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Gianluigi Morlini
01 Marzo 2016

Nella tradizionale bipartizione delle prove in precostituite e costituende, la prova documentale integra il primo cono dell'alternativa, contrapponendosi logicamente alla prova costituenda, il cui principale esempio è rappresentato dalla testimonianza. In particolare, la prova documentale, in quanto precostituita, preesiste al processo e vi trova ingresso con la produzione o l'esibizione, non è caratterizzata né dalla formazione nel processo (peculiari forme di prove sostanzialmente documentali che si formano nel processo, sono peraltro quelle previste dall'art. 219 c.p.c. in tema di redazione di scritture di comparazione e dall'art. 261 c.p.c. in tema di riproduzioni), né dalla preordinazione allo stesso, al contrario della prova costituenda che si forma nel corso del processo. Pertanto, la prova documentale non nasce per essere utilizzata nel processo, ma ha una valenza sostanziale che la rende pienamente idonea ad una sua utilizzazione stragiudiziale, e ciò la rende, nell'ottica del legislatore, più affidabile di quella testimoniale.
Inquadramento

Nella tradizionale bipartizione delle prove in precostituite e costituende, la prova documentale integra il primo cono dell'alternativa, contrapponendosi logicamente alla prova costituenda, il cui principale esempio è rappresentato dalla testimonianza.

In particolare, la prova documentale, in quanto precostituita, preesiste al processo e vi trova ingresso con la produzione o l'esibizione, non è caratterizzata né dalla formazione nel processo (peculiari forme di prove sostanzialmente documentali che si formano nel processo, sono peraltro quelle previste dall'

art. 219 c.p.c.

in tema di redazione di scritture di comparazione e dall'

art. 261 c.p.c.

in tema di riproduzioni), né dalla preordinazione allo stesso, al contrario della prova costituenda che si forma nel corso del processo. Pertanto, la prova documentale non nasce per essere utilizzata nel processo, ma ha una valenza sostanziale che la rende pienamente idonea ad una sua utilizzazione stragiudiziale, e ciò la rende, nell'ottica del legislatore, più affidabile di quella testimoniale.

Per le prove costituite non si pone il problema del preventivo giudizio di ammissibilità e rilevanza, così come per le prove testimoniali, ma soltanto del successivo giudizio di utilizzabilità. Infatti, la produzione di documenti nel processo, se ritualmente effettuata secondo le previsioni di cui agli

artt. 74

o

87 disp. att. c.p.c.

, non può essere impedita dal Giudice col divieto di produzione o con l'ordine di espunzione, potendo solo il Giudice stesso successivamente solo sancire l'inutilizzabilità processuale del documento, perché tardivamente prodotto dopo lo spirare delle preclusioni istruttorie

ex

art. 183

,

comma 6 c.p.c

.

La produzione, pur se il principale, non è comunque l'unico mezzo attraverso il quale il documento può approdare al processo, atteso che esso può anche pervenirvi tramite l'ordine di esibizione

ex

art. 210 c.p.c.

, la richiesta di informazioni alla PA

ex

art. 213 c.p.c.

, l'ispezione ex

artt. 118

e

258 c.p.c.

, l'acquisizione mediata attraverso il CTU

ex

art. 194 c.p.c.

Le diverse tipologie di prova documentale

Il codice civile, negli articoli 2699-2720, elenca e disciplina sette tipi di prove documentali tipiche, e cioè l'atto pubblico, la scrittura privata, le scritture contabili delle imprese soggette a registrazione, le riproduzioni meccaniche, le taglie o tacche di contrassegno, le copie degli atti e gli atti di ricognizione o rinnovazione, mentre un'ottava prova documentale, id est il documento informatico, è ora disciplinato dall'

art. 21 del d

.Lgs. n. 82/2005

ed è oggetto di approfondimento in altra bussola.

Il giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti versati in atti solo nel caso in cui la parte che li ha prodotti o comunque la parte che intenda trarne vantaggio ne faccia specifica istanza, esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue domande od eccezioni, derivandone altrimenti l'impossibilità per la controparte di controdedurre e per lo stesso giudice di valutare le risultanze probatorie dei documenti ai fini della decisione (

Cass. Sez. Un.

n. 2435/2008

e

Cass. n. 22342/2

007

).

Dal punto di vista della loro efficacia, le prove documentali vanno sostanzialmente suddivise in tre categorie:

  • documenti che fanno piena prova sino a querela di falso, quali l'atto pubblico

    ex

    art. 2700 c.c.

    e la scrittura privata autenticata o legalmente considerata tale

    ex

    art. 2702 c.c.

    , alla quale è ora equiparato,

    ex

    art. 21 comma 2 d.lgs. n. 82/2005

    , il documento informatico sottoscritto con firma digitale o con un altro tipo di firma elettronica qualificata;
  • documenti che fanno piena prova ove non ne venga disconosciuta la conformità ai fatti ed alle cose rappresentati, come nel caso delle riproduzioni meccaniche

    ex

    art. 2712 c.c.

    , ovvero delle taglie o tacche di contrassegno tra coloro che usano provare in tale modo le somministrazioni

    ex

    art. 2713 c.c.

    ;
  • documenti che fanno prova senza ulteriore specificazione (carte e scritture domestiche ex

    art. 2707 c.c.

    , annotazione su documento non sottoscritto dal creditore

    ex

    art. 2708 c.c.

    , scritture contabili contro l'imprenditore che le ha redatte

    ex

    art. 2709 c.c.

    ), possono fare prova (scritture contabili regolarmente tenute nei rapporti tra imprenditori

    ex

    art. 2710 c.c.

    ), possono valere come principio di prova (altre copie rilasciate dai pubblici ufficiali

    ex

    art. 2717 c.c.

    ).

In evidenza

Il Giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti dalla parte solo nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza, esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue pretese, derivandone altrimenti per la controparte la impossibilità di controdedurre e per lo stesso giudice essendo impedita la valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione

(

Cass.

civ.

,

sez. un

.

,

1

febbraio

2008

,

n. 2435

).

L'atto pubblico

La nozione di atto pubblico, posta dall'

art. 2699 c.c.

, pone l'accento sulla provenienza del documento da un pubblico ufficiale «autorizzato ad attribuirgli pubblica fede». Pertanto, non è sufficiente che si tratti di un documento formato da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, occorrendo anche che tali funzioni consistano specificamente nell'attività di documentazione assistita da pubblica fede; laddove infatti il pubblico ufficiale formi un atto nell'esercizio delle sue funzioni, ma per un fine diverso da quello di documentazione, il documento non potrà essere considerato fidefacente, nel senso che i dati in esso contenuti potranno fornire meri indizi quali scritti provenienti da terzi, senza quindi assumere l'efficacia probatoria dell'atto pubblico.

Rigorosi sono poi i limiti dell'oggetto dell'efficacia probatoria privilegiata dell'atto pubblico posti dall'

art. 2700 c.c.

, atteso che la pubblica fede investe solo la provenienza dell'atto dal pubblico ufficiale e la verità dei fatti che egli attesta di avere personalmente compiuto o di avere verificato essere avvenuti in sua presenza, mentre non si estende ai fatti di cui il pubblico ufficiale si sia convinto in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche; ai fatti enunciati dal pubblico ufficiale come da lui conosciuti in un momento anteriore alla formazione dell'atto; alla veridicità del contenuto delle dichiarazioni fatte al pubblico ufficiale da terzi, da eventuali testimoni dell'atto o dalle parti. In tali casi, quindi, le dichiarazioni possono essere contrastate con tutti i mezzi di prova previsti dalla legge, senza che occorra o possa proporsi la querela di falso, secondo le forme minuziosamente disciplinate dagli

artt. 221 e ss. c.p.c.

e dagli

artt. 99 e ss. disp. att. c.p.c.

, ed oggetto di illustrazione nell'apposita bussola.

Parimenti, laddove vi sia mera contestazione di circostanze oggetto di percezione sensoriale, e pertanto suscettibili di errore di fatto, non è necessario proporre querela di falso, essendo invece sufficiente fornire prove idonee a vincere la presunzione di veridicità del verbale secondo l'apprezzamento rimesso al Giudice di merito. Tuttavia, componendo un contrasto giurisprudenziale sul punto, hanno spiegato le Sezioni Unite che il principio deve essere inteso in senso rigoroso, nel senso che deve essere contestata con il procedimento di querela di falso l'attestazione contenuta nell'atto pubblico circa l'avvenuta percezione di un fatto riscontrato visivamente dai verbalizzanti, pur se detto fatto implica una valutazione sensoriale (così

Cass.

civ., sez. un

.

,

24 luglio 2009

n. 17355

; conformi le successive

Cass.

civ., sez. II, 11 gennaio 2010

n. 232

;

Cass.

civ., sez.

II, 2 febbraio 2011

n. 2434

;

Cass.

civ., sez. II, 14 febbraio 2013

n. 3

705

).

L'atto pubblico in qualche modo viziato, per incompetenza od incapacità del pubblico ufficiale, ovvero per assenza delle formalità prescritte, se sottoscritto dalle parti si converte in una scrittura privata. Il principio è posto dall'

art. 2701 c.c.

, norma costituente espressione, nella materia de qua, del più generale principio di conservazione degli atti giuridici, che trova concreta applicazione anche nell'interpretazione delle norme secondo il disposto dell'

art. 1373 c.c.

, nella nullità del contratto

ex

art. 1424 c.c.

e nella nullità del testamento segreto

ex

art. 607 c.c.

La scrittura privata

Mentre l'atto pubblico è un documento formato da un soggetto diverso dagli autori delle dichiarazioni, la scrittura privata è un documento formato dagli stessi autori delle dichiarazioni, del quale il codice non dà una definizione, limitandosi a disciplinarne il contenuto e l'efficacia probatoria.

Elemento essenziale della scrittura privata è la sottoscrizione, cioè la scrittura del proprio nome che una persona fa in calce al documento, indipendentemente dal fatto che la dichiarazione non sia invece stata redatta dal sottoscrittore (cfr.

Cass.

civ., sez. III, 24 ottobre 2003

n. 16007

). La dichiarazione non sottoscritta non possiede invece valenza probatoria, in quanto non conforme al modello paradigmatico individuato dal legislatore; tuttavia, la dichiarazione scritta olografa di una delle parti priva di sottoscrizione, può comunque essere apprezzata dal Giudice come principio di prova.

È necessario che la sottoscrizione sia autografa, cioè apposta di pugno dalla persona da cui risultano provenire le dichiarazioni che formano il testo della scrittura, mentre è irrilevante il fatto che sia apposta con caratteri a stampatello. Ben è possibile che la sottoscrizione sia abbreviata o con sigla, a condizione peraltro che vi sia idoneità a designare con certezza la persona del sottoscrittore. Non è invece valida la sottoscrizione cancellata, dovendosi presumere che la parte abbia voluto successivamente porre nel nulla la volontà espressa al momento della formazione del documento; è tendenzialmente valida la sottoscrizione apposta a margine (per

Cass.

civ., sez. II, 27 giugno 2013

n. 16256

e

Cass.

civ., sez.

III, 12 luglio 1991

n. 7764

, tale sottoscrizione deve ritenersi solitamente sufficiente, in mancanza di altri elementi che facciano ritenere al Giudice l'assenza di volontà della parte di sottoscrivere l'atto nel suo intero contenuto); ed è altresì solitamente considerata sufficiente una sottoscrizione apposta solo sull'ultimo foglio di una pluralità di fogli che costituiscono un unicum inscindibile sul piano logico e lessicale (si veda

Cass.

civ., sez. II, 1 marzo 2007

n. 4886

e

Cass.

civ., sez. lav., 16 settembre 1995

n. 9820

).

Nel caso di scrittura contrattuale, la sottoscrizione di una delle parti può essere successiva a quella dell'altra, od essere implicita tramite la produzione del documento in giudizio con l'intento di avvalersene (

Cass.

civ., sez. III, 12 giugno 2006

n. 13548

e

Cass.

civ., sez.

III, 23 dicembre 2004

n. 23966

).

L'autenticità della sottoscrizione è data dalla presenza di una tra le quattro situazioni del riconoscimento espresso da parte di chi appare l'autore o del suo successore, dell'autenticazione della sottoscrizione

ex

art. 2703 c.c.

, del riconoscimento tacito

ex

art. 214 c.p.c.

o della verificazione ex

artt. 216

c.p.c.

In presenza di tali situazioni, la scrittura privata assurge al rango di prova legale con la stessa efficacia probatoria di cui è fornito l'atto pubblico, ovviamente sempre limitatamente all'estrinseco delle dichiarazioni

ex

art. 2702 c.c.

relativamente alla provenienza e non anche alla veridicità delle dichiarazioni in essa rappresentate, che possono quindi essere contestate dal sottoscrittore con ogni mezzo di prova entro i limiti di ammissibilità di ciascuno di essi (cfr.

Cass.

civ., sez. III, 30 giugno 2015

n. 13321

e

Cass.

civ., sez. lav., 12 maggio 2008

n. 11674

); in assenza di tali situazioni, la scrittura rileva invece solo come semplice indizio

ex

art. 116 c.p.c

.

, e parimenti valore indiziario di prova atipica ha la scrittura proveniente da un terzo (

Cass.

civ., sez. I, 12 settembre 2008

n. 23554

).

La produzione in giudizio di una scrittura comporta l'onere per la controparte, cui la scrittura è riferita, di disconoscere tempestivamente il documento nella prima udienza, ed anche per la tematica del disconoscimento della scrittura privata occorre rinviare alla relativa bussola.

Altro elemento della scrittura privata, oltre a quello della sottoscrizione, è la data, che, pur essendo normalmente connaturale alla scrittura, non ne è elemento essenziale, rilevando solo ai fini dell'opponibilità ai terzi.

In particolare, in relazione al rapporto tra le parti, l'individuazione della data non è coperta dall'effetto di prova legale, e rispetto ad essa è quindi

possibile formulare apposite contestazioni e addurre prove orientate a dimostrane la simulazione

. Pertanto, al di là del caso di una scrittura privata autenticata, che comporta l'estensione dell'efficacia di prova legale anche all'apposizione della data, il riconoscimento e la verificazione della scrittura attribuiscono la probatio plena

ex

art. 2702 c.c.

esclusivamente alla provenienza del documento dal suo sottoscrittore, e non anche al contenuto, nell'ambito del quale va compresa la data, con la conseguenza che le parti stesse possono provare la simulazione della data con qualsiasi mezzo.

Con riferimento invece all'efficacia della data verso i terzi, l'

articolo 2704 c.c.

fissa precise regole (relativamente alla registrazione dell'atto, alla morte od all'impossibilità fisica di sottoscrivere da parte dell'autore, alla riproduzione del contenuto in un atto pubblico, al verificarsi di un fatto che provi l'anteriorità della scrittura) per opporre la scrittura a terzi.

Trattasi peraltro di elencazione non tassativa, ed è quindi compito del Giudice stabilire se ad un determinato fatto può attribuirsi efficacia probatoria analoga a quella riservata dall'

art. 2704 comma 1 c.c.

ai fatti ivi elencati. Da questa angolazione, è stato ritenuto conferire data certa alla scrittura privata l'avviso di ricevimento della raccomandata recante l'apposizione del bollo postale (

Cass.

civ., sez. I, 12 agosto 1997 n. 7530

), il timbro postale quando lo scritto faccia corpo unico col foglio sul quale il timbro è stato apposto (Cass. n. 6472/2003), il deposito in cancelleria dell'atto di iscrizione a ruolo (

Cass.

civ., sez. II, 13 aprile 1996

n. 3506

).

Infine, va chiarito che le regole sopra esposte sull'efficacia della scrittura nei confronti dei terzi, operano soltanto quando dalla scrittura, in relazione alla data, si vogliano conseguire gli effetti negoziali propri della convenzione in essa contenuta; invece, il principio dell'inopponibilità della data non vale quando la relativa convenzione venga invocata non per il suo contenuto negoziale, ma come mero fatto storico, che può quindi essere provato come tale con qualsiasi mezzo, anche di carattere presuntivo (ex pluribus, cfr.

Cass.

civ., sez. III, 29 gennaio 2010

n. 2030

).

Le altre prove documentali

Detto dell'atto pubblico e della scrittura privata, cioè delle due principali prove documentali, qualche cenno va effettuato con riferimento alle altre prove documentali previste dal codice civile.

a. Scritture contabili In base al disposto dell'

art. 2709 c.c.

, i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione, fanno prova contro l'imprenditore che li ha formati (e non anche a suo favore), ma la parte che voglia trarne vantaggio non può scinderne il contenuto a proprio esclusivo beneficio, dovendo le scritture stesse, una volta invocate ed esibite, essere valutate nella loro interezza, e dovendo comunque tenersi conto di tutte le risultanze che potrebbero portare ad attribuire alla singola annotazione una diversa valenza probatoria da quella apparente. L'efficacia probatoria delle scritture contabili tenute dall'imprenditore, pone in essere una presunzione semplice in sfavore di quest'ultimo della veridicità di quanto affermato nelle scritture stesse, ed ha una valenza processuale, non sostanziale, alterando il principio generale sull'onere della prova (

Cass. n. 4339/2003

).

La previsione di cui all'

art. 2710 c.c.

, secondo la quale i libri bollati e vidimati possono fare prova tra imprenditori per i rapporti relativi all'esercizio dell'impresa, regola invece l'efficacia probatoria delle scritture a favore dell'imprenditore obbligato alla tenuta; tuttavia, trattandosi di atto formato dalla parte, la scrittura non ha valore di piena prova come nel caso delle scritture private, ma è soggetta alla valutazione del Giudice, che deve apprezzarla liberamente

ex

art. 116 comma 1 c.p.c.

, eventualmente in concorso con le altre risultanze probatorie (cfr.

Cass.

civ., sez. lav., 18 agosto 2004

n. 16156

).

b. Riproduzioni meccaniche A norma dell'

art. 2712 c.c.

, la riproduzione meccanica, fotografica o cinematografica, la registrazione fonografica ed in genere ogni altra rappresentazione meccanica di fatti o cose, formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità; infatti, l'efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche è subordinata, in ragione della loro formazione al di fuori del processo e senza le garanzie dello stesso, alla esclusiva volontà della parte contro la quale esse sono state prodotte in giudizio, volontà estrinsecantesi nella non contestazione che i fatti che tali riproduzioni tendono a provare, siano realmente accaduti con le modalità risultanti dalle stesse.

Circa il disconoscimento, per il quale come si è detto deve rinviarsi all'apposita bussola, basta in questa sede osservare che è prevalsa la tesi per cui non è applicabile analogicamente la prescrizione di cui all'

art. 215 n. 2 c.p.c.

, relativa alla necessità di operare il disconoscimento stesso nella prima udienza o difesa successiva alla rituale acquisizione della riproduzione (per tutte, cfr.

Cass.

civ., sez. lav., 17 febbraio 2015

n. 3122

); e che l'eventuale disconoscimento della riproduzione non impedisce, a differenza di quanto accade nel disconoscimento della scrittura privata non seguita da istanza di verificazione, che il Giudice possa accertare la conformità all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (cfr. sempre

Cass.

civ., sez. lav., 17 febbraio 2015

n. 3122

), mentre è preclusa la verifica per mezzo della CTU, così come invece accade per le scritture private (

Cass.

civ., sez. lav., 18 dicembre 1998

n. 12715

).

c. Taglie e tacche di contrassegno Ai sensi dell'

art. 2713 c.c.

, norma in verità alquanto desueta, la taglia o tacca di contrassegno posseduta dal creditore, ove corrisponda al contrassegno di riscontro tenuto dal debitore, forma piena prova tra coloro che usano provare in tal modo le somministrazioni che fanno o ricevono al minuto.

d. Copie degli atti A norma degli

artt. 2714

e

2715 c.c.

, le copie degli atti pubblici e delle scritture private, spedite nelle forme prescritte dai depositari pubblici autorizzati, hanno la stessa efficacia dell'originale dalle quali sono estratte; e le copie rilasciate dai pubblici ufficiali fuori dai casi indicati in precedenza, hanno invece l'efficacia di un principio di prova per iscritto

ex

art. 2714 c.c.

Di notevole e concreta rilevanza, in ragione della diffusione nella pratica giurisdizionale, è poi la tematica delle copie fotografiche di documenti (atti pubblici o scritture private)

ex

art. 2719 c.c.

, e cioè della produzione di fotocopie di un originale.

Secondo il disposto normativo, esse hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la conformità all'originale è attestata da un pubblico ufficiale competente, ovvero se non è espressamente disconosciuta; pertanto, atteso che l'inefficacia probatoria della copia è subordinata al concorso cumulativo di due condizioni, qualora la parte contro cui la copia è prodotta si limiti a dedurre l'assenza di autenticazione senza disconoscere espressamente la conformità all'originale, esattamente il Giudice riconosce efficacia probatoria al documento. In ogni caso, il disconoscimento è inefficace se non è riferito ad una copia concretamente individuata e non è successivo alla sua produzione in giudizio.

Diversamente da quanto visto in tema di riproduzioni meccaniche

ex

art. 2712 c.c.

, nell'ambito delle copie degli atti

ex

art. 2719 c.c.

, la giurisprudenza di legittimità si è ora assestata nel senso di ritenere analogicamente applicabile le regole processuali di cui agli

artt. 214-215 c.p.

c.

, ed in particolare la necessità di operare la contestazione nella prima udienza o difesa successiva alla produzione (tra le più recenti,

Cass.

civ., sez. VI, 13 giugno 2014

n. 13425

e

Cass.

civ., sez. VI, 4 febbraio 2014

n.

2374

).

La parte che abbia disconosciuto la sottoscrizione di scrittura privata prodotta in fotocopia, deve reiterare il disconoscimento con riferimento all'originale della medesima scrittura successivamente acquisito in giudizio, per impedire che la ridetta scrittura si abbia per riconosciuta (cfr.

Cass.

civ., sez. II, 27 dicembre 2004

n. 24022

).

Una volta disconosciuta la conformità della copia, la parte può reagire con la produzione dell'originale, ovvero con la prova per altra via del medesimo fatto oggetto del documento; laddove così non faccia, a differenza di quanto avviene nel disconoscimento della scrittura privata, la parte può comunque provare aliunde e con qualsiasi mezzo, comprese le presunzioni, l'identità del testo della copia all'originale (ex plurius,

Cass.

civ., sez. VI, 13 giugno 2014

n. 13425

).

Riferimenti

CIAN-TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, sub artt. 2699-2710, Padova, 2014;

GALGANO, Diritto privato, Padova, 2016, 873 ss.;

GRASSELLI, L'istruzione probatoria nel processo civile, Padova, 2015, 57 ss.;

MANDRIOLI, Diritto processuale civile, Torino, vol. II, 2015, 201 ss.;

MERZ, Manuale pratico della prova civile, Padova, 2012, 33-165, 475-524;

TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 2015, 261 ss.;

TRIMARCHI, Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014, 637 ss;

VERDE, Prova documentale- diritto processuale civile, in Enc. Giur. Treccani, XXIV, Roma, 1991.

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