Efficacia della procura “in ogni stato e grado del processo” in caso di sopravvenuta cessazione dalla carica del legale rappresentante della società
05 Giugno 2017
Massima
La procura, conferita al difensore dall'amministratore di una società di capitali «per ogni stato e grado della causa» è valida anche per il giudizio di appello e resta tale anche se l'amministratore, dopo il rilascio del mandato e prima della proposizione dell'impugnazione, sia cessato dalla carica. Il caso
All'esito del primo grado di un giudizio di impugnativa di licenziamento, il Tribunale di Roma, accogliendo il ricorso proposto dal lavoratore, ne disponeva la reintegra nel posto di lavoro, con condanna della società datrice di lavoro al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento alla reintegra. Avverso tale decisione la società proponeva appello e, costituitosi in giudizio, il lavoratore eccepiva preliminarmente la nullità dell'appello principale sul presupposto che la procura alle liti, rilasciata a margine dell'atto di primo grado dal legale rappresentante, avesse perso efficacia per il sopravvenuto mutamento del rappresentante legale della società. La Corte d'Appello di Roma respingeva l'eccezione preliminare di nullità dell'appello, in virtù del fatto che la procura, mai revocata, non avesse perso efficacia per l'intervenuto mutamento del rappresentante istituzionale dell'ente. Avverso la decisione della Corte d'Appello di Roma era proposto ricorso per Cassazione e, con il primo motivo di ricorso, si prospettava la violazione e falsa applicazione dell'art. 83 c.p.c. poiché erroneamente i giudici del gravame avevano ritenuto che la procura, non sottoscritta dal nuovo legale rappresentante della società, potesse conservare efficacia. La Corte di Cassazione, con la decisione in esame, rigetta il motivo di ricorso, richiamando il consolidato orientamento secondo cui la procura conferita dall'amministratore di una società di capitali, con l'espressa dicitura “per ogni stato e grado della causa” continua a produrre effetti, in mancanza di revoca, anche in caso di sostituzione della persona titolare del potere rappresentativo della persona giuridica. Sulla base di questa premessa i giudici della Suprema Corte ribadiscono, quindi, il principio secondo cui in questi casi le vicende modificative e sostitutive delle persone che ricoprono cariche societarie rappresentative dell'ente giuridico non si ripercuotono sull'efficacia della procura alle liti che continua a produrre effetti se non specificamente revocata. La questione
La sentenza in commento affronta, principalmente, nell'esaminare il primo motivo di ricorso, la problematica relativa ai rapporti tra vicende societarie - ed in particolare quelle concernenti i soggetti che rivestono la carica di legale rappresentante della società - ed efficacia della procura alle liti. Secondo la prospettazione della parte ricorrente in Cassazione, infatti, che già aveva visto la propria tesi respinta dalla Corte d'Appello di Roma, le vicende soggettive si ripercuotono necessariamente sull'efficacia della procura alle liti, nel senso che questa non produce più effetti quando la persona fisica, titolare dell'organo rappresentativo nel momento in cui la procura era stata rilasciata, sia sostituita senza che a ciò si accompagni la manifestazione di volontà del nuovo rappresentante legale della persona giuridica, che confermi la volontà manifesta dal precedente di conferire la procura alle liti. Diversamente la Corte di Cassazione, nel richiamare un orientamento consolidato e stratificato nel tempo (cfr. Corte di Cassazione, sentenze n. 11536/2014, n. 21563/2008, n. 11847/2007, n. 5319/2007, n. 8281/2006, n. 13434/2002 e n. 11635/2001), ribadisce che occorre guardare all'imputazione giuridica dell'atto, ossia, nel caso di specie, del conferimento della procura, che avviene direttamente in capo alla società, senza che, quindi, possa rilevare il fatto che il legale rappresentante della società sia mutato, e sempre che non sia intervenuta la revoca della procura da parte del nuovo legale rappresentante. Il principio richiamato, più volte ribadito dalla Suprema Corte nelle sentenze citate, trae il proprio fondamento dalla necessità di tenere distinte, con riferimento alle persone giuridiche, ed in particolare alle società di capitali, le vicende modificative della compagine sociale, ed in particolare del ruolo di amministratore/legale rappresentante, da quelle relative alla validità ed efficacia della procura alle liti conferita in nome e per conto delle persone giuridiche medesime. Poiché il legale rappresentante altro non è che la persona che agisce all'esterno in nome e per conto dell'ente, è evidente, allora, che la relativa sostituzione non incide sull'operatività della procura alle liti conferita dal precedente legale rappresentante qualora manchi un'espressa revoca della procura ad opera del nuovo legale rappresentante. Le soluzioni giuridiche
La decisione in commento, nell'affermare il principio di diritto secondo cui la procura conferita all'avvocato dal legale rappresentante della società accompagnata dall'espressa dicitura “in ogni stato e grado del giudizio”, non cessa di avere efficacia, in mancanza di revoca espressa, per il solo fatto che sia intervenuta la cessazione dalla carica del legale rappresentante che concretamente l'aveva conferita, si pone in linea di continuità con un orientamento giurisprudenziale consolidato che, come già in parte osservato, riconduce il principio in questione alle peculiarità che derivano dal modo di agire delle società: queste ultime, infatti, in quanto enti giuridici, per poter manifestare all'esterno la propria volontà, devono necessariamente agire per il tramite di persone fisiche attraverso il meccanismo della cd. immedesimazione organica, con la conseguenza che le vicende che riguardano le singole persone fisiche che hanno agito in nome e per conto dell'ente non si ripercuotono automaticamente su quest'ultimo. Si tratta, in altri termini, di una ovvia e necessaria conseguenza del fatto che occorre scindere in questo caso il piano relativo alle vicende dell'ente da quello che investe le persone che lo rappresentano. Esso, in altri termini, deriva dal fatto che l'atto che viene in rilievo - nel caso di specie il rilascio della procura - è un atto riferibile ed imputabile alla persona giuridica e non alla persona fisica che la rappresentava nel momento in cui è stato posto in essere (cfr. sul punto Corte di Cassazione, sentenza n. 11847 del 22 maggio 2007), e ciò in ossequio ai principi generali che governano la rappresentanza, secondo i quali gli atti compiuti dal rappresentante in nome e per conto del rappresentato producono effetti direttamente nella sfera giuridica di quest'ultimo. Oltre a questo elemento, correlato, evidentemente alle peculiarità dell'agire degli enti immateriali, la decisione in commento valorizza la circostanza che la procura originariamente rilasciata fosse accompagnata dall'espressione “per ogni stato e grado della causa”. Infatti, poiché nel caso di specie la modifica del legale rappresentante interveniva prima della proposizione dell'impugnazione, il permanere dell'efficacia della procura dipendeva anche dal fatto che questa non fosse limitata al primo grado di giudizio. Tale precisazione è indispensabile, considerata la presunzione prevista dall'art. 83, ultimo comma, c.p.c., in base alla quale la procura si presume conferita soltanto per un determinato grado di giudizio, salvo, appunto, l'espressa diversa volontà (in questo senso anche Cass. Sez.Un. n. 5528/1991). Si tratta, a ben vedere, di un profilo solo apparentemente scollegato dal primo: infatti, l'estensione dell'efficacia della procura viene correlata anche alla formula utilizzata per il relativo conferimento perché è proprio da questa che si ricava la volontà della società di conferire una procura alle liti che non esaurisca i propri effetti nel primo grado di giudizio. In altri termini, ciò che assume rilievo decisivo è il fatto che si sia in presenza di una procura alle liti che è stata conferita da una società che manifesta la propria volontà mediante persone fisiche e la cui manifestazione di volontà va necessariamente esaminata per poterne verificare l'effettiva portata. Osservazioni
Il principio di diritto affermato nella decisione in commento, ed anche, come osservato, in altre numerose decisioni della Suprema Corte (tra tutte si veda Corte di Cassazione, sentenza n. 11635/2001), riferito specificamente al permanere dell'efficacia della procura nel successivo grado di appello, si ricollega al più generale principio, secondo cui la “sostituzione della persona titolare dell'organo avente il potere di rappresentare in giudizio la persona giuridica non è causa di estinzione della procura alle liti, la quale continua a operare a meno che non sia revocata dal nuovo rappresentante legale” (cfr. Corte di Cassazione, sentenze n. 5310/2007, n. 15506/2004 e n. 6292/1998). Non è un caso, quindi, che questo principio sia stato affermato anche con riferimento all'ipotesi in cui si verifichino delle trasformazioni in ambito societario: anche i mutamenti formali della società, infatti, poiché danno luogo non all'estinzione della stessa, né alla creazione di un nuovo centro d'interessi, ma solo ad un mutamento della veste in cui essa agisce, implicano non soltanto che essa non perda la propria identità soggettiva, ma anche che conservi efficacia la procura alle liti conferita prima dell'intervenuto mutamento societario. Il che vale anche nell'ipotesi in cui la società sia posta in liquidazione, ipotesi in cui alla figura del precedente legale rappresentante subentra quella del liquidatore (cfr. la già citata sentenza n. 11847/2007) senza che, per ciò solo, gli atti posti in essere dal primo divengano inefficaci. Né si pone in contrasto con ciò il fatto che, invece, il ricorso per Cassazione, nel caso in cui sia proposto da una società, debba essere presentato da un difensore iscritto nell'apposito albo e munito di procura speciale che, in quanto tale, dovrà essere necessariamente rilasciata dal soggetto che, in quel determinato momento, risulti concretamente titolare del potere rappresentativo dell'ente: si tratta, infatti, di una deroga al principio generale conseguenza della specifica previsione dell'art. 365 c.p.c., che richiede per il ricorso per Cassazione il rilascio di procura speciale ad hoc, e che, quindi, non implica l'affermazione di un principio generale diverso da quello ribadito ripetutamente dalla Corte di Cassazione. La soluzione tesa a rendere irrilevanti le vicende successive al rilascio della procura rispetto all'efficacia della stessa, oltre ad essere espressione di principi di carattere generale in tema di rappresentanza degli enti giuridici, risulta anche quella maggiormente idonea ad evitare l'insorgenza di problemi di carattere pratico legati alla possibilità, certamente frequente nella vita di una società, che vi siano dei mutamenti negli organi societari. Infatti, l'eccezione di nullità dell'atto di appello, che, nella fattispecie concretamente esaminata, è stata sollevata nel secondo grado di giudizio e reiterata nel giudizio di Cassazione concluso con la sentenza in commento, portata alle estreme conseguenze, potrebbe essere sollevata anche nel corso del giudizio ogni qual volta in cui si apprenda che vi sono state vicende modificative soggettive delle persone fisiche titolari dell'organo rappresentativo dell'ente. È evidente, allora, che aderire ad un orientamento diverso, rendendo cioè automaticamente rilevanti i mutamenti soggettivi dei titolari degli organi rappresentativi della società, determinerebbe una situazione di continua incertezza nello svolgimento del giudizio e non solo della fase successiva ed eventuale dell'impugnazione, perché implicherebbe che ad ogni modifica del legale rappresentante debba seguire una specifica ed espressa presa di posizione del nuovo rappresentante legale che confermi la pregressa volontà manifestata in nome e per conto dell'ente. |