Nicola Soldati
21 Dicembre 2016

Il mediatore è la figura centrale di ogni procedimento di mediazione. Con l'introduzione nell'ordinamento italiano del procedimento di mediazione per il tramite del d.lgs. n. 28/2010 è stato disegnato uno strumento per la risoluzione delle controversie civili e commerciali al di fuori delle aule dei tribunali.
Inquadramento

Il mediatore è la figura centrale di ogni procedimento di mediazione. Con l'introduzione nell'ordinamento italiano del procedimento di mediazione per il tramite del d.lgs. n. 28/2010 è stato disegnato uno strumento per la risoluzione delle controversie civili e commerciali al di fuori delle aule dei tribunali.

Il legislatore sta tentando di deflazionare il contenzioso per il tramite di procedure ADR che dovrebbe essere in grado di limitare il numero di controversie portate all'attenzione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

Come detto, la figura centrale di ogni procedimento di mediazione è costituita dal mediatore il quale, come meglio si evidenzierà in seguito, pur non avendo alcun potere decisionale è stato sottoposto a stringenti vincoli e requisiti di onorabilità e professionalità, fino ad oggi mai richiesti ai soggetti coinvolti nell'ambito degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie: al riguardo basti evidenziare che l'unico requisito da sempre richiesto agli arbitri è quello della maggiore età e della capacità di intendere e di volere.

Il mediatore può operare solamente all'interno degli organismi di mediazione riconosciuti dal Ministero della giustizia a seguito di domanda presentata presso tali organismi e per non più di cinque organismi. In sede di domanda di iscrizione, l'organismo deve indicare il numero dei mediatori, che non può essere in alcun caso inferiore a sette, i quali abbiano dichiarato la disponibilità a svolgere le funzioni di mediazione, in via esclusiva, per il richiedente (art. 4, comma 3, lett. f, d.lgs. n. 28/2010).

I requisiti del mediatore

I mediatori devono possedere particolari requisiti di qualificazione professionale che derivano dal possesso congiunto di quattro requisiti:

  • il primo è dato dal possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale ovvero, in alternativa, dall'iscrizione a un ordine o collegio professionale (art. 4, comma 3, lett. a);
  • il secondo dal possesso di una specifica formazione e di uno specifico aggiornamento almeno biennale, acquisiti presso gli enti di formazione in base alle disposizioni contenute all'articolo 18 del decreto ministeriale stesso (art. 4, comma 3, lett. b);
  • il terzo dal possesso, da parte dei mediatori, di requisiti di onorabilità (art. 4, comma 3, lett. c)
  • e, il quarto, dal possesso di documentazione idonea a comprovare le conoscenze linguistiche necessarie, per i mediatori che intendono iscriversi negli elenchi di quelli esperti nella materia internazionale.

Le norme introdotte dal D.M. n. 180/2010, successivamente emendate dal D.M. 145 del 2011 e, poi, dal D.M. n. 139 del 2014, hanno rappresentato un grande passo in avanti nella cultura della mediazione, avendo previsto come preminente tra i requisiti richiesti ai mediatori lo svolgimento di una formazione specifica della durata minima non inferiore a 50 ore e di una formazione continua, in luogo della semplice iscrizione ad un albo professionale, senza che nemmeno sia chiesto l'esercizio della professione, quantomeno per un periodo minimo di tempo.

Tale impostazione, nonostante incomprensibili obiezioni, aveva permesso di superare la disciplina precedente che basava la possibilità di svolgere l'attività di conciliatore, prima, e di mediatore, poi, su di una triplice posizione soggettiva: o dall'essere docenti universitari in materie giuridiche od economiche, o da mera anzianità, vale a dire, professionisti iscritti ad albi professionali nelle medesime materie da almeno quindici anni, nonché magistrati in quiescenza, ovvero da una vera qualificazione professionale a seguito di partecipazione a corsi di formazione organizzati da enti pubblici, università, o enti privati accreditati, sulla base di uno standard minimo di 32 ore di formazione, di cui 16 di pratica e 4 di valutazione (art. 4), per un numero massimo di trenta partecipanti.

Successivamente la legge 9 agosto 2013, n. 98, che ha convertito in legge il c.d. “Decreto del fare”, ha sancito che gli avvocati iscritti all'albo degli avvocati sono di diritto mediatori senza necessità di alcun tipo di formazione specifica; in questo modo per i soli avvocati si ritorna al passato quando la formazione era ritenuta non necessaria e, quindi, solo facoltativa, tuttavia, l'avvocato, una volta iscritti, deve essere formato in materia di mediazione e frequentare corsi di aggiornamento teorico-pratici.

Ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti richiesti al mediatore per lo svolgimento delle sue funzioni, l'elenco dei mediatori inviato dall'organismo di mediazione al Ministero per l'iscrizione deve essere completato, oltre che dalla dichiarazione di disponibilità di cui sopra, anche dal curriculum sintetico di ciascun mediatore, dell'attestazione di possesso dei requisiti imposti per legge, nonché dalla documentazione idonea a comprovare le conoscenze linguistiche necessarie all'iscrizione nell'elenco dei mediatori esperti nella materia internazionale.

Il ruolo del mediatore

In merito ai requisiti richiesti per lo svolgimento dell'incarico di mediatore, pare opportuno sottolineare come il ruolo del mediatore sia quello di gestire il procedimento di mediazione per la risoluzione della controversia, rimanendo privo di ogni potere decisionale e, quindi, di emettere giudizi o decisioni vincolanti, in conformità di un ruolo facilitativo svolto dallo stesso, e solo eventualmente valutativo, di talché ogni propria conoscenza giuridica od economica, agli occhi degli operatori quotidiani della mediazione, potrebbe passare in secondo piano rispetto ad una reale e concreta conoscenza delle tecniche di mediazione e negoziazione, fatte salve le ipotesi in cui le parti concordemente, ovvero lo stesso mediatore decidono di trasformare la procedura da facilitativa a valutativa con la richiesta e la formulazione di una proposta per la soluzione della controversia.

Essendo la figura del mediatore fondamentale per la buona riuscita della procedura, il suo ruolo è assai più delicato e complesso rispetto a quello di un giudice, ovvero a quello di un arbitro. Al riguardo, basti pensare alla definizione di mediatore fornita dall'art. 1 del d. lgs. n. 28 del 2010, in base alla quale con il termine “mediatore” vengono indicate “la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo”.

Inoltre, i mediatori devono possedere requisiti di onorabilità derivanti dal non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione, né avere riportato condanne a pena detentiva, applicata su richiesta delle parti, non inferiore a sei mesi; non essere stati interdetti, in via perpetua o temporanea, dai pubblici uffici; non essere stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza e non avere riportato sanzioni disciplinari diverse dall'avvertimento.

Nell'ipotesi in cui l'organismo privato di mediazione sia costituito da una associazione tra professionisti, ovvero da una società tra avvocati, dovranno essere destinati al funzionamento dell'organismo, anche in via non esclusiva, almeno due unità di personale dipendente, con rapporto di lavoro subordinato, con prevalenti compiti di segreteria.

I limiti allo svolgimento dell'incarico di mediatore

Molto interessanti risultano le previsioni relative alle limitazioni riguardanti lo svolgimento delle funzioni di mediatore. Per vero, possono anche apparire oltremodo restrittive e penalizzanti, tuttavia, sembra chiaro che l'intento perseguito dal legislatore sia quello di evitare la proliferazione sul territorio di una miriade di organismi di conciliazione che poi, nella pratica, troverebbero difficoltà di sopravvivenza, ovvero palesare scarsi livelli di professionalità.

In particolare, degne di nota sono le limitazioni imposte ai mediatori: ogni mediatore dovrà sottoscrivere una dichiarazione mediante la quale si dichiara disponibile nei confronti dell'organismo a svolgere il servizio di mediazione e non potrà dichiararsi disponibile a svolgere le funzioni di mediazione per più di cinque organismi. Altresì, ogni organismo di mediazione dovrà avere, sempre ai fini dell'iscrizione nel registro, almeno sette mediatori che si siano impegnati a svolgere in via esclusiva il servizio di mediazione.

Sulla carta estremamente efficaci appaiono le sanzioni correlate allo svolgimento della funzione di mediatore. Infatti, il regolamento prevede che le violazioni degli obblighi inerenti le suddette dichiarazioni commesse da pubblici dipendenti o professionisti iscritti ad albi professionali costituiscono illecito disciplinare sanzionabile ai sensi delle rispettive norme deontologiche. Spetterà al responsabile del registro provvedere allo svolgimento delle necessarie comunicazioni.

Nessuna sanzione sembra, invece, ascrivibile a tutti coloro che non appartengono alle citate categorie. Indubbiamente, tale lacuna potrà portare al verificarsi di spiacevoli inconvenienti, laddove venga utilizzata in modo fraudolento per garantire la creazione o sopravvivenza di un organismo di mediazione. Forse sarebbe stato più opportuno prevedere una sanzione anche a carico dell'organismo di mediazione, in caso di violazione delle suddette previsioni.

Da ultimo, il D.M. n. 139 del 2014 aveva introdotto ulteriori limitazioni allo svolgimento dell'incarico di mediatore; in particolare, era stato previsto che il mediatore non può essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all'organismo presso cui è iscritto o relativamente al quale è socio o riveste una carica a qualsiasi titolo; questo divieto si estende anche ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali. In relazioni a questa particolare limitazione il T.A.R. del Lazio si è espresso in senso negativo rispetto alla sua legittimità permettendo così ai mediatori di assistere i propri clienti innanzi agli organismi presso i quali sono iscritti.

Del pari, non può assumere la funzione di mediatore chi ha in corso ovvero ha avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti, o quando una delle parti è assistita o è stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato ovvero che ha esercitato la professione negli stessi locali.

Ancora il mediatore non può assumere l'incarico al verificarsi di una delle ipotesi di cui all'art. 815, comma 1, nn. da 2 a 6, c.p.c., vale a dire quando il mediatore, o un ente, associazione o società di cui sia amministratore, ha interesse nella causa; il mediatore o il coniuge è parente fino al quarto grado o è convivente o commensale abituale di una delle parti, di un rappresentante legale di una delle parti, o di alcuno dei difensori; il mediatore o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia con una delle parti, con un suo rappresentante legale, o con alcuno dei suoi difensori; se il mediatore è legato ad una delle parti, a una società da questa controllata, al soggetto che la controlla, o a società sottoposta a comune controllo, da un rapporto di lavoro subordinato o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettono l'indipendenza; inoltre, se è tutore o curatore di una delle parti; se il mediatore ha prestato consulenza, assistenza o difesa ad una delle parti in una precedente fase della vicenda o vi ha deposto come testimone.

Infine, è stata introdotta una previsione analoga a quella del Codice deontologico forense in base alla quale, dopo la conclusione del procedimento di mediazione, il mediatore non può intrattenere rapporti professionali con una delle parti se non sono decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento; tale divieto si estende anche professionisti soci, associati ovvero che esercitano negli stessi locali.

OBBLIGHI DEONTOLOGICI

In tema di mediazione, per quanto riguarda le garanzie di imparzialità è demandato a provvedere con il proprio codice etico lo stesso organismo di mediazione, soggetto su cui è centrata l'attenzione al fine di regolamentare l'intera procedura, sul quale comunque esercita, in ogni momento, la sua vigilanza il Ministero della Giustizia. Spazi ulteriori per una regolamentazione di rango secondario diretto, ai sensi dell'art. 17, comma 3, legge n. 400 del 1988, non se ne riscontrano, limitandosi il richiamo a tale forma di decretazione a modalità di formazione e tenuta del registro, ai sensi dell'art. 16 d.lg. n. 28 del 2010. Pertanto, deve ritenersi illegittima la disposizione dell'art. 6 del d.m. n. 139 del 4 agosto 2014, laddove introduce l'art. 14 bis al previgente d.m. n. 180 del 2010 sulle incompatibilità e conflitti di interesse.

Tar Roma (Lazio), sez. I, 1 aprile 2016, n. 3989

Con l'introduzione dell'art. 55-bis nel Codice Deontologico forense, non si è affatto preteso di sostituire il legislatore nel definire i requisiti tecnico-professionali che deve possedere il soggetto che intende intraprendere la nuova professione di conciliatore, ma semplicemente sono state indicate le condotte che l'avvocato deve tenere, nel rispetto delle regole che presiedono all'attività forense, se decide di svolgere anche la nuova professione. Con il predetto articolo sono state, dunque, evidenziate le condotte che gli avvocati, nell'eventuale esercizio dell'attività di conciliazione, devono evitare perché incompatibili con i principi e gli obblighi che incombono su chi esercita l'attività forense

Tar Roma (Lazio), sez. III quater, 29 ottobre 2012, n. 8855

È illegittimo l'art. 55-bis del Codice Deontologico nella parte in cui prevede che «l'avvocato, che svolga la funzione di mediatore, deve rispettare gli obblighi dettati dalla normativa in materia e la previsione del regolamento dell'organismo di mediazione, nei limiti in cui dette previsioni non contrastino con quelle del presente Codice». Ed invero, il Codice Deontologico - che nel sistema delle fonti è certamente di rango subordinato alla normativa primaria in materia di conciliazione - non ha la forza di prevalere sulle norme primarie con lo stesso contrastanti. Come chiarito dalla Corte di cassazione (Cass., sez. VI, 4 agosto 2011, n. 17004; Cass., Sez. Un., 17 giugno 2010, n. 14617; Cass.. 7 luglio 2009, n. 15852) le previsioni del Codice Deontologico hanno natura di fonte meramente integrativa dei precetti normativi. Né rileva la circostanza che allo stato non sussiste alcun contrasto tra le norme primarie e quella impugnata perché nessuna disposizione normativa ha previsto che sono compatibili le attività precluse dall'art. 55-bis, essendo possibili interventi successivi che modifichino tali norme nel senso di contenere previsioni opposte a quelle del Codice Deontologico

Tar Roma (Lazio), sez. III quater, 29 ottobre 2012, n. 8855, in ilcaso.it

Il mancato rispetto di queste limitazioni può comportare l'esclusione del mediatore dagli elenchi tenuti dagli organismi di mediazione presso i quali risulta essere iscritto.

La nomina del mediatore

La designazione del mediatore avviene ad opera del responsabile dell'organismo di mediazione in sede di fissazione del c.d. primo incontro tra le parti, chiamato anche incontro di programmazione, nel quale il mediatore verifica con le parti le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione, non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La nomina del mediatore unitamente alla domanda e alla data del primo incontro sono comunicate all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Il d.lgs. n. 28/2010 prevede la possibilità di uno o più mediatori ausiliari nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche.

Nel corso del procedimento il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali.

CASISTICA

Il giudice, nel corso di un giudizio di accertamento tecnico preventivo ex art. 696-bis c.p.c., ai fini della composizione della lite, può invitare le parti ad intraprendere una procedura di mediazione nella cui sede le parti avrebbero sollecitato il mediatore alla nomina di un consulente tecnico esperto in medicina legale.

Trib. Roma, Sez. VIII, 16 luglio 2015

La mancata presenza e partecipazione della controparte all'incontro per la mediazione obbligatoria non sancisce necessariamente la chiusura del procedimento. Il mediatore, se la parte presente lo richiede, può procedere nominando un consulente tecnico e formulando una proposta se il regolamento dell'organismo lo prevede.

Trib. Roma, Sez. VIII, 9 aprile 2015

Il mediatore che accetta la nomina sarà tenuto a dichiarare per iscritto la propria indipendenza, imparzialità e neutralità, sottoscrivendo una apposita dichiarazione e, altresì, sarà tenuto a rispettare scrupolosamente i principi di comportamento allegati al regolamento dell'organismo presso il quale risulta essere iscritto.

La nomina effettuata dall'organismo deve ricadere su di una persona che sia in grado di assicurare la totale neutralità, indipendenza ed imparzialità rispetto alle parti in lite.

In evidenza

Molti regolamenti prevedono che il mediatore debba avere una adeguata esperienza nel settore specifico della controversia al fine di potere, in prima persona, comprendere concretamente l'oggetto della controversia e fornire, così, un ulteriore servizio alle parti, qualora una di questa non sia in grado di comprendere le ragioni dell'altra, proprio alla luce del linguaggio tecnico utilizzato.

In ogni caso, benché non normativamente previsto appare assai opportuno che il mediatore abbia un'adeguata conoscenza in campo giuridico od economico, nonché delle tecniche di mediazione.

Gli obblighi del mediatore

Il d.lgs. n. 28/2010 al fine di garantire l'assoluta imparzialità, neutralità e terzietà del mediatore ha previsto espressamente che al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell'opera o del servizio; del pari è fatto loro divieto di percepire compensi direttamente dalle parti.

In sede di accettazione dell'incarico, come in precedenza già evidenziato, il mediatore ha l'obbligo di sottoscrivere una dichiarazione di imparzialità secondo le formule previste dal regolamento di procedura dell'organismo di mediazione che ha provveduto alla sua nomina, nonché di rispettare gli ulteriori impegni eventualmente previsti dal medesimo regolamento.

In questa sede e poi nel corso della procedura di mediazione, il mediatore ha l'obbligo di informare immediatamente l'organismo e le parti delle ragioni di un possibile pregiudizio all'imparzialità nello svolgimento del procedimento.

Laddove vi sia richiesta congiunta delle parti, ovvero lo ritenga utile o necessario, il mediatore può formulare proposte di conciliazione che devono nel loro contenuto rispettose del limite dell'ordine pubblico e delle norme imperative, nonché corrispondere immediatamente a ogni richiesta organizzativa del responsabile dell'organismo.

Il mediatore può essere sostituito nel corso del procedimento su istanza di parte, ad opera del responsabile dell'organismo, il quale, al contempo, provvede alla eventuale sostituzione del mediatore.

In evidenza

Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all'autorità giudiziaria, né davanti ad altra autorità.

Al mediatore si applicano le disposizioni dell'art. 200 c.p.p. e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'art. 103 c.p.p., in quanto applicabili.

Da ultimo, il mediatore è tenuto a svolgere ogni due anni un percorso di aggiornamento professionale della durata di almeno 18 ore e un numero di venti tirocini.

Riferimenti
  • Bernini A.M., Soldati N., Codice della conciliazione e dell'arbitrato, II ed., Giuffrè, Milano, 2007; Cerri D., Il nuovo art. 55 bis del Codice deontologico forense e l'“adeguata competenza” del mediatore avvocato, in Società, 2011, 1331 ss.;
  • Coppola F., La proposta del mediatore tra mediazione facilitativa e mediazione valutativa, in Studium iuris, 2012, 952 ss.;
  • Ferrari L., Il Mediatore in azione - ruolo, deontologia e responsabilità nell'attuale quadro normativo, in Iter legis, 2012, 69 ss.;
  • Maffezzoni I., Il notariato e la mediazione: il Notaio mediatore, in Riv. notariato, 2013, 1317 ss.;
  • Marmocchi E., La mediazione professionale: l'adoperarsi del mediatore, in Riv. notariato, 2011, 255 ss.;
  • Nitti G.I, La responsabilità del mediatore e dell'organismo di mediazione civile e commerciale, in Nuova rass. legislazione, dottrina e giurisprudenza, 2011, 1659 ss.;
  • Tammaro A., Ruschetta F., Iscrizione nel registro, indennità, obblighi di riservatezza e formazione del mediatore, in Corr. Trib., 2011, 752 ss.;
  • Tonarelli A., Il “nuovo” mediatore civile e commerciale. Sociogenesi di una professione, in Cambio, 2014, 7, 89 ss.;
  • Santagata R., “Mediazione”, “mediatore” e “conciliazione” (appunti su alcuni profili 'sostanziali' del d.lgs. 28/2010), in Riv. dott. comm., 2011, 393 ss.;
  • Soldati N. (a cura di), La nuova mediazione e conciliazione nelle materie di applicazione, Milano, 2011.
Sommario