Costituzione del contumace

Giusi Ianni
08 Giugno 2016

In generale, si ha processo contumaciale ove una delle parti ometta di costituirsi in giudizio, ovvero si costituisca in modo irregolare o nullo. La dichiarazione di contumacia di una delle parti non stravolge l'iter di svolgimento del giudizio, il quale continua secondo le regole sue proprie, salvo alcuni «correttivi» dettati dall'esigenza di tutelare il diritto di difesa della parte non costituitasi. Il contumace può costituirsi in ogni momento del processo, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni e può sempre disconoscere, nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice, le scritture prodotte contro di lui. Il contumace costituitosi tardivamente, invece, non può compiere quelle attività rispetto alle quali siano già maturate preclusioni per le altre parti al momento della sua costituzione in giudizio, salvo che chieda e ottenga la rimessione in termini ai sensi dell'art. 294 c.p.c.
Inquadramento

In generale, si ha processo contumaciale ove una delle parti ometta di costituirsi in giudizio, ovvero si costituisca in modo irregolare o nullo. La dichiarazione di contumacia di una delle parti non stravolge l'iter di svolgimento del giudizio, il quale continua secondo le regole sue proprie, salvo alcuni «correttivi» dettati dall'esigenza di tutelare il diritto di difesa della parte non costituitasi. Il contumace può costituirsi in ogni momento del processo, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni e può sempre disconoscere, nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice, le scritture prodotte contro di lui. Il contumace costituitosi tardivamente, invece, non può compiere quelle attività rispetto alle quali siano già maturate preclusioni per le altre parti al momento della sua costituzione in giudizio, salvo che chieda e ottenga la rimessione in termini ai sensi dell'

art. 294 c.p.c..

La costituzione del contumace

Il contumace, ai sensi dell'

art. 293 c.p.c.

, può costituirsi in ogni momento del procedimento, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni, mediante deposito di una comparsa depositata in cancelleria ovvero direttamente in udienza. L'attuale formulazione della norma è il frutto delle modifiche apportate dall'

art. 2 l. 28 dicembre 2005, n. 263

. In precedenza, invece, si individuava la preclusione temporale alla costituzione tardiva nell'udienza in cui la causa era rimessa al collegio a norma dell'art. 189. Trattasi, evidentemente, di modifica normativa dettata dalla necessità di coordinare la disciplina con la riforma del giudice unico (

d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51

), che ha assoggettato a rito monocratico la gran parte dei procedimenti civili. La precisazione delle conclusioni o la rimessione al collegio, in ogni caso, sono suscettibili di determinare lo sbarramento alla costituzione del contumace solo ove effettivamente intervenuti, mentre nessuna efficacia preclusiva può riconoscersi all'invito del giudice alle parti a precisare le conclusioni ed alla fissazione di un'udienza per tale incombenza.

La fissazione di un limite temporale alla costituzione del contumace risponde, secondo la giurisprudenza di legittimità, ad esigenze di ordine pubblico, consistenti in un coordinamento tra l'attività difensiva delle parti e l'esercizio della funzione decisoria, per cui, come chiarito dalla stessa giurisprudenza di legittimità, non può essere superata da un eventuale assenso della parte già costituita né da un provvedimento del giudice, che non può riaprire il contraddittorio al fine consentire al contumace di costituirsi dopo che si sia svolta l'udienza di precisazione delle conclusioni, a meno che non vi sia una generale rimessione in istruttoria del giudizio.

In evidenza

La preclusione posta dall'

art. 293 c.p.c.

alla costituzione del contumace in un momento successivo all'udienza di rimessione della causa al collegio risponde ad inderogabili esigenze di coordinamento tra l'attività difensiva delle parti e l'esercizio della funzione decisoria, sicché, una volta chiusa la suddetta udienza, non è possibile, salvo che la causa per qualsiasi ragione ritorni alla fase istruttoria, una successiva costituzione del contumace (

Cass.

civ.

, s

ez. III, 27 luglio 2002, n. 11136

)

Nessuna rilevanza ha, invece, ai fini dell'applicazione del comma 1 dell'

art. 293 c.p.c.

, la circostanza che abbia o meno avuto luogo una formale dichiarazione di contumacia della parte non costituitasi fino alla prima udienza, avendo tale dichiarazione una funzione di mero accertamento di una situazione processuale, senza alcuna efficacia costitutiva (

Cass.

civ.

, s

ez. III, 9 febbraio 2005 n. 2657

). Il contumace può costituirsi direttamente in udienza ovvero può depositare in cancelleria il fascicolo di parte contenente comparsa di costituzione con procura alle liti ed eventuali documenti allegati. Si è escluso, per contro, che possa essere sufficiente al fine di evitare la contumacia la sola comparizione in udienza del difensore munito di procura, essendo in ogni caso necessario un formale atto di costituzione a cui la procura medesima acceda (

Cass.

civ.

, s

ez. Lav., 20 febbraio 2006, n. 3586

).

La costituzione tardiva del contumace nel processo dinanzi al giudice di pace e in quello di appello

La contumacia nel giudizio di primo grado non è ostativa alla proposizione di appello (principale o incidentale) da parte del contumace, così come è possibile la costituzione del contumace nel corso del giudizio di appello. In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che nel giudizio di appello l'appellato dichiarato contumace può validamente costituirsi fino all'udienza di precisazione delle conclusioni o rimessione al collegio da parte del consigliere istruttore (nei procedimenti ancora soggetti al rito di cui alla

l. n. 353/1990

), compiendo tutte le attività processuali che non siano precluse in relazione allo stato in cui si trova il processo (

Cass.

civ.

, s

ez. Lav., 20 febbraio 2006, n. 3586

).

Quanto, invece, al giudizio dinanzi al giudice di pace, se il processo non si conclude in un'unica udienza, il contumace può costituirsi fino a che il giudice di pace non abbia invitato le parti a precisare le conclusioni e discutere la causa (

art. 321 c.p.c.

), incorrendo anche in questo caso in tutte le preclusioni connesse a quelle attività che devono necessariamente essere compiute in prima udienza. In particolare, i giudici di legittimità hanno affermato che nel procedimento davanti al giudice di pace al convenuto che si costituisca tardivamente è preclusa la facoltà di eccepire l'incompetenza per territorio derogabile, trattandosi di attività che necessariamente deve essere compiuta in prima udienza, anche ove sia stata fissata nuova udienza per le richieste istruttorie

ex

art. 320, comma 4, c.p.c.

, atteso che tale ultima disposizione non consente di esperire attività contrastanti con la struttura della udienza prevista nel medesimo articolo, nella quale si deve concentrare l'attività della trattazione preliminare della causa, l'attività istruttoria e quella conclusiva, senza che si possa scindere l'udienza di prima comparizione da quella di trattazione (

Cass.

civ.

, s

ez. III, 2 febbraio 2007, n. 2306

).

Se, invece, in prima udienza il giudice di pace abbia dichiarato la contumacia del convenuto, autorizzando l'attore a precisare le conclusioni e rinviando la causa per la discussione, il convenuto può costituirsi tardivamente solo qualora il giudice revochi, anche implicitamente, l'ordinanza di fissazione dell'udienza di discussione (ad esempio, ammettendo dei mezzi di prova); anche in questa ipotesi, tuttavia, al convenuto che non abbia ottenuto la rimessione in termini è preclusa la facoltà di eccepire l'incompetenza per territorio derogabile, trattandosi di deduzione ammissibile solo nell'udienza di cui all'

art. 320, comma 1, c.p.c.

(

Cass.

civ.

, s

ez. III, 29 gennaio 2003, n. 1287

; Cass. civ., sez. I, 27 aprile 2004, n. 8008).

Le decadenze

La costituzione del contumace non ha alcun effetto sanante delle preclusioni processuali già maturate (salva l'ipotesi di rimessione in termini

ex

art. 294 c.p.c.

), sicché la parte tardivamente costituitasi non può compiere alcuna delle attività da cui è decaduto secondo le regole generali (salva la speciale disciplina dettata per il disconoscimento della scrittura privata). Considerato, pertanto, il regime delle preclusioni delineato dagli

artt. 166

e

167 c.p.c.

, art.

38 c.p.c.

e art.

183 c.p.c.

al contumace tardivamente costituitosi non sarà consentito, oltre che spiegare domande riconvenzionali e chiamare in causa terzi (attività precluse, peraltro, anche al convenuto costituitosi in prima udienza), sollevare eccezioni di incompetenza del giudice adito; chiedere la concessione dei termini di cui all'

art. 183 comma 6 c.p.c.

; avanzare richieste istruttorie o produrre documenti (salvo che i termini

ex

art. 183 comma 6 c.p.c.

siano richiesti dall'attore costituito e il convenuto si costituisca prima dello spirare del secondo termine concesso ai sensi della citata norma); avanzare eccezioni di rito e di merito non rilevabili d'ufficio (es. la carenza di legittimazione passiva, quale titolarità del rapporto sostanziale dedotto il lite: cfr.

Cass.

civ.

, s

ez. I, 28 febbraio 2007, n. 4776

).

Al contumace è, inoltre, precluso eccepire nullità relative, se la costituzione abbia luogo oltre l'udienza successiva al loro maturare: non possono essere dedotte, ad esempio, nel giudizio di impugnazione, nullità concernenti l'ammissione e l'espletamento della prova testimoniale (

Cass.

civ.

, s

ez. Un., 13 gennaio 1997, n. 264

) o di un accertamento tecnico preventivo (

Cass.

civ.

, s

ez. III, 1 aprile 2004, n. 6390

).

Ove la costituzione tardiva abbia, invece, luogo nel giudizio di appello, alla parte appellata sarà, in ogni caso, precluso l'appello incidentale, ammissibile solo nei venti giorni antecedenti la data indicata in citazione per la trattazione del gravame (

art. 343 c.p.c.

).

Un discorso parzialmente diverso deve essere fatto qualora la costituzione del contumace abbia luogo a seguito della notifica degli atti indicati nell'

art. 292 c.p.c.

: in particolare, ove la costituzione faccia seguito alla notifica di comparsa contenente domanda nuova o riconvenzionale spiegata nei confronti del contumace, quest'ultimo avrà in ogni caso la facoltà di articolare richieste istruttorie in relazione alla domanda medesima, di cui solo con la notifica ha avuto conoscenza (

Cass.

civ.

, s

ez. III, 9 dicembre 2010, n. 24856

).

Si esclude, infine, la possibilità per il contumace di riassumere la causa che, dopo la rimessione al collegio, sia stata cancellata dal ruolo. In ipotesi di riassunzione su iniziativa della parte costituita è, invece, riconosciuta la facoltà al contumace di costituirsi in giudizio per la prima volta a seguito della notifica dell'atto di riassunzione: anche in tal caso, tuttavia, il contumace tardivamente costituitosi, dovrà accettare la lite nella fase e nello stato in cui si trova, sicché opereranno nei suoi confronti tutte le preclusioni sino ad allora verificatesi, salva la possibilità di sollevare eccezioni afferenti proprio la regolarità dell'atto o la sua tempestività (

Cass.

civ.

, s

ez. I, 5 gennaio 1991, n. 317

).

Un disciplina speciale è poi dettata, come detto, per il disconoscimento della scrittura privata.

Ai sensi, infatti, dell'ultimo comma dell'

art. 293 c.p.c.

al contumace costituitosi tardivamente non è in ogni caso precluso il disconoscimento delle scritture private contro di lui prodotte.

La ratio di tale previsione va individuata nell'effetto che il mancato disconoscimento spiega ai fini della decisione della lite, ai sensi dell'

art. 215 c.p.c.

, tant'è che la medesima esigenza ha portato la Corte Costituzionale a dichiarare illegittimo l'

art. 292 c.p.c.

nella parte in cui non prevedeva la necessità di notificare al contumace il verbale in cui si dà atto della produzione di scritture private non indicate in atti notificati in precedenza.

Il disconoscimento, in ogni caso, deve avvenire nell'atto di costituzione del contumace ovvero entro il termine assegnatogli dal giudice istruttore.

Peraltro, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, il disconoscimento può avere luogo anche in grado di appello, da parte del soggetto rimasto contumace in primo grado (

Cass.

civ.

, s

ez.

III, 22 giugno 2005, n. 13384

;

Cass.

civ.

, s

ez. II, 29 marzo 1999 n. 2965

) e rispetto a scritture poste a fondamento della decisione impugnata. Anche in tal caso il disconoscimento dovrà avvenire nell'atto di impugnazione (o nella comparsa di costituzione in appello) e, pur non richiedendo formule sacramentali, dovrà caratterizzarsi per una formale “negazione” dell'autenticità della scrittura o della sottoscrizione, mediante un'impugnazione specifica e determinata, senza che possa considerarsi sufficiente l'affermazione dell'inesistenza del fatto costitutivo contenuto nella scrittura (

Cass.

civ.

,

13384/2005

cit.).

C'è da dire, peraltro, che la facoltà di disconoscimento in appello della scrittura prodotta in primo grado è stata anche criticata dalla dottrina, la quale ha osservato che un simile orientamento interpretativo non sarebbe conciliabile con il principio secondo cui la parte che si costituisce per la prima volta nel giudizio di appello deve accettare la causa nello stato in cui si trova, con tutte le preclusioni già verificatesi; ciò anche alla luce del fatto che, a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale, la parte rimasta contumace ha sempre conoscenza della produzione della scrittura privata e ha, quindi, la possibilità di costituirsi al fine di spiegare il disconoscimento ed evitare gli effetti di cui all'

art. 215 c.p.c.

(Comm. a cura di CENDON, 1789)

Ove, invece, la parte si costituisca tardivamente in primo in primo grado e non operi un tempestivo disconoscimento della scrittura privata a sua firma, il documento, ai sensi dell'

art. 293 c.p.c.

, resta acquisito al processo, con l'effetto che l'eventuale originaria irritualità della sua produzione è da ritenersi superata ed assorbita dal successivo omesso disconoscimento della parte interessata che ne ha avuto contezza, sicché del documento medesimo il giudice deve tener conto ai fini della decisione (

Cass.

civ.

, sez. U.,

29 gennaio 2007, n. 1820

).

La rimessione in termini

Al contumace che si costituisca in giudizio tardivamente sono precluse, come detto, quelle attività processuali per il cui compimento siano già spirati i termini processuali al momento della sua costituzione in giudizio. La parte, tuttavia, può chiedere al giudice di essere rimesso in termini ai fini del compimento delle predette attività, se dimostri che la costituzione gli sia stata preclusa dalla nullità della citazione o della sua notifica ovvero sia stata impedita da altra causa a lui non imputabile. Quanto alla casistica, la giurisprudenza ha escluso che possa costituire valido motivo di rimessione in termini la malattia della parte, tendenzialmente non ostativa al rilascio di procura al difensore (

Cass.

civ.

, s

ez. I, 29 maggio 1999, n. 5249

) ovvero l'invalida costituzione a mezzo di difensore privo di jus postulandi, non potendo la parte, a seguito di regolarizzazione della costituzione, ripetere le attività compiute dal difensore non legittimato (Cass. civ., sez. III, 01 ottobre 2004, n. 16952). Si è escluso, altresì, che possano rientrare in tale categoria le scelte discrezionali della parte, quale quella di non eccepire la prescrizione di un diritto finché sono in corso trattative con la controparte (

Cass.

civ.

, s

ez. Lav., 25 marzo 2011, n. 7033

). Si è esclusa, nella medesima prospettiva, la rilevanza dell'infedeltà del legale che non abbia dato esecuzione al mandato difensivo, trattandosi di vizio afferente esclusivamente alla patologia del rapporto intercorrente tra la parte sostanziale e il professionista incaricato ai sensi dell'

art. 83 c.p.c.

che può assumere rilevanza soltanto ai fini di un'azione di responsabilità promossa contro quest'ultimo (

Cass.

civ.

, s

ez. II, 4 marzo 2011, n. 4260

).

La disciplina di cui all'

art. 294 c.p.c.

(così come quella dettata dall'

art. 153 c.p.c.

e prima ancora dall'

art. 184 bis c.p.c.

, abrogato dalla

l. 18 giugno 2009, n. 69

) mira, in generale, a tutelare la parte che sia incorsa in una decadenza processuale per causa non imputabile, consentendo al soggetto rimasto contumace senza colpa di compiere tutte quelle attività che sarebbero, per contro, precluse nella fase in cui il processo si trova.

La rimessione in termini, in ogni caso, è considerata insuscettibile di applicazione in ipotesi di decadenza dell'azione tardivamente proposta, ovvero in caso di appello proposto oltre l'anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata, avendo il legislatore espressamente previsto al comma 2 dell'

art. 327 c.p.c.

l'ammissibilità dell'impugnazione oltre il termine annuale solo nel caso in cui la parte contumace dimostri di non avere avuto conoscenza del processo, per nullità della citazione o della relativa notificazione, ovvero per nullità degli atti di cui all'

art. 292 c.p.c.

. Trattandosi, pertanto, di norma eccezionale se ne esclude l'applicazione analogica ad ipotesi diversa da quelle espressamente prospettate (Cass. civ., sez. I, 9 luglio 2004, n. 12676).

A fronte dell'istanza di rimessione in termini presentata dal contumace, il giudice deve compiere un giudizio di verosimiglianza dei fatti allegati dall'istante: se tale giudizio si conclude con esito positivo, il contumace può essere ammesso alla prova dell'impedimento, evidentemente ove lo stesso non emerga già in maniera sufficiente dalle altre risultanze di causa. Ove, poi, il contumace venga rimesso in termini per il compimento di una determinata attività processuale la controparte deve avere a sua volta facoltà di replicare; pertanto, sempre in attuazione del principio del contraddittorio, la rimessione in termini avrà effetto sia nei confronti della parte che espressamente l'ha richiesta, sia per la controparte, riaprendo la vicenda di contrapposizione degli interessi in causa, ma solo con riguardo ai poteri nei quali la parte sia stata restituita in termini e ai poteri della controparte che siano diretta conseguenza dell'esercizio dei primi.

Riferimenti

CENDON (a cura di), Commentario al codice di procedura civile. Artt. 163-322, 1a ed., Milano 2012, 1731 e ss.;

CASSANO-CALVANESE,

Giudizio in contumacia e restituzione nel termine, Milano, 2008, 1 e ss.;

LUISO

, Diritto processuale civile, II, Milano, 2015, 219 e ss..