Inammissibilità dell'azione di classe e ricorso per cassazione
06 Marzo 2017
Massima
È inammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che dichiari l'inammissibilità dell'azione di classe ex art. 140-bis, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), trattandosi di provvedimento inidoneo a chiudere il procedimento ed unicamente volto a predisporre il piano per la prosecuzione del giudizio e la decisione nel merito. Il caso
La Corte di cassazione, Sezioni Unite civili, con sentenza del 1° febbraio 2017, n. 2610, ha affermato che non è impugnabile con ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost., l'ordinanza di inammissibilità adottata dalla corte d'appello in sede di reclamo relativa ad azione di classe, ai sensi dell'art. 140-bis, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, finalizzata ad ottenere la tutela risarcitoria di un pregiudizio subito dai singoli appartenenti alla classe, e non anche di un interesse collettivo, trattandosi di diritto suscettibile di tutela anche attraverso l'azione individuale risarcitoria. Tale dichiarazione di inammissibilità preclude, peraltro, la riproposizione dell'azione da parte dei medesimi soggetti, ma non da parte di chi non abbia aderito alla relativa azione. La questione
Era stata rimessa alla decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con l'ordinanza 24 aprile 2015, n. 8433, della Terza sezione civile, la questione dell'ammissibilità del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che dichiari inammissibile l'azione di classe di cui all'art. 140-bis, Cod. consumo. L'ordinanza interlocutoria della Terza sezione civile prospettava l'opportunità di prevenire ad un contrasto di giurisprudenza col non condiviso precedente costituito da Cass., sez. I, 14 giugno 2012, n. 9772, ad avviso della quale l'ordinanza d'inammissibilità dell'azione di classe sarebbe sempre fondata su una delibazione sommaria e quindi unicamente finalizzata ad una pronuncia di rito, idonea a condizionare soltanto la prosecuzione di quel processo di classe senza assumere la stabilità del giudicato sostanziale ovvero impedire la riproposizione dell'azione risarcitoria anche in via ordinaria; dal che discenderebbe, appunto, l'inammissibilità del correlato ricorso per cassazione, salvo per quel che attiene la pronuncia sulle spese e sulla pubblicità. Nel frattempo, Cass., sez. I, 21 novembre 2016, n. 23631, ha simmetricamente dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. dell'ordinanza di ammissibilità dell'azione di classe, trattandosi di provvedimento inidoneo a chiudere il procedimento e volto, piuttosto, a predisporre il piano per la prosecuzione del giudizio e la decisione nel merito. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 2610/2017, osservano come dal comma 1 del citato art. 140-bis emerga che l'azione di classe, ove sia proposta unicamente a fini risarcitori e non a tutela di interessi collettivi, non costituisce altro che una modalità processuale, per quanto più incisiva, di esercizio della domanda risarcitoria che si aggiunge allo strumento ordinario individuale. Sicchè, ove si riconoscesse la natura decisoria del provvedimento di inammissibilità reso in sede di reclamo, verrebbe meno altresì la possibilità per il singolo attore proponente l'azione di classe di ottenere altrimenti il medesimo bene della vita. Dal coordinamento dei commi 3 e 15 dell'art. 140-bis, Cod. consumo, le Sezioni Unite desumono che i diritti di chi abbia aderito all'azione di classe non vengono comunque compromessi per il caso in cui l'azione stessa sia stata dichiarata inammissibile. La definitività di contenuto meramente processuale della declaratoria di inammissibilità, inerente le modalità di svolgimento dell'azione in giudizio e non la situazione sostanziale dedotta in giudizio, giustificherebbe , dunque, l'esclusione della ricorribilità ex art. 111, comma 7, Cost. Quindi, l'azione di classe dichiarata inammissibile non è riproponibile dai medesimi soggetti che la hanno proposta o hanno ad essa aderito, ma non pregiudica la proponibilità di altra azione di classe da parte di soggetti diversi da quelli. Le soluzioni giuridiche
Il comma 6 dell'art. 140-bis Cod. Consumo, all'esito, peraltro, delle modifiche introdotte dall'art. 6, comma 1, lett. g), d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. dalla l. 24 marzo 2012, n. 27 (sulle quali si veda A. D. De Santis, Riti a cognizione piena. Modifiche all'azione di classe a tutela del consumatore, in Libro dell'anno del Diritto 2013, Roma, 2013), stabilisce che il tribunale dichiara con ordinanza l'inammissibilità della domanda quando essa sia manifestamente infondata, quando sussista un conflitto di interessi ovvero quando il giudice non ravvisi l'omogeneità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma 2, nonché quando il proponente non appaia in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe. I successivi commi 7 e 8 di questa norma specificano la reclamabilità davanti alla corte d'appello dell'ordinanza che decide sull'ammissibilità, come anche il contenuto di quest'ultimo provvedimento (sulla legittimità costituzionale del giudizio di ammissibilità della domanda, v. A. Proto Pisani, Appunti sulla tutela giurisdizionale degli interessi superindividuali e sulle azioni di serie risarcitorie dei consumatori, in Foro.it, 2010, V, 253). Nulla è però detto circa l'impugnabilità dell'ordinanza emessa in sede di reclamo, e questo dà luogo al problema, qui affrontato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, della sua ricorribilità per cassazione ex art. 111 Cost. È essenziale verificare, in tale prospettiva, quale sia la funzione del preventivo giudizio di ammissibilità dell'azione di classe, onde inferirne se la pronuncia che ne conclami l'esito abbia carattere decisorio rispetto ai diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti di cui al comma 2 dell'art. 140-bis, nonché rispetto agli interessi collettivi rappresentati, come anche carattere definitivo, stante la mancanza di rimedi diversi e l'attitudine a pregiudicare, con l'efficacia propria del giudicato, tali diritti ed interessi, dal che si ricaverebbe l'impugnabilità con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost.. Occorre cioè, come si è scritto, interrogarsi sul se la proponibilità del reclamo davanti la corte d'appello, in punto di ammissibilità dell'azione di classe, possa esaurire la tutela dell'attore collettivo (C. Consolo, B. Zuffi, L'azione di classe ex art. 140 bis Codice del consumo, Padova 2012, 192). Osservazioni
La soluzione passa, dunque, per il tramite dalle risposte da fornire in termini di eventuale idoneità della declaratoria di ammissibilità/inammissibilità dell'azione di classe a produrre con efficacia di giudicato conseguenze di diritto sostanziale, nonché di insussistenza non soltanto di un mezzo di impugnazione avverso essa, ma pure di un qualsiasi altro procedimento tramite cui i diritti omogenei di consumatori e utenti, ovvero gli interessi collettivi rappresentati (oggetto della class action paralizzata), possano essere nuovamente collocati sub iudice, esistendo nel sistema forme di riproposizione di quella stessa domanda, seppur produttive di una diversa litispendenza. Il procedimento pregiudiziale di ammissibilità è volto, invero, alla verifica sommaria dei requisiti di proponibilità dell'azione di classe (analogamente alla c.d. class action regolata negli U.S.A. dall'art. 23 (b) 3 delle Federal Rules of Civil Procedure; in proposito, C. Consolo, È legge una disposizione sull'azione collettiva risarcitoria: si è scelta la via svedese dello “opt-in” anziché quella danese dello “opt-out” e il filtro (L'inutile “precauzione”), in Corr. giur., 2008, 6), verifica compiuta, in pratica, sulla scorta delle allegazioni contenute negli scritti difensivi introduttivi delle parti e sulle risultanze degli atti istruttori all'uopo assunti. Il reclamo davanti alla Corte d'appello avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale configura un rimedio impugnatorio sostitutivo, altrettanto improntato alla celerità (“la corte d'appello decide con ordinanza in camera di consiglio non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso”) seppur aperto alla deduzione di “nova”. Si assume, in modo univoco, che il vaglio di ammissibilità dell'azione di classe sia diretto a preservare l'impresa o il produttore convenuti da pretese temerarie comunque idonee a pregiudicarne l'immagine commerciale, come anche a rassicurare gli appartenenti alla classe circa l'attendibilità della domanda proposta (cfr. R. Caponi, Il nuovo volto della class action, in Foro it. 2009, V, 386; S. Menchini, A. Motto, Art. 140-bis, in www.judicium.it, § 10; F. Santangeli, P. Parisi, Il nuovo strumento di tutela collettiva risarcitoria: l'azione di classe dopo le recenti modifiche all'art. 140-bis cod. cons., in www.judicium.it, § 6; F. Santangeli, Le lacune della nuova azione di classe e i problemi di coordinamento con gli altri strumenti di tutela collettiva, in www.judicium.it, § 3.2.; A.D. De Santis, L'azione risarcitoria collettiva (art. 140 bis d. leg. 6 settembre 2005, n. 206), in La nuova class action e la tutela collettiva dei consumatori, a cura di G. Chiné, G. Miccolis, Roma 2010, 219 ss.; A.D. De Santis, Recenti sviluppi della giurisprudenza sull'azione di classe a tutela dei consumatori, in http://www.treccani.it, 2014; M. Libertini, M. Maugeri, Il giudizio di ammissibilità dell'azione di classe, in Nuova giur. civ. 2010, I, 1045 ss.; A.D. De Santis, La tutela giurisdizionale collettiva. Contributo allo studio della legittimazione ad agire e delle tecniche inibitorie e risarcitorie, Napoli, 2013, 531 ss; F. Camilletti, L'azione collettiva risarcitoria: profili processuali, in Contratti, 2008, 638; M. Bove, Azione collettiva: una soluzione all'italiana lontana dalle esperienze straniere più mature, in Guida dir., 2008, 4, 11-12). La funzione defatigatoria e ad un tempo cautelativa della verifica pregiudiziale di ammissibilità rispetto a possibili distorsioni causate da esercizi abusivi della class action giustificherebbe, secondo una prospettiva di studio, la negazione della natura decisoria (rispetto ai diritti soggettivi azionati con la domanda risarcitoria collettiva) dell'ordinanza conclusiva del subprocedimento, il quale, sebbene strutturato su un giudizio diffuso in due gradi, rimane del tutto incidentale rispetto al giudizio di merito. Non equivalendo l'ordinanza di ammissibilità/inammissibilità dell'azione di classe ad una sentenza in senso sostanziale, essa non sarebbe perciò passibile di ricorso ex art. 111, settimo comma, Cost., né la seconda, in specie, precluderebbe, analogamente a quanto stabilito dall'art. 669-septies, comma 1, c.p.c., la riproposizione dell'azione (M. Guarnelli, La nuova azione di classe: profili processuali, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2010, 923; I. Pagni, L'azione di classe nel nuovo art. 140 bis: le situazioni soggettive tutelate, l'introduzione del giudizio e l'ammissibilità della domanda, in Riv. dir. civ., 2010, 370 ss.; C. Consolo, Come cambia, rivelando ormai a tutti e in pieno il suo volto, l'art. 140 bis e la class action consumeristica, in Corr. giur., 2009, 1302; C. Consolo, in AA.VV., Obiettivo class action: l'azione collettiva risarcitoria, Milano 2008, 161). Si tratta dell'interpretazione cui ha in sostanza aderito la sentenza n. 2610/2017 delle Sezioni Unite della Suprema Corte. L'ordinanza di inammissibilità sarebbe, cioè, sprovvista di contenuto decisorio, avendo ad oggetto «il potere processuale di azione di classe, e mai – neppure nel caso che vi siano state adesioni preventive – i diritti soggettivi dei class members» (S. Menchini, A. Motto, Art. 140-bis, in www.judicium.it, cit., § 13). Detto altrimenti, «v'è da ritenere che la decisione della Corte di Appello non possa qualificarsi come decisoria su diritti soggettivi sostanziali, se non per quanto attiene la manifesta infondatezza, ma che in questo caso non possa considerarsi definitiva, dovendosi ritenere la domanda sempre riproponibile, purché meglio strutturata. Di conseguenza, non sarà possibile il ricorso al giudice di legittimità, non ricorrendo i presupposti per l'applicazione dell'art. 111 Cost.» (I. Pagni, L'azione di classe nel nuovo art. 140 bis: le situazioni soggettive tutelate, l'introduzione del giudizio e l'ammissibilità della domanda, in Riv. dir. civ., 2010, 370 ss.). Ovvero, «sarebbe assolutamente preferibile la tesi negativa. Sembra che il legislatore abbia optato per la decisorietà del provvedimento, posto che sancisce la non proponibilità delle azioni successive al termine ultimo per le adesioni (v. c. 14 e 15), ma tale decisorietà non è statuizione su diritti soggettivi sostanziali e non comporta dunque la spettanza dell'ulteriore grado» ( C. Consolo, Come cambia, rivelando ormai a tutti e in pieno il suo volto, l'art. 140 bis e la class action consumeristica, in Corr. giur., 2009, 1302; C. Consolo, in AA.VV., Obiettivo class action: l'azione collettiva risarcitoria, Milano 2008, 161) Le stesse espressioni «ammissibilità» e «inammissibile» dimostrerebbero la loro stretta inerenza allo specifico procedimento e l'irrilevanza sotto il profilo del diritto sostanziale (A. Ronco, L'azione di classe alla ribalta: l'egoismo necessario dell'attore, in Giur. it. 2010, 12). Peraltro, l'illimitata facoltà di riproposizione dell'azione di classe dichiarata inammissibile si dimostrerebbe incoerente con riguardo alle esigenze di certezza perseguite dal legislatore a garanzia delle imprese resistenti, sicché è inevitabile attribuire all'ordinanza reiettiva dell'azione di classe inammissibile, come fatto pure dalle Sezioni Unite nella sentenza in commento, una qualche efficacia preclusiva in ordine alla ribadita proposizione di un'azione di classe fondata sulla medesima causa petendi e non sorretta da circostanze nuove, ciò quanto meno in ipotesi di domanda respinta giacché manifestamente infondata (B. Zuffi, La duplice débacle subita dalla prima azione di classe: la declaratoria di inammissibilità emessa dal Tribunale di Torino (confermata in sede di reclamo) e il rigetto del ricorso proposto avanti al T.A.R. Lazio per il diniego dell'accesso agli atti della Banca d'Italia, in Giur. it. 2010, 12; poi anche in C. Consolo, B. Zuffi, L'azione di classe ex art. 140- bis Codice del consumo, Padova 2012, 199, ove si precisa che l'ordinanza di inammissibilità per manifesta infondatezza lascia l'azione pressoché liberamente riproponibile con il solo limite del “già dedotto”). Eppure, appare più coerente la ricostruzione che, al fine di condividere l'assunto della non ricorribilità per cassazione dell'ordinanza che decida sull'inammissibilità, smentisce ogni vincolo di preclusione, sia pure limitato al dedotto, mancando qui una disposizione del tenore dell'art. 669-septies c.p.c., e così teorizza che l'attore di classe possa liberamente riproporre la domanda non ammessa nel precedente procedimento, senza essere neppure tenuto ad una diversa articolazione in punto di diritto (A. Ronco, L'azione di classe alla ribalta: l'egoismo necessario dell'attore, in Giur. it. 2010, 2610; A. Carratta, L'azione collettiva risarcitoria e restitutoria: presupposti ed effetti, in Studi in onore di Vittorio Colesanti, I, Napoli 2009, 232; R. Caponi, Litisconsorzio "aggregato". L'azione risarcitoria in forma collettiva dei consumatori, in www.judicium.it, § 31; R. Caponi, Il nuovo volto della class action, in Foro it. 2009, V, 387; S. Boccagna, Una condivisibile pronuncia della Corte di cassazione sulla non ricorribilità ex art. 111 Cost. dell'ordinanza che dichiara inammissibile l'azione di classe, in Riv. dir. proc., 2013, 1, 191 ss.; M. Guarnelli, La nuova azione di classe: profili processuali, inRiv. trim. dir. proc. civ., 2010, 917 ss., ad avviso del quale ‹‹nonostante opinioni discordanti in proposito, sembra non facile sostenere che un giudizio di "definitiva" inammissibilità possa in ogni caso precludere la riproposizione di una nuova azione di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa: riferendosi più verosimilmente la previsione sulla consumazione dell'azione di cui al comma 14° della norma alla "sentenza (in primis di merito) che definisce il giudizio" pure ivi contemplata››). Ad avviso di altra parte dei commentatori, invece, la decisione sull'inammissibilità di cui al comma 6 dell'art. 140-bis, nella quale culmina la fase preparatoria delineata sul modello del processo ordinario, seppur sprovvista di un'udienza assimilabile a quella conforme all'archetipo dell'art. 183 c.p.c., non rivelerebbe, nel testo della norma, alcuno di quei tratti di sommarietà della cognizione che poi giustifica le conclusioni circa la inidoneità al giudicato sostanziale e la riproponibilità della domanda, rationes della non ricorribilità per cassazione. Colliderebbero, piuttosto, con l'elaborazione dell'ordinanza di inammissibilità, quale frutto di un esame superficiale e quale pronuncia “allo stato degli atti”, sia il dato dell'intervento necessario del pubblico ministero (comma 5 dell'art. 140-bis: «La domanda si propone con atto di citazione notificato anche all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale adìto, il quale può intervenire limitatamente al giudizio di ammissibilità»), sia la constatazione che la statuizione di inammissibilità segue non soltanto alla delibazione di manifesta infondatezza, quand'anche a circostanze, quali il conflitto di interessi, la disomogeneità dei diritti individuali di aderenti e attore o l'inadeguatezza del proponente a curare l'interesse della classe, le quali postulano, per conto, una ponderazione cognitiva presumibilmente approfondita (A. D. De Santis, Riti a cognizione piena. Modifiche all'azione di classe a tutela del consumatore, cit. Si vedano altresì G. Costantino, La tutela collettiva risarcitoria: note a prima lettura dell'art. 140 bis cod. consumo, in Foro it., 2008, V, 22 ss.; T. Galletto, L'azione di (seconda classe) classe (Considerazioni sul novellato art. 140 bis del codice del consumo), in Nuova giur. comm., II, 345; A. Briguglio, Venti domande e venti risposte sulla nuova azione collettiva risarcitoria, in www.judicium.it, 2008, par. 12, ed anche L'azione collettiva risarcitoria, Torino 2008, 79 ss.). L'opzione per la ricorribilità ex art. 111, comma 7, Cost., dell'ordinanza con la quale la corte d'appello abbia deciso per l'ammissibilità o per l'inammissibilità dell'azione di classe sarebbe vieppù obbligata, per altri Autori, considerando la specificità delle istanze di tutela che la nuova azione di classe appaga, istanze dapprima sprovviste di salvaguardia nel nostro ordinamento processuale: ci si riferisce, in particolare, alle c.d. small claims, comunque riconducibili nell'alveo dell'art. 24 Cost. La class action nasce storicamente proprio per evitare i costi della tutela giurisdizionale individuale diretti a fronteggiare pregiudizi, isolatamente considerati, di modesta entità, pregiudizi che, di regola, disincentivano il titolare del diritto leso dall'esperire il rimedio giudiziale, appesantiscono, altrimenti, il lavoro degli organi giudiziari e, infine, introducano un costo irragionevole per la stessa parte convenuta. L'azione di classe non è, dunque, un succedaneo alternativamente indifferente rispetto all'azione individuale, rappresentando uno strumento distinto ed ulteriore offerto ai consumatori sul piano del processo per fronteggiare l'asimmetria delle forze economiche rispetto alla controparte imprenditore (cfr. F. Porcari, Aporie ricostruttive e qualche punto fermo nella «certification» dell'azione di classe, in Resp. civ. prev. 2012, 1628 ss. Aggiunge M. De Cristofaro, L'azione collettiva risarcitoria “di classe”: profili sistematici e processuali, in Resp. civ. e prev., 10, 2010, 1932 ss.). L'azione di classe ex art. 140-bis Cod. Consumo e, in specie, la rilevanza della norma sotto l'aspetto rimediale, ovvero nell'ottica del Rechtschutz, si connoterebbero, in pratica, quale sintomo di un bisogno «differenziato» di tutela, emergente dal diritto sostanziale, con riferimento a determinate situazioni soggettive (i «diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti»), attribuite ai membri di una classe, ma diverse e distinte dai diritti dei singoli, per quanto tutte «dipendenti da una comune questione di fatto o diritto capace di rendere possibile un provvedimento giurisdizionale di contenuto uniforme e i cui elementi caratterizzanti, ai fini della tutela collettiva, sono i requisiti dell'origine comune e dell'omogeneità, come preminenza delle questioni comuni o collettive su quelle individuali» (F. Santangeli, P. Parisi, Il nuovo strumento di tutela collettiva risarcitoria: l'azione di classe dopo le recenti modifiche all'art. 140-bis cod. cons., in www.judicium.it, § 6. Si veda anche C. Scognamiglio, Risarcimento del danno, restituzioni e rimedi nell'azione di classe, in Resp. civ. e prev., 3, 2011, 501 ss.). In quest'ottica, la pronuncia d'inammissibilità dell'azione collettiva provocherebbe comunque un pregiudizio irreparabile ai diritti soggettivi dei class members, non essendo certo la permanente spettanza dell'azione individuale argomento convincente per negare al promotore la possibilità del ricorso per cassazione contro il provvedimento che escluda l'ammissibilità dell'azione di classe (così A. Pace, Interrogativi sulla legittimità costituzionale della nuova "class action", in Riv. dir. proc., 2011, 15 ss., in particolare, 23 ss.; per una critica a questo argomentare, C. Consolo, B. Zuffi, L'azione di classe ex art. 140-bis cod. cons., cit., 192 – 193, nota 46). In altre parole, se l'azione di classe ha il merito di aver reso giustiziabili situazioni soggettive altrimenti difficilmente tutelabili in via individuale, la prospettiva che sia fatta comunque salva, in ipotesi di inammissibilità di quella, l'iniziativa giurisdizionale del singolo consumatore non scongiura il pregiudizio all'effettività della tutela (S. Boccagna, Una condivisibile pronuncia della Corte di cassazione sulla non ricorribilità ex art. 111 Cost. dell'ordinanza che dichiara inammissibile l'azione di classe, in Riv. dir. proc., 2013, 1, 191 ss.). Né si trascura che il comma 3 dell'art. 140-bis Cod. Consumo, dopo la modifica voluta dall'art. 6, comma 1, lett. f, de d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, prescrive che «l'adesione comporta rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale fondata sul medesimo titolo, salvo quanto previsto dal comma 15»: elemento, questo, che finirebbe di per sé per attribuire all'ordinanza sull'ammissibilità un contenuto decisorio e l'idoneità ad acquistare l'autorità di giudicato, a ciò conseguendo l'esperibilità del ricorso per cassazione (F. Camilletti, Il nuovo art. 140-bis del Codice del Consumo e l'azione di classe, in Contratti, 2009, 12, 1179 ss.). |