Irrilevanza della distinzione fra garanzia propria ed impropria ai fini dell'individuazione dei poteri conferiti mediante la procura alle liti

Sergio Matteini Chiari
31 Agosto 2017

Premesso breve cenno sulla chiamata in garanzia, viene rammentato che sino a tempi recenti la giurisprudenza di legittimità ha sempre distinto tra garanzia c.d. «propria» e garanzia c.d. «impropria» per vari effetti sul piano processuale.A seguire, viene evidenziato che, in forza di recente intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, la suddetta distinzione è stata «definitivamente» accantonata quanto ai suddetti effetti, in particolare in tema di ampiezza dei poteri attribuiti al difensore mediante il conferimento della procura alle liti (artt. 83 e 84 c.p.c.).
Inquadramento

Riprendendo il discorso iniziato in Irrilevanza della distinzione fra garanzia propria ed impropria in tema di applicazione dell'art. 331 c.p.c. e in

Irrilevanza della distinzione fra garanzia propria ed impropria in tema di deroga ai criteri ordinari di competenza per territorio

, in questa sede ci si occupa della rilevanza della distinzione tra le due suddette specie di garanzia in tema di determinazione dell'ampiezza dei poteri conferiti al difensore mediante il rilascio di procura alle liti.

Le questioni giuridiche

La procura alle liti è l'atto formale («negozio unilaterale esclusivamente processuale, formale e autonomo»- v. Cass., sez. I, 23 novembre 1979, n. 6113) con il quale la parte nomina il difensore ed attribuisce allo stesso il «ministero» di rappresentarla nel processo, vale a dire lo ius postulandi.

Essa si distingue dal rapporto presupposto, il quale ha fonte nel negozio bilaterale (contratto di prestazione d'opera professionale) con cui il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera secondo lo schema del mandato (Cass., sez. II, 29 agosto 2014, n. 18450).

Il mandato ad litem conferisce al difensore il potere di proporre tutte le domande che non eccedano l'ambito della lite originaria (Cass., sez. III, 29 settembre 2015, n. 19223) e comunque tutte le difese che siano comunque ricollegabili all'originario oggetto della causa (Cass., sez. II, 20 marzo 2009, n. 6883); venendo, invece, ritenuto occorrente un mandato ad hoc per compiere atti che importino disposizione del diritto in contesa (v., ex multis, Cass., sez. II, 17 dicembre 2013, n. 28146), nonché per introdurre una nuova e distinta controversia eccedente l'ambito della lite originaria (v. Cass., sez. III, 26 luglio 2005, n. 15619; Cass., sez. II, 7 aprile 2000, n. 4356).

In giurisprudenza è stato più volte affermato che, «secondo una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale e di tutela del diritto di azione e di difesa, stabiliti dagli artt. 24 e 111 Cost.», il difensore deriva la facoltà di proporre tutte le domande ricollegabili all'interesse del suo assistito e riferibili all'originario oggetto della causa, direttamente dall'art. 84 c.p.c., e non dalla volontà della parte che conferisce la procura alle liti, rappresentando tale conferimento non un'attribuzione di poteri, ma semplicemente una scelta e una designazione. Non costituiscono, quindi, elementi idonei a limitare l'ambito dei poteri del difensore, la natura dell'atto con il quale o all'interno del quale viene conferita o la sua collocazione formale (Cass., sez. III, 9 giugno 2014, n. 12897; Cass., sez. un., 14 settembre 2010, n. 19510).

Da ciò, cioè dal fatto che i poteri attribuiti al procuratore deriverebbero dalla legge e non dalla volontà delle parti, si è fatto discendere che al procuratore compete piena discrezionalità tecnica nell'esercizio della causa e, in particolare, di scegliere la condotta processuale ritenuta più rispondente all'interesse del rappresentato, cui resta inibito il potere di condizionare le scelte tecniche del difensore (v., ex multis, Cass., sez. III, 4 febbraio 2002, n. 1439; Cass., sez. II, 7 gennaio 1984, n. 99); fermo restando che il rappresentato conserva la facoltà di revocare la procura e di fruire di un nuovo difensore, ai sensi dell'art. 85 c.p.c.; salva restando, inoltre, la responsabilità del difensore verso il mandante per l'eventuale inosservanza delle istruzioni eventualmente ricevute.

A tale proposito, va rammentato che è consolidata l'opinione secondo cui alla procura alle liti, in assenza di specifica regolamentazione, si applica la disciplina codicistica sulla rappresentanza e sul mandato, avente carattere generale rispetto a quella processualistica (v. Cass., sez. un., 4 maggio 2006, n. 10209; Cass., sez. un., 28 luglio 2005, n. 15783; Cass., sez. un., 6 agosto 2002, n. 11759).

Pur non essendovi dissensi in ordine al principio secondo cui la procura alle liti conferisce al difensore il potere di proporre tutte le domande che non eccedano l'ambito della lite originaria, si sono tuttavia registrati orientamenti interpretativi non univoci relativamente alla facoltà di proporre domanda riconvenzionale od appello incidentale o di dare corso alla chiamata in causa di un terzo.

I contrasti in relazione ai primi due oggetti sono da tempo venuti meno, in entrambi i casi con«vittoria» della tesi affermativa: con riguardo alla domanda riconvenzionale, si veda, da ultimo, Cass., sez. I, 29 ottobre 2015, n. 22118; con riguardo all'appello incidentale, si vedano Cass., sez. un., 14 settembre 2010, n. 19510 e, a seguire, da ultimo, Cass., sez. III, 18 aprile 2013, n. 9463).

Per ciò che attiene alla chiamata in garanzia, cui è dedicato il presente focus, si veda appresso.

Con riguardo alla chiamata di un terzo in causa, con particolare riferimento al rapporto di garanzia, l'orientamento decisamente prevalente sino a tempi recenti nella giurisprudenza di legittimità era nel senso che il difensore del convenuto doveva ritenersi abilitato, dalla procura conferita per resistere alla domanda attrice, a chiamare in causa un terzo in garanzia cd. «propria» (che si ha quando la causa principale e quella accessoria abbiano lo stesso titolo, ovvero quando ricorra una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande) (v. in tal senso, Cass., sez. L, 16 aprile 2014, n. 8898; Cass., sez. II, 29 luglio 2009, n. 17688; Cass., sez. III, Ord. 24 gennaio 2007, n. 1515), tale chiamata venendo ritenuta collocarsi nell'ambito originario della lite o comunque ricollegarsi con l'originario oggetto della lite.

Al contrario, veniva escluso che una procura della suddetta specie consentisse al difensore di esperire contro il terzo azioni fondate su un titolo autonomo e diverso rispetto alla domanda dell'attore, implicanti un'estensione dell'ambito della lite (v. Cass., sez. L, 16 marzo 2006, n. 5817; Cass., sez. III, 26 luglio 2005, n. 15619), e dunque di dare corso a chiamata del terzo in garanzia c.d. «impropria» (che si ha quando il convenuto tenda a riversare su di un terzo le conseguenze del proprio inadempimento in base ad un titolo diverso da quello dedotto con la domanda principale, ovvero in base ad un titolo connesso al rapporto principale solo in via occasionale o di fatto perché risponda in suo luogo, oppure venga condannato a rispondere di quanto sia eventualmente tenuto a prestare all'attore - v., ex multis, Cass., sez. L, 16 aprile 2014, n. 8898; Cass., sez. II, 29 luglio 2009, n. 17688; Cass., sez. III, Ord. 24 gennaio 2007, n. 1515).

A tale stregua, si è, ad esempio, escluso che nel giudizio promosso dal danneggiato da sinistro stradale il difensore del convenuto potesse proporre, avvalendosi del mandato ricevuto solo per resistere alla pretesa azionata nei suoi confronti, domanda di garanzia contro l'assicuratore della parte rappresentata (v. Cass., sez. III, 11 marzo 1992, n. 2929).

Per la chiamata del terzo in garanzia c.d. «impropria» si è ravvisato necessario, pena nullità, il conferimento espresso al difensore (anche) del relativo potere, se del caso mediante nuova procura, in calce o a margine della citazione in chiamata.

Si è peraltro fatta salva l'ipotesi che l'attribuzione di tale potere di chiamata risultasse evincibile dal contesto dell'atto contenente la procura originaria (v. Cass., sez. III, 29 settembre 2009, n. 20825; Cass., sez. III, 25 maggio 2007, n. 12241).

Ed è stato affermato che la verifica dell'effettiva estensione della procura rilasciata al difensore costituisce un obbligo del giudice, a garanzia non tanto delle controparti quanto della stessa parte che l'ha rilasciata, affinché la medesima non risulti esposta al rischio del coinvolgimento in un'ulteriore controversia non voluta, in ragione dell'autonoma iniziativa del proprio difensore (v. Cass., sez. II, 22 novembre 1996, n. 10307).

Ogni questione ha avuto soluzione in forza di recente intervento delle Sezioni Unite, le quali, con sentenza 14 marzo 2016, n. 4909, hanno a chiare note affermato che dal principio affermato dalla precedente sentenza delle Sezioni Unite 14 settembre 2010, n. 19510, secondo cui i poteri del difensore discendono direttamente dalla legge, la procura valendo solamente a realizzare la scelta e la designazione dell'avvocato e a far emergere la relativa eventuale limitazione in base alla volontà della parte, deve correttamente trarsi, «quale ulteriore corollario, che la procura, ove risulti … conferita in termini ampi e comprensivi ("con ogni facoltà"), in base a un'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale idonea a dare attuazione ai principi di tutela del diritto di azione e di difesa nonché di economia processuale (artt. 24 e 111 Cost.) deve intendersi come idonea ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le azioni necessarie o utili per il conseguimento del risultato a tutela dell'interesse della parte assistita. Ivi ricompresa, pertanto, l'azione di garanzia c.d. impropria, volta come detto a salvaguardare l'interesse della parte mediante la chiamata in causa del terzo, perché risponda in suo luogo o venga condannatoa tenerla indenne di quanto risulti eventualmente tenuta a prestare all'attore».

In conclusione

Mediante l'intervento delle Sezioni Unite ricordato nel precedente paragrafo, si è dato corso a deciso revirement rispetto all'orientamento tradizionale.

Nell'attualità, la procura alle liti che sia stata conferita in termini «ampi e comprensivi» (ad es., mediante la formula «con ogni facoltà») deve ritenersi idonea ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le necessarie iniziative per la tutela dell'interesse della parte assistita, ivi inclusa la chiamata del terzo a garanzia c.d. «impropria».

In altri termini, deve ritenersi che dal conferimento di un ampio mandato ad litem siano attribuiti all'avvocato estesi poteri discrezionali nella difesa del rappresentato, salvo gli specifici limiti che siano espressamente ricavabili dal mandato stesso.

Non appare inopportuno rammentare che in dottrina è stato subito annotato che, pur data l'esattezza e la condivisibilità dei principi affermati dalle Sezioni Unite con le sentenze 19510/2010 e 4909/2016, e pur riconosciuta, conseguentemente, l'effettività del potere del difensore di proporre anche domande di garanzia, «propria» od «impropria», deve ritenersi non dubitabile che l'esercizio di tale potere debba essere esercitato con le dovute cautele e debba ritenersi «condizionato» al consenso (preferibilmente scritto) della parte rappresentata.

Ed invero, laddove la domanda di garanzia nei confronti del terzo chiamato dovesse manifestarsi palesemente infondata, potrebbero derivarne oneri (inclusa soccombenza per spese) di non parvo rilievo a carico del soccombente nel rapporto con il terzo chiamato (v. Cass., sez. VI, 21 aprile 2017, n. 10070 e Cass., sez. III, 8 aprile 2010, n. 8363).

Nonché responsabilità professionale, nei confronti del difensore potrebbe profilarsi, nei suddetti casi ed in quelli ad essi assimilabili, anche responsabilità disciplinare (si vedano, sia per i precetti che per le sanzioni, fra gli altri, gli artt. 9 e 10 e gli artt. 23 e 27 del Codice deontologico forense vigente).

Ciò, secondo la dottrina citata, in quanto il riferimento alle norme di legge attributive al difensore dei poteri esercitabili in causa – affermazione da cui è stato tratto il «corollario» dell'idoneità della procura conferita «con ogni facoltà» ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le azioni necessarie o utili per il conseguimento del risultato a tutela dell'interesse della parte assistita, ivi ricompresa l'azione di garanzia c.d. «impropria», va fatto non tanto o non soltanto all'art. 84 c.p.c., bensì all'ordinamento forense.

Guida all'approfondimento

COSTANTINO G., Garanzia (chiamata in), in Dig. Civ., VIII, Torino 1992, 596;

DI MARZIO, Procura alle liti «con ogni facoltà»? L'avvocato può chiamare qualunque terzo, Processocivile.it 2016;

GIORDANO, Procura alle liti e garanzia impropria tra diritto alla difesa ed ossimori del formalismo, Giur. It. 2017, 2, 353;

LUISO F., Diritto processuale civile, 1, 2, Il processo di cognizione, Milano 2015;

SACCHETTINI, L'iniziativa del legale sembra consigliabile ma non priva di rischi, Guida dir. 2016, 17, 26

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