Misura coercitiva indiretta per l’amministratore condominiale che non comunica ai creditori insoddisfatti i dati dei condomini morosi
03 Gennaio 2017
Massima
È meritevole di accoglimento l'istanza di irrogazione, ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., di una misura coercitiva indiretta a carico dell'amministratore condominiale che abbia violato il precetto di cui all'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., rifiutandosi di comunicare ai creditori non ancora soddisfatti del condominio, che lo avevano interpellato, i dati relativi ai condomini morosi, poiché si ricade nell'alveo degli obblighi di fare infungibile, insuscettibili di esecuzione per surrogazione di un organo terzo. Il caso
In entrambi i casi evocati, attraverso l'attivazione di un procedimento sommario di cognizione, un'impresa edile, costituita sotto forma societaria, che aveva eseguito lavori di manutenzione straordinaria (rifacimento delle facciate esterne, dei frontalini dei balconi, ecc.) su edifici condominiali, chiedeva la condanna dell'amministratore condominiale a fornire i dati relativi ai condomini morosi, ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., allo scopo di escuterli preventivamente quanto al pagamento del corrispettivo dovuto in ordine ai lavori eseguiti, nei limiti della quota loro spettante. Al riguardo, le società interessate deducevano: di avere eseguito i lavori, di non aver soddisfatto interamente il loro credito, di avere richiesto, senza esito, agli amministratori dei rispettivi Condomini i nominativi dei condomini morosi che non avevano saldato le quote loro spettanti per il pagamento dei corrispettivi pattuiti. Evidenziavano che il rifiuto opposto dagli amministratori era del tutto immotivato. Sostenevano, ancora, che la necessità di avere notizia di tali dati era funzionale all'esercizio della facoltà di agire preventivamente verso tali condomini per ottenere il pagamento nei limiti delle quote loro facenti carico, poiché le obbligazioni assunte dall'amministratore, o comunque nell'interesse del Condominio, non rientravano tra le obbligazioni solidali, ma tra quelle parziarie. Chiedevano, altresì, che la condanna a rendere tale comunicazione fosse assistita da una misura coercitiva indiretta per ogni giorno di ritardo, ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., secondo la versione vigente ratione temporis, ossia antecedente alla riforma di cui all'art. 13, comma 1, lett. cc-ter), della legge di conversione 6 agosto 2015, n. 132 del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, che ha introdotto la modifica dell'art. 614-bis c.p.c. con decorrenza dal 21 agosto 2015. Si trattava, infatti, di procedimenti sommari di cognizione, il cui ricorso introduttivo è stato depositato prima di tale data. In proposito, rilevavano che l'obbligo dell'amministratore di dare corso a tale comunicazione, ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., non poteva trovare attuazione diretta, attraverso l'apertura del procedimento esecutivo in forma specifica per gli obblighi di fare, trattandosi di obbligazione non surrogabile a cura di un organo terzo. I Giudici aditi, con le ordinanze conclusive dei procedimenti sommari di cognizione instaurati, accoglievano la domanda principale, condannando gli amministratori dei rispettivi Condomini resistenti a fornire alle società interessate i dati relativi ai condomini morosi e, in via accessoria, ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., come introdotto dall'art. 49 della legge 18 giugno 2009, n. 69, disponevano che l'attuazione della condanna principale fosse garantita dalla previsione di una misura coercitiva indiretta di euro 50,00 per ogni giorno di ritardo nella comunicazione di tali dati. Siffatta condanna futura, condizionata e accessoria era accordata sulla base del fatto che l'obbligo cui era tenuto l'amministratore condominiale, ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., aveva natura infungibile, ossia non poteva essere rimesso all'intervento sostitutivo di un organo terzo, ma esigeva l'indefettibile cooperazione della parte tenuta. Sicché ricorrevano le condizioni per disporre una misura conformativa della condanna principale. La questione
La domanda principale spiegata dalle società istanti era fondata sull'interesse ad acquisire i nominativi dei condomini morosi, nella prospettiva di escuterli preventivamente rispetto agli altri condomini in regola con i pagamenti, ai sensi dell'art. 63, comma 2, disp. att. c.c., nei limiti delle quote loro spettanti (Trib. Milano 27 maggio 2014; Trib. Reggio Emilia 16 maggio 2014). E ciò facendo leva sulla circostanza che, in ordine alle obbligazioni di natura pecuniaria assunte dall'amministratore o, comunque, nell'interesse del condominio, nei confronti di terzi - in difetto di un'espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà e in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio -, la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie (Cass., Sez. II, 10 aprile 2015, n. 7275; Cass., Sez. Un., 8 aprile 2008, n. 9148). Secondo l'opinione prevalente in dottrina, da un lato, il riconoscimento della possibilità dei creditori del condominio di agire nei confronti dei condomini morosi non configura alcun rapporto diretto tra creditori e condomini morosi, piuttosto attribuisce a detti creditori una legittimazione sostitutiva, ai sensi dell'art. 2900 c.c., qualora l'amministratore non abbia assolto l'obbligo di curare la riscossione delle quote dovute, ai sensi dell'art. 1129, comma 9, c.c.; dall'altro lato, il previsto vincolo di sussidiarietà (beneficium excussionis) in ordine dell'escussione dei condomini in regola, a fronte della preventiva escussione dei condomini morosi, non esclude la natura parziaria delle obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi, poiché il legame tra le due tipologie di condomini è assimilabile ad una garanzia fideiussoria costituita ex lege (Trib. Alessandria 17 luglio 2015; Trib. Pescara 18 dicembre 2013), sicché essi risponderanno comunque pro quota e non per l'intero (contra, per la natura solidale dell'obbligo, Trib. Palermo 23.06.2015; Trib. Catania 26 maggio 2014). Quanto alla comunicazione cui è tenuto l'amministratore, si tratta di un dovere legale di salvaguardia dell'aspettativa di soddisfazione dei terzi titolari di crediti derivanti dalla gestione condominiale; esso delinea un obbligo di cooperazione con il terzo creditore, posto direttamente dalla legge in capo all'amministratore. Per condomini morosi si intendono quei partecipanti al condominio che non abbiano versato all'amministratore la loro quota di contribuzione alla spesa necessaria per il pagamento di quel determinato terzo creditore. La comunicazione dei dati relativi ai condomini morosi, in favore dei terzi creditori, non esige alcuna verifica della sussistenza del consenso del condomino interessato, o della causa di esonero dal consenso, ex art.24, lett. f), d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, prevista per le ipotesi di trattamento volto a far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria. La superfluità del consenso dei condomini inadempienti al trattamento dei loro dati personali discende, infatti, dalle prime due cause di esonero contemplate dal citato art. 24. L'immotivato rifiuto dell'amministratore è palesemente contrario al canone della buona fede oggettiva, dovendosi a tal riguardo intendersi un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, la cui costituzionalizzazione è ormai pacifica. Dinanzi a tale rifiuto, non vi era altra strada da percorrere se non la via giudiziale. Nondimeno, la condanna giudiziale a rendere tali informazioni non avrebbe garantito la soddisfazione dell'interesse sotteso alle situazioni giuridiche soggettive fatte valere, poiché, nel caso di persistente inadempienza degli amministratori, nonostante la condanna disposta, era escluso che tali comunicazioni si sarebbero potute ottenere attraverso l'intervento surrogatorio dello Stato. Infatti, in sede di esecuzione per obblighi di fare, il giudice non avrebbe avuto la possibilità di demandare l'acquisizione e la comunicazione di tali dati a terzi. Questa condizione di esclusiva pertinenza dell'attuazione dell'obbligazione all'amministratore condominiale tenuto, per un verso, sul piano qualificatorio, attribuiva a detta obbligazione natura infungibile e, per altro verso, sul piano prettamente processuale, legittimava i ricorrenti ad invocare un provvedimento compulsorio, che avesse valenza rafforzativa in ordine all'esecuzione spontanea della condanna principale. Il relativo quadro normativo si riferisce alle fattispecie delineate dalla versione originaria dell'art. 614-bis c.p.c., secondo cui, almeno secondo l'interpretazione prevalente, ricavata dalla rubrica dell'articolo, il provvedimento di condanna avrebbe potuto essere corredato dalla previsione di una condanna accessoria, con finalità induttiva o incentivante dell'esecuzione della condanna principale, solo qualora quest'ultima avesse avuto ad oggetto un obbligo di fare infungibile o di non fare. Per converso, secondo l'attuale versione della norma, come modificata dall'art. 13, comma 1, lett. cc-ter), della legge di conversione 6 agosto 2015, n. 132 del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, con decorrenza dal 21 agosto 2015, le misure coercitive indirette possono assistere l'esecuzione degli obblighi di consegna o rilascio e, in generale, degli obblighi di fare o non fare, indipendentemente dal requisito dell'infungibilità, essendo preclusa l'applicabilità dell'istituto di esecuzione indiretta per i soli provvedimenti di condanna all'adempimento di obblighi consistenti nel pagamento di somme di denaro (oltre che alle controversie di lavoro subordinato, pubblico o privato, e parasubordinato). Le soluzioni giuridiche
Secondo gli arresti in commento, l'obbligo dell'amministratore condominiale di fornire i dati relativi ai condomini morosi, nei confronti dei creditori del condominio che non abbiano ancora soddisfatto il loro credito, allo scopo di agire preventivamente verso tali condomini morosi, ha natura infungibile e, in conseguenza, la relativa condanna giudiziale si presta ad essere assistita da una misura dissuasiva dell'inadempimento. Tale misura si traduce nel pagamento di una somma di denaro, in favore dell'avente diritto insoddisfatto, o per la definitiva inosservanza della condanna principale o per il ritardo nella sua esecuzione. L'infungibilità dell'obbligo non deve essere intesa soltanto in termini aprioristici e assoluti (materialmente o giuridicamente), ma deve fare riferimento ad una valutazione dinamica e concreta dell'obbligazione nel suo plastico esplicarsi. Infatti, tutte le obbligazioni che in ambito processuale, per il loro concreto modo di atteggiarsi, si rivelino insuscettibili di attuazione mediante l'intervento surrogatorio di un terzo, quand'anche in astratto si prestino alla realizzazione satisfattiva rimessa ad un soggetto diverso dall'obbligato, sono connotate dal requisito dell'infungibilità e, come tali, devono essere tutelate attraverso il riconoscimento delle misure di esecuzione indiretta. In proposito, si richiama il concetto di infungibilità processuale, nel cui novero ricadono anche le obbligazioni la cui attuazione surrogatoria appaia ostacolata da impedimenti oggettivi, complessa, difficoltosa o, comunque, non pienamente satisfattiva. Alla categoria dell'infungibilità processuale deve essere ricondotto anche l'obbligo dell'amministratore condominiale di fornire ai creditori aventi diritto i dati dei condomini morosi. Siffatta previsione prospetta un obbligodi cooperazione col terzo creditore, posto direttamente dalla legge in capo all'amministratore ed esulante dai contenuti del programma obbligatorio interno al rapporto di mandato corrente tra condomini ed amministratore. Sicché l'amministratore è tenuto a comunicare al creditore i dati dei condomini morosi, di cui solo questi dispone. Si tratta per l'amministratore di un dovere legale di salvaguardia dell'aspettativa di soddisfazione dei terzi titolari di crediti derivanti dalla gestione condominiale. La sua eventuale inerzia diviene sanzionabile: sia prestandosi al riconoscimento di uno strumento di pressione psicologica diretto ad agevolare l'adempimento; sia consentendo di avvalersi del rimedio ristoratorio per equivalente. Osservazioni
A fronte di un obbligo di fare infungibile, che si manifesta nella subordinazione della sua attuazione alla necessaria condotta cooperativa del debitore, la condanna giudiziale al relativo adempimento può essere supportata dalla previsione di una specifica misura di deterrenza. Siffatta ipotesi ricorre appieno qualora sia disposta la condanna dell'amministratore condominiale a fornire i dati dei condomini morosi, in favore dei creditori del condominio non ancora soddisfatti, ai sensi dell'art. 63, comma 1, ultima parte, disp. att. c.c. Segnatamente, qualora la facoltà di interpello di cui può avvalersi il creditore non abbia prodotto esito alcuno, il medesimo creditore potrà agire in giudizio, anche nelle forme del rito sommario di cognizione, per ottenere la condanna giudiziale alla comunicazione di tali dati. Essi, sul piano sostanziale, sono strumentali a consentire la preventiva escussione dei condomini morosi, ai sensi dell'artt. 63, comma 2, disp. att. c.c., nei limiti delle quote loro spettanti, qualora vi sia incapienza del fondo comune. Dinanzi a tale pretesa, sussiste un preciso obbligo dell'amministratore di rendere tali informazioni, la cui concreta fruizione non può prescindere dalla necessaria opera di cooperazione dell'amministratore stesso, che deve rendersi parte diligente nell'attingere tali dati dai documenti condominiali di cui è custode. Si rientra, pertanto, a tutti gli effetti, nel novero degli obblighi di fare infungibile. E ciò perché, in ragione della violazione di tale preciso obbligo di fare ricadente sull'amministratore del condominio, è in concreto infungibile la sottesa prestazione. L'organo terzo non può rendere tali dati, di cui l'amministratore condominiale dispone in ragione del ruolo che riveste e dei documenti che a tale titolo ha sotto il proprio controllo, o comunque incorrerebbe in notevoli difficoltà nell'acquisirli. Solo nel caso in cui la prestazione sia fungibile, la condanna può essere attuata tramite la tecnica dell'esecuzione forzata, consistente nel sostituire un terzo all'obbligato; in caso di infungibilità, invece, l'attuazione della condanna deve essere garantita dalla predisposizione di un adeguato sistema di misure coercitive, volte a premere psicologicamente sull'obbligato perché adempia spontaneamente. Nondimeno, la distinzione tra fungibilità e infungibilità della prestazione si rivela, nella pratica, molto meno chiara di quanto non appaia in teoria. E ciò perché spesso si rinvengono obblighi di fare che, pur potendo essere considerati (materialmente o giuridicamente) fungibili, comportano però particolari difficoltà o complessità, qualitative o quantitative, nella loro esecuzione da parte di un terzo. Si pensi all'obbligo dell'imprenditore di effettuare le opere necessarie per la tutela della salute fisica dei lavoratori exart. 2087 c.c.; agli obblighi di manutenzione che gravano sul locatore in relazione ai servizi comuni dell'edificio; agli obblighi di adozione degli accorgimenti opportuni per impedire la prosecuzione di immissioni che superano la normale tollerabilità; e in genere agli obblighi qualificati di rendere particolari informazioni (della società verso i propri soci, del genitore collocatario in favore del genitore non collocatario circa il luogo di dimora della prole). Anche l'obbligo dell'amministratore di condominio di fornire i dati dei condomini morosi ai creditori che ne abbiano fatto interpello rientra in tale categoria, poiché di difficile surrogazione a cura di un terzo. Ne segue che la tecnica dell'esecuzione forzata si mostra come strutturalmente inadeguata a garantire l'attuazione di tale obbligo. In specie, il presidio delle misure di coercizione indiretta si giustifica in ragione della ricorrenza: a) di obblighi di fare ex ante materialmente o giuridicamente infungibili, cioè di obblighi per l'adempimento dei quali è sempre necessaria la cooperazione dell'obbligato; b) di obblighi di fare che, pur potendo essere considerati fungibili, comportino particolari difficoltà o complessità quantitative o qualitative ad essere eseguiti da parte di un terzo. In questa prospettiva, le ordinanze in commento hanno correttamente riconosciuto la comminatoria di una misura sollecitatoria per il ritardo nell'esecuzione della condanna principale. E ciò in forza del regime vigente ratione temporis. Per converso, in base all'attuale assetto normativo, le misure di coercizione indiretta possono essere emesse, su istanza di parte, per tutte le condanne aventi ad oggetto un obbligo diverso dal pagamento di somme di denaro. Sicché la questione relativa all'individuazione della natura infungibile dell'obbligo non ha più ragione di essere o, almeno, non ha una valenza dirimente per la delimitazione del campo applicativo delle comminatorie. Semmai si pongono altri profili critici, fra cui quello della convergenza tra sistemi rimediali esecutivi, diretti e indiretti. Le misure di esecuzione indiretta si prestano, infatti, ad essere irrogate a supporto di qualsiasi provvedimento di condanna avente ad oggetto obblighi di consegna o rilascio, fare o non fare. Così, in attuazione di tale novella, è stato recentemente ammesso che le misure di coercizione indiretta previste dall'art. 614-bis c.p.c. possano trovare applicazione anche al procedimento di sfratto per finita locazione, la cui ordinanza finale ha per oggetto il rilascio dell'immobile locato (Trib. Busto Arsizio 17.12.2015). Quanto agli obblighi di fare, tra cui rientra quello dell'amministratore condominiale di fornire ai creditori i dati relativi ai condomini morosi, alla luce dell'attuale versione della previsione, non ha più senso interrogarsi sulla natura infungibile di tale obbligo, allo scopo di annettervi la declaratoria di uno strumento conformativo. Resta comunque fermo che la previsione di tale misura non mira a raggiungere un fine riparatorio del mancato assolvimento dell'obbligo, né a perseguire un obiettivo afflittivo ex ante. Piuttosto, si tratta di un mezzo di incentivazione all'attuazione dell'obbligo, ancora più essenziale ove la situazione giuridica di cui si invoca tutela non possa essere garantita attraverso il ricorso all'esecuzione forzata diretta. |