Nullità del contratto e portata precettiva della pronuncia del giudice

15 Febbraio 2017

Laddove non vi sia contrasto tra il dispositivo e la motivazione, la portata precettiva della pronuncia va individuata tenendo integrando il dispositivo con la motivazione.
Massima

Laddove non vi sia contrasto tra il dispositivo e la motivazione, la portata precettiva della pronuncia va individuata tenendo integrando il dispositivo con la motivazione; in ogni caso il giudice di appello, in caso di violazione dell'art. 112 c.p.c., non deve rimettere la causa al giudice di primo grado né limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza, ma deve decidere la causa nel merito.

Inoltre, alla luce del ruolo che l'ordinamento affida alla nullità contrattuale, il giudice del merito, investito della domanda di risoluzione del contratto, ha il potere-dovere di rilevare dai fatti allegati e provati, o comunque emergenti ex actis, ogni forma di nullità del contratto purché non soggetta a regime speciale; in ogni caso qualora una questione di nullità sia sollevata per la prima volta in appello non come domanda ma solo come eccezione riconvenzionale rispetto all'avversa domanda riconvenzionale di pagamento contrapposta a quella principale di risoluzione, essa deve ritenersi ammissibile ex art. 345 c.p.c., restando circoscritta nell'ambito della difesa, senza tendere ad altro fine che non sia quello del rigetto dell'avversa domanda riconvenzionale.

Il caso

Trattasi di una controversia relativa ad una domanda di risoluzione di alcuni contratti preliminari di compravendita e della notificazione da parte dei convenuti nel primo processo, durante la pendenza dello stesso, di altro atto di citazione diretto ad ottenere, invece, una pronuncia ex art. 2932 c.c. Disposta la riunione delle due cause il Tribunale adito aveva dichiarato la risoluzione dei contratti preliminari; sul gravame proposto dai convenuti la Corte d'Appello aveva dichiarato l'inesistenza della sentenza di primo grado relativamente ai processi riuniti, in particolare nella parte in cui aveva omesso di pronunciare sulla domanda ex art. 2932 c.c..

La questione

Le questioni giuridiche sottoposte all'esame della Corte sono sostanzialmente le due esposte in massima che hanno comportato l'accoglimento del ricorso in cassazione rispetto ai primi due motivi dedotti.

Con il primo motivo si deduceva l'erroneità della sentenza della Corte d'Appello nella parte in cui aveva equiparato l'ipotesi dell'omessa pronuncia a quella della sentenza inesistente mentre, una volta dichiarata la nullità della sentenza di primo grado, avrebbe dovuto decidere nel merito la controversia. La questione, in particolare, si appuntava sulla mancanza nel dispositivo della sentenza, del riferimento alla domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. che, invece, era contenuta nella motivazione della sentenza con espressa pronuncia di rigetto. A tal fine la Corte precisa che non rileva che la decisione di rigetto della domanda di esecuzione in forma specifica non venga riportata nel dispositivo della sentenza, perché laddove non vi sia contrasto tra dispositivo e motivazione, la portata precettiva della sentenza va individuata integrando il dispositivo con la motivazione. Non solo, ma la dichiarazione di nullità della sentenza per omessa pronuncia per violazione dell'art. 112 c.p.c., non consente al giudice di appello di rimettere la causa al primo giudice, ma determina, piuttosto, il suo dovere di decidere la causa nel merito.

Quanto alla seconda questione giuridica, la Corte precisa che, come recentemente affermato dalle Sezioni Unite, il giudice del merito, investito della domanda di risoluzione del contratto, ha il potere-dovere di rilevare dai fatti allegati o provati, o comunque emergenti dagli atti, dopo aver provocato il contraddittorio sulla questione, ogni forma di nullità del contratto, escluse le nullità c.d. di protezione il cui rilievo è rimesso alla volontà di parte. Pertanto, anche qualora l'eccezione di nullità dei contratti sia stata proposta per la prima volta nella conclusionale di primo grado, se la questione è stata riproposta in appello, il giudice del gravame ha il dovere di prenderla in esame anche d'ufficio e di deciderla nel merito. Peraltro, qualora la questione di nullità del contratto sia sollevata per la prima volta in appello non come domanda ma come eccezione riconvenzionale, essa deve comunque ritenersi ammissibile ex art. 345 c.p.c., restando circoscritta nell'ambito della difesa.

Le soluzioni giuridiche

Quanto alla questione di cui alla prima massima in commento, la soluzione offerta dalla Corte pare corretta. Infatti è pacifico che si abbia omessa pronuncia quando il giudice non decide su alcuni capi della domanda proposta, che siano autonomamente apprezzabili (in tema ad es. Cass., 19 marzo 2004 n. 5562) ovvero non decida sulle eccezioni di parte o pronunci soltanto nei confronti di alcune delle parti. Non si ha omessa pronuncia quando la decisione in merito alla domanda sia contenuta nella motivazione pur non essendo stata riportata nel dispositivo della decisione. In questo caso si ha piuttosto, se non vi sia contrasto tra dispositivo e motivazione, un problema di interpretazione della portata precettiva della pronuncia che deve essere determinata integrando dispositivo e motivazione. Si può far riferimento quale utile precedente a Cass. 17 luglio 2015 n. 15088 secondo cui nell'ordinario giudizio di cognizione, la portata precettiva della sentenza va individuata tenendo conto non solo del dispositivo ma anche integrando questo con la motivazione, sicché, ove manchi un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, deve ritenersi prevalente la statuizione contenuta in una delle due parti del provvedimento, che va interpretata secondo l'unica statuizione in esso contenuta (nella pronuncia in commento viene richiamata Cass. sez. lav. 21 giugno 2016 n. 12841, relativa all'ipotesi del rito lavoristico).

In ogni caso l'eventuale declaratoria di nullità della sentenza per omissione di pronuncia in violazione dell'art. 112 c.p.c. non avrebbe dovuto comportare la rimessione al primo giudice ma avrebbe, piuttosto, determinato il dovere del giudice del gravame di decidere la causa nel merito cosa che, nella fattispecie, non si è invece verificata. Giustamente, infatti, la Corte ha segnalato che quand'anche vi fosse stata omessa pronuncia, in linea con la giurisprudenza di legittimità sul punto, il giudice dell'appello non può rinviare la causa al giudice di primo grado, essendo tale ipotesi estranea alla previsione tassativa dei casi di rimessione al primo giudice di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. ma deve pronunciare direttamente sull'invalidità (per tutte Cass. 25 febbraio 2009 n. 4488; Cass. 26 febbraio 1994 n. 1965, citate in motivazione; per una pronuncia particolare che, in caso di omessa pronuncia su una delle cause connesse, proposte davanti allo stesso giudice, ha considerato inesistente la sentenza pronunciata, prevedendo l'obbligo per il giudice dell'appello di rimettere la causa al primo giudice, si veda Cass. 24 novembre 1987 n. 8694).

Quanto alla seconda massima, la Corte ribadisce un principio ormai univoco nella giurisprudenza di legittimità, ossia il fatto che il giudice del merito, qualora sia investito della domanda di risoluzione del contratto, ha il potere-dovere di rilevare dai fatti allegati e provati o comunque risultanti dagli atti, sempre previa instaurazione del contraddittorio, ogni ipotesi di nullità del contratto stesso, purché non assoggettata a regime speciale come le c.d. nullità di protezione. Quindi, anche laddove la questione di nullità del contratto sia stata rilevata per la prima volta nella comparsa conclusionale di primo grado e riproposta in appello, il giudice dell'appello avrebbe dovuto esaminare anche d'ufficio la questione e decidere nel merito sulla stessa. E' noto che sul punto sono intervenute le Sezioni Unite nel 2012 componendo un contrasto giurisprudenziale e stabilendo che il rilievo ufficioso della nullità contrattuale è possibile anche quando siano proposte domande di risoluzione del contratto (in tema Cass., Sez. Un., 4 settembre 2012 n. 14828 e, successivamente, nello stesso senso Cass., Sez. Un., 12 dicembre 2014 n. 16243 e Cass. 12 dicembre 2014 n. 26242). La Corte ha peraltro modo di richiamare il proprio precedente sul rilievo della nullità del contratto in appello per la prima volta, non già come domanda, ma come eccezione riconvenzionale. In particolare secondo l'orientamento della Corte, confermato nella pronuncia in commento, essa deve rientrare nelle ipotesi di ammissibilità previste dall'art. 345 c.p.c. poiché resta circoscritta nell'ambito della difesa, con l'unico fine di ottenere il rigetto della domanda riconvenzionale avversa (così Cass., sez. III, 11 maggio 2010 n. 11345).

Osservazioni

Entrambe le soluzioni offerte dalla Corte paiono condivisibili. Quanto alla prima l'orientamento è pacifico nel senso esposto in massima. Quanto alla seconda la Corte conferma l'opinione già espressa dalle note Sezioni Unite del 2012 e reiterata dalle pronunce del 2014 che può dirsi senz'altro consolidato.

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