Quale il valore effettivo della controversia ai fini della liquidazione delle spese?

Redazione scientifica
14 Ottobre 2016

Nella determinazione del valore della causa si deve aver riguardo al valore effettivo della controversia, anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti, quando risulta manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile.

IL CASO La Corte d'appello di Lecce rigetta l'impugnazione proposta da una S.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Taranto che aveva accolto l'opposizione all'esecuzione avanzata da I.A.C.P., debitore esecutato in un'espropriazione presso terzi intrapresa dalla S.p.a., condannando quest'ultima al pagamento delle spese del grado liquidate in € 8.500,00, oltre accessori.

La Società ricorre in cassazione affidandosi a cinque motivi.

SPROPORZIONE ED ILLOGICITÀ Con il quinto motivo di ricorso, che qui interessa, la S.p.a. denuncia violazione del D.M. 140/2012 e del D.M. n. 55/2014, censurando la condanna alle spese del grado d'appello.

Ritenendo sproporzionata ed illogica la determinazione dell'importo dovuto, in quanto avulso dai parametri ex D.M. n. 55/2014, la ricorrente denuncia che, nella liquidazione delle spese, non si è tenuto conto del fatto che alla Corte erano state presentate ventisei cause identiche e che, avuto riguardo del credito pignorato, il valore della causa avrebbe dovuto essere ricomprendere nello scaglione “fino ad euro 1100,00”. La Società chiede pertanto, anche in caso di rigetto degli altri motivi di ricorso, una compensazione delle spese del merito oppure una diversa determinazione dell'importo entro i parametri di legge.

MERA FACOLTÀ DI COMPENSAZIONE DELLE SPESE La Suprema Corte ritiene inammissibile la parte in cui il ricorrente lamenta la mancata compensazione delle spese, ex art. 92 c.p.c., ribadendo che la facoltà di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che non è in alcun modo obbligato a motivarne il mancato uso. Pertanto la pronuncia di condanna alle spese «senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in Cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. civ., sez. un., n. 14989/2005)».

VIOLAZIONE DEI PARAMETRI DI LIQUIDAZIONE I giudici di legittimità ritengono invece fondato il motivo nella parte in cui lamenta la violazione dei parametri di liquidazione dei compensi professionali previsti dal D.M. n. 55/2014, insistendo sul valore effettivo da riconoscersi alla controversia. La Suprema Corte, premettendo che i giudici di primo grado hanno applicato i parametri previsti nel codice di rito, chiariscono che l'art. 5, D.M. n. 55/2014 testualmente aggiunge che «…In ogni caso si ha riguardo al valore effettivo della controversia, anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti, quando risulta manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile alla legislazione speciale».

Quindi, a differenza di quanto previsto dal D.M. 127/2004 che non prevedeva alcuna deroga rispetto alla normativa prevista dal codice di rito, la norma in esame impone di tenere conto del valore effettivo della controversia.

La Corte ritiene sproporzionato il valore attribuito alla causa rispetto a quello effettivo della controversia, tanto più che per cercare la soddisfazione delle proprie pretese creditorie la S.p.a. ha dovuto intraprendere ventisei cause identiche, con pignoramento di crediti periodici e di importi non superiori a € 1100,00 mensili.

Ex art. 5, D.M. n. 55/2014, concludono i giudici, «si ritiene che il valore della controversia in appello avrebbe dovuto essere commisurato a quest'ultimo importo, facendo riferimento allo scaglione corrispondente».

La Sezione sesta della Suprema Corte cassa pertanto la sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione delle spese del grado d'appello, che vengono liquidate complessivamente in € 355,00.

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