D.L. Giustizia 2016 e la decisione camerale in Cassazione per inammissibilità, manifesta fondatezza o manifesta infondatezza del ricorso

Cesare Trapuzzano
03 Novembre 2016

Per effetto della riforma ex art. 1-bis, d.l. n. 168/2016, conv. con modificazioni in l. n. 197/2016, che ha apportato innovazioni al ricorso in Cassazione e all'individuazione dei modelli decisori per la definizione dei procedimenti di legittimità, nella prospettiva di favorirne la ragionevole durata, il modello-base di definizione del contenzioso davanti alla Suprema Corte è divenuto quello camerale. A fronte di questa scelta, si configura come modello speciale di decisione il procedimento camerale quando il ricorso sia inammissibile o manifestamente fondato o manifestamente infondato.
Il quadro normativo

L'art. 1-bis, comma 1, lett. e), intitolato «Misure per la ragionevole durata del procedimento per la decisione del ricorso per cassazione», d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni in l. 25 ottobre 2016, n. 197, provvedimento normativo recante «Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa», dispone che il precedente testo dell'art. 380-bis c.p.c. sia sostituito dal seguente testo: «Art. 380-bis. Procedimento per la decisione in camera di consiglio sull'inammissibilità o sulla manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso. Nei casi previsti dall'articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), su proposta del relatore della sezione indicata nell'articolo 376, primo comma, il presidente fissa con decreto l'adunanza della Corte indicando se è stata ravvisata un'ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o di manifesta fondatezza del ricorso. Almeno venti giorni prima della data stabilita per l'adunanza, il decreto è notificato agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima. Se ritiene che non ricorrano le ipotesi previste dall'articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), la Corte in camera di consiglio rimette la causa alla pubblica udienza della sezione semplice».

Per converso, la successiva lett. f) introduce, dopo l'articolo 380-bis, il seguente articolo: «Art. 380-bis.1. Procedimento per la decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice. Della fissazione del ricorso in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice ai sensi dell'articolo 375, secondo comma (ossia in ordine alla pronuncia con ordinanza in camera di consiglio in ogni altro caso, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare), è data comunicazione agli avvocati delle parti e al pubblico ministero almeno quaranta giorni prima. Il pubblico ministero può depositare in cancelleria le sue conclusioni scritte non oltre venti giorni prima dell'adunanza in camera di consiglio. Le parti possono depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell'adunanza in camera di consiglio. In camera di consiglio la Corte giudica senza l'intervento del pubblico ministero e delle parti».

Il modello camerale di decisione del ricorso inammissibile o manifestamente fondato o infondato

Pertanto, all'esito della riforma, su proposta del consigliere assegnatario del ricorso in sede di esame-filtro, il Presidente della sesta sezione fissa l'adunanza in camera di consiglio, indicando con il decreto di fissazione se sia stata ravvisata un'ipotesi di inammissibilità, manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso. Il decreto si limiterà a riportare l'esito finale della valutazione compiuta, ossia il rilievo secondo cui, in ragione dell'esame preliminare del ricorso, quest'ultimo appare inammissibile, manifestamente fondato o manifestamente infondato, senza esplicitare il percorso argomentativo, necessariamente anticipatorio della decisione, che ha condotto a tale esito.

Per l'effetto, agli avvocati sarà notificato (ossia trasmesso in copia per esteso) il solo decreto di fissazione dell'adunanza, contenente tale indicazione, effettuata sulla scorta di una delibazione sommaria e prima facie. Ne consegue che detto decreto sarà così concepito: si fissa l'adunanza in camera di consiglio, ai sensi del combinato disposto degli artt. 375, comma 1, n. 1 o n. 5, e 380-bis c.p.c., prospettandosi (prima facie o alla stregua di una delibazione sommaria) un'ipotesi di inammissibilità del ricorso ovvero di manifesta fondatezza o di manifesta infondatezza dello stesso. Sicché, non sarà più comunicata la relazione con la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la relativa pronuncia, come era previsto nella precedente versione dell'art. 380-bis. Il che comportava una preliminare discovery, seppure revocabile e/o mutabile, delle ragioni poste a fondamento della valutazione di inammissibilità, manifesta fondatezza o manifesta infondatezza del ricorso. In base al nuovo quadro normativo, invece, «le carte non sono scoperte in anticipo» rispetto all'adunanza camerale. Di contro, il decreto di fissazione dell'adunanza darà esclusivamente conto della valutazione finale scaturita allo studio “statico” del fascicolo. Il dettato letterale della norma rimette tale ponderazione, relativa alla circostanza che si ravvisa un'ipotesi di inammissibilità o di manifesta fondatezza o di manifesta infondatezza del ricorso, al consigliere nominato relatore del procedimento, senza che al presidente della sezione sia consentito interloquire sull'integrazione dei relativi presupposti. Infatti, il presidente, su proposta del consigliere relatore della sezione-filtro, “fissa”, ossia deve fissare, con decreto, l'adunanza camerale, menzionando in tale decreto se nella fattispecie sia stata ravvisata un'ipotesi di inammissibilità ovvero di manifesta fondatezza ovvero di manifesta infondatezza. Lo scrutinio sull'effettiva ricorrenza del presupposto menzionato nel decreto sarà, invece, rimesso alla valutazione “dinamica” che spetta al collegio in sede di adunanza camerale, all'esito della stimolazione del contraddittorio delle parti. Il motivo per il quale la novella prescrive che il decreto faccia riferimento ai presupposti tipizzati dell'inammissibilità, manifesta fondatezza o manifesta infondatezza del ricorso è essenzialmente legato ad una finalità di garanzia del contraddittorio, inteso in senso trilatero. Il giudice fa rispettare e rispetta egli stesso il contraddittorio, orientando le parti sull'enucleazione della circostanza ravvisata, ai fini di disporre la trattazione del procedimento in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.

Per un verso, è opportunamente abbandonata la vecchia formula della previa relazione esplicativa a cura del relatore. Per altro verso, ove la formula normativa si fosse limitata a stabilire che il decreto di fissazione dell'adunanza camerale, ai sensi dell'art. 380-bis, avrebbe dovuto genericamente indicare l'integrazione prima facie di uno dei casi previsti dall'art. 375, primo comma, nn. 1) e 5), c.p.c., senza specificare quale, il diritto di difesa delle parti, attraverso la prospettazione di apposite contro-deduzioni, sarebbe stato alquanto compresso o comunque ridimensionato. E, ancora, sarebbe stato possibile assistere a deprecabili vicende di decisioni a sorpresa ovvero secondo l'opzione della c.d. terza via. A fronte di deduzioni delle parti basate sulla negazione o sull'affermazione di uno dei presupposti tipizzati (inammissibilità, manifesta fondatezza, manifesta infondatezza), la decisione camerale del collegio si sarebbe potuta indirizzare verso la rilevazione di altro presupposto, nient'affatto preso in considerazione dalle parti.

Invece, in base al dettato della norma, successivamente allo scambio dialettico intervenuto tra le parti mediante deposito di ricorso e controricorso, è funzionale alla piena attuazione del contraddittorio concedere alle parti medesime un ulteriore momento di scambio, mediante il solo deposito di memorie, in conseguenza della ponderazione sommaria indicata nel decreto in ordine all'integrazione di uno dei presupposti per la decisione in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375, primo comma, nn. 1) e 5). Sotto questo profilo, la necessità che il decreto di fissazione dell'adunanza espliciti lo specifico presupposto, fra quelli regolati dall'art. 375, primo comma, nn. 1) e 5), che giustifica la trattazione camerale, rappresenta un'applicazione adeguata all'ambito decisorio, secondo modelli semplificati del giudizio in cassazione, del più generale principio sancito dall'art. 101, secondo comma, c.p.c., che impone al giudice di riservare la decisione, quando ritenga di porre a fondamento della stessa una questione rilevata d'ufficio, allo scopo di concedere alle parti i termini per far valere la facoltà di presentare osservazioni sul punto. Per l'effetto, quando il consigliere relatore della sezione-filtro individui la sussistenza di uno dei presupposti regolati dall'art. 375, primo comma, nn. 1) e 5), che dà luogo al modello camerale contemplato dall'art. 380-bis, le parti devono esserne informate (ma non devono essere messe al corrente delle motivazioni per le quali si ravvisa tale presupposto), affinché possano esprimere le loro osservazioni sul punto prima della decisione finale. Pertanto, in conseguenza dell'adozione del decreto di fissazione dell'adunanza, che riporta tale specifica indicazione, gli avvocati potranno presentare memorie, facendo esclusivo riferimento al decreto presidenziale, che esplicita il presupposto della fissazione dell'adunanza in camera di consiglio. La notificazione deve avvenire, nei confronti dei soli avvocati delle parti, almeno 20 giorni prima dell'adunanza fissata. Nessuna notificazione in tali ipotesi deve essere compiuta verso il pubblico ministero. All'esito, gli avvocati potranno presentare memorie, purché depositate in cancelleria almeno 5 giorni prima dell'adunanza. Dette memorie potranno vertere sulla contestazione in radice dell'integrazione dei presupposti per la decisione in camera di consiglio ovvero sulla negazione dello specifico presupposto delibato prima facie ed esplicitato nel decreto (ossia gli avvocati interessati potranno argomentare sulle ragioni per cui non ricorre l'inammissibilità, o la manifesta fondatezza o la manifesta infondatezza, pur essendo il ricorso definibile in camera di consiglio). Non è data facoltà agli avvocati di essere sentiti in sede di adunanza, e a monte essi non possono comparire, poiché non è più ripresa la formula del testo precedente, secondo cui gli avvocati avevano, oltre alla facoltà di presentare memorie, anche la facoltà di chiedere di essere sentiti, se fossero comparsi. L'espressa previsione inserita nell'art. 380-bis.1, secondo cui è esclusa la possibilità delle parti di intervenire in camera di consiglio, vale a fortiori anche per il rito camerale regolato dall'art. 380-bis, in mancanza di una disposizione di segno contrario. Quindi, nell'adunanza fissata, all'esito del deposito delle memorie degli avvocati e tenendo conto delle deduzioni ivi svolte, il collegio delibera, in primis, sulla ricorrenza del presupposto indicato nel decreto presidenziale per la decisione in camera di consiglio. Ove tale delibazione dia esito positivo, il ricorso sarà deciso con ordinanza. Le due valutazioni, sebbene avvinte da un rapporto di pregiudizialità-dipendenza in senso logico, sono in stretta successione cronologica e saranno espresse contestualmente nel medesimo provvedimento. L'ordinanza, dapprima, confermerà la ricorrenza del presupposto enucleato dal decreto di fissazione e, poi, darà atto dei motivi che legittimano tale conclusione. E ciò avverrà sul piano teorico anche quando si appuri che il presupposto che giustifica la decisione in camera di consiglio sia diverso da quello menzionato nel decreto: ossia, a fronte di un decreto che individua, quale condizione per la fissazione dell'adunanza in camera di consiglio, l'inammissibilità del ricorso, nulla esclude che il procedimento sia deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza o infondatezza. Quando, al contrario, si ritenga che tali presupposti non sussistano, ossia che nessuno di essi sia integrato nella fattispecie, il collegio disporrà la rimessione del procedimento all'udienza pubblica della corrispondente sezione semplice.

Graduazione dei modelli decisori all'esito della novella

All'esito della novella, detto modello di decisione semplificata in camera di consiglio costituisce la forma più semplice di decisione camerale, a fronte del modello ormai generale di decisione in camera di consiglio che dovrà essere adottato davanti alla sezione semplice, quando il ricorso non implichi la trattazione di questioni di diritto di particolare rilevanza, senza che ricorrano però i presupposti dell'inammissibilità o della manifesta fondatezza o infondatezza, ai sensi dell'art. 380-bis.1. Pertanto, si darà luogo all'udienza pubblica solo quando si rinvengano nel ricorso profili di diritto di speciale rilievo, con una chiara valenza nomofilattica.

Il modello-base di procedimento decisionale in camera di consiglio, diversamente dal modello più semplice al quale si ricorrerà nel caso di integrazione dei presupposti dell'inammissibilità, manifesta fondatezza o manifesta infondatezza, postula l'attivazione di un meccanismo di partecipazione delle parti più ampio, sia in termini di estensione soggettiva sia in termini di spazi temporali al riguardo concessi. Infatti, in tali ipotesi, il decreto di fissazione dell'adunanza dovrà essere comunicato, e non notificato, poiché non contiene alcuna esplicitazione dei presupposti giustificativi, non solo agli avvocati delle parti, ma anche al pubblico ministero. Tale comunicazione dovrà avvenire non già almeno 20 giorni prima dell'adunanza, ma almeno 40 giorni prima.

Il pubblico ministero può depositare in cancelleria le sue conclusioni scritte non oltre 20 giorni prima dell'adunanza in camera di consiglio. Invece, le parti possono depositare le loro memorie non oltre 10 giorni (non già 5) prima dell'adunanza in camera di consiglio, prendendo previamente atto delle conclusioni rassegnate dal pubblico ministero. In camera di consiglio la Corte giudica senza l'intervento del pubblico ministero e delle parti.

Per effetto della riforma si delinea, dunque ,la situazione che segue in ordine ai modelli decisori rilevanti in cassazione.

  1. A fronte del nuovo modello generale o modello-base della decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice, senza l'intervento del pubblico ministero e delle parti, con il riconoscimento del potere-dovere del pubblico ministero di rassegnare le proprie conclusioni scritte almeno 20 giorni prima dell'adunanza fissata nel decreto prontamente comunicato e con la garanzia prevista per le parti di depositare memorie fino a 10 giorni prima di tale adunanza, si pongono: a) un modello speciale di decisione camerale e b) un modello residuale di decisione in pubblica udienza;
  2. Il modello speciale di decisione camerale consiste in una forma ancora più destrutturata di instaurazione del previo contraddittorio, con termini più contingentati, senza la partecipazione del pubblico ministero, quando si ravvisi che il ricorso è inammissibile, manifestamente fondato o manifestamente infondato. Qualora, per effetto dell'esame preliminare del fascicolo, si ravvisi prima facie l'integrazione di uno di tali presupposti, su proposta del consigliere relatore, il decreto presidenziale di fissazione dell'adunanza collegiale in camera di consiglio dovrà dare atto dello specifico presupposto che si ritiene integrato e dovrà essere comunicato agli avvocati delle parti almeno 20 giorni prima dell'adunanza fissata, con la possibilità per questi ultimi di depositare memorie fino a 5 giorni prima.
  3. Del tutto residuale è il modello decisorio all'esito di udienza pubblica, finora considerato dal legislatore come il modello principale, al quale, per effetto della riforma, si ricorrerà solo quando si reputi, sempre in base ad una delibazione preliminare rimessa al presidente della sezione semplice, che siano involte questioni di diritto di particolare rilevanza, che rendono opportuna la trattazione in pubblica udienza. Si tratterà essenzialmente delle questioni con spiccata valenza nomofilattica.

Pertanto, in prima battuta, il vaglio che dovrà essere compiuto dalla sesta sezione, a seguito di assegnazione del fascicolo a cura del primo presidente, in sede di esame preliminare, riguarderà la ponderazione, rimessa al relatore, circa il fatto che il ricorso appaia prima facie inammissibile, manifestamente fondato o manifestamente infondato; in tale evenienza, si darà corso al procedimento camerale speciale e destrutturato. Ove tale opzione sia esclusa, ossia se, a un sommario esame del ricorso, la suddetta sezione-filtro non ravvisi tali presupposti, il presidente della sezione, omessa ogni formalità, rimetterà gli atti alla sezione semplice (corrispondente alla sottosezione della sesta sezione alla quale il fascicolo è stato assegnato), ai sensi dell'art. 376, primo comma, ultima parte, novellato. Ove, in tale sede, ossia presso la sezione semplice, il presidente della sezione reputi che il ricorso attenga a questioni di diritto di particolare rilevanza, per le quali sia opportuna la trattazione in pubblica udienza, si seguirà il modello del procedimento con discussione pubblica, ai sensi dell'art. 379 novellato. Qualora anche tale opzione sia esclusa, il procedimento seguirà l'ordinario modello della decisione camerale davanti alla sezione semplice.

Nell'ipotesi in cui si dia corso al modello decisionale camerale speciale, secondo le regole procedurali innanzi esposte, l'esclusione da parte del collegio in sede di adunanza dei presupposti che legittimano la decisione con ordinanza secondo tale modello, come innestato su proposta del relatore, anche all'esito della lettura delle memorie presentate dalle parti, non ammette altro sbocco che la rimessione del procedimento alla pubblica udienza della corrispondente sezione semplice. Non è invece ammessa la trasformazione del rito camerale speciale in rito camerale generale o rito-base, come espressamente previsto dall'art. 375, secondo comma, ultima parte, novellato, in forza del quale la trattazione avviene in pubblica udienza, non solo quando sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare, ma anche quando il ricorso sia stato rimesso dall'apposita sezione di cui all'art. 376 in esito alla camera di consiglio che non ha definito il giudizio.

L'inammissibilità, la manifesta fondatezza o infondatezza

L'inammissibilità, sulla base degli atti, del ricorso sussiste quando esso sia stato proposto tardivamente o quando non osservi il requisito di autosufficienza o quando non contenga gli elementi indicati dall'art. 366, primo comma, a pena di inammissibilità, o quando non siano integrati i motivi tipizzati che consentono il ricorso in cassazione, specie ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, o quando sia spiegato avverso provvedimento giudiziale non ricorribile in cassazione o quando la parte o il suo difensore siano privi della legittimazione a proporre il ricorso.

A tali ipotesi sono equiparate quelle di improcedibilità regolate dall'art. 369, primo e secondo comma, che legittimano anche esse la pronuncia con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375, primo comma, n. 1.

Per converso, il ricorso è manifestamente fondato o manifestamente infondato quando verte su questioni di diritto in ordine alle quali sussiste giurisprudenza della Corte di legittimità e, al contempo, l'esame dei motivi posti a base del ricorso non offre elementi idonei a determinare un cambio di orientamento. In proposito, l'art. 360-bis, n. 1, c.p.c. si riferisce alle questioni di diritto affrontate dalla giurisprudenza della Corte, senza prevedere ulteriori connotazioni di tale giurisprudenza, come il requisito della costanza dell'orientamento espresso sul punto. Sicché non è necessario che si faccia richiamo alla giurisprudenza consolidata.

Segnatamente, secondo la prospettazione offerta dalla stessa Corte, ricorre la condizione della sussistenza di giurisprudenza pregressa quando:

  • vi è sul punto una decisione a sezioni unite;
  • vi è un orientamento uniforme e consolidato delle sezioni semplici;
  • sussistono poche sentenze di una o più sezioni semplici, se convergenti;
  • ricorre un solo precedente di legittimità sull'argomento, se ritenuto convincente.

Al riguardo, Cass., Sez. Un., 6 settembre 2010, n. 19051 ha chiarito che il ricorso scrutinato ai sensi dell'art. 360-bis, n. 1, c.p.c. deve essere rigettato per manifesta infondatezza e non dichiarato inammissibile, se la sentenza impugnata si presenta conforme alla giurisprudenza di legittimità e non vengono prospettati argomenti per modificarla, posto che anche in mancanza, nel ricorso, di argomenti idonei a superare la ragione di diritto cui si è attenuto il giudice del merito, il ricorso potrebbe trovare accoglimento ove, al momento della decisione della Corte, con riguardo alla quale deve essere verificata la corrispondenza tra la decisione impugnata e la giurisprudenza di legittimità, la prima risultasse non più conforme alla seconda nel frattempo mutata (sul punto, in senso conforme, anche Cass., Sez. Un., 19 aprile 2011, n. 8923; Cass., Sez. Un., 16 aprile 2012, n. 5941; Cass., sez. I, 18 marzo 2016, n. 5442). Sicché, secondo le Sezioni Unite, il giudizio di manifesta infondatezza deve essere formulato avendo riguardo allo stato della giurisprudenza della Corte al momento della decisione sul ricorso e non al momento della decisione di merito o al momento in cui il ricorso è proposto. Pertanto, la Corte dovrebbe in ogni caso esaminare nel merito il ricorso. Al contrario, l'inammissibilità non riguarderebbe il fondamento dei motivi di ricorso, bensì fattori esterni a tale fondamento (come la legittimazione della parte e del difensore, l'impugnabilità del provvedimento, il difetto di conformità dei motivi di ricorso all'art. 360).

In senso difforme, si sono espressi, invece, altri arresti, secondo cui il ricorso per cassazione che non offra elementi per modificare la giurisprudenza di legittimità, a cui la sentenza impugnata è conforme, deve essere rigettato in rito e non nel merito ai sensi dell'art. 360-bis, n. 1, c.p.c., che, nell'evocare un presupposto processuale, ha introdotto una griglia valutativa di ammissibilità, in luogo di quella anteriore costituita dal quesito di diritto, ponendo a carico del ricorrente un onere argomentativo, il cui parametro di valutazione è costituito dal momento della proposizione del ricorso (cfr. Cass., sez. V, 18 novembre 2015, n. 23586; Cass., sez. I, 4 maggio 2016, n. 8804). Prendendo atto di tale contrasto, Cass. Sez. VI-II, ord. interl. n. 15513 del 26 luglio 2016, ha rimesso gli atti al Presidente per l'eventuale assegnazione della questione alle Sezioni Unite. In particolare, nella motivazione di tale ordinanza si dà atto di non condividere l'assunto secondo cui l'inammissibilità dell'impugnazione potrebbe configurarsi solo con riguardo ad ostacoli di natura strettamente processuale e mai con riguardo alla fondatezza delle censure. A tal proposito l'ordinanza richiama altre figure di inammissibilità, previste dall'ordinamento, che guardano al merito dell'impugnazione (così l'art. 606, terzo comma, c.p.p.; l'inammissibilità per manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale; l'art. 348-bis c.p.c.). Aggiunge tale arresto che dall'analisi testuale dell'art. 360-bis, n. 1, c.p.c., e dalla sua collocazione nel codice, si ricaverebbe che la norma ha lo scopo di integrare l'art. 360 c.p.c., dettando una prescrizione relativa alle modalità di formulazione e al contenuto del motivo di ricorso.

Per l'effetto, l'inammissibilità di cui all'art. 360-bis, n. 1, c.p.c., riguardando il contenuto-forma dell'atto-ricorso, sarebbe di natura processuale: «essa è conseguenza del mancato adempimento, da parte del ricorrente, dell'onere di formulare i motivi secondo le modalità prescritte dall'art. 360-bis n. 1 c.p.c. Si tratta di una figura di inammissibilità che – diversamente da quanto hanno ritenuto le Sezioni unite – prescinde dall'esame nel merito del ricorso e riguarda, invece, il profilo pregiudiziale della decidibilità nel merito del mezzo di impugnazione». Inoltre, a tale interpretazione, contrariamente a quanto ritenuto dalle Sezioni Unite, non osterebbe l'eventualità che la giurisprudenza possa mutare nel corso del tempo, in quanto presupposto implicito dell'inammissibilità ex art. 360-bis,n. 1, c.p.c. sarebbe la permanenza nel tempo della giurisprudenza applicata dal giudice del merito. Con la conseguenza che, ove questa venga medio tempore a mutare, non sarà più applicabile la fattispecie di cui all'art. 360-bis, n. 1, c.p.c. Pertanto, l'inammissibilità ex art. 360-bis c.p.c., secondo l'ordinanza citata, avrebbe natura strettamente processuale, quale sanzione per la violazione dei precetti relativi al contenuto-forma dell'atto-ricorso, rientrando così nella previsione di cui all'art. 375, n. 1, c.p.c.. Su questa tematica potrebbe avere una certa incidenza il tenore della novella sopravvenuta, atteso che l'attuale testo dell'art. 380-bis impone l'indicazione nel decreto presidenziale di fissazione dell'adunanza del presupposto che legittima la trattazione del procedimento in camera di consiglio, ossia dell'inammissibilità del ricorso o, in alternativa, della sua manifesta fondatezza o, ancora, della sua manifesta infondatezza, con valenza orientativa per le parti, senza che sia al contempo prescritto che debba essere altresì fatta menzione della causale per la quale si ritiene prima facie il ricorso inammissibile.

In conclusione

Con la novella di cui al d.l. n. 168/2016, conv. con modificazioni in l. n. 197/2016, il legislatore mostra di attribuire un ruolo rilevante per la definizione del contenzioso pendente davanti alla Corte di Cassazione ai modelli decisori camerali, e ciò in sintonia con il tenore delle circolari interne adottate dai primi Presidenti negli ultimi anni, volte ad incentivare l'utilizzazione di motivazioni sintetiche, ove ciò sia reso possibile dal difetto di complessità del procedimento e dalla carenza di aspetti trattati di rilievo nomofilattico. In quest'ottica, l'ampio ricorso al modello camerale, che diviene il modello-base anche presso le sezioni semplici, si presta ad accelerare i tempi di chiusura del procedimento, sia con riferimento al contingentamento dei tempi di fissazione dell'adunanza, sia con riguardo alla maggiore elasticità, deformalizzazione e sintesi espositiva del provvedimento conclusivo del procedimento camerale, che ha appunto la forma di ordinanza.

Per converso, il modello della discussione in udienza pubblica, con i conseguenti aggravi che la sua attivazione comporta, anche in termini di stesura del provvedimento finale, diviene meramente residuale. Infatti, la recente riforma, almeno nelle sue astratte intenzioni, degrada il ricorso al modello dell'udienza pubblica a mera eccezione. I termini letterali con cui è stata contemplata la previsione dell'art. 375, secondo comma, c.p.c. non lasciano adito a dubbi: in ogni caso, si procede secondo il modello ordinario camerale, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare. Ma questa eventualità è ricondotta a mera accidentalità.

Accanto al modello camerale ordinario si pone il modello camerale semplificato, cui si ricorre presso la sezione-filtro, in prima battuta, qualora il relatore valuti, sulla scorta di un esame sommario, che il ricorso sia inammissibile, manifestamente fondato o manifestamente infondato. In tal caso, l'avvio del procedimento camerale avviene ad opera del relatore e spetta poi al presidente fissare con decreto l'adunanza in camera di consiglio. Il decreto si limiterà a riportare che nella fattispecie è stato ravvisato, prima facie, uno dei presupposti di cui all'art. 375, primo comma, nn. 1) e 5), c.p.c., specificando quale di tali presupposti appaia integrato.

Invece, non vi sarà più la relazione prevista dal testo precedente della norma. Il decreto che riporta lo specifico presupposto sarà notificato in tempi ristretti agli avvocati delle parti, i quali potranno esercitare le prerogative previste (deposito di memorie), ma non hanno la facoltà di essere sentiti e, a monte, di comparire all'adunanza camerale. Spetterà poi al collegio decidere con ordinanza, qualora si confermi la ricorrenza del presupposto indicato nel decreto, ovvero rimettere il procedimento in pubblica udienza davanti alla sezione semplice.

Guida all'approfondimento
  • A. Carratta, L'art. 360 bis c.p.c. e la nomofilachia "creativa" dei giudici di cassazione, in Giur. it., 2011, 4, 885;
  • C. Consolo, Dal filtro in cassazione ad un temperato stare decisis: la prima ordinanza sull'art. 360 bis, in Corr. giur., 2010, 1405;
  • G. Finocchiaro, Ricorso in Cassazione manifestamente infondato se conforme alla giurisprudenza della Corte. La valutazione rispetto ai precedenti va compiuta al momento della decisione, in Guida al dir., 2010, 38, 32;
  • F.P. Luiso, La prima pronuncia della cassazione sul c.d. filtro, in www.judicium.it, 27.09.2010;
  • R. Poli, Il c.d. filtro di ammissibilità del ricorso per cassazione, in Riv. dir. proc., 2010, 363;
  • G. Scarselli, Circa il (supposto) potere della Cassazione di enunciare d'ufficio il principio di diritto nell'interesse della legge, in Foro it., 2010, 12, 1, 3333.

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