Mediazione e domanda riconvenzionale “inedita”: obbligatorietà o attività inutile?

Giusi Ianni
30 Agosto 2016

In presenza di una domanda riconvenzionale afferente a materia inclusa in quelle enunciate dall'art. 5, comma 1-bis, d.lg. n. 28/2010, il giudice deve sempre assegnare termine per l'espletamento della procedura di mediazione.
Massima

In presenza di una domanda riconvenzionale afferente a materia inclusa in quelle enunciate dall'art. 5, comma 1-bis, d.lg. n. 28/2010, il giudice deve assegnare termine per l'espletamento della procedura di mediazione anche laddove un tentativo di mediazione vi sia già stato prima dell'instaurazione del giudizio su impulso dell'attore, non potendo escludersi che la circostanza sopravvenuta della domanda nuova dei convenuti possa portare le parti a riconsiderare la possibilità di una definizione transattiva della controversia.

Il caso

In una causa preceduta da tentativo infruttuoso di mediazione ex art. 5, comma 1-bis, d.lg. n. 28/2010, il convenuto, costituendosi in giudizio, spiegava domanda riconvenzionale in materia anch'essa inclusa tra quelle enunciate dalla medesima disposizione normativa. Il giudice riteneva anche la domanda riconvenzionale soggetta a mediazione obbligatoria sulla base di tre argomentazioni:

1) l'analogia di formulazione dell'art. 5, comma 1-bis, d.lg. n. 28/2010 con l'art. 46 l. 3/1982 (oggi art. 11 d.lg. n. 150/2011), pacificamente interpretato dalla Cassazione (cfr. Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2006, n.830) nel senso della soggezione anche della domanda riconvenzionale all'onere del preventivo esperimento del tentativo di conciliazione nelle controversie agrarie;

2) la genericità del termine convenuto utilizzato dall'art. 5, comma 1-bis, d. lg. n. 28/2010 per indicare il soggetto che eccepisce l'improcedibilità della domanda, che ben potrebbe essere riferito all'attore rispetto alla domanda riconvenzionale;

3) l'ingiustificata disparità di trattamento tra attore e convenuto che determinerebbe l'esclusione della domanda riconvenzionale all'ambito di applicazione dell'art. 5, comma 1-bis d.lg. n. 28/2010

Il giudice, escludeva, altresì, che un nuovo procedimento di mediazione potesse considerarsi attività inutile e dispendiosa dopo un primo infruttuoso tentativo di mediazione ante causam, poiché esso avveniva sulla base di una circostanza sopravvenuta, costituita, appunto, dalla domanda riconvenzionale “inedita” del convenuto, perché non presa in considerazione nel procedimento di mediazione sulla domanda principale, quale elemento potenzialmente idoneo a indurre le parti a riconsiderare la possibilità di una definizione transattiva della controversia.

La questione

La questione affrontata dalla pronuncia in esame è se in un processo già preceduto da un tentativo infruttuoso di mediazione ex art. 5 comma 1-bis d.lg. n. 28/2010 la domanda riconvenzionale del convenuto, ove afferente a materia soggetta a mediazione obbligatoria e rimasta estranea al primo procedimento di mediazione tra le parti, debba considerarsi anch'essa soggetta alla medesima condizione di procedibilità, con conseguente necessità per il giudice di assegnare termine per un nuovo procedimento di mediazione.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 5, comma 1-bis, d.lg. n. 28/2010 – introdotto dal d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, emanato a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale, per eccesso di delega, del comma 1 della medesima norma – stabilisce che chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del medesimo decreto. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, ma l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza di comparizione e trattazione. Se, quindi, il giudice, d'ufficio o su eccezione di parte, rilevi in prima udienza che la mediazione non è stata esperita, deve assegnare alle parti termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione, differendo la trattazione del processo ad almeno tre mesi ex art. 6 d.lg. n. 28/2010 (quale tempo massimo di conclusione del procedimento di mediazione all'esito delle modifiche introdotte dal d.l. 69/2013). L'interpretazione della disciplina è agevole quando la domanda dell'attore rientri nelle materie di cui al comma 1-bis dell'art. 5 d.lg. n. 28/2010. Il Tribunale di Verona si chiede, tuttavia, se anche la domanda riconvenzionale debba considerarsi soggetta a mediazione obbligatoria ove afferisca alle medesime materie e se la mediazione debba considerarsi utile e fruttuosa anche qualora un procedimento di mediazione ante causam vi sia già stato su impulso dell'attore, con esito negativo. Ad entrambe le domande viene data risposta positiva. Quanto, infatti, alla soggezione a mediazione obbligatoria anche della domanda riconvenzionale viene richiamato quel consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (viene menzionata, in particolare, Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2006, n. 830) che, in tema di controversie agrarie, a fronte di una formulazione art. 11 d.lg. n. 150/2011 sostanzialmente analoga a quella dell'art. 5, comma 1-bis, d.lg. n. 28/2010, ritiene soggetta anche la domanda riconvenzionale alla medesima condizione di procedibilità prevista per la domanda principale (vale a dire il previo tentativo di conciliazione dinanzi all'ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per territorio), ma viene anche effettuata una considerazione sull'ingiustificata disparità di trattamento tra attore e convenuto che si determinerebbe di fronte ad un'interpretazione dell'art. 5, comma 1-bis, d.lg. n. 28/2010 impositiva della mediazione obbligatoria solo per la domanda principale, in mancanza di argomenti testuali ostativi alla conclusione propugnata dal giudice di merito (ben potendo il termine “convenuto”, utilizzato dall'art. 5, comma 1-bis, d. lg. n. 28/2010 per indicare il soggetto che eccepisce l'improcedibilità della domanda, essere riferito anche all'attore, che convenuto diventa rispetto alla domanda riconvenzionale). Il Tribunale di Verona esclude, altresì, che un secondo tentativo di mediazione per la domanda riconvenzionale – a fronte di una prima mediazione infruttuosa rispetto alla domanda principale – possa considerarsi attività inutile e dispendiosa, come tale incompatibile con i canoni della ragionevole durata del processo che devono ispirare l'esercizio della giurisdizione (art. 111 Cost.), potendo l'elemento sopravvenuto, vale dire l'esercizio di una domanda di condanna da parte del convenuto non preannunziata in precedenza, indurre le parti a rivedere le proprie posizioni in vista di una definizione transattiva della controversia.

Osservazioni

Il provvedimento in commento si inserisce in un panorama giurisprudenziale piuttosto variegato sulla estendibilità alla domanda riconvenzionale dell'obbligo di mediazione stabilito dal comma 1-bis dell'art. 5 d.lg. n. 28/2010 (e, prima della dichiarazione di illegittimità costituzionale, dal comma 1 della medesima norma). Esistono, infatti, diverse pronunce di merito (cfr. Trib. Palermo,27 febbraio 2016 e 11 luglio 2011; Trib. Reggio Calabria, 22 aprile 2014) espressesi a favore della tesi negativa, sulla base di diverse argomentazioni, quali:

a) La necessità di interpretare in senso restrittivo le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità;

b) L'opportunità di salvaguardare la ragionevole durata del processo, in quanto la soggezione a mediazione obbligatoria anche della domanda riconvenzionale, dopo una prima mediazione infruttuosa sulla domanda principale, rischierebbe solo di allungare i tempi del giudizio e incentivare la proposizione di domande strumentali da parte del convenuto, al solo fine di procrastinare i tempi della decisione;

c) L'inconferenza della soluzione positiva rispetto al prioritario scopo dell'obbligo di preventiva mediazione, avendo la disciplina di cui all'art. 5 d.lg. n. 28/2010 l'obiettivo principale di evitare l'instaurazione del giudizio e deflazionare il contenzioso; obiettivo certamente non perseguibile in caso di giudizio ormai instaurato e di tentativo conciliativo è già fallito per la domanda principale

Diverse, tuttavia, anche le pronunce di merito favorevoli alla tesi della soggezione a mediazione obbligatoria anche della domanda riconvenzionale afferente alle materie di cui all'art. 5, comma 1-bis, d.lg. n. 28/2010, sulla base di argomentazioni del tutto sovrapponibili a quelle fatte proprie dal Tribunale di Verona nella pronuncia in commento (cfr. Trib. Monza, 23 febbraio 2015; Trib. Roma 15 marzo 2012 e 11 novembre 2014; Trib. Como, sez di Cantù, 2 febbraio 2012; Trib. Firenze, 14 febbraio 2012). Vanno, inoltre, nella medesima direzione le sentenze della Corte di Cassazione pronunciate con riferimento al processo agrario ed in particolare all'art. 46 l. n. 203 del 1982 che contempla una condizione di proponibilità della domanda con formulazione analoga a quella dell'art. 5, comma 1-bis, d.lg. n. 28/2010 (cfr. Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2003, n. 10993; Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2007, n. 23816; Cass. civ., sez. III, 15 luglio 2008, n. 19436). Non può, tuttavia, trascurarsi che la stessa Suprema Corte, nell'occuparsi del problema specifico dell'individuazione della parte gravata dell'onere della mediazione in caso di opposizione a decreto ingiuntivo (cfr. Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24629) e nel risolvere tale questione nel senso dell'individuazione nell'opponente della parte onerata, ha osservato che la disciplina della mediazione obbligatoria deve essere interpretata conformemente alla sua ratio e alla sua funzione deflattiva, che ne impone un'esegesi ispirata al principio costituzionale del ragionevole processo e, quindi, ad una logica di efficienza processuale. Proprio su tale presupposto, mirando il meccanismo della mediazione obbligatoria a rendere il processo extrema ratio, cioè l'ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse, l'onere di esperire il tentativo di mediazione viene allocato presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo stesso, vale a dire, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, l'opponente quale attore in senso formale: trattasi di argomentazioni che, ove generalizzate, sembrano essere favorevoli alla tesi della non soggezione a mediazione obbligatoria della domanda riconvenzionale, almeno nei limiti in cui la mediazione già abbia avuto luogo, con esito infruttuoso, rispetto alla domanda principale, essendo a quel punto il processo già incardinato e verosimilmente insuscettibile di definizione completa, dato il mancato accordo rispetto alle domande dell'attore.