limite temporale alla proponibilità dell'opposizione all'esecuzione.

Il pignoramento dev'essere sottoscritto dal difensore munito di procura. La sottoscrizione può essere apposta daldifensore in forza di procura rilasciata nel processo di cognizione (Cass. civ., sez. III, 5 Aprile 2003, n. 5368; Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2002, n. 10569).

Per quanto concerne la sottoscrizione al pignoramento apposta dal difensore al quale il creditore abbia conferito la procura alle liti nell'atto di precetto:

secondo l'orientamento prevalente, tale sottoscrizione è valida in ossequio alla regola generale sancita dall'art. 83 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2012, n. 6264; Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2012, n. 1687; Cass. civ., sez. III, 17 marzo 2006, n. 5910);

secondo parte della giurisprudenza, invece, l'atto di pignoramento immobiliare non può ritenersi validamente sottoscritto da parte del difensore cui il creditore ha conferito procura alle liti nell'atto di precetto, atteso che l'art. 170 disp. att. c.p.c. secondo cui l'atto di pignoramento dei beni immobili dev'essere sottoscritto – prima della relata di notifica – dal creditore pignorante, è norma speciale e, pertanto prevalente, rispetto a quella di cui all'art. 83 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2005, n. 27943).

Estensione del pignoramento

La l. 80 del 2005 ha modificato il sistema del pignoramento, disciplinando forme peculiari di estensione dello stesso, in vita della realizzazione della massima fruttuosità dell'esecuzione.

Il comma 4 dell'art. 492 c.p.c. sancisce l'obbligo di cooperazione in capo al debitore che, su invito dell'ufficiale giudiziario, è tenuto ad indicare altri beni utilmente pignorabili nel caso in cui quelli assoggettati a pignoramento appaiano insufficienti o per essi sia manifesta la lunga durata della liquidazione.

Nel caso in cui vengano indicati dal debitori altri beni pignorabili, l'ufficiale giudiziario procederà ad estendere il pignoramento anche a tali beni ai sensi dell'art. 492, comma 5, c.p.c.

L'art. 492, comma 6, c.p.c. applica la disciplina sull'estensione del pignoramento anche al caso in cui il compendio pignorato appaia insufficiente per effetto dell'intervento di ulteriori creditori.

In quest'ipotesi l'insufficienza dei beni non è originaria (come nel comma 4), bensì sopravvenuta e, al fine di ottenere ulteriori informazioni dal debitore è necessaria l'istanza del creditore procedente, che potrà poi invitare i creditori intervenuti chirografari ad estendere il pignoramento (se muniti di titolo) o ad anticipare i costi dell'estensione (se privi), pena – in mancanza – l'essere posposti al procedente nella sede della distribuzione del ricavato.

L'art. 492-bis c.p.c., introdotto con l. 162 del 2014, disciplina la ricerca dei beni da pignorare con modalità telematiche, ipotesi, questa, peraltro già disciplinata in passato (seppur diversamente) dal comma 7 dell'art. 492 c.p.c., ora abrogato per effetto della suddetta riforma.

La ratio dell'istituto è quella di garantire che il pignoramento sia esperito in maniera fruttuosa, evitando ai creditori ed agli ufficiali giudiziari di intraprendere ricerca lunghe, costose e spesso inutili.

Il recente d.l. n. 83/2015, convertito in l. 6 agosto 2015, n. 132, ha apportato ulteriori modifiche a questa modalità di ricerca di beni pignorabili.

Prima della l. n. 132/2015 era previsto che potesse avanzare istanza di ricerca con modalità telematiche il creditore “procedente”; dopo l'entrata in vigore della suddetta legge, invece, tutti i creditori possono proporre la relativa domanda.

L'organo competente a conoscere dell'istanza del creditore è il Presidente del Tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede; questi, verificato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, autorizza la ricerca con modalità telematiche.

L'istanza del creditore deve recare l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica ordinaria, del numero di fax e, ai fini dell'art. 547 c.p.c., la dichiarazione del terzo che specifica di quali cose si trova in possesso o di quali somme è debitore e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna, a mezzo PEC del difensore.

Il d.l. n. 83/2015 convertito in l. n. 132/2015 ha aggiunto due ulteriori periodi nel corpo dell'art. 492-bis c.p.c.: innanzitutto è ora stabilito che l'istanza non può essere proposta prima che sia decorso il termine di cui all'art. 482 c.p.c., a meno che vi sia pericolo nel ritardo, nel qual caso il Presidente del Tribunale autorizza la ricerca telematica dei beni da pignorare prima della notifica del precetto.

La formulazione della nuova norma richiama il termine per adempiere indicato nel precetto ex art. 482 c.p.c., lasciando così intendere che il creditore sia munito di titolo esecutivo, e che abbia anche proceduto alla notifica di questo e del precetto.

La riforma del 2015 ha poi aggiunto al testo dell'art. 492-bis c.p.c. un ulteriore periodo, da cui si desume che in caso di autorizzazione anteriore alla notifica del precetto, il creditore deve fornire all'ufficiale giudiziario comunque tale atto; in mancanza del precetto, dunque, l'ufficiale giudiziario non può procedere al pignoramento.

Una volta che l'ufficiale giudiziario abbia ottenuto l'autorizzazione da parte del Presidente del Tribunale può accedere mediante collegamento telematico diretto ai contenuti delle banche dati delle pubbliche amministrazioni o a quelle cui le stesse possono accedere (es. anagrafe tributaria, P.R.A., I.N.P.S. ecc.).

Una volta concluse le ricerche, l'ufficiale giudiziario deve redigere processo verbale in cui indica tutti i soggetti interrogati ed i relativi risultati.

Nel caso in cui l'ufficiale giudiziario abbia trovato cose da pignorare che si trovano in luoghi appartenenti al debitore compresi nel territorio di sua competente, egli accede agli stessi per provvedere d'ufficio agli adempimenti richiesti dal c.p.c. (artt. 517, 518 e 520) in materia di pignoramento.

Laddove l'ufficiale giudiziario abbia individuato beni da pignorare, ma non nel territorio di sua competenza, rilascia copia autentica del verbale al creditore, che entro i successivi quindici giorni, a pena d'inefficacia della richiesta, presenta questa copia con l'istanza all'ufficiale giudiziario territorialmente competente, affinché provveda ad effettuare il pignoramento.

Se invece l'ufficiale giudiziario ha rinvenuto crediti del debitore o cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi, allora dovrà notificare d'ufficio al debitore ed al terzo il verbale delle operazioni svolte, contenente l'indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo, del precetto, dell'indirizzo PEC e del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato residenza, dell'ingiunzione, dell'invito e dell'avvertimento al debitore di cui all'art. 546 c.p.c.

Qualora l'accesso abbia consentito di individuare più crediti del debitore o più cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi, l'ufficiale giudiziario sottopone ad esecuzione i beni scelti dal debitore.

La l. n. 162 del 2014 ha poi introdotto anche l'art. 155-quinquies disp. att. c.p.c. che disciplina la ricerca telematica dei beni da pignorare mediante accesso diretto del creditore tramite i gestori delle banche dati.

La norma richiama l'autorizzazione di cui all'art. 492-bis c.p.c., di talché anche l'accesso diretto è subordinato al vaglio preventivo del Presidente del Tribunale, che deve valutare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione.

L'art 155-quinquies disp. att. c.p.c., dunque, disciplina una diversa forma di ricerca telematica dei beni da pignorare alternativa rispetto a quella effettuata dall'ufficiale giudiziario ex art. 492-bis c.p.c.

L'art. 155-quinquies disp. att. c.p.c.ha configurato tale fattispecie come residuale rispetto all'accesso diretto dell'ufficiale giudiziario: l'accesso diretto è cioè consentito in caso di non funzionamento delle strutture tecnologiche necessarie a consentire l'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario.

In giurisprudenza si è discussa la possibilità di ricorso all'accesso diretto in difetto di emanazione del decreto attuativo del Ministro della Giustizia di cui all'art. 155-quater disp. att. c.p.c. per la disciplina dell'accesso diretto del creditore.

Secondo un primo orientamento (Trib. Pavia, 20 febbraio 2015; Trib. Mantova, 3 febbraio 2015; Trib, Napoli, 2 marzo 2015), l'accesso diretto ex art. 155-quinquies disp. att. c.p.c. era ammissibile anche in assenza del decreto attuativo, previa comunque autorizzazione del Presidente del Tribunale.

Tale soluzione si appunta su un'interpretazione estensiva dei casi di non funzionamento delle strutture tecnologiche che ex art. 155-quinquies disp. att. c.p.c. sono preclusivi dell'accesso da parte dell'ufficiale giudiziario con modalità telematiche, considerando come “motivi di non funzionamento” non solo quelli tecnici, ma anche quelli giuridici.

Altra parte della giurisprudenza (Trib. Modena, 30 Marzo 2015; Trib. Vicenza, 19 Marzo 2015), invece, aveva ritenuto l'emanazione del decreto da parte del Ministro della Giustizia come condicio sine qua non indefettibile per l'esperibilità della ricerca telematica.

Quest'impostazione, invece, si fonda su un'interpretazione restrittiva dei motivi di non funzionamento delle strutture tecnologiche per l'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario, facendovi rientrare solo i motivi strettamente tecnologici; a contrario, dunque non vi rientrano i “motivi giuridici”, come la mancata adozione del decreto attuativo del Ministro della Giustizia, per cui in questi casi è ben possibile l'accesso diretto alle banche dati da parte dell'ufficiale giudiziario e non quello diretto del creditore.

Tali dubbi interpretativi sono stati comunque eliminati col d.l. n. 83/2015 e con la legge di conversione n. 132 del 2015, che ammettono l'accesso diretto del creditore in termini generali e quindi anche prescindendo dall'emanazione del decreto attuativo del Ministro della Giustizia.

Effetti del pignoramento

La disciplina degli effetti del pignoramento è contenuta negli artt. 2913 e ss. c.c.

Diversamente dal precetto, la cui notifica determina un effetto interruttivo solo istantaneo, il pignoramento determina l'interruzione della prescrizione con efficacia permanente, per cui la prescrizione non corre fino alla conclusione della procedura espropriativa (Cass. civ., sez. III, 25 marzo 2002, n. 4203); ciò ad eccezione del caso in cui il processo esecutivo si estingua, perché in quest'ipotesi la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data dell'atto interruttivo (Cass. civ., sez. III, 27 ottobre 1998, n. 10700).

La regola, però, è che l'effetto interruttivo ha effetti permanenti se l'estinzione ha avuto luogo per cause diverse da quelle tipiche (estinzione c.d. atipica).

Ad esempio, in caso di rigetto dell'istanza di vendita e/o dichiarazione di improcedibilità per assenza dei presupposti dell'istanza o per invendibilità del bene (Trib. Santa Maria Capua Vetere, 19 aprile 2011).

Il pignoramento determina altresì l'inefficacia degli atti di disposizione dei beni pignorati compiuti successivamente ad esso ai sensi dell'art. 2913 c.c.

L'inefficacia non tocca però gli atti costitutivi o traslativi che siano conseguenza di atti d'imperio (C. App. Trento, 11 aprile 1995).

L'inefficacia ha sempre carattere relativo – come inopponibilità – ed opera solo a vantaggio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti, anche posteriormente (Cass. civ., sez. III, 6 agosto 1996, n. 7214), per cui ove li processo si estingua, l'atto acquista efficacia anche rispetto a questi (Cass. civ., sez. III, 14 dicembre 1992, n. 13164).

Ad ogni modo il terzo acquirente non subentra nella posizione processuale dell'esecutato e non può, pertanto, proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 12aprile 2013, n. 8936; Cass. civ., sez. III, 13 gennaio 2009, n. 1703), ma soltanto opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. per dolersi dell'inesistenza o della nullità del pignoramento (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2010, n. 15400; Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2004, n. 14003).

Di contrario avviso si mostra invece un orientamento giurisprudenziale più risalente, secondo cui l'avente causa dell'esecutato subentra nella posizione di quest'ultimo e, di conseguenza, può anche azionare il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 14 aprile 2000, n. 4856; Cass. civ., sez. III, 4 settembre 1985, n. 4612).

In caso di costituzione del fondo patrimoniale ai sensi dell'art. 167 c.c. l'esecuzione è ammessa sui relativi beni e frutti soltanto per i debiti contratti funzionalmente per far fronte ai bisogni della famiglia.

La giurisprudenza accoglie un'interpretazione lata dei “bisogni della famiglia”, escludendo solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti solo speculativi (Cass. civ., sez. I, 18 settembre 2001, n. 11683).

Per l'opponibilità del vincolo derivante dalla costituzione del fondo rileva solo l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio, essendo invece irrilevante l'atto costitutivo che ha mera funzione di pubblicità notizia (Cass. civ., sez. U., 13 ottobre 2009, n. 21658).

Circa il pignoramento di crediti, l'art. 2917 c.c. stabilisce l'inefficacia dei fatti estintivi del credito verificatisi in data successivo al pignoramento; l'estinzione è opponibile ai creditori se realizzata prima che al terzo sia notificata l'intimazione a non adempiere (Cass. civ., sez. III, 3 ottobre 1997, n. 9673), oppure se risulta da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento (Cass. civ., sez. III, 16 luglio 1973, n. 2069).

Qualora il pagamento sia stato fatto a mezzo di assegno bancario, l'estinzione è opponibile al pignorante solo se anche il pagamento dell'assegno sia stato effettuato prima dell'intimazione, non bastando la semplice consegna (Cass. civ., sez. III, 5 febbraio 1997, n. 1108).

In caso di compensazione, invece, occorre guardare al momento in cui è sorto il controcredito che si oppone in compensazione, anche se divenuto liquido o esigibile successivamente (Cass. civ., sez. un., 2 novembre 1999, n. 755).

Ai sensi dell'art. 497 c.p.c. il pignoramento perde efficacia se entro novanta giorni dal suo compimento non è richiesta la vendita o l'assegnazione.

Tuttavia il d.l. n. 83/2015, convertito con l. n. 132 del 2015 ha dimezzato il suddetto termine, che da novanta giorni passa a quarantacinque.

La disposizione in esame si applica ai procedimenti sin dall'entrata in vigore del decreto legge (id est: 27 giugno 2015).

Come già stabilito dalla giurisprudenza con riferimento al “vecchio” termine di efficacia (Cass. civ., sez. III, 29 luglio 1986, n. 4841), deve ritenersi che anche il nuovo termine sia soggetto a sospensione feriale.

Per l'espropriazione mobiliare il termine decorre dal giorno della sottoscrizione del verbale di pignoramento.

Nel caso di espropriazione immobiliare, invece, il termine di efficacia di cui all'art. 497 c.p.c., sia nella vecchia che nella nuova formulazione, decorre dalla data di notifica del pignoramento e non dalla trascrizione (Cass. civ., sez. III, 10 aprile 2015, n. 7998).

Il deposito tardivo dell'istanza di vendita dà luogo ad una fattispecie assimilabile all'estinzione del processo esecutivo per inattività delle parti ex art. 630 c.p.c.

Sotto il vigore dell'art. 630, comma 2, c.p.c. vigente antecedentemente alla novella di cui alla l. n. 69/2009 tale causa di estinzione non era rilevabile d'ufficio, bensì doveva essere eccepita dalla parte interessata (Cass. civ., sez. III, 16 giugno 2003, n. 9624).

Tuttavia la l. n. 69/2009 ha modificato l'art. 630, comma 2, c.p.c., stabilendo la rilevabilità d'ufficio di tutte le cause di estinzione del processo esecutivo. Si discute tuttavia se ciò valga solo per i procedimenti instaurati dopo l'entrata in vigore della legge in questione oppure anche per quelli precedenti: l'art. della l. 69/2009 si riferisce infatti ai “giudizi” ed è dubbio se ciò valga anche per i procedimenti esecutivi (che non hanno natura di giudizi).

In ogni caso, nell'ipotesi di inefficacia del pignoramento per il decorso del termine di cui all'art. 497 c.p.c. il debitore può proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. contro l'ordinanza di autorizzazione alla vendita: al contrario, non è impugnabile il decreto di fissazione dell'udienza (Cass. civ., sez. III, 18 luglio 1997, n. 6637).