Opposizione all’esecuzione estinta per rinuncia: viene meno l’interesse ad agire

14 Luglio 2017

L'estinzione dell'esecuzione per rinuncia, anteriore alla proposizione di un'opposizione avverso di essa in riferimento esclusivo alle spese di precetto, ne comporta la carenza di interesse originaria.
Massima

L'estinzione dell'esecuzione per rinuncia, anteriore alla proposizione di un'opposizione avverso di essa in riferimento esclusivo alle spese di precetto (che esaurisce i propri effetti nella procedura estinta), ne comporta la carenza di interesse originaria, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado, in quanto requisito per la trattazione nel merito della domanda; ne consegue che, ove un tale rilievo sia compiuto nel giudizio di legittimità, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, perché la causa non poteva essere promossa.

Il caso

Utilizzando le chiare parole della Cassazione, il fatto è il seguente: con sentenza 21 ottobre 2011, il Tribunale di Parma rigettava le domande proposte da V. N. F. di opposizione al precetto e al pignoramento presso terzi, rispettivamente intimatogli e notificatogli dal creditore M. F., siccome inammissibili per tardività, in quanto introdotte con ricorso depositato oltre il termine perentorio di venti giorni prescritto dagli artt. 617 e 618bis c.p.c., qualificando, quindi, l'opposizione come opposizione agli atti esecutivi, e la domanda risarcitoria per abuso di diritto nella notificazione di pignoramenti presso banche “a pioggia”, siccome infondata nell'insussistenza dei suoi presupposti.

Con atto notificato il 18 gennaio 2012, V. N. F. ricorreva per Cassazione con tre motivi, cui resisteva M. F. con controricorso e memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. .

La questione

La questione riguarda proprio le doglianze di parte ricorrente in rapporto al fatto che sottende la vicenda.

I motivi di ricorso addotti, come già accennato, sono tre:

  1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce «l'erronea qualificazione della propria opposizione al precetto alla stregua di opposizione alla "regolarità formale del precetto" (ai sensi dell'art. 617, primo comma c.p.c.), anziché all'esecuzione (e pertanto proponibile senza termini perentori da rispettare, a norma dell'art. 615 c.p.c.), avendo ad oggetto la contestazione del diritto ad agire in via esecutiva per importo superiore a quello spettante (in quanto non dovute le voci di diritti quali: "esame titolo esecutivo", "consultazioni con il cliente" e "corrispondenza informativa con il cliente")».
  2. Con il secondo, il ricorrente deduce «l'erronea pronuncia di inammissibilità dell'opposizione al pignoramento presso terzi, in quanto tardiva rispetto al termine perentorio di venti giorni stabilito dalla norma denunciata, fatto erroneamente decorrere dalla notificazione del suddetto atto esecutivo dalla data in cui avvenuta agli istituti di credito terzi pignorati (il 2 aprile 2010), anziché al debitore esecutato (nei cui confronti mai avvenuta)..
  3. Con il terzo, il ricorrente lamenta «l'esclusione, in base a ragioni incongrue, dell'abuso del diritto nelle modalità di esercizio da M. F. del proprio diritto di creditore … avendo egli agito in modo non proporzionato alla modestia del credito con l'intenzione di arrecargli discredito commerciale e d'immagine».

Come si vedrà più avanti, però, le doglianze non tengono conto del fatto che il procedimento esecutivo si era stinto ben prima della proposizione dell'opposizione.

Le soluzioni giuridiche

La Corte, correttamente, pone una questione preliminare.

Infatti, afferma che non è corretto prescindere dalla reale natura dell'opposizione in ambito esecutivo, anche in difformità dal nomen iuris utilizzato dall'opponente.

Chiarisce la Corte, infatti, che «è noto come l'identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale debba essere operata con riferimento esclusivo alla qualificazione giuridica dell'azione data dal giudice nello stesso provvedimento, a prescindere dalla sua esattezza o dalle indicazioni della parte, fermo il potere del giudice ad quem di operare un'autonoma qualificazione non solo ai fini del merito, ma anche di ammissibilità stessa dell'impugnazione».

Nel caso di specie, poi, la sessa Corte afferma che correttamente l'opposizione debba essere qualificata come opposizione all'esecuzione e non agli atti esecutivi: «Nel caso di specie, una tale qualificazione, peraltro corretta (avendo il giudizio ad oggetto la contestazione della spettanza di voci di spese legali del precetto, quali "esame titolo esecutivo", "consultazioni con il cliente" e "corrispondenza informativa con il cliente": così ponendo in discussione il diritto del creditore ad agire in via esecutiva, sia pure limitatamente a taluno dei crediti in esso esposti; sicché la relativa azione deve essere qualificata come opposizione all'esecuzione: Cass. 3 maggio 2011, n. 9698), non è stata tuttavia operata dal giudice a quo, ma dal ricorrente quale ragione di doglianza della qualificazione del giudizio alla stregua di opposizione agli atti esecutivi».

Con ciò l'opponente sembrerebbe non essere incorso in alcuna decadenza per la sua opposizione.

Sin qui niente di particolarmente problematico, se non fosse che l'opposizione non ha alcuna ragion d'essere.

Infatti, premesso quanto sopra in merito alla corretta esperibilità del ricorso per Cassazione, il collegio rileva «anche su segnalazione del controricorrente …, come la procedura esecutiva sia stata estinta, per rinuncia del creditore procedente, … addirittura prima dell'introduzione del giudizio di opposizione esecutiva …, senza peraltro che tale circostanza risulti essere stata esplicitamente rappresentata al primo giudice.»

La conseguenza di un tale fatto porterà ad una sola conclusione: «una evidente carenza originaria di interesse ad agire, per estinzione della procedura avverso la quale è stata proposta opposizione. E la carenza di un tale interesse, richiesto dall'art. 100 c.p.c., è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, anche in mancanza di contrasto tra le parti sul punto, poiché costituisce un requisito per la trattazione nel merito della domanda».

Chiarisce, a questo punto, la Corte la differenza in ordine all'interesse ad agire nel caso di opposizione agli atti esecutivi ed in caso di opposizione all'esecuzione.

Infatti, l'estinzione del processo esecutivo comporterà la cessazione della materia del contendere per sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il processo solamente rispetto alle opposizioni agli atti esecutivi i quali cadranno con l'estinzione del procedimento esecutivo stesso.

Al contrario, permarrà l'interesse alla decisione per le opposizioni all'esecuzione per l'autonomia dell'accertamento in ordine all'esistenza del titolo esecutivo e del credito rispetto alla vicenda della singola procedura esecutiva; in questo caso, infatti, il titolo manterrebbe la sua efficacia tanto da poter essere utilizzato nuovamente per un'altra procedura esecutiva e quindi risulterebbe ancora sussistente l'interesse ad opporsi all'esecuzione (ovviamente non alla formazione del titolo dato che un tale vaglio potrebbe essere oggetto unicamente dei rimedi processuali in sede di cognizione).

Vi sono, però, casi in cui l'estinzione del procedimento esecutivo porti ad una carenza di interesse ad agire anche per l'opposizione all'esecuzione, come nel caso di specie.

Nella fattispecie in esame, infatti, l'opposizione riguardava singole voci di spese contenute nell'atto di precetto ("esame titolo esecutivo", "consultazioni con il cliente" e "corrispondenza informativa con il cliente").

Orbene, con l'estinzione della procedura esecutiva e quindi del pignoramento, quelle “voci” indicate nel precetto perdono la propria efficacia, come chiaramente si desume dall'art. 481 c.p.c..

Ciò comporta la carenza di interesse alla prosecuzione del giudizio di opposizione all'esecuzione che abbia tale oggetto, analogamente a quanto accade per le opposizioni agli atti esecutivi e, come osserva la Corte, «del tutto analogamente, all'opposizione ad esecuzione riguardante la pignorabilità dei beni (art. 615, secondo comma, c.p.c.), in cui parimenti cessa l'interesse quando il pignoramento sia caduto su somme di danaro o di altre cose fungibili, perché il vincolo imposto dal pignoramento su questo genere di cose (consistente nell'inefficacia dei successivi atti di disposizione per una somma equivalente) si esaurisce con la sopravvenuta inefficacia del pignoramento».

Per quel che ci riguarda, poi, la carenza di interesse ad agire è ancora più evidente, in quanto originaria, essendo stata proposta opposizione quando il procedimento esecutivo era già estinto.

Ogni altro motivo di ricorso, pertanto, cede il passo a questo rilievo e ne risulta, così, assorbito e comporta la cassazione della sentenza impugnata senza rinvio, a norma dell'art. 382, ultimo comma, ultima parte, c.p.c., perché la causa non poteva essere promossa.

Osservazioni

Non si può che apprezzare la chiara ed attenta esposizione dei fatti e della conseguente motivazione che mette in luce l'effetto che svolge il dato di fatto sulle doglianze in diritto.

Rileva la Cassazione, infatti, che è stato proposto un giudizio di opposizione avverso una procedura esecutiva quando questa era già estinta, nella mancata tempestiva prospettazione della circostanza al giudice di merito, circostanza di cui si è ben accorta la Corte di legittimità, traendone le inevitabili conseguenze.

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