Il contratto di patrocinio è valido anche senza la procura ad litem
02 Agosto 2017
Massima
Ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell'attività processuale. Il caso
La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un avvocato ai sensi dell'art. 28 legge 13 giugno 1942 n. 794, con il quale si chiede la liquidazione del compenso per l'assistenza giudiziale prestata, su incarico di altro legale, in favore del cliente in una causa civile in cui quest'ultimo era stato convenuto per il risarcimento dei danni. La questione
La costituzione in favore dell'avvocato di un fondo spese da parte di un terzo (nel caso di specie ugualmente avvocato) dopo che era già stata conferita la procura alle liti da parte del cliente (medico convenuto in un giudizio di responsabilità professionale) è un fatto idoneo a superare la presunzione di conferimento del mandato da parte dello stesso cliente che aveva conferito la procura alle liti? Le soluzioni giuridiche
La Cassazione, precisa chein tema di attività professionale svolta da avvocati, mentre la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte, da ciò conseguendo che, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell'attività processuale, nè rileva, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, il versamento, anticipato o durante lo svolgimento del rapporto professionale, di un fondo spese o di un anticipo sul compenso, sia perchè il mandato può essere anche gratuito, sia perchè, in caso di mandato oneroso, il compenso e l'eventuale rimborso delle spese sostenute possono essere richiesti dal professionista durante lo svolgimento del rapporto o al termine dello stesso. I giudici di legittimità pervengono quindi al rigetto del ricorso, in quanto la decisione della Corte di merito si fonda su un ulteriore ratio decidendi, che è quella secondo cui la presunzione di conferimento del mandato (contratto di patrocinio) da parte di colui che aveva conferito la procura ad litem non risulta superata dalle circostanze apprezzate dal giudice di prime cure (Tribunale). Gli stessi giudici di legittimità rilevano che tale ratio decidendi risulta impugnata dal ricorrente con riferimento alle diverse circostanze apprezzate dal giudice d'appello per giungere alla riferita conclusione, mediante la giustapposizione al giudizio di fatto del giudice d'appello di una diversa valutazione di merito delle medesime circostanze, mirando così ad una diversa lettura delle risultanze processuali, che è censura preclusa in sede di legittimità al di fuori delle forme rituali del vizio motivazionale. Permanendo così l'ulteriore ratio decidendi, l'impugnazione relativa alla prima ratio decidendi, pur fondata, resta inammissibile per difetto di decisività.
Osservazioni
La sentenza in commento ribadisce l'orientamento precedentemente emerso nella giurisprudenza di legittimità secondo cui mentre la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio con le forme previste dall'art. 83 c.p.c., il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (contratto di patrocinio) con cui il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera professionale in favore della parte, secondo la schema proprio del mandato (Cass. n. 13963/2006; Cass., n. 10454/2002). Sulla base di tale distinzione si è quindi ritenuto che, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem essendo questa necessaria soltanto per lo svolgimento dell'attività processuale, ed inoltre che, a differenza della procura ad litem, non è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio della libertà di forma, non rilevando ai fini della conclusione del detto contratto, il versamento, anticipato o durante lo svolgimento del rapporto professionale, di un fondo spese o di un anticipo sul compenso, sia perché il mandato, al cui schema negoziale è riconducibile il contratto di patrocinio, può essere anche gratuito, sia perché, in caso di mandato oneroso, il compenso e l'eventuale rimborso delle spese sostenute dal professionista ben possono essere richiesti durante lo svolgimento del rapporto per il compenso già maturato od al termine del rapporto stesso (Cass., n.10454/2002). Costituisce principio altrettanto pacifico che, mentre la procura alle liti, ai sensi dell'art. 83 c.p.c., deve essere necessariamente rilasciata dalla parte, intendendosi per tale il soggetto titolare del diritto per la cui tutela viene richiesta l'opera dell'avvocato in ragione della sua specifica competenza professionale, l'affidamento dell'incarico professionale può provenire anche da un soggetto diverso dalla stessa parte rappresentata in giudizio. In tale caso, gli effetti del contratto di patrocinio si producono, salvo patto contrario, direttamente nella sfera giuridica della parte a favore della quale il contratto è stato concluso. Il “cliente”, infatti, non è sempre colui che rilascia la procura ad litem, ma è a volte chi affida il mandato di patrocinio al legale, e, che avendogli chiesto la prestazione della sua opera, si obbliga direttamente, come soggetto del negozio se l'incarico sia stato accettato ed assolto, alla corresponsione del relativo compenso, pure se il patrocinio sia stato svolto a favore di un terzo (Cass. civ., sez.II, 15 gennaio 2000, n.405). Il rapporto di clientela, legato al conferimento dell'incarico anche ad opera di un terzo, va, infatti, distinto dal rapporto procuratorio che si instaura tra l'avvocato e la parte. In virtù di tale rapporto l'avvocato, indipendentemente da chi gli abbia conferito l'incarico e dal rilascio della procura ad litem, agisce nei confronti del terzo in rappresentanza della parte, nella cui sfera giuridica si producono gli effetti, positivi o negativi, dell'attività da lui svolta, e, verso la quale, risponde anche degli eventuali danni causati dalla sua negligente condotta (Cass., n. 10454/2002). Pertanto, al pagamento delle competenze professionali è obbligato colui che dà l'incarico al legale e che è parte del contratto di prestazione d'opera intellettuale, che non necessariamente è la stessa persona che conferisce la procura ad litem al medesimo professionista (Cass., n.405/2000). Secondo Cass. civ., sez.II, 29 agosto 2014, n.18450, ne consegue che per l'attività svolta nell'ambito del processo si richiede l'accertamento, anche di ufficio, della validità del conferimento della procura ad litem, quale presupposto per il riconoscimento dell'eventuale compenso spettante al difensore per le prestazioni da lui svolte nel giudizio stesso, non potendo l'eventuale invalidità della procura alle liti, da conferirsi nelle forme di legge, essere superata, ai fini del riconoscimento di detto compenso professionale, dal contratto di patrocinio che può riferirsi solo ad un'attività extragiudiziaria, svolta dal professionista legale in favore del proprio cliente, sulla base di un rapporto interno, di natura extraprocessuale, con il cliente stesso, rapporto che rimane quindi ben distinto dalla procura ad litem. Ciò premesso, il formale conferimento della procura alle liti ed il concreto esercizio della rappresentanza processuale della parte possono configurare anche il perfezionamento in forma scritta del sottostante contratto di patrocinio, come è stato ritenuto nell'ipotesi in cui la parte conferente sia l'organo rappresentativo di un ente pubblico (Cass., n.13963/2006). Tuttavia, come già affermato in precedenza dai giudici di legittimità, la distinzione tra rapporto endoprocessuale nascente dalla procura ad litem e rapporto di patrocinio, in virtù del quale si è ritenuto possibile individuare come cliente, e cioè obbligato al pagamento del compenso nei confronti dell'avvocato, un soggetto diverso da colui che ha rilasciato la procura ad litem, non esclude la necessità di provare il conferimento dell'incarico da parte del terzo, dovendosi, in difetto, presumere che il cliente è colui che ha rilasciato la procura ad litem al difensore (Cass. civ., sez. III, 28 marzo 2012, n. 4959). Ciò sulla scorta del principio secondo cui la parte che agisce per il conseguimento del compenso ha l'onere di provare il conferimento dell'incarico da parte del terzo, dovendosi, in difetto, presumere che il cliente sia colui che ha rilasciato la procura ad litem. Il “cliente”, pertanto, può essere anche un avvocato verso un altro avvocato, al quale, il primo abbia affidato il mandato di patrocinio di un proprio cliente (Cfr. Cass. civ., 6 dicembre 1988, n. 6631), ad esempio per ragioni di incompatibilità nell'assunzione della difesa in giudizio, come peraltro verificatosi nella sentenza in commento. In tal caso, collateralmente al rapporto di mandato instauratosi per effetto della procura ad litem rilasciata dalla parte che deve stare in giudizio, si instaura un'altro, distinto rapporto, interno ed extraprocessuale, regolato dalle norme di un ordinario mandato, in virtù del quale la posizione di “cliente” viene assunta non dal patrocinato, ma da chi ha richiesto, per lui, l'opera professionale. E' proprio questo distinto rapporto interno ed extraprocessuale, regolato dalle norme dell'ordinario contratto di mandato, a dovere deve essere provato, eventualmente dimostrandosi anche per via indiziaria ma non semplicemente affermandosi, che la procura ad litem è soltanto lo strumento tecnico necessario all'espletamento della rappresentanza giudiziaria della parte, nel cui interesse, è stata richiesta (Cass. civ., sez. II, 20 novembre 2013, n. 26060). Naturalmente, perché sorga in capo ad un soggetto diverso da chi ha conferito il mandato ad litem l'obbligo di provvedere al pagamento degli onorari e delle spese di giudizio, è necessario che risulti in modo certo ed inequivoco che questo soggetto abbia autonomamente conferito al legale l'incarico di svolgere la sua opera professionale a favore del patrocinando (Cass. civ., sez.II, 8 giugno 1996, n.5336).
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