La continenza tra prevenzione dell'iniziativa ingiuntiva e accertamento negativo di un credito
04 Luglio 2016
Massima
Anche a seguito della l. n. 69 del 2009, nel caso di continenza tra una causa introdotta col rito ordinario ed una introdotta col rito monitorio, ai fini dell'individuazione del giudice preventivamente adito, il giudizio introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo deve ritenersi pendente alla data del deposito di quest'ultimo, trovando applicazione il criterio di cui all'ultimo comma dell'art. 39 c.p.c., come modificato dalla l. n. 69 del 2009, senza che rilevi la circostanza che l'emissione del decreto e la sua notifica siano avvenuti successivamente, agli effetti dell'art. 643, comma 3, c.p.c. Il caso
Tizio e Caia proponevano opposizione al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo di pagamento di Euro 204.310,13, oltre accessori, emesso dal Presidente del Tribunale di Mantova, su richiesta di un istituto di credito nel settembre 2002 e notificato nell'ottobre dello stesso anno. I ricorrenti, peraltro, eccepivano la continenza con la causa di accertamento negativo del medesimo credito da essi proposta davanti al Tribunale di Modena con citazione notificata nel settembre 2002. Il Tribunale di Mantova, quindi, in accoglimento di tale eccezione, dichiarava la nullità del decreto opposto, ordinando la cancellazione dell'ipoteca giudiziale iscritta in base ad esso, rigettando la relativa domanda risarcitoria degli opponenti e fissando un termine per la riassunzione della causa davanti al Tribunale di Modena. Avverso quest'ultima decisione un secondo istituto di credito, mandatario della banca soccombente, presentava appello alla Corte territoriale di Brescia, che, parimenti, lo respingeva, precisando in particolare che la pendenza del giudizio monitorio si verifica, ai sensi dell'art. 643, comma 3, c.p.c., soltanto dalla data della notifica del decreto e non da quella del deposito del relativo ricorso dell'intimante, onde il giudizio di accertamento negativo doveva ritenersi introdotto prima del giudizio monitorio, che perciò veniva attratto da quello agli effetti di cui all'art. 39 c.p.c. L'istituto di credito, dunque, ricorre per cassazione con un unico motivo, denunciando la violazione degli artt. 39, ultimo comma, e 643, comma 3, c.p.c., e sostenendo, altresì che, ai fini dell'applicazione del criterio della prevenzione in caso di litispendenza o continenza di cause, gli effetti della pendenza della controversia, introdotta con richiesta di decreto ingiuntivo si producono, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d'appello di Brescia, dalla data del deposito del ricorso e non della notifica del decreto. I giudici della Suprema Corte accolgono la censura de qua precisando che, ai fini dell'individuazione del momento entro il quale deve considerarsi, ai fini dell'operatività del criterio di prevenzione, instaurato il giudizio monitorio, trova applicazione il criterio di cui all'ultimo comma dell'art. 39 c.p.c., come modificato dalla l. n. 69 del 2009, senza che rilevi la circostanza che l'emissione del decreto e la sua notifica siano avvenuti successivamente, agli effetti dell'art. 643, comma 3, c.p.c.. Il ricorso viene quindi accolto, cassata la sentenza impugnata e rinviata alla Corte d'appello in diversa composizione.
La questione
La questione in esame è la seguente: nel caso di rapporto di continenza tra un giudizio monitorio preveniente ed un'azione di accertamento negativo sul credito prevenuta, qual è il momento entro il quale deve considerarsi instaurato il giudizio monitorio? Le soluzioni giuridiche
Quando tra due cause corre una relazione di continenza, affinché questa operi come motivo di remissione dell'una all'esame del giudice investito dell'altra, occorre che almeno uno dei due giudici sia competente a conoscere delle due liti. Ciò premesso, stante l'art. 39, comma 2, c.p.c., se uno solo dei giudici è competente per entrambe le cause, la continenza opera a suo favore, mentre se la competenza appartiene ad entrambi i giudici, andrà applicato il criterio della prevenzione onde individuare il giudice competente. Sotto quest'ultimo profilo, il comma 3 dell'art. 39 c.p.c. sancisce la regola generale per la quale nei processi che iniziano con citazione, la prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione, ovvero dal deposito del ricorso, così come modificato dalla l. n. 69 del 2009. L'ultimo comma dell'art. 39 ha da sempre disciplinato il momento in cui inizia a pendere un processo: la data di notificazione della citazione. La giurisprudenza di legittimità ha poi avuto modo di precisare che a tal fine deve aversi riguardo al momento in cui la notifica si è perfezionata con la ricezione dell'atto da parte del destinatario (v., Cass. civ., sez. I, 20 aprile 2006, n. 9181). Problemi interpretativi si sono posti, tuttavia, ogni volta che la legge ha previsto che la domanda dovesse essere posta con ricorso, dove, come è noto, sono invertiti gli adempimenti per l'instaurazione del giudizio: prima si procede al deposito dell'atto introduttivo presso l'ufficio giudiziario e dopo lo si notifica alla controparte unitamente al decreto del giudice che fissa l'udienza. Sulla questione de qua, ovvero l'individuazione del momento entro il quale deve considerarsi instaurato il giudizio monitorio ai fini dell'operatività del criterio di prevenzione, é sorto un animato dibattito in dottrina come in giurisprudenza. Secondo un primo orientamento in tema di procedimenti monitori che iniziano con ricorso depositato nella cancelleria del giudice competente, la pendenza della lite va determinata con riferimento alla notifica del ricorso e del conseguente decreto ingiuntivo, così come disposto dall'art. 643 c.p.c., norma speciale e non soggetta a deroghe in base a principi di carattere generale. Pertanto, al fine di determinare l'eventuale spostamento di competenza per continenza di una causa di opposizione a decreto ingiuntivo e di una controversia introdotta con rito ordinario, si deve fare riferimento alla data di instaurazione della lite secondo il criterio de quo, ferma restando la competenza funzionale inderogabile del giudice che ha pronunciato il decreto a dichiararne la nullità. Conseguenza di tale impostazione è che qualora il decreto ingiuntivo sia notificato successivamente alla proposizione in via ordinaria di una domanda che si ponga in relazione di continenza con quella formulata in via monitoria, il giudice dell'opposizione è tenuto ad annullare l'ingiunzione e a rimettere le parti davanti al giudice della causa preveniente e non può, invece, mantenendo in vita il decreto, procedere nella cognizione dell'opposizione, oppure sospenderla, ex art. 295, c.p.c., in attesa della decisione dell'altra controversia. In accordo con un diverso orientamento, invece, nel caso in cui la parte nei confronti della quale è stato richiesto decreto ingiuntivo abbia proposto domanda di accertamento negativo del credito davanti ad un diverso giudice prima che il ricorso ed il decreto ingiuntivo le siano stati notificati, se, in virtù del rapporto di continenza tra le due cause quella di accertamento negativo si presti ad essere riunita a quella di opposizione, la continenza deve operare in questo senso, sempre che la domanda di ingiunzione sia stata proposta a giudice che alla data in cui è stata presentata era competente a conoscerne. Questa impostazione, condivisa con argomentazioni non dissimili dalla pronuncia in commento, era stata autorevolmente avallata anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v., Cass. civ., sez. un., 1 settembre 2007, n. 20596), che aveva in tal senso risolto il riferito contrasto che si era venuto a formare nella giurisprudenza di legittimità. Dunque, anche per l'art. 643, comma 3, c.p.c., le Sezioni Unite hanno ritenuto di aderire a quell'orientamento che lo interpreta nel senso che la notificazione del ricorso e del decreto sono condizione per il determinarsi della litispendenza ma non determinano anche il momento in cui si verifica: questo, invece, coincide con il momento in cui è proposta la domanda d'ingiunzione. Di conseguenza, la litispendenza si verifica solo se il ricorso e il decreto sono notificati, ma retroagisce al momento del deposito del ricorso. La modifica introdotta dal legislatore del 2009 accoglie, pertanto, quanto è stato autorevolmente interpretato dal giudice della nomofilachia. Tuttavia l'intervento legislativo ha interessato solo l'ultimo comma dell'art. 39, c.p.c., tralasciando l'adeguamento dell'art. 643, comma 3, c.p.c., che pertanto è rimasto invariato, continuando a prevedere che la notificazione del ricorso per decreto ingiuntivo e del pedissequo decreto determina la pendenza della lite. Osservazioni
La decisione in rassegna, dunque, ha dato continuità ad un orientamento già in passato esplicitato dalle Sezioni Unite (v., ut supra), per il quale il procedimento monitorio pende a tutti gli effetti sin dalla data del deposito del ricorso, una volta che il concesso decreto sia stato notificato al debitore. In proposito, si osserva che ritenere che anche nel procedimento monitorio la lite sia pendente a seguito del deposito del ricorso dinnanzi al giudice competente consenta di arginare il fenomeno, diffuso nella prassi, in virtù del quale il creditore vede minata la propria tutela derivante dalla concessione di un decreto ingiuntivo esclusivamente perché il debitore si è affrettato ad incardinare dinanzi ad un altro Tribunale, competente in via concorrente ai sensi dell'art. 20 c.p.c., un giudizio ordinario di accertamento negativo del proprio debito, giudizio avente lo scopo di ottenere la declaratoria di nullità del decreto ingiuntivo eventualmente concesso, come esemplificato nel caso che qui ci occupa. Invero, le esigenze di tutela del creditore trovano piena garanzia nella puntuale applicazione della seconda parte dell'art. 39, comma 2, c.p.c., che evita l'annullamento del decreto notificato in pendenza di un'azione di accertamento negativo del credito e permette la prosecuzione della causa sull'esistenza del credito avanti al giudice funzionalmente competente per l'opposizione a decreto ingiuntivo. La posizione suffragata dalla decisione in commento, in altre parole, cerca di evitare che la tutela del creditore sia posta nel nulla non già per effetto dell'accertamento nel contraddittorio tra le parti dell'insussistenza delle condizioni processuali per l'ottenimento del decreto ingiuntivo o, nel merito, delle ragioni creditorie bensì per l'instaurazione maliziosa da parte del debitore di un giudizio di merito avente l'esclusivo fine di paralizzare da parte del creditore lo strumento del ricorso per decreto ingiuntivo, ottenendo in questo modo il risultato di procrastinare notevolmente il pagamento degli importi dovuti.
ASPRELLA, Sulla pendenza della lite e sugli effetti di essa nella domanda di ingiunzione, in www.judicium.it; MERLIN, Su alcune ricorrenti questioni in tema di procedimento monitorio, continenza e azione in prevenzione del debitore, in Giur. it., 1989, I, 2, 604; FRANCO, Guida al procedimento di ingiunzione, Milano, 2009, 839; GENOVESE, RISOLO, La riforma del processo civile (..), Milano, 2010, 24-26; STROPPARO, Pendenza del procedimento monitorio: la soluzione retrospettiva delle S.U. configura davvero un passo avanti?, in Corr. giur., 2008, 8, 1128. |