Accettazione di eredità con beneficio di inventario

14 Giugno 2017

La Cassazione affronta con la sentenza in commento la questione relativa alla condanna al pagamento delle spese processuali dell'erede che ha accettato l'eredità con il beneficio di inventario.
La massima

In tema di successione a titolo universale nel processo, ove la parte deduca di essere erede accettante con beneficio di inventario e tale qualità non venga contestata, anche ove la condanna alle spese di lite sia comminata senza far riferimento alla stessa, le conseguenze della soccombenza sono riferibili alla parte in conformità alle proprie deduzioni, sicché detta parte non è tenuta oltre il valore dei beni ereditari pervenuti e ciò sia quanto all'efficacia della decisione fra le parti che ai fini delle eventuali attività relative alle successive vicende dell'eredità beneficiata.

Il caso

La pronuncia in commento prende in esame diversi aspetti di una vicenda complessa, relativa all'efficacia esecutiva di un titolo formato in un paese comunitario (nella specie Germania).

Si tratta di un atto di compravendita ove il venditore lamenta il mancato adempimento delle obbligazioni derivanti dallo stesso.

Le alterne vicende giudiziarie portano, però, alla formazione di una pronuncia straniera in base alla quale nessun inadempimento vi sarebbe stato da parte dell'acquirente.

La Cassazione, quindi, dopo un'analisi approfondita sull'efficacia esecutiva della pronuncia straniera, nel territorio italiano, svolgendo un'attenta e approfondita analisi delle caratteristiche e della natura del procedimento esecutivo, si pronuncia anche sulla posizione dell'erede del venditore, il quale assumeva l'inadempimento, poi frustrato dalla pronuncia estera.

La questione

In specie, quello che qui interessa analizzare è la posizione dell'erede del venditore che, trovandosi soccombente, viene condannato al pagamento delle spese processuali.

Il problema nasce dal fatto che l'eredità era stata accettata con il beneficio di inventario.

E qui la Corte, correttamente, risponde affermando che la soccombenza dovrà rientrare nella “copertura” del beneficio di inventario.

Interessante è l'analisi che compie il giudice di legittimità in merito all'efficacia dell'istituto.

Le soluzioni giuridiche

La censura sul punto, da parte dell'erede beneficiata, deduce “violazione e falsa applicazione di norme di diritto

ex art. 360 n. 3 c.p.c.

, in relazione agli

artt. 94 c.p.c.

e 490 c.c.".

Si contesta che la domandaavrebbe dovuto essere proposta “contro l'eredità beneficiata in persona di chi la rappresentava e non nei suoi confronti personalmente, nonché che per tale ragione era illegittima la sua condanna alle spese.”.

Come proposta da parte ricorrente “La critica si sostanzia nel prospettare che, pur essendo vero – come ritenuto dalla sentenza impugnata - che l'effetto dell'accettazione beneficiata non è quello di generare due distinti soggetti di diritto, è, tuttavia, quello di determinare l'insorgere di due patrimoni separati. In relazione a ciò, si prospetta che numerose disposizioni, come l'

art. 531 c.c.

, l'

art. 704 c.c.

, l'

art. 712 c.c.

, l'

art. 461 c.c.

evidenzierebbero una regola per cui in tutti i casi in cui vengono in rilievo soggetti diversi dall'erede, le spese processuali sostenute sono a carico dell'eredità. Si deduce, quindi, che l'

art. 94 c.p.c.

equiparerebbe l'erede con beneficio d'inventario ad un soggetto che agisce nell'interessi di altri, come il tutore, il curatore, il rappresentate. Ed ancora che anche nell'ipotesi in cui, chiuso l'inventario, l'erede accetti l'eredità, si ritiene che le spese fatte per l'eredità siano a collocare in prededuzione rispetto ai debiti ereditari. Tutto ciò non sarebbe stato considerato dalla corte fiorentina ed avrebbe dovuto comportare che delle spese del giudizio la P. non venisse gravata personalmente.”

La Corte stigmatizza l'atecnicità della censura affermando che il motivo, così posto, è privo di fondamento: “Il motivo si disinteressa, innanzitutto, dell'affermazione della sentenza impugnata che, essendosi avuta la pronuncia del giudice tedesco oggetto della richiesta fra la P. e il L., ne conseguiva che necessariamente costui dovesse chiedere il riconoscimento contro la medesima P. . Nell'illustrazione del motivo non v'è alcuna specifica critica a tale affermazione. Sicché, il motivo è inidoneo ad assumere il valore di critica alla ratio decidendi della sentenza impugnata e, pertanto, inammissibile.”.

La censura, tuttavia, pur maldestramente proposta, risulta sostanzialmente corretta e non impedisce alla Corte di ricondurre a diritto la funzione dell'istituto del beneficio di inventario.

Infatti, se è pur vero che il beneficio di inventario non crea un autonomo e distinto soggetto giuridico, del che la domanda ben poteva essere proposta contro l'erede beneficiata, è altrettanto vero che fa sorgere un patrimonio distinto e separato dal quello proprio dell'erede, costituito, appunto, dalla massa ereditaria acquisita.

Di conseguenza, non può certo essere censurato il giudizio nei confronti dell'erede beneficiata, ma questa potrà pretende che il peso delle spese legali ricada sulla massa ereditaria e non sui beni personali.

Ed è qui che la Corte compie una sottile quanto importante interpretazione della situazione di fatto, affermando che, quantunque la condanna alle spese non abbia indicato espressamente che la stessa dovesse gravare sul patrimonio ereditario acquisito con beneficio di inventario, non diceva nemmeno nulla in contrario.

Di conseguenza, l'operare dell'istituto, di per sé non smentito da alcuno, fa si che le spese legali non potranno essere richieste alla parte personalmente ma solamente nella sua qualità di erede beneficiata e, quindi, dovranno gravare unicamente sul patrimonio ereditario così acquisito.

In altre parole, se è pur corretta la condanna alle spese in capo al soggetto “erede” è altrettanto chiaro che lo stesso, in virtù dell'accettazione beneficiata, potrà, a buon diritto, imputare le spese processuali alla massa ereditaria, frustrando un'eventuale apprensione delle stesse dal proprio patrimonio personale.

Chiaro è sul punto il passo della motivazione il quale afferma che “Ora, fermo che nulla nella decisione risulta affermato, è palese che il motivo pone un problema che non riguarda l'ingiustizia della sentenza quanto alla condanna alle spese, siccome riferibile alla P. personalmente e non già nella sua qualità di accettante con beneficio di inventario, bensì la possibilità che essa, allorquando verrà in rilievo la gestione dell'eredità accettata con beneficio di inventario, l'esborso sostenuto dalla P. non possa considerarsi come imputabile al compendio ereditario. Ma, poiché la sentenza, come s'è detto, nulla ha detto al riguardo, non si vede come possa sostenersi che alla P. in quella sede sarà precluso di sostenere questa imputabilità. D'altro canto, allorquando la posizione della parte quale erede accettante con beneficio di inventario venga dedotta come tale, in correlazione con la situazione giuridica attiva o passiva azionata in giudizio, e non sia stata posta in discussione nel processo da essa o contro di essa instaurato, non è dubitabile che le conseguenze della soccombenza di detta parte e, quindi, anche della soccombenza sulle spese giudiziali, siano riferibili ad essa nella qualità, con la conseguenza che debba trovare applicazione la regola per cui l'erede non è tenuto oltre il valore dei beni a lui pervenuti (art 490, n 2; 2740 cod. civ.) e ciò, sia quanto all'efficacia della decisione fra le parti, sia quanto all'efficacia di essa ai fini delle eventuali attività relative alle successive vicende dell'eredità beneficiata (per riferimenti si veda la remota Cass. n. 3713 del 1977).”.

Osservazioni

Corretta, raffinata e sostanzialmente giusta, si deve ritenere la pronuncia in commento.

Corretta, in quanto riporta in termini di stretto diritto l'applicazione dell'istituto successorio dell'accettazione dell'eredità con il beneficio di inventario, chiarendo, al di là della censura mal posta dalla parte ricorrente, che il beneficio di inventario ha la sola funzione di creare due ben distinti patrimoni separati, quello proprio dell'erede accettante, formato dai suoi beni e quello formato dai beni caduti in successione e dallo stesso appresi con la tutela del beneficio di inventario che impedisce, appunto, ai creditori ereditari di accedere ai beni personali dell'erede.

Creditori ereditari, quindi, saranno anche quelli che vantano un credito, come nel caso in oggetto, alle spese legali, legato ad una vicenda originante da un rapporto fra il de cuius ed altro soggetto, concluso, poi, in capo all'erede beneficiato.

L'effetto del beneficio di inventario, pertanto, opera in quanto venga eccepito dall'interessato oppure venga rilevato dal giudice d'ufficio, con ciò significando che la disciplina legale ha diretta applicazione qualora venga rilevata (anche d'ufficio) in sede di giudizio e non venga opposta da controparte.

Infatti, il beneficio di inventario deve essere eccepito, nei confronti del creditore del de cuius, nel giudizio di cognizione, in modo che detta eccezione possa contenere intra vires hereditatis, gli effetti della pronuncia giudiziale. Di conseguenza, qualora non vi sia stata eccezione e nemmeno rilievo d'ufficio, la limitazione di responsabilità non potrà più essere fatta valere in sede esecutiva, essendosi già formato, in sede di cognizione, il titolo esecutivo.

Tuttavia, come si esprime la giurisprudenza, l'esistenza, già documentata in atti, dell'accettazione con beneficio di inventario, è da sola sufficiente a limitare la responsabilità in quanto si tratta di eccezione rilevabile d'ufficio, come tale liberamente invocabile dalla parte anche in grado di appello.

Su questi presupposti, nel nostro caso, non essendoci stata alcuna opposizione all'operare del beneficio di inventario, di cui si ha rilievo in sede giudiziale, il titolo di condanna alle spese ben dovrà riferirsi alla condizione di erede beneficiato e come tale, in questo caso, opponibile anche in sede di esecuzione, qualora il creditore intenda accedere al patrimonio personale dell'erede.

Questa consolidata applicazione dell'istituto, qui sottilmente applicata e ribadita da costante giurisprudenza, anche risalente, permette alla Corte, per così dire, di “raddrizzare”, in parte, ed in modo raffinato, la doglianza dell'erede beneficiato, ponendo sui giusti binari la responsabilità di una posizione gravante solamente sul patrimonio ereditario e non personale dell'erede.

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