Fuori dai suoi poteri, l’amministratore di condominio può agire in giudizio solo con l’autorizzazione dell’assemblea o successiva ratifica

Redazione scientifica
21 Settembre 2017

Nelle controversie non rientranti tra quelle che può autonomamente proporre, l'amministratore di condominio deve munirsi di autorizzazione assembleare. L'operato dell'amministratore che abbia agito senza tale autorizzazione deve essere ratificato dall'assemblea, cioè sanato ex tunc, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di impugnazione.

Il caso. Il condominio Alfa, con atto di citazione in appello, impugnava la sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano.

L'atto d'appello era stato firmato e notificato dall'avvocato Il.Be., officiato della difesa con procura conferita dall'amministratore.

Dalla ricostruzione dei fatti emerge che l'assemblea condominiale non aveva conferito all'amministratore il potere di nominare l'avvocato Il.Be., né prima dell'introduzione del giudizio, né in sede di ratifica.

Infatti, l'assemblea straordinaria del condominio, aveva ratificato il mandato conferito dall'amministratore ad un altro avvocato.

Autorizzazione assembleare (o ratifica) per la validità dell'appello. I Giudici d'appello ricordano come, in un giudizio relativo alle parti comuni dell'edificio, qualora, ai sensi dell'art. 1131 secondo e terzo comma c.c., la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita le attribuzioni dell'amministratore di condominio, questi deve darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini. In tale ipotesi, secondo la giurisprudenza maggioritaria, l'amministratore può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma il suo operato dovrà necessariamente essere ratificato.

La ratifica, infatti, sana con effetti ex tunc l'operato dell'amministratore che abbia agito senza autorizzazione dell'assemblea. In mancanza, quindi, non potrà che concludersi per l'inammissibilità dell'atto di costituzione o di impugnazione (Cass., Sez. Un., n. 18331/2010; Cass., sez. III, n. 12972/2013).

Nessun termine può essere concesso. La Corte aggiunge, poi, che non è neppure possibile concedere il termine perentorio ex art. 182 c.p.c. in quanto il difetto di rappresentanza era stato sollevato dalla controparte e non d'ufficio dal giudice, pertanto il rappresentato aveva l'onere di procedere alla sanatoria, immediatamente, non essendoci la necessità di assegnare alcun termine (Cass., Sez. Un., 4248/2016).

Appello inammissibile. Alla luce dell'orientamento giurisprudenziale consolidato, la Corte d'appello di Milano ritiene che, la mancanza di autorizzazione assembleare a nominare l'avv. Il.Be. e l'assenza di ratifica su tale nomina, determina l'inammissibilità dell'impugnazione.

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