Il rilievo della nullità della delibera condominiale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo
20 Dicembre 2016
Massima
Nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità d'ufficio dell'invalidità delle sottostanti delibere non opera allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità, trattandosi dell'applicazione di atti la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda. Il caso
L'assemblea di un condominio in Sestri Levante in data 11 agosto 2003 delibera l'esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria dell'edificio e, successivamente, in data 28 luglio 2005 approva il consuntivo della relativa spesa. Due condòmini si limitano a pagare la quota a loro carico relativa alle parti condominiali e si rifiutano di corrispondere la quota residua, pari ad € 1.232,88, inerente ai lavori eseguiti nel balcone di loro esclusiva proprietà. Il condominio ottiene, quindi, dal Giudice di pace il decreto ingiuntivo per il pagamento di tale somma residua. L'opposizione all'ingiunzione, proposta dai due condòmini morosi, è accolta dal giudice di pace, che dichiara altresì la nullità parziale delle due delibere assembleari limitatamente a quanto approvato per il balcone di proprietà esclusiva. Su appello del condominio, tuttavia, il tribunale di Chiavari, in riforma della sentenza di primo grado, respinge l'opposizione al decreto ingiuntivo assumendo che i vizi relativi all'invalidità delle delibere assembleari possono essere fatti valere solo in un autonomo giudizio di impugnazione delle stesse. Tale pronuncia è, da ultimo, cassata con rinvio al tribunale di Genova, a seguito del ricorso dei due condòmini, ritenendosi che l'approvazione, da parte dell'assemblea condominiale, di interventi su beni di proprietà esclusiva integri un vizio di nullità – non di mera annullabilità - della deliberazione condominiale, suscettibile, come tale, di essere fatto valere anche in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. La questione
In caso di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di spese condominiali, può il giudice rilevare d'ufficio la nullità delle delibere sottostanti l'esecuzione dei lavori condominiali e di approvazione del consuntivo di spesa? Le soluzioni giuridiche
Il tribunale di Chiavari, in sede di appello, ha fatto applicazione del principio di diritto secondo cui nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo – emesso sulla base di una delibera assembleare del condominio – i motivi di doglianza da parte del condomino ingiunto possono riguardare la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento dell'ingiunzione, ovvero il verbale della delibera assembleare, ma non possono estendersi anche alla nullità o annullabilità della delibera avente ad oggetto l'approvazione delle spese condominiali, che devono invece essere fatte valere in via separata con l'impugnazione di cui all'articolo 1137 c.c. Tale principio ha trovato riscontro, in sede nomofilattica, anche al livello di Sezioni Unite, essendo stato successivamente ribadito che nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, sulla quale può pronunciarsi solo il giudice davanti al quale dette delibere siano impugnate. La Corte di Cassazione ha, tuttavia, ridimensionato nella pronuncia in esame l'ambito di applicazione di tale orientamento osservando, in primo luogo, che nel caso di specie è pacifica l'inerenza della spesa in contestazione a beni appartenenti in via esclusiva ai due condòmini, con conseguente configurazione di un vizio implicante non la mera annullabilità della delibera assembleare ex art. 1137 c.c., bensì la radicale nullità della stessa alla stregua dei criteri di distinzione, tra le due specie di invalidità, affermatisi nella giurisprudenza di legittimità a seguito della pronuncia a sezioni unite n. 4806 del 2005. Non è, quindi, ritenuta preclusiva la mancata impugnazione della delibera assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione di pagamento, in quanto il giudice investito dell'opposizione al decreto ingiuntivo può rilevare anche di ufficio la nullità della delibera condominiale, in conformità ad un indirizzo già riscontrabile nella giurisprudenza, che ha trovato ulteriore sostegno nella più ampia recente configurazione del potere-dovere di rilievo ex officio delle nullità nelle impugnative negoziali. Si osserva, altresì, che l'apparente antinomia con l'altro orientamento, volto ad escludere la possibilità di far valere non solo l'annullabilità ma anche la nullità della delibera assembleare in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, si giustifica in realtà in base alla considerazione che prima della svolta giurisprudenziale del 2005 taluni vizi, come l'omessa convocazione di un condòmino all'assemblea, erano considerati ragione di nullità della delibera condominiale, mentre ora sono ricompresi tra i motivi di mera annullabilità; resta comunque confermato il perdurante onere di farli valere autonomamente in sede di giudizio di impugnazione della delibera assembleare. Osservazioni
In via preliminare è da considerare che nella vicenda in esame è incontestata l'inerenza di taluni lavori, pur approvati dall'assemblea condominiale, al balcone in situazione di proprietà esclusiva dei due condòmini impugnanti. È in effetti consolidato nella nomofilassi, in via generale, l'assunto che i balconi, in quanto strutture «aggettanti», cioè sporgenti dalla facciata dell'edificio, costituiscono solo un prolungamento dell'appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno né di necessaria copertura dell'edificio - come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell'edificio - non sono al servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani ai sensi dell'art. 1125 c.c., rientrando, piuttosto, nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono. Del tutto inesplorata è rimasta l'ipotesi che i lavori abbiano interessato anche i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore dei balconi stessi, i quali sono, invece, da ritenere in situazione di condominio qualora si inseriscano nel prospetto dell'edificio e contribuiscano a renderlo esteticamente gradevole, in tal senso integrando il decoro architettonico inerente al fabbricato nel suo complesso: valore che trova nel novellato art. 1117 c.c., dopo la legge di riforma n. 220/2012, specifico riscontro laddove sono espressamente indicate anche «le facciate» tra i beni ai quali si applica la c.d. presunzione di condominio. A prescindere, quindi, da tale eventualità, è evidente che sulla base delle allegazioni delle parti le delibere assembleari in contestazione risultino affette da un vizio di radicale nullità laddove hanno inciso sulla proprietà esclusiva di due condòmini, in tal senso esorbitando dall'ambito delle attribuzioni proprie dell'assemblea ex art. 1135 c.c., circoscritte alla gestione dei beni e dei servizi in situazione di condominio. È anzi da sottolineare che tale lesione della proprietà esclusiva di singoli condòmini è sempre stata considerata dalla giurisprudenza, anche anteriormente alla summa divisio operata nel 2005, ragione di nullità e non di mera annullabilità della deliberazione assembleare. Da tale configurazione del vizio non deriva, tuttavia, pianamente anche la rilevabilità di ufficio nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, così come ritenuto, invece, dalla sentenza in esame, la quale si è conformata all'indirizzo invalso in tema di rilievo giudiziale delle nullità ex art. 1421 c.c. nelle c.d. impugnative negoziali. Con tale argomentare sembra, infatti, essersi trascurato che in un pregresso arresto del 2007, a Sezioni Unite, la Cassazione ha rinvenuto nella disciplina condominiale taluni connotati di specialità suscettibili di giustificare la deroga al principio generale di inefficacia del titolo di cui sia predicata la radicale nullità (e non la mera annullabilità), giungendo così ad escludere che la sussistenza di un nesso di continenza o di pregiudizialità necessaria tra il giudizio di impugnazione – per nullità – di una delibera condominiale ed il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo pur sulla medesima delibera fondato. Tale disciplina speciale e derogatoria è giustificata, in sintesi, dalla necessità che l'amministratore del condominio sia posto in condizione di esercitare le sue attribuzioni, inerenti all'attuazione delle deliberazioni assembleari ed alla conservazione dei beni comuni di ciascun edificio, oltre che all'erogazione dei relativi servizi, apprestandosi, a tal fine, un sistema agevolato per la riscossione dei contributi dovuti dai singoli condòmini sulla base delle spese approvate dall'assemblea. Di tale specialità sono, in particolare, significativi riscontri l'efficacia obbligatoria di ogni delibera assembleare, pur in pendenza del giudizio di impugnazione (art. 1137 c.c.) ed il potere-dovere dell'amministratore di chiedere l'emissione di ingiunzioni di pagamento immediatamente esecutivi (art. 63 disp. att. c.c.). Questi profili non sembrano, inoltre, affatto divenuti recessivi nel condominio riformato dalla l. n. 220/2012, essendo stato anzi rinforzato il ruolo dell'amministratore nella provvista dei mezzi necessari alla gestione dell'edificio, in particolare attraverso l'imposto obbligo di agire per la riscossione forzosa dei contributi entro sei mesi dalla chiusura di ciascun esercizio (art. 1129, comma 9, c.c.) e la tipizzazione come grave irregolarità dell'eventuale inerzia nella coltivazione dell'azione di recupero dei crediti condominiali (art. 1129, comma 12, n. 6, c.c.).
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