Esecuzione provvisoria della sentenzaFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 282
16 Maggio 2016
Inquadramento
A norma dell'art. 282 c.p.c., nella formulazione novellata dall'art. 33 l. n. 353/1990, che ha introdotto nell'ordinamento la regola dell'immediata efficacia endoprocessuale di qualsiasi pronuncia di condanna, sono provvisoriamente esecutivi tutti i capi della sentenza che contengono una condanna, compreso il capo contenente la condanna alle spese del giudizio nei casi in cui la sentenza accolga azioni non di condanna oppure rigetti qualsiasi tipo di domanda (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2010, n. 9363; Cass. civ., sez. III, 3 novembre 2008, n. 26415). La possibilità di anticipare l'esecuzione delle statuizioni condannatorie contenute nella sentenza costitutiva va riconosciuta, in concreto, di volta in volta a seconda del tipo di rapporto tra l'effetto accessorio della statuizione di condanna da anticipare e l'effetto costitutivo producibile solo con il giudicato La giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. I, 29 luglio 2011, n.16737; Cass. civ., S.U., 22 febbraio 2010, n. 4059). L'adeguamento della realtà sostanziale non può quindi ritenersi precluso in generale - cioè in relazione al tipo di sentenza costitutiva - dalla circostanza che l'effetto costitutivo non si è ancora prodotto, dovendosi piuttosto distinguere i casi nei quali le statuizioni condannatorie sono meramente dipendenti da quell'effetto dai casi nei quali, invece, la statuizione condannatoria è legata all'effetto costitutivo da un vero e proprio nesso sinallagmatico, ponendosi come parte - talvolta corrispettiva - del nuovo rapporto oggetto della domanda costitutiva. In questi ultimi casi - tra i quali va, ad esempio, compresa la condanna al pagamento del prezzo della compravendita contenuta nella sentenza sostitutiva del contratto definitivo non concluso - il rapporto di stretta sinallagmaticità che lega il pagamento del prezzo al trasferimento del diritto che si realizza solo con il giudicato - che non consentirebbe al venditore di percepire il prezzo prima del trasferimento della proprietà - impedisce di attribuire la provvisoria esecutività al capo di condanna, mentre nei casi in cui l'anticipazione degli effetti esecutivi si mostra compatibile con la produzione dell'effetto costitutivo in un momento temporale successivo, non è individuabile nell'ordinamento alcuna preclusione alla formazione del titolo esecutivo indipendentemente dalla cosa giudicata sull'esistenza del diritto (Cass. civ., sez. I, 29 luglio 2011, n. 16737). Ad esempio, non è riconoscibile l'esecutività provvisoria, ex art. 282 c.p.c., del capo decisorio relativo al trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza di primo grado resa ai sensi dell'art. 2932 c.c., né è ravvisabile l'esecutività provvisoria della condanna implicita al rilascio dell'immobile, in danno del promittente venditore, scaturente dalla suddetta sentenza nella parte in cui dispone il trasferimento dell'immobile producendosi l'effetto traslativo della proprietà del bene solo dal momento del passaggio in giudicato di detta sentenza con la contemporanea acquisizione al patrimonio del soggetto destinatario della pronuncia (Cass. civ., S.U., 22 febbraio 2010, n. 4059).
L'art. 282 c.p.c., prevede che la sentenza di primo grado sia provvisoriamente esecutiva fra le parti. Il dettato normativo parla genericamente di «sentenza», senza operare distinzioni tra pronunce di mero accertamento, condanna e costitutive, e in relazione al loro contenuto, se di accoglimento, rigetto od altro tenore della domanda principale e/o riconvenzionale o del terzo. Tuttavia, secondo un orientamento giurisprudenziale (Cass. civ., sez. II, 26 marzo 2009, n. 7369), in considerazione della stessa formulazione della norma che fa riferimento all'esecuzione, deve escludersi che, al di fuori delle statuizioni di condanna consequenziali, le sentenze di accertamento e quelle costitutive possano avere efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato, essendo l'esecuzione riferibile soltanto a quelle sentenze di condanna suscettibili del procedimento disciplinato dal terzo libro del codice di procedura civile. Infatti, si è ad esempio affermato che l'azione di risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c., tende ad una pronuncia dichiarativa, perché implica l'accertamento dell'inadempienza, con la conseguenza che non ha idoneità, con riferimento all'art. 282 c.p.c., all'efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato (Cass. civ., sez. III, 15 novembre 2013, n. 25743). Tale interpretazione trova ulteriore conferma nell'art. 283 c.p.c., che prevede espressamente la possibilità di sospendere l'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado. Si riferisce dunque alle sentenze di condanna, agli artt. 431 e 447-bis c.p.c. e alla regola generale dell'immutabilità dell'accertamento sancita dall'art. 2909 c.c. che, in mancanza di una espressa previsione legislativa in senso contrario, non consente di attribuire efficacia ad un accertamento che non sia ancora definitivo. Conseguentemente, l'orientamento che la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., S.U., 22 febbraio 2010, n. 4059) ha definito tradizionale e maggioritario è nel senso che la sentenza costitutiva produce la modificazione della situazione giuridica solo con il passaggio in giudicato. Il punto è però se debba in ogni caso escludersi che, nelle more del giudizio di impugnazione, sia ammissibile l'anticipazione in via provvisoria, ai fini esecutivi, degli effetti discendenti dalle statuizioni costitutive, sia cioè ammissibile il compimento di atti di esecuzione provvisoria della sentenza nei casi nei quali l'adeguamento della realtà materiale al decisum, che tali atti sono destinati a produrre, sia reso necessario dalla pronuncia di condanna che accede all'accertamento costitutivo. La possibilità di anticipare l'esecuzione delle statuizioni condannatorie contenute nella sentenza costitutiva va riconosciuta in concreto, con riferimento alla singola fattispecie, a seconda del tipo di rapporto tra l'effetto accessorio di condanna da anticipare e l'effetto costitutivo che può verificarsi solo con il giudicato. A tal fine, occorre differenziare le statuizioni condannatorie meramente dipendenti dall'effetto costitutivo, da quelle che invece sono legate da un vero e proprio nesso sinallagmatico ponendosi come parte talvolta corrispettiva del rapporto oggetto della domanda costitutiva. Così, ad esempio, nel caso di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo della vendita, non è possibile riconoscere effetti esecutivi a tale condanna, altrimenti si verrebbe a spezzare il nesso tra il trasferimento della proprietà derivante in virtù della pronuncia costitutiva ed il pagamento del prezzo della vendita. L'effetto traslativo della proprietà del bene si produce solo con l'irretrattabilità della sentenza per cui è da escludere che prima del passaggio in giudicato della sentenza sia configurarle un'efficacia anticipata dell'obbligo di pagare il prezzo: si verificherebbe un'alterazione del sinallagma. Ritenere diversamente consentirebbe alla parte promittente venditrice - ancora titolare del diritto di proprietà del bene oggetto del preliminare - di incassare il prezzo prima ancora del verificarsi dell'effetto, verificabile solo con il giudicato, del trasferimento di proprietà. Possono, quindi, ritenersi anticipabili i soli effetti esecutivi dei capi che sono compatibili con la produzione dell'effetto costitutivo in un momento temporale successivo, ossia nel momento del passaggio in giudicato del capo di sentenza propriamente costitutivo, come, ad esempio, la condanna al pagamento delle spese processuali contenuta nella sentenza che accoglie la domanda. La provvisoria esecutività non può invece riguardare quei capi condannatori che si collocano in un rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alla modificazione giuridica sostanziale. La condanna alle spese di lite
La condanna alle spese del giudizio contenuta nella sentenza di primo grado comporta la provvisoria esecutività del relativo capo della sentenza, indipendentemente dalla natura - se di condanna, costitutiva o di mero accertamento - e dal contenuto, se di accoglimento, di rigetto o di altro tenore della domanda principale o riconvenzionale o del terzo, della decisione principale, cui la statuizione sulle spese accede (Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 2012, n.2554; Cass. civ., sez. III, ord., 25 gennaio 2010, n. 1283; Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2004, n. 21367). In buona sostanza, sebbene l'art. 282 c.p.c. non consenta di ritenere che l'efficacia delle sentenze di primo grado aventi natura di accertamento e/o costitutiva sia anticipata rispetto alla formazione della cosa giudicata sulla sentenza, qualora ad esse acceda una statuizione di condanna, tale statuizione, in forza della riferibilità dell'immediata efficacia esecutiva della sentenza di primo grado a tutte le pronunce di condanna, indipendentemente dalla loro accessorietà ad una statuizione principale di accertamento e/o costituiva, deve considerarsi provvisoriamente esecutiva (Cass. civ., sez. III, ord., 25 gennaio 2010 n. 1283; Cass. civ., sez. III, 3 agosto 2005, n. 16262; Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2004 n. 21367). Tuttavia, l'accessorietà è stata anche intesa come dipendenza della condanna alle spese da una pronunzia principale che, per ragioni processuali o di merito, definisce il giudizio e consente di individuare una soccombenza. In questo senso, il complessivo assetto processuale non consente di sottrarre la condanna al pagamento delle spese di lite al regime dell'art. 282 c.p.c., che si deve ritenere disciplini qualsiasi capo condannatorio della sentenza e, dunque, anche quello alle spese (Cass. civ., sez. III, 3 novembre 2008, n.26415; Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2008, n. 16003; Cass. civ., sez. III, 3 agosto 2005, n.16262). Una risalente pronuncia della Consulta nella materia qui considerata (Corte cost., 16 luglio 2004, n. 232), non consente di mutare significativamente i termini della quaestio juris, giacché anche in essa è confermata la legittimità dell'art. 282 c.p.c., nell'interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. I, 15 dicembre 2011, n. 27090) circa l'estensione dell'esecutività della sentenza di primo grado alle pronunce sulle spese pur in difetto di una pronuncia sul merito, sia pur movendo dal rifiuto in radice della stessa accessorietà della pronuncia sulle spese. Infatti la Consulta (Corte cost., 16 luglio 2004, n. 232) ha affermato che l'art. 282 c.p.c. non impedisce che siano muniti di efficacia esecutiva immediata capi condannatori accessori, ossia, di accoglimento di domande accessorie ex art. 31 c.p.c. rispetto ad un capo non condannatorio relativo alla domanda principale, e cioè che, ove di vera accessorietà si tratti, opera pienamente il principio dell'anticipazione dell'efficacia della sentenza di merito di condanna rispetto al momento della definitività della pronuncia. Inoltre, il capo della condanna alle spese non può certamente definirsi accessorio nel senso di cui all'art. 31 c.p.c., in quanto non solo la pronuncia sulle spese non presuppone affatto, affinché il giudice possa ed anzi, debba adottarla, una domanda di parte ma essa ha il suo titolo esclusivamente nel contenuto della decisione sul merito della controversia, in applicazione del noto principio della soccombenza desumibile dall'art. 91 c.p.c. Le sentenze rese dal Giudice di pace
Anche le sentenze del Giudice di pace sono assoggettate al regime dettato dall'art. 282 c.p.c. per via del rinvio sancito dall'art. 311 c.p.c. al procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica, nonché della mancanza di disposizioni specifiche contenute nell'apposito titolo dedicato al procedimento davanti al giudice di pace o in altre espresse disposizioni. Non osta, peraltro, all'applicabilità dell'art. 282 c.p.c.la circostanza che la disposizione faccia riferimento alla sentenza di primo grado, in quanto quella emessa dal Giudice di pace secondo equità è pur sempre una sentenza di primo ed unico grado nel merito, suscettibile di limitata impugnazione per cassazione. Altrettanto irrilevante a questo fine è il tenore dell'art. 373 c.p.c., che, diversamente da quanto opina la ricorrente, è in sintonia con la disposizione dell'art. 282 c.p.c., nel momento in cui sancisce che il ricorso per cassazione non sospende l'esecuzione.
Casistica
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