Cumulo oggettivoFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 104
01 Aprile 2016
Inquadramento
Con la locuzione «cumulo oggettivo» si indica la situazione processuale in cui, nell'ambito dello stesso giudizio, una parte propone più domande nei confronti dell'altra.
Tale nozione si raccorda con quella di processo soggettivamente e oggettivamente complesso, in cui più cause – ovvero più controversie suscitate da domande giudiziali - vengono trattate contemporaneamente (per questo si parla pure di processo cumulativo o simultaneo) tra le stesse parti (cumulo oggettivo), ovvero tra parti diverse (cumulo soggettivo).
Nell'accezione delineata dall' art. 104 c.p.c. la pluralità di domande in cui si sostanzia il cumulo oggettivo risulta avvinta dalla sola condivisione dell'elemento soggettivo, senza che sia necessario un collegamento di tipo oggettivo determinato dall'identità del petitum o della causa petendi.
Secondo una prima interpretazione la disposizione in esame disciplina, infatti, la sola ipotesi di processo soggettivamente semplice ed oggettivamente complesso (cumulo semplice), e non anche la fattispecie del cumulo c.d. qualificato, espressione con cui viene designata l'ipotesi di proposizione cumulativa di più domande connesse sia sotto il profilo soggettivo (proposte tra le stesse parti), che oggettivo (ovvero condividenti il petitum o la causa petendi).
Altro orientamento, valorizzando la locuzione «anche solo soggettivamente connesse» impiegata nella norma, vi riconduce, invece, anche tale ultima fattispecie e, in particolare, le domande oggettivamente connesse che, oltre a condividere i soggetti, sono collegate da un rapporto di pregiudizialità–dipendenza o da un rapporto di accessorietà (cumulo condizionale), ovvero di alternatività (cumulo alternativo).
Lo scopo dell' art. 104 c.p.c. è esclusivamente quello di economia processuale.
Se si accede alla tesi che intravvede nella norma un'ipotesi di cumulo oggettivo c.d. semplice, ossia giustificato dalla sola connessione soggettiva, si comprende, infatti, come il labile legame che avvince la pluralità di domande proposte simultaneamente consente di escludere che l'istituto persegua anche una finalità di coordinamento decisorio inteso ad evitare il contrasto tra giudicati.
È stato, peraltro, osservato che lo stesso fine di economia dei mezzi processuali è assai limitato perché circoscritto alla sola fase introduttiva del giudizio e segnatamente all'iscrizione a ruolo e alla formazione del fascicolo d'ufficio.
Ad eccezione di tali profili, la trattazione congiunta delle cause connesse lascia intatta la loro identità e la sentenza che decide simultaneamente sulle stesse, pur essendo formalmente unica, si risolve in tante pronunce quante sono le cause, con l'ulteriore conseguenza che le spese processuali vanno liquidate con riferimento ad ogni singola domanda posto che in relazione a ciascuna di esse che va apprezzata la soccombenza.
La disciplina. Le deroghe alla competenza.
Il comma 1 dell' art. 104 c.p.c. dispone che contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo più domande, anche non altrimenti connesse, purché sia osservata la norma dell' art. 10, comma 2 , c.p.c. , a mente del quale, ai fini della determinazione della competenza per valore, le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro e gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione si sommano con il capitale.
Lo spostamento della competenza dal giudice adito al giudice superiore indotta dal cumulo oggettivo semplice può, tuttavia, essere esclusa dall'attore attraverso la dichiarazione di voler contenere l'intero petitum nei limiti della competenza del giudice adito (c.d. clausola di contenimento). Tale limitazione ha effetto non solo ai fini dell'individuazione del giudice competente per valore, ma, nel caso del giudice di pace, anche in relazione alla scelta del criterio di decisione e, in ogni caso, anche in relazione al merito, con la conseguenza che la sentenza che accogliendo la domanda vada oltre il limite indicato con la clausola di contenimento, è viziata da ultrapetizione ( Cass. civ. , sez. II, 6 aprile 2001 n. 5179 ; Cass. civ., n. 18942/2003; Cass. civ. , sez. III, 11 settembre 2011 n. 18100 ).
Secondo l'orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità le norme in esame, nel prevedere che domande formulate nei confronti della stessa parte (anche non altrimenti connesse) ed appartenenti alla competenza di giudici diversi possano essere proposte davanti al medesimo giudice a causa del vincolo di connessione soggettiva, consentono, dunque, la deroga alla sola competenza per valore, con la conseguenza che, se una delle domande appartiene alla competenza territoriale di un giudice diverso, la deroga per soli motivi di connessione soggettiva non è consentita ( Cass. civ. , sez. III, 27 ottobre 2003 n. 16136 ; Cass. civ. , sez. II, 1 marzo 2007 n. 4862 ; Cass. civ. , sez. VI, 14 dicembre 2010 n. 25269 ). D'altro canto le ipotesi di spostamento della competenza per territorio per ragioni di connessione previste dal codice di procedura civile (artt. 31 e ss.) sono tutte connotate dalla sussistenza di un collegamento riconducibile alla connessione oggettiva.
Si registrano, tuttavia, decisioni di segno contrario secondo le quali l' art. 104 c .p.c. , laddove prevede che nel caso di pluralità di domande nei confronti della stessa parte possa aversi deroga alla competenza per valore, implica la possibilità di una deroga anche alla competenza per territorio derogabile, nel senso che la sussistenza del foro territoriale rispetto ad una delle domande consente la trattazione anche delle altre. Infatti, in ragione del trattamento riservato al criterio di competenza per valore, certamente soggetto ad un regime di rilevazione più rigoroso (attesa la sua rilevabilità d'ufficio) di quello della competenza territoriale derogabile, deve ritenersi che il legislatore abbia voluto implicitamente consentire anche la deroga alla competenza per territorio derogabile ( Cass. civ. , sez. III, 26 novembre 1998 n. 11980 ; Cass. civ. , sez. III, 15 marzo 2004 n. 5283 ; Cass. civ. , sez. III, 14 ottobre 2005 n. 19958 ).
Alla stregua del primo degli orientamenti giurisprudenziali richiamati, neanche il foro esclusivo convenzionale può subire deroga in forza del cumulo oggettivo semplice, con la conseguenza che se l'attore propone una pluralità di domande, non altrimenti connesse, nei confronti del convenuto e questi, costituendosi in giudizio, eccepisca la sussistenza tra le parti di una pattuizione sulla competenza per territorio, il giudice deve disporre la separazione delle cause definendo in rito ai sensi dell' art. 279, comma 2 n. 5, c.p.c. la causa per la quale è stato eccepito il foro convenzionale ( Cass. civ. , sez. I, 16 dicembre 1996 n. 11212 ).
Ad analoghe conclusioni la Corte di cassazione perviene con riguardo alla competenza per materia, la quale non può essere derogata in ragione del solo cumulo oggettivo semplice ( Cass. civ. , sez. II, 23 agosto 2002 n. 12459 ; Cass. civ. , sez. II, 27 luglio 2005 n. 15694 ).
Va, infine, evidenziato che, in ossequio a quanto disposto dall' art. 40 comma 4 c.p.c. , non è ammessa la trattazione congiunta di cause solo soggettivamente connesse ove esse soggiacciano a riti diversi.
Come chiarito dalla giurisprudenza, la trattazione simultanea di controversie soggette a riti differenti può, infatti, attuarsi soltanto se tra tali cause siano connesse ai sensi degli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c .p.c. , con la conseguenza che non è, ad es., possibile il cumulo in un unico processo della domanda di divorzio, soggetta al rito camerale, e di quella di divisione dei beni comuni, soggetta a rito ordinario, trattandosi di domande non legate da vincoli di connessione, ma autonome e distinte l'una dall'altra ( Cass. civ. , sez. I, 6 dicembre 2006 n. 26158 ; v. anche Cass. civ. , sez. lav., 19 dicembre 1996 n. 11390 ; Cass. civ., sez. I , 25 marzo 2003 n. 4367 ; Cass. civ. , sez. I, 19 gennaio 2005 n. 1084 ).
Presupposti del verificarsi del cumulo oggettivo semplice e, quindi, della deroga alla competenza per valore sono: a) la proposizione congiunta e sin dall'origine di più domande non altrimenti connesse, con la conseguenza che non soggiacciono a tale regime le domande proposte autonomamente e poi riunite (Cass. civ., sez. trib., 1 aprile 2003 n. 4960); b) la proposizione della pluralità di domande contro la stessa persona ( Cass. civ. , sez. III, 20 settembre 2002 n. 13757 ); c) l'autonomia delle domande.
Ad es. , non ricorre il presupposto dell'autonomia nel caso di domanda risarcitoria in cui venga richiesto il ristoro di una pluralità di pregiudizi nascenti dal medesimo fatto illecito, attesa l'unitarietà del rapporto processuale nascente da quest'ultimo ( Cass. civ., n. 800/1999 ; Cass. civ. , sez. III, 10 febbraio 1999 n. 1136 ; Cass. civ. , sez. III, 22 dicembre 2011 n. 28286 ), ovvero in caso di domande che costituiscono il presupposto o il mero sviluppo di altre (come nel caso di domande di risarcimento del danno e di condanna alla rimozione delle sue cause ovvero del caso della domanda di accertamento dell'illegittimità di una costruzione e di condanna alla sua rimozione; di accertamento del diritto di proprietà e di condanna al rilascio) ( Cass. civ. , sez. II, 3 marzo 1994 n. 2106 ; Cass. civ. , sez. III, 8 ottobre 1997 n. 9779 ). Segue: La separazione delle cause cumulate.
Il comma 2 dell' art. 104 c.p. c. , nel rinviare all' art. 103, comma 2 c.p.c. , consente al giudice, anche in caso di cumulo oggettivo, di disporre la separazione delle cause cumulate ove la loro trattazione congiunta può impedire il più celere svolgimento del processo o renderlo più gravoso.
La separazione è disposta con ordinanza o con sentenza secondo il momento in cui viene pronunciata. In particolare l'ordinanza viene emessa dal giudice istruttore ai sensi dell' art. 176 c.p.c. , mentre la sentenza è emessa dal collegio o dal giudice monocratico unitamente alla sentenza definitiva con cui viene decisa l'altra domanda ai sensi dell' art. 279, comma 2 , n. 5, c.p.c. . Secondo una diversa impostazione in tale ultimo caso la separazione deve essere disposta con separata ordinanza con la quale la causa separata viene rimessa in istruttoria.
Il provvedimento è il frutto di un potere discrezionale del giudice non censurabile in cassazione ( Cass. civ. , sez. II, 10 settembre 1999, n. 9638 ), ma il suo esercizio deve essere supportato da adeguata motivazione ( Cass. civ. , sez. lav., 2 novembre 2004, n. 21029 ).
Come si è già evidenziato, secondo l'impostazione maggioritaria, il cumulo oggettivo, e la connessione solo soggettiva che ne è presupposto, postula la deduzione di rapporti sostanziali del tutto autonomi, tanto che, una volta disposta la separazione, non è ammissibile la successiva riunione dei procedimenti separati, la quale presuppone, al contrario, un nesso riconducibile alla connessione oggettiva, pur se impropria (Cass., n. 3661/1983). Cumulo oggettivo c.d. qualificato e concorso di azioni
Nel processo oggettivamente complesso, la pluralità di domande proposte da una parte nei confronti dell'altra può essere avvinta dalla sola identità dei soggetti (e in tal caso si avrà l'ipotesi di cumulo oggettivo c.d. semplice), ovvero anche dalla connessione oggettiva tra le cause (la quale dà luogo alla diversa fattispecie del cumulo c.d. qualificato).
La connessione oggettiva è la relazione tra domande in forza della quale le stesse hanno in comune l'oggetto (petitum) o il titolo (causa petendi), ovvero sono collegate da un rapporto di pregiudizialità dipendenza.
La relazione che viene a stabilirsi tra le più domande proposte da una stessa parte nei confronti dell'altra nell'ambito di un medesimo processo, ove le correlate cause siano oggettivamente connesse, è denominata cumulo condizionale se il nesso che le collega sia di pregiudizialità – dipendenza negativo o di accessorietà, mentre prende il nome di cumulo alternativo nel caso in cui detto rapporto sia, appunto, di alternatività. Ad esempio , quanto alla prima ipotesi, può essere richiamato il caso in cui l'attore propone azione di annullamento del contratto e, in via subordinata, per il caso in cui la domanda principale non venga accolta, la domanda di condanna del convenuto all'adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto.
Nella situazione appena delineata solo il rigetto della domanda principale consente al giudice di conoscere anche della domanda subordinata.
La trattazione congiunta di tali domande risponde ad una duplice esigenza.
Da un lato viene, in rilievo una ragione di economia processuale, essendo l'istituto volto ad evitare l'inutile spreco di attività che deriverebbe dalla proposizione autonoma e separata dei giudizi relativi alle cause connesse.
Ma la ragione più significativa va rinvenuta nel coordinamento decisorio giustificato dal vincolo di pregiudizialità che sussiste tra le pronunce (di annullamento del contratto e di adempimento dello stesso), il quale, in caso di proposizione separata, comporterebbe, da un lato, l'esigenza di sospendere il processo relativo alla domanda pregiudicata (nella specie di adempimento), dall'altro esporrebbe l'attore all'azione di ripetizione dell'indebito laddove non si disponesse detta sospensione e dopo la sentenza di condanna al pagamento il contratto venisse annullato.
Analogo è il caso del cumulo condizionale, in cui la relazione di accessorietà sottesa alle cause cumulate fa sì che la decisione di una domanda accessoria dipende dalla decisione di quella principale.
Viene, infine, in rilievo il cumulo c.d. alternativo caratterizzato dalla concorrente proposizione di domande aventi un oggetto diritti incompatibili (si pensi alla domanda di condanna alla riparazione del bene viziato e di quella di condanna alla sostituzione dello stesso). Non ricorrendo tra le due cause un rapporto di dipendenza, è devoluta al giudice la scelta dell'ordine da imprimere alle richieste avanzate dall'attore, essendo per questi indifferente quale delle domande verrà valutata per prima.
Il cumulo oggettivo qualificato si distingue rispetto a quello semplice anche in relazione alla possibilità di sciogliere il coordinamento voluto dalla parte. Se il labile legame soggettivo che avvince nel secondo caso le domande proposte giustifica un agevole ricorso all'istituto della separazione, nel primo caso il simultaneus processus, una volta instaurato, non può, in linea di principio, essere sciolto perché giustificato da esigenze di coordinamento decisorio.
La nozione di cumulo oggettivo va, infine, distinta da quella di concorso di azioni.
La comunanza degli elementi soggettivi o oggettivi dell'azione può assumere rilevanza non solo al fine di verificare la possibilità della loro trattazione congiunta in un unico processo, ma anche al fine di verificare se all'esercizio di un'azione consegua il risultato preso di mira con l'esercizio di altra azione, così che quest'ultima diviene inutile in quanto priva dell'interesse ad agire.
Al fondamento di tale peculiare rapporto tra cause vi è il concorso dei diritti ad esse sottesi, ossia uno speciale legame funzionale in forza del quale il soddisfacimento di uno di essi provoca l'estinzione dell'altro.
In dottrina si distingue tra concorso oggettivo, caratterizzato dall'entità del petitum e dei soggetti, e soggettivo, il quale ricorre quando soggetti diversi sono titolari della medesima azione (si pensi ad es. alla fattispecie della colegittimazione disgiuntiva dei condomini all'impugnazione delle delibere assembleari).
Quanto al concorso oggettivo, si distingue tra:
Cumulo oggettivo e giudizio di impugnazione
Si è già evidenziato come in caso cumulo oggettivo semplice, ossia nell'ipotesi di pluralità di domande proposte nello stesso giudizio nei confronti della stessa parte e non legate fra loro da vincolo di dipendenza, ciascuna di esse rimane distinta dalle altre e può avere vita autonoma.
Nell'ambito del giudizio di appello, da tale assunto deriva che, ove il giudice di secondo grado ordini l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell' art. 331 c.p.c. soltanto con riferimento ad una delle domande proposte e la parte non vi ottemperi, la sanzione di inammissibilità dell'impugnazione non può estendersi anche alla domanda per la quale l'ordine di integrazione non sia stato impartito ( Cass. civ. , sez. II, 8 aprile 2011 n. 8092 ).
Ciò significa anche che, qualora il giudice del gravame riscontri la ricorrenza del litisconsorzio necessario solo in relazione ad una delle domande cumulate, la declaratoria di nullità della statuizione di prime cure, giacchè inutiliter data a contraddittorio non integro, e la conseguente rimessione ex art. 354 c.p.c. al primo giudice non possono che rimanere circoscritte alla sola domanda in relazione alla quale il litisconsorzio necessario sussiste ( Cass. civ. , sez. II, 30 settembre 2015, n. 19506 ). Casistica
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