Le sorti dell’erronea indicazione nell’atto di citazione del legale rappresentante
23 Febbraio 2017
Il caso. La Corte d'appello rigettava il gravame e confermava la sentenza di prime cure che aveva annullato le ingiunzioni di pagamento per la restituzione di contributi erogati in eccesso, notificate al sig. T., quale legale rappresentante della associazione Alfa srl, così erroneamente indicata, mentre trattavasi di associazione non riconosciuta. A parere della Corte d'appello, nonostante la rettifica da parte dell'attore circa la natura della società convenuta, il sig. T era privo di legittimazione passiva, essendo egli l'attuale presidente e non la persona che a suo tempo aveva agito in nome e per conto dell'associazione. Veniva quindi proposto ricorso in cassazione per aver il giudice di seconde cure violato l'art. 145 c.p.c..
Come si evince dalle relazione depositata in cancelleria, «il ricorso appare manifestamente fondato».
L'errore può essere superato. È ius receptum che «la mancanza o l'insufficienza dell'indicazione nell'atto di citazione dell'organo o dell'ufficio della persona giuridica o dell'associazione non riconosciuta avente di queste la rappresentanza in giudizio, determina ai sensi dell'art. 145 c.p.c., in relazione all'art. 163, n. 2 dello stesso codice, la nullità della citazione soltanto se venga a determinarsi un incertezza assoluta in ordine alla individuazione della persona giuridica medesima e derivi altresì l'insuperabile dubbio se si sia voluto evocare in giudizio proprio quello e non altro ente» (Cass., n. 718/2001). Nel caso in esame non si è mai concretizzato tale dubbio, avendo i giudici di merito, una volta superato ed emendato l'errore sulla forma dell'organizzazione debitrice, discusso della responsabilità di coloro che avevano agito in nome e per conto della Associazione.
L'indagine del giudice. Invero, la domanda erroneamente diretta nei confronti del legale rappresentante non esclude, quando lo stesso sia evocato in giudizio, che la domanda principale possa essere presa in esame. Anche perché è onere del giudice di merito identificare la domanda, attraverso «un'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute» ma, al contrario, «deve avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante» (Cass. n. 118/2016).
Il Collegio, condividendo la proposta del giudice relatore, accoglie il ricorso e cassa con rinvio l'impugnata sentenza. |