Connessione

Roberta Nardone
05 Marzo 2016

La connessione è un fenomeno di collegamento tra «cause» diverse (artt. 33, 40 e 103 c.p.c.) o tra diverse «domande » (art. 104 c.p.c). Gli elementi comuni possono inerire tutti gli elementi costitutivi dei rapporti e riferirsi, quindi, all'oggetto o al titolo (artt. 33 e 103 c.p.c., petitum, causa petendi ) oppure ai soggetti (art. 104 c.p.c.), pur non ricorrendo l'ipotesi una vera e propria identità tra cause, fattispecie nella quale si realizza, invece, il fenomeno della litispendenza.Gli effetti della connessione si manifestano sia come cause di modificazione della competenza (artt. 33 e 40 c.p.c.), sia come occasione di riunione di più controversie in un unico procedimento (artt. 33.40, 103 e 104 c.p.c.): entrambi i fenomeni sono strumentali al valore finale perseguito, ovvero, la realizzazione del simultaneus processus. Infatti, per favorire il cumulo di cause connesse, il legislatore, almeno nell'ipotesi in cui i nessi tra le controversie sono particolarmente stretti, prevede alcune deroghe agli ordinari criteri di competenza, dirette a consentire che un unico giudice possa conoscere di tutte le cause pur quando esse, separatamente considerate, andrebbero proposte dinanzi a diversi uffici giudiziari .

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE

La connessione è un fenomeno di collegamento tra «cause» diverse (artt. 33, 40 103 c.p.c.) o tra diverse «domande » (art.

104 c.p.c). Gli elementi comuni possono inerire tutti gli elementi costitutivi dei rapporti e riferirsi, quindi, all'oggetto o al titolo

(artt. 33 103 c.p.c., petitum, causa petendi ) oppure ai soggetti (art. 104 c.p.c.), pur non ricorrendo l'ipotesi una vera e propria identità tra cause, fattispecie nella quale si realizza, invece, il fenomeno della litispendenza.

Gli effetti della connessione si manifestano sia come cause di modificazione della competenza (artt. 33 40 c.p.c.), sia come occasione di riunione di più controversie in un unico procedimento (artt. 33, 40, 103 104 c.p.c.): entrambi i fenomeni sono strumentali al valore finale perseguito, ovvero, la realizzazione del simultaneus processus. Infatti, per favorire il cumulo di cause connesse, il legislatore, almeno nell'ipotesi in cui i nessi tra le controversie sono particolarmente stretti, prevede alcune deroghe agli ordinari criteri di competenza, dirette a consentire che un unico giudice possa conoscere di tutte le cause pur quando esse, separatamente considerate, andrebbero proposte dinanzi a diversi uffici giudiziari .

Questa risulta essere la prospettiva prevalente nel codice che affronta, infatti, il tema della connessione muovendo dalle «modificazioni della competenza» che essa può determinare (si veda l'intitolazione della Sezione IV – «Delle modificazioni della competenza per ragioni di connessione» - comprensiva degli articoli 31-36 c.p.c.).

Le diverse ipotesi di connessione

Prendendo in considerazione oltre ai citati articoli 31-36, anche gli art. 103, comma 1, e 104, comma 2, possono distinguersi varie forme di connessione.

La connessione soggettiva (o cumulo oggettivo) contemplata dall'

art. 104

, comma 1,

c

.p.c.

che riguarda i soli soggetti, attivi e passivi, delle domande le quali differiscono, invece, per ogni aspetto oggettivo. Essa consente di proporre «contro la stessa parte (…) nel medesimo processo più domande anche non altrimenti connesse, purché sia osservata la norma dell'articolo 10 secondo comma». L'effetto di tale connessione è dunque quello di consentire, ad iniziativa dell'attore, il cumulo di più domande in un unico processo. In questo caso vengono in rilievo esclusivamente ragioni di economia processuale e conseguentemente non è prevista alcuna deroga ai criteri ordinari di competenza. In questo caso il simultaneo processo sarà concretamente attuabile solamente quando uno stesso ufficio giudiziario risulti competente - per materia e per territorio, anche derogabile - per tutte le cause. Quanto alla competenza per valore opera l'articolo 10 secondo comma espressamente richiamato nell'articolo 104 che prevede che il valore complessivo della causa si determini sommando le più domande proposte dalla stessa parte contro la stessa parte .

Poiché in caso di connessione meramente soggettiva il cumulo non risponde ad alcuna particolare esigenza di economia o di coordinamento logico fra le decisioni, bensì semplicemente di maggiore comodità per l'attore, essa produce la trattazione congiunta della cause solo in caso di cumulo iniziale , mentre si esclude l'applicabilità dell'

art. 40

c.p.c.

(riunione successiva ad opera del giudice).

Si definisce connessione (oggettiva) impropria il rapporto tra due o più cause la cui decisione «dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni» : l'art.103, comma 1, ultima parte, c.p.c. ricollega la possibilità che le cause, riguardando parti diverse, vengano in questo caso cumulate in un unico processo. L'obiettivo perseguito è quello di assicurare che le questioni comuni trovino una soluzione uniforme per le varie cause. Le domande possono essere del tutto diverse quanto a petitum e causa petendi e la loro trattazione separata non presenta alcun rischio di un vero proprio contrasto di giudicati: neppure in questo caso è prevista alcuna deroga agli ordinari criteri di competenza, sicché la realizzabilità del simultaneo processo è subordinata all'eventualità che sia individuabile uno stesso ufficio giudiziario competente per tutte le cause.

La connessione oggettiva (propria) semplice (o cumulo soggettivo) è quella che deriva dalla comunanza dell'oggetto oppure del titolo dal quale dipendono le diverse domande (

art

. 103,

comma 1,

c

.p.c.

).

In questo caso la realizzazione del simultaneo processo viene favorita attraverso una deroga ai criteri ordinari della (sola) competenza territoriale. L'

art. 33

c.p.c

, infatti, stabilisce che « Le cause contro persone che a norma degli articoli 18 e 19 dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per oggetto o per il titolo, possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse (…)».

La norma sembrerebbe fa riferimento ai soli fori generali (delle persone fisiche o delle persone giuridiche) sicché la giurisprudenza ritiene che la deroga non opera quando per una delle cause dovrebbe aversi riguardo ad un foro speciale esclusivo oppure per attuare il cumulo dinanzi al foro speciale applicabile a taluna soltanto di esse (

C

ass.

civ.,

10 agosto 2012 n.14386

;

Cass.

civ.,

13 ottobre 2011

,

n.21192

) pur ammettendosi la derogabilità del foro convenzionale esclusivo

ex

art.29

c.p.c

(come in

Cass.

civ., 11 gennaio 2013 n.576

e

Cass. civ.,

5 novembre 2012

,

n.18967

).

Generalmente si ammette, argomentando dall'ultima parte dell'

art. 103,

comma 2,

c

.p.c

che la connessione oggettiva possa derogare anche alla competenza per valore. Infatti, in presenza di domande proposte contro parti diverse - non potendosi applicare l'

articolo 10,

comma 2,

c

.p.c

- se ne consente il cumulo dinanzi al giudice competente per quella di maggior valore. Tuttavia si esclude l'applicazione dell'

art. 33

c.p.c.

allorché la domanda proposta nei confronti di taluno dei convenuti appaia prima facie artificiosa e preordinata esclusivamente allo scopo di eludere criteri ordinari di competenza (Cass. civ.,

21 dicembre 2010

,

n. 25891

).

Per individuare l'identità dell'oggetto deve aversi riguardo al c.d. petitum mediato, ossia al «bene della vita» di cui si chiede l'attribuzione. L'identità non va intesa in senso formale ed assoluto, ma piuttosto come equivalenza dell'obiettivo cui le diverse domande tendono e sussiste anche laddove queste, pur basandosi su fatti costitutivi (in parte) diversi, mirano ad un risultato sostanzialmente coincidente (ad esempio, richiesta in via principale dell'adempimento di una determinata prestazione in base ad un contratto e, in via subordinata, per l'eventualità che il contratto sia ritenuto nullo, richiesta di pagamento di una certa somma di denaro a titolo di ingiustificato arricchimento). L'identità del titolo richiama, invece, quella del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio (ad esempio, medesimo contratto di locazione sulla base del quale si agisce per il pagamento dei canoni arretrati e per il risarcimento dei danni derivanti da deterioramento del bene locato; creditore ereditario che agisce per l'adempimento contro più coerenti, ciascuno dei quali risponde pro quota sulla base dell'unico rapporto obbligatorio).

Le ipotesi di connessione c.d. qualificata (accessorietà, garanzia, accertamento incidentale, compensazione, domanda riconvenzionale)

Le ipotesi di connessione oggettiva contemplate dagli

art. 31

,

32

,

34

,

35

e

36

c.p.c

sono connotate da un peculiare rapporto di subordinazione di una causa ad un'altra, inquadrabile nello schema generale della pregiudizialità- dipendenza cui corrisponde, laddove le cause non vengano trattate congiuntamente, un rischio alto di giudicato (logicamente) legato all'eventualità che l'esistenza del (medesimo) rapporto pregiudiziale venga fissato in un processo e negata nell'altro. Per ciascuna delle ipotesi contemplate - cause accessorie, cause di garanzia, accertamenti incidentali, eccezione di compensazione e cause riconvenzionali – il codice definisce gli effetti della connessione sulla competenza.

L'accessorietà (art. 31): il concetto non viene precisato dal legislatore e va inteso in maniera piuttosto empirica: è il rapporto che intercorre tra due cause connesse oggettivamente (ma anche soggettivamente) nel senso che la decisione su una di esse (quella c.d. accessoria) dipende dalla decisione sull'altra (c. d. principale). Pertanto, si definisce accessoria la domanda che, dal punto di vista del risultato perseguito dall'attore, ha rilievo secondario rispetto alla domanda principale e il cui accoglimento è subordinato all'accoglimento di quest'ultima da cui discende in modo automatico (domanda principale di risoluzione del contratto di compravendita o di locazione e domanda accessoria di restituzione o di rilascio del bene; domande relative al pagamento del capitale del debito e domanda concernente i relativi interessi:

Cass.

civ.,

7 gennaio 2013

,

n.180

). L'

art.

31 c.p.c.

stabilisce che la domanda accessoria può cumularsi a quella principale dinanzi al giudice territorialmente competente per quest'ultima; se le domande sono proposte contro la medesima parte, il loro valore si somma ai sensi dell'

art. 10

,

comma 2,

c

.p.c

. Quindi si consente che la causa accessoria sia proposta al giudice della causa principale in deroga alla competenza territoriale, ma non a quella per materia: il giudice della causa principale, competente per materia, può inoltre decidere la causa accessoria in deroga alla competenza per valore ma, viceversa, il giudice competente per valore non può decidere la causa accessoria rientrante nella competenza per materia di altro giudice .

La garanzia: il codice (art.32) si occupa delle azioni di garanzia - ossia di quelle azioni con le quali una parte fa valere il suo diritto sostanziale di essere, appunto, «garantita» da un terzo, ossia risarcita delle conseguenze della sua eventuale soccombenza – in considerazione delle possibili deroghe delle regole di competenza non a proposito dell'intervento coatto su istanza di parte. L'opportunità che la causa introdotta dalla c.d. chiamata in garanzia sia trattata insieme con la causa principale sta nell'evidente interesse del garantito ad ottenere una pronuncia contro il garante, contemporaneamente all'eventuale (poichè altrimenti la garanzia non opererebbe) pronuncia contro di lui . Per favorire il simultaneus processus – ab initio o attraverso la chiamata in causa del garante - l'articolo 32 stabilisce che la domanda di garanzia può proporsi al giudice (territorialmente ) competente per la domanda principale. Se il valore della causa di garanzia eccede la competenza del giudice della causa principale, quest'ultimo è tenuto ad emettere entrambe le cause al giudice superiore assegnando un termine per la loro riassunzione. La giurisprudenza prevalente ritiene che detta disciplina trovi applicazione nei soli casi di garanzia propria, ovvero allorché l'obbligo di garanzia discende dalla legge o comunque dal medesimo rapporto giuridico sul quale si fonda la domanda principale, e non anche quando esso derivi da un diverso rapporto (garanzia impropria) (es. nelle vendite c.d. a catena).

In quest'ultimo caso il cumulo di cause è ammesso ma senza alcuna deroga rispetto agli ordinari criteri di competenza (

C

ass.

civ.,

12 giugno 2007, n. 13735

e

Cass.

civ.,

24

gennaio

2007, n. 1515

). Di contrario avviso la dottrina che critica la distinzione, sia perché non prevista dall'articolo 32, sia perché la connessione tra la domanda principale e quella contro il garante nel caso di garanzia cosiddetta impropria non è dissimile da quella che caratterizza la garanzia propria in termini di pregiudizialità- dipendenza.

La pregiudizialità. L'

art. 34

c.p.c.

allude alle questioni pregiudiziali - ossia le questioni la cui decisione condiziona quella sull'azione principale - sotto il profilo della duplice possibilità che su di esse si decida incidenter tantum oppure con efficacia di giudicato, ed in quest'ultima ipotesi con possibili conseguenze sulla competenza. Non si tratta delle questioni di diritto attinenti alla sussistenza dei presupposti processuali o condizioni dell'azione, bensì quelle di merito concernenti l'esistenza o l'inesistenza di un rapporto giuridico diverso da quello oggetto del processo che però condiziona l'esistenza di quest'ultimo.

Si deve trattare:

  • di un fatto che ben potrebbe essere oggetto di accertamento in un diverso ed autonomo giudizio;

  • di un fatto sulla cui esistenza sorga contrasto fra le parti;

  • di un fatto che per legge o per esplicita domanda di una delle parti sia oggetto di decisione con autorità di giudicato.

In tale situazione, se la causa pregiudiziale appartiene alla competenza per materia o valore dello stesso giudice o di un giudice inferiore nulla quaestio. Se invece esorbita la competenza del giudice adìto, quest'ultimo rimette entrambe le cause al giudice superiore, affinché comunque si realizzi il simultaneus processus dinanzi a lui.

A contrario,

dalla disciplina si desume che la trattazione congiunta di cause connesse per pregiudizialità dipendenza non trova ostacolo nella diversa competenza per territorio (derogabile) prevista per le singole cause.

La compensazione. L'

art. 35

c.p.c

prende in considerazione una particolare questione pregiudiziale avente ad oggetto l'esistenza di un contro-credito opposto in compensazione (legale o giudiziale). Se il contro credito non è contestato dall'attore le eccezioni resta tale e non siano oggetto del giudizio . In caso di contestazioni, invece, sorge una causa pregiudiziale che va a cumularsi a quella originaria, sicché se il contro credito e cioè della competenza per valore del giudice adito sulla stessa deve pronunciarsi il giudice superiore. Al quale verrà rimessa all'intera causa ai sensi dell'articolo 34, ovvero se la domanda principale è fondata su titolo non controverso facilmente accertabile del giudice potrà rimettere a quello superiore la sola decisione concernente l'esistenza del contro credito eventualmente subordinando l'esecuzione della propria sentenza di condanna alla prestazione di una cauzione .

La domanda riconvenzionale. L'

art. 36

c.p.c

non fornisce una definizione della domanda riconvenzionale, limitandosi a disciplinare le sole domande riconvenzionali che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall'attore da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione. Tali domande possono essere cumulate alla domanda principale e decise nello stesso processo se il controcredito non è contestato dall'attore, in quanto l'eccezione non amplia l'oggetto del giudizio. Al contrario, in caso di contestazione, sorge una causa pregiudiziale che si cumula a quella originaria, dovendosi applicare le disposizioni degli

art. 34

e

35

c.p.c

.

Quindi, se la domanda principale è fondata su titolo non controverso facilmente accertabile, potrà decidere su di esse e rimettere al giudice superiore la sola causa concernente la riconvenzionale; altrimenti gli rimetterà entrambe le cause.

Cause connesse separatamente proposte davanti ad uffici giudiziari diversi

Se le cause connesse vengono introdotte separatamente dinanzi ad uffici giudiziari diversi, l'

art. 40

c.p.c

consente - nei casi di connessione cosiddetta qualificata contemplati negli artt. 31- 36 - la loro trattazione congiunta. È previsto in tal caso che il giudice dichiari la connessione con ordinanza (in tal senso la innovazione della

l. n. 69/2009

) fissando alle parti il termine perentorio per la riassunzione della causa accessoria davanti al giudice della causa principale e, negli altri casi, davanti a quello preventivamente adìto. Ad astenersi della causa sarà pertanto il giudice della causa accessoria nell'ipotesi di cui all'articolo 31, e quello adito successivamente in tutti gli altri casi. La connessione può essere eccepita da ciascuna delle parti oppure rilevata d'ufficio solamente entro la prima udienza. Tale deve certamente intendersi la prima udienza di trattazione

e

x

art. 183

c.p.c

che, a seguito della modifica operata dalla

l. n. 80/2005

, è la prima udienza in senso assoluto. Lo stesso giudice deve, comunque, rifiutare la dichiarazione di connessione quando «lo stato della causa principale o preventivamente proposta» non consentirebbe «l'esauriente trattazione e decisione delle cause connesse» (

art. 40 ,

comma 2,

c

.p.c.

).

I commi 6 e 7 dell'

art.

40

c.p.c

.

, introdotti dalla

l. n

.

374 del 21 gennaio 1991

(istitutiva del Giudice di pace), prevedono una speciale disciplina in tema di connessione fra cause di competenza del giudice di pace e cause di competenza del Tribunale. In questo caso, nell'ipotesi di connessione qualificata, con esclusione pertanto della connessione oggettiva semplice ex

art. 33

c.p.c.

, le domande possono essere proposte innanzi al Tribunale, con una prevalenza pertanto della competenza del giudice «togato» anche quando la competenza del giudice di pace sia determinata ratione materiae o si tratti di competenza c.d. funzionale (esclude invece che la norma possa derogare il giudice onorario alla competenza funzionale per materie, Cass. civ, 25 novembre 2010)

In queste ipotesi sarà sempre il Giudice di pace - quale che sia il giudice preventivamente adito e quale che sia l'eventuale rapporto di accessorietà - ad assumere l'iniziativa pronunziando anche d'ufficio la connessione a favore del Tribunale.

Cause connesse separatamente proposte davanti allo stesso ufficio giudiziario

In questo caso il simultaneus processus si realizza attraverso la loro riunione che è meramente facoltativa, in quanto è rimessa al giudice la possibilità di valutarne la convenienza anche in ragione del rispettivo stato di avanzamento delle cause. Se le cause connesse pendono dinanzi allo stesso giudice (persona fisica o collegio giudicante ), questi può anche d'ufficio disporne direttamente la riunione (art. 274 c.p.c.). Se le cause connesse pendono davanti ad altro giudice o ad altra sezione dello stesso Tribunale, il Giudice istruttore o il Presidente della sezione che ne abbiano notizia devono riferirne al Presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto «che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti opportuni» (ossia per la eventuale loro riunione).

La connessione di cause soggette a riti diversi e la problematica del rito prevalente

L'art. 40, commi 3 e 4 - introdotti con la

l. n. 353/1990

– mirano ad eliminare gli ostacoli che in passato la diversità del rito poneva alla realizzazione del cumulo delle cause connesse e stabiliscono una serie di criteri in caso di trattazione di cause cumulativamente proposte o successivamente riunite (a norma degli articoli 40, comma 1 o 274 ) .

La norma non riguarda tutti i casi di cumulo ma solo le ipotesi (

artt.31

,

32,

34,

35

e

36

c.p.c

) che si indicano di solito come connessione forte o per subordinazione non applicandosi, invece, all'

art.

33

c

.

p.c

.

, cioè al cumulo soggettivo (connessione debole o per coordinazione). In quest'ultimo caso, se il rito è diverso, le cause connesse

ex

art

.

33

c

.

p

.

c

.

, non possono essere trattate insieme (In applicazione di detto principio in

Cass.

civ, sez. I, 8 settembre 2014, n. 18870

, si è affermato che le domande di risarcimento dei danni e di separazione personale con addebito, in quanto soggette a riti diversi, non sono cumulabili nel medesimo giudizio, atteso che, trattandosi di cause tra le stesse parti e connesse solo parzialmente per causa petendi, sono riconducibili alla previsione di cui all'

art. 33

c.p.c.

).

L'

art

.

40

c.p

.

c.

sancisce, quindi, i seguenti principi:

  1. principio della trattazione delle cause cumulate con un unico rito;

  2. generale prevalenza del rito ordinario su ogni altro rito speciale;

  3. prevalenza del rito speciale del lavoro – nel suo campo istituzionale, ossia in quanto la causa sia tra quelle indicate dagli

    artt.409

    e

    442

    c.p.c

    .

    - rispetto al rito ordinario (non già, quindi, se siano trattate le cause locatizie o quelle di cui al

    D.lgs n.

    150/2011

    artt.6

    -13);

  4. se le cause cumulate sono tratte con riti speciali diversi (e nessuna di tali cause è una causa di lavoro o previdenziale) prevale il rito speciale previsto per la causa in ragione della quale viene determinato la competenza oppure, in subordine, quello previsto per la causa di maggior valore.

Il campo di applicazione della norma è stato virtualmente ampliato dall'intervento legislativo in tema di «semplificazione dei riti» di cui al

d.lgs

n.150/

2

011

, che per una amplissima e ed eterogenea categoria di controversie ha imposto l'adozione del rito del lavoro. Nonostante il decreto predetto non contenga alcuna previsione a proposito della connessione di cause, sembra applicabile l'art.40, commi e 3 e 4 citati di modo che, se ricorre il nesso di connessione c.d. «forte» ai sensi degli artt.31, 32, 34, 35 e 36, la causa rientrante tra quelle assoggettate al rito del lavoro e al rito del processo sommario (con le varianti introdotte dal decreto sulla semplificazione) dovranno trattarsi con il rito ordinario e, in caso di connessione di cause rispettivamente soggette a uno dei due riti speciali, il processo cumulativo dovrà seguire il rito della causa in ragione della quale «viene determinata la competenza o, in subordine, col rito previsto per la causa di maggior valore», ai sensi del comma 4.

In caso di eventuale violazione dei predetti criteri il giudice, perfino quando il vizio venga scoperto in appello e sempre che esso riguardi il solo rito (non la competenza), si limita a disporre il passaggio dal rito ordinario a quello speciale, o viceversa. La norma esprime, pertanto, il principio generale per cui si esclude che l'errore sul rito abbia conseguenze fatali per il processo o sia, comunque, causa di nullità degli atti in esso compiuti .

Riferimenti

C.Conssolo, Codice di procedura civile diretto da, V Edizione, Milano 2013, Tomo I;

G. Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, IV Ediz., Bari, 2015;

G. Tarzia, Connessione di cause e “ simultaneus processo” in Riv. Trim. Dir e proc. civile 1988,397 e ss; Voce “Connessione” in Enc. Giur. Treccani, VIII, Roma 1988 (con una postilla di agg. di E. Merlin);

T. Segrè., La connessione nella competenza per materia e valore , in studi in onore di Enrico Tullio Liebman, II, Milano 10979,871;

A. Proto Pisani, Appunti sulla connessione, in Dir. Giur. 1993,1;

E. Merlin, Connessione di cause e pluralità dei riti nel nuovo

art. 40

c.p.c

in Riv.Trim dir. e proc. civ. 1989,751.

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