Il rito del lavoro e il termine perentorio per l'opposizione agli atti esecutivi
31 Gennaio 2017
Il caso. Il Tribunale dichiarava l'estinzione della procedura esecutiva, poiché l'Inps aveva adempiuto all'obbligo di pagare all'avvocato distrattario le spese liquidate del giudice del lavoro; infine disponeva la liberazione delle somme pignorate e compensava le spese. Successivamente il Tribunale accoglieva l'opposizione agli atti esecutivi e condannava l'Istituto al pagamento delle spese e competenze del processo esecutivo e di quello di opposizione.
Opposizione e termine perentorio. L'Inps ricorreva allora in Cassazione denunciando la violazione degli artt. 618 e 291 c.p.c.. Nel dettaglio, il ricorrente esponeva che il giudice dell'opposizione, all'udienza del 14 luglio 2014, fissata per la prima comparizione delle parti, rilevata la mancata prova della notifica dell'atto introduttivo, concedeva all'opponente di procedere alla notifica nei confronti dell'Inps entro un nuovo termine, con fissazione di una nuova udienza in data 19 gennaio 2015. Il Giudice sarebbe caduto in errore, poiché avrebbe dovuto dichiarare l'improcedibilità del giudizio per mancato rispetto del termine perentorio già concesso dal medesimo giudice con provvedimento di fissazione della prima udienza. La Cassazione nell'affrontare la questione in esame ricorda i principi consolidati in sede di legittimità per cui:
In conclusione. Nel caso di specie, il Tribunale adito in sede di merito avrebbe dovuto rilevare alla prima udienza la mancanza della notificazione del ricorso introduttivo, dichiarando improcedibile l'opposizione agli atti esecutivi. Accogliendo il motivo di ricorso, la Corte Suprema cassa l'impugnata sentenza e decidendo nel merito dichiara improcedibile l'opposizione agli atti esecutivi proposta dalla parte intimata. |