Criteri di collegamento della giurisdizione nelle controversie europee in tema di responsabilità genitoriale (reg. ce n. 2201/2003)

Sergio Matteini Chiari
28 Luglio 2016

Il criterio di collegamento dettato dall'art. 8 del Regolamento (CE) del 27 novembre 2003, n. 2201 ai fini del riparto di giurisdizione tra autorità giurisdizionali di Stati membri della U.E. in ordine alle decisioni aventi ad oggetto la responsabilità genitoriale è quello della residenza abituale del minore alla data di avvio del procedimento.

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE 

Il criterio di collegamento dettato dall'art. 8 del Regolamento (CE) del 27 novembre 2003, n. 2201 (in seguito: Regolamento o Reg.) ai fini del riparto di giurisdizione tra autorità giurisdizionali (in seguito: a.g.) di Stati membri della U.E. in ordine alle decisioni aventi ad oggetto la responsabilità genitoriale è quello della residenza abituale del minore alla data di avvio del procedimento.

Secondo il 12° «considerando» del Regolamento, il criterio enunciato risponde all'interesse superiore del minore, che può essere nella miglior guisa valutato ove vi sia rapporto di prossimità con le a.g. che devono decidere sulle sue modalità di vita.

Sono previste varie deroghe alla suddetta regola generale, fra le quali quelle di maggiore interesse sono descritte negli artt. 9, 10, 12 e 15 del Regolamento.

Rinvio

Il tema «responsabilità genitoriale» è trattato nella bussola «Provvedimenti provvisori in tema di responsabilità genitoriale (Reg. CE n. 2201/2003)».

In evidenza

Ai sensi dell'art. 2 Reg., con la locuzione «autorità giurisdizionale» si fa riferimento a «tutte le autorità degli Stati membri competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione» del Regolamento, mentre con il termine «giudice» si intende «il giudice o il titolare di competenze equivalenti a quelle del giudice» nelle materie testé ricordate.

Residenza abituale del minore

La nozione di «residenza abituale» non è fornita né dal Regolamento né dalla Convenzione fatta a L'Aja il 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (resa esecutiva in Italia con l. n. 64 del 1994).

La Corte Suprema di Cassazione ha chiarito, con riguardo ai provvedimenti de potestate, che l'art. 8 del Regolamento dà rilievo, al fine di stabilire la competenza giurisdizionale di uno Stato membro, unicamente al criterio della residenza abituale del minore al momento della proposizione della domanda, intendendo come tale il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale e non quello risultante da un calcolo puramente aritmetico del vissuto (Cass. civ., sez. un., 18 marzo 2016, n. 5418), ribadendo quanto costantemente affermato con riguardo alla nozione di «residenza abituale» posta dalla citata Convenzione: «il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località della sua quotidiana vita di relazione» (ex multis, Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19664; Cass. civ., sez. un., 13 febbraio 2012, n. 1984; Cass. civ., sez. un., 2 agosto 2011, n. 16864).

È consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui l'accertamento della residenza abituale è riservato all'apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente e logicamente motivato(Cass. civ., sez. I, 19 ottobre 2006, n. 22507; Cass. civ., sez. I, 14 luglio 2006, n. 16092).

Secondo il costante pensiero della Corte di Giustizia, «tanto l'applicazione uniforme del diritto dell'Unione quanto il principio di uguaglianza esigono che una disposizione di diritto dell'Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell'intera Unione europea, ad un'interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione stessa e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi» (C.G.U.E., 22 dicembre 2010, in causa C-497/10; C.G.U.E., 2 aprile 2009, in causa C-523/07).

In altri termini, a parere della C.G.U.E., dato che gli articoli del Regolamento che fanno riferimento alla «residenza abituale» non contengono alcun richiamo espresso al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del senso e della portata della relativa nozione, tale determinazione deve essere effettuata alla luce del contesto nel quale si inseriscono le disposizioni del Regolamento e dell'obiettivo da esso perseguito, in particolare quello che emerge dal suo 12° “considerando”, secondo il quale le regole di competenza da esso accolte si informano all'interesse superiore del minore e, in particolare, al criterio di vicinanza (C.G.U.E., 22 dicembre 2010, causa C-497/10).

Ciò posto, è stato stabilito che la nozione di «residenza abituale», ai sensi degli artt. 8 e 10 del Regolamento, «deve essere interpretata nel senso che tale residenza corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare» e che, a tal fine, si deve, in particolare, tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato.

È stato, altresì, affermato che è compito del giudice nazionale determinare la residenza abituale del minore «tenendo conto di tutte le circostanze di fatto specifiche di ciascuna fattispecie», procedendo ad una valutazione globale (C.G.U.E., 2 aprile 2009, causa C-523/07; C.G.U.E., 22 dicembre 2010, causa C-497/10, che si occupa, in particolare, di dare indicazioni in ordine alla residenza abituale di un neonato: laddove si tratti della situazione di un neonato che soggiorna con la madre solo da pochi giorni in uno Stato membro - diverso da quello della sua residenza abituale - nel quale è stato portato, devono essere presi in considerazione, da un lato, la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio di tale Stato membro nonché del trasferimento della madre in detto Stato e, d'altro lato, tenuto conto dell'età del minore, l'origine geografica e familiare della madre nonché i rapporti familiari e sociali che la madre e il minore intrattengono con quello stesso Stato membro).

È stato anche precisato che, nell'ipotesi in cui l'applicazione dei criteri appena sopra ricordati dovesse condurre a concludere che non è possibile accertare la residenza abituale del minore, la determinazione del giudice competente dovrebbe essere effettuata in base al criterio del luogo «in cui si trova il minore», ai sensi dell'art. 13 del Regolamento.

In evidenza

La nozione di «residenza abituale» come interpretata dalla C.G.U.E. deve essere tenuta ferma negli ordinamenti interni degli Stati membri dell'U.E., giacché definita da sentenze interpretative di norme comunitarie, come tali costituenti esse stesse fonte normativa (si veda, sul tema, il secondo paragrafo della bussola «Notificazione e comunicazione di atti in materia civile e commerciale nello spazio giudiziario europeo (Reg. CE n. 1393/2007)».

Competenza: regola generale

Il principio generale è quello secondo cui le a.g. di uno Stato membro dell'U.E. (eccezion fatta per la Danimarca, cui il Reg. 2201/2003 non è applicabile, non avendo partecipato alla sua adozione) sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se quest'ultimo risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui dette a.g. vengano adite (art. 8 Reg.).

In termini più chiari, il criterio di collegamento su cui si fonda il riparto di giurisdizione tra a.g. di Stati membri dell'U.E., in base all'art. 8 Reg., è quello della residenza abituale del minore «per il rapporto di prossimità di questo al giudice che deve decidere sulle modalità di vita di lui» (in tal senso, Cass. civ., sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238).

(segue) Eccezioni

Di seguito si riportano le eccezioni previste alla regola descritta nel precedente paragrafo.

- Ultrattività della competenza delle a.g. della precedente residenza abituale del minore

a) Secondo il disposto dell'art. 9 Reg., nei casi di trasferimento lecito della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro «che diventa la sua residenza abituale», la competenza delle a.g. dello Stato membro della precedente residenza abituale del minore permane, per un periodo di 3 mesi dal trasferimento, ma unicamente nell'ipotesi in cui si tratti di modificare una decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro prima del trasferimento del minore e sempre che il titolare del diritto di visita in virtù della decisione sul diritto di visita abbia continuato a risiedere abitualmente nello Stato membro della precedente residenza abituale del minore.

In evidenza

Secondo Cass. civ., sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238, il dies a quo del termine trimestrale per l'ultrattività della giurisdizione deve farsi coincidere non già con la data in cui si compia il trasferimento fisico dallo Stato di originaria residenza abituale all'altro Stato, bensì dalla comunicazione alla parte che intenda procedere della mutata residenza abituale dei minori; ciò in base ai principi del giusto processo e del diritto di difesa.

La deroga non è, peraltro, operativa qualora il titolare del diritto di visita abbia fatto acquiescenza alla competenza delle a.g. dello Stato membro in cui risiede abitualmente il minore, partecipando ai procedimenti dinanzi ad esse senza contestarla.

La deroga resta operativa anche oltre i 3 mesi qualora entro tale periodo il minore non abbia acquisito la residenza abituale nell'altro Stato e fino a questo momento.

In evidenza

La deroga in esame non è operativa per quanto inerente a materie diverse dal diritto di visita. Pertanto, ad esempio, la giurisdizione su domanda avente ad oggetto l'affidamento compete alle autorità dello Stato in cui il minore è stato trasferito.

b) Secondo il disposto dell'art. 10 del Regolamento, nei casi di trasferimento illecito o di mancato rientro del minore, l'a.g. dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale.

La competenza è, invece, attribuita alle autorità dello Stato in cui il minore si trova se il medesimo abbia ivi acquisito la residenza abituale ed il titolare del diritto di affidamento ne abbia accettato il trasferimento oppure se il minore vi abbia soggiornato almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e, fermi tali punti, sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:

  • non sia stata presentata, entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza o avrebbe dovuto avere conoscenza del luogo in cui il minore si trovava, alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro;
  • sia stata ritirata una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento e una nuova domanda non sia stata presentata entro il termine di cui sopra;
  • se un procedimento dinanzi all'a.g. dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro sia stato definito a norma dell'art. 11, par. 7, del Regolamento (archiviazione in quanto le parti non hanno presentato le rispettive conclusioni entro 3 mesi dalla data della notifica delle informazioni di cui al par. 6 della disposizione);
  • se l'a.g. dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell'illecito trasferimento o del mancato ritorno abbia emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore.

È sempre fatta salva la possibilità dell'adozione di provvedimenti urgenti da parte dell'a.g. del luogo ove il minore, anche se irregolarmente, si trova, purché ricorrano esigenze improrogabili di tutela del medesimo.

A tale proposito deve essere rammentato che, con una recente pronuncia, la C.G.U.E. ha affermato che l'art. 10, lett. b), punto iv) [appena sopra distinti come lett. b), punto 4)], del Regolamento deve essere interpretato nel senso che un provvedimento provvisorio non configura una «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore» ai sensi di tale disposizione e non può costituire il fondamento di un trasferimento di competenza ai giudici dello Stato membro verso il quale il minore è stato illecitamente trasferito; mentre l'art. 11, par. 8, del Regolamento medesimo deve essere interpretato «nel senso che la decisione del giudice competente che disponga il ritorno del minore rientra nell'ambito di applicazione di tale disposizione anche qualora non sia preceduta da una decisione definitiva adottata dal medesimo giudice sul diritto di affidamento del minore» (C.G.U.E., 1 luglio 2010, causa C-211/10).

- Art. 15 Reg. CE 2201/2003

Nell'art. 15 Reg. si dispone che, in via eccezionale, le a.g. di uno Stato membro competenti a conoscere del merito della vicenda, qualora ritengano che l'a.g. di un altro Stato membro con il quale il minore abbia un legame particolare sia «più adatto» a trattare il caso o una sua parte specifica e ove ciò corrisponda all'interesse superiore del minore, possono:

  • interrompere l'esame del caso o della parte specifica e invitare le parti a presentare domanda all'a.g. dell'altro Stato membro, fissando un termine per tale adempimento;
  • chiedere all'a.g. dell'altro Stato membro di assumere la competenza.

Ai sensi del par. 5 dell'art. 15 Reg., le a.g. dello Stato membro ritenuto «più adatto» possono accettare la competenza, ove ciò corrisponda, a motivo delle particolari circostanze del caso, all'interesse superiore del minore, entro 6 settimane dal momento in cui sono adite in base al par. 1, lettere a) o b) della disposizione. In tal caso, l'a.g. preventivamente adita declina la propria competenza. In caso contrario, la competenza continua ad essere esercitata dall'a.g. preventivamente adita ai sensi degli artt. da 8 a 14 Reg.

La procedura di spostamento di competenza può essere avviata su richiesta di una parte oppure su iniziativa dell'a.g. adita oppure su iniziativa di un'a.g. di un altro Stato membro con cui il minore abbia acquisito un legame particolare.

Tuttavia, qualora l'iniziativa sia promossa da un'a.g., il trasferimento della causa può avvenire soltanto se esso venga accettato da almeno una delle parti.

Nel par. 3 della disposizione in esame vengono indicati i criteri da tenere in conto, in alternativa tra loro, per stabilire se il minore abbia un legame particolare con uno Stato membro.

Il particolare legame è da ritenere sussistente qualora lo Stato membro in questione:

  • sia divenuto la residenza abituale del minore dopo che l'a.g. competente a conoscere del merito della vicenda sia stata adita;
  • in esso sia fissata la precedente residenza abituale del minore;
  • esso sia il paese di cui il minore è cittadino;
  • in esso sia fissata la residenza abituale di uno dei titolari della responsabilità genitoriale;
  • la causa riguardi le misure di protezione del minore legate all'amministrazione, alla conservazione o all'alienazione dei beni di sua titolarità situati sul territorio dello Stato membro in questione.

L'a.g. dello Stato membro competente a conoscere del merito fissa un termine entro il quale le a.g. dell'altro Stato membro devono essere adite.

Decorso inutilmente tale termine, la competenza continua ad essere esercitata dall'a.g. preventivamente adita.

Perpetuatio iurisdictionis si ha anche nell'ipotesi in cui le a.g. dello Stato membro «più adatto» ritengano di non accettare la translatio iudicii, giudicando che ciò non corrisponda al superiore interesse del minore, oppure non si pronuncino in proposito entro 6 settimane dal momento in cui siano state adite.

(segue) Criteri alternativi e criteri residui di determinazione della competenza

L'art. 12 del Regolamento, rubricato come «Proroga della competenza» prevede la possibilità di adire un'a.g. di uno Stato membro in cui il minore non abbia la residenza abituale in due distinte ipotesi:

  • allorché la materia («le domande relative alla responsabilità dei genitori») sia connessa con procedure di divorzio, di separazione personale dei coniugi o di annullamento del matrimonio;
  • ove sussista un legame sostanziale del minore con quello Stato membro, o perché ivi risieda abitualmente uno dei titolari della responsabilità genitoriale oppure perché egli stesso ne abbia la cittadinanza.

Particolare previsione è contenuta nel par. 4 della disposizione, ove, con riguardo a minori che abbiano la residenza abituale nel territorio di uno Stato che non sia parte della Convenzione fatta a L'Aja il 19 ottobre 1996, si statuisce la “presunzione” che la competenza determinata in base alla disposizione in esame «sia nell'interesse del minore, in particolare quando un procedimento si rivela impossibile nel paese terzo interessato».

La predetta Convenzione, concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, è stata resa esecutiva nel nostro Paese con l. 18 giugno 2015, n. 101, in vigore dal 10 luglio 2015.

Ai sensi dell'art. 13 Reg., qualora non sia possibile stabilire la residenza abituale del minore né determinare la competenza ai sensi del precedente art. 12, la competenza viene attribuita ai giudici dello Stato membro in cui si trova il minore.

La disposizione è applicabile anche ai minori rifugiati o ai minori sfollati a livello internazionale a causa di disordini nei loro paesi.

Infine, ai sensi dell'art. 14 Reg., qualora nessuna a.g. di uno Stato membro sia competente ai sensi degli artt. da 8 a 13 Reg., «la competenza, in ciascuno Stato membro, è determinata dalla legge di tale Stato».

Obbligazioni alimentari. Regolamento (CE) del 18 dicembre 2008, n. 4/2009

La giurisdizione sulla domanda relativa al mantenimento del figlio minore spetta – ai sensi dell'art. 3 lett. d) del Regolamento CE n. 4/2009, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari - al giudice dello Stato membro U.E. che sia stato investito della domanda di responsabilità genitoriale, trattandosi di domanda accessoria a quest'ultima (Cass. civ., sez. un., ord., 5 febbraio 2016, n. 2276).

Riferimenti

COACCIOLI A., Manuale di diritto internazionale privato e processuale, vol, I, Milano, 2011;

CONTIERO G., L'affidamento dei minori, Milano, 2009;

MATTEINI CHIARI S., Il minore nel processo, Milano, 2014;

NASCIMBENE B., Divorzio, diritto internazionale privato e dell'Unione Europea, Milano, 2011;

SCARAFONI S., Il processo civile e la normativa comunitaria, Torino, 2012;

TROMBETTA PANIGADI F., La competenza giurisdizionale in materia di responsabilità genitoriale (artt. 8-19 Reg. CE 27.11.2003 n. 2201/2003), in BONILINI G. e CONFORTINI M., Codice commentato di famiglia, minori e soggetti deboli, Torino, 2014;

VILLATA F.C., Obblighi alimentari e rapporti di famiglia secondo il Regolamento n. 4/2009, in Riv. dir. internaz. 2011, 3, 731

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