La procura sottoscritta dal legale rappresentante della società

12 Luglio 2016

Ricorso per cassazione proposto da una persona fisica in proprio e quale legale rappresentante di una società: valore della sottoscrizione della procura.
Massima

In tema di ricorso per cassazione proposto da una persona fisica in proprio e quale legale rappresentante di una società (nella specie, di persone), la sottoscrizione della procura da parte della persona fisica, apposta dopo l'indicazione a stampa delle sue generalità e prima di quella della denominazione sociale, deve ritenersi effettuata anche in qualità di legale rappresentante della società.

Il caso

Una società in nome collettivo proponeva ricorso per cassazione e la parte resistente eccepiva il difetto di procura della stessa.

A riguardo si deduceva che il ricorso era stato proposto dal legale rappresentante della società, «personalmente e quale titolare della ditta»; in particolare la procura, apposta a margine del ricorso, risultava sottoscritta dalla persona fisica solo dopo l'indicazione a stampa del proprio nome, e non anche dopo l'indicazione della denominazione della società.

In altre e più chiare parole, era apposta dal legale rappresentante che agiva nella indicata duplice qualità un'unica sottoscrizione, posta sopra l'indicazione a stampa della società.

La questione

La questione affrontata dalla sentenza in esame attiene alla possibilità di ritenere valida detta procura non solo per quanto attiene al legale rappresentante in proprio ma anche nei confronti della società.

Le soluzioni giuridiche

Mediante la pronuncia in commento la S.C. ritiene che il mandato alle liti possa considerarsi efficace (i.e. privo di vizi) anche per la società.

La Corte assume, invero, che la questione vada esaminata sulla scorta del generale principio di idoneità delle forme processuali al raggiungimento dello scopo dell'atto desumibile dall'art. 156, comma 3, c.p.c.

Sul punto, non è superfluo ricordare, anche in questa sede, che l'art. 156 c.p.c. è una disposizione fondamentale nel sistema delle nullità processuali poiché individua i principi generali che consentono di individuare le ipotesi nelle quali un atto processuale può considerarsi nullo. La norma ha un andamento “sinusoidale” poiché nei tre commi sancisce, innanzitutto, restringendo l'ambito delle fattispecie di nullità, il principio della tassatività delle stesse, di talché la nullità per difetto di forme potrà essere pronunciata esclusivamente se l'inosservanza di tali forme è sanzionata dalla legge con la nullità dell'atto. Peraltro, il comma 2 dello stesso art. 156 c.p.c. estende l'ambito delle nullità processuali anche in difetto di comminatoria legislativa di nullità alle ipotesi nelle quali l'atto manchi di uno dei requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo. Il comma 3, per converso, stabilisce che anche se l'atto processuale è privo di un requisito di forma previsto a pena di nullità dello stesso laddove il medesimo atto abbia raggiunto il proprio scopo obiettivo, la nullità non potrà essere pronunciata.

Pertanto, se la regola generale che orienta l'interprete, mutuata dal sistema francese, è quella della tassatività delle nullità, tale principio viene temperato dalla considerazione del raggiungimento o meno da parte dell'atto processuale dello scopo obiettivo dello stesso.

Ciò posto, in ragione del canone generale di idoneità dell'atto al perseguimento dello scopo, la Corte argomenta la validità della procura alle liti anche nei confronti della società in ragione delle seguenti considerazioni:

a) la medesima persona fisica agiva in proprio e quale legale rappresentante della società sicché poteva attribuirsi alla sottoscrizione apposta dalla stessa la valenza ad impegnarla nella duplice qualità;

b) il conferimento della procura era avvenuto a margine della prima pagina del ricorso, di fianco all'intestazione dello stesso nel quale era indicata espressamente la duplice veste della persona fisica che aveva sottoscritto il mandato.

Osservazioni

La soluzione della Corte è apprezzabile nella misura in cui si discosta, proseguendo un virtuoso percorso interpretativo iniziato da alcuni anni, da orientamenti formalistici in ordine alla validità delle procure alle liti.

In sostanza nella medesima direzione, la S.C. si era espressa già in un precedente nel quale aveva osservato che i dati contenuti nell'intestazione del ricorso integrano la sottoscrizione della procura alla lite apposta a margine del ricorso stesso, sicché l'apposizione della firma senza spendita della denominazione sociale, da parte di un persona fisica che sia indiscutibilmente il legale rappresentante della società, comporta il valido conferimento della procura da parte della società stessa (Cass. civ., sez. II, 26 giugno 2000, n. 7002). In tale prospettiva, di recente è stato affermato dalla medesima S.C., che la procura speciale apposta a margine del ricorso per cassazione, sottoscritta dai due soggetti menzionati nell'epigrafe come rappresentanti della società ricorrente, non è inficiata dalla mancata espressa menzione di uno di essi nel testo a stampa del mandato, poiché la firma della procura è sufficiente ad attribuirne la paternità ad entrambi nella qualità indicata in ricorso e ribadita accanto a ciascuna delle due firme, le quali, inoltre, devono ritenersi correttamente autenticate dal difensore con un unico visto (Cass. civ., sez. III, 27 agosto 2015, n. 17206).

Sotto altro profilo, non può trascurarsi che è stato evidenziato, con più specifico riguardo alla validità della procura alle liti rilasciata per una società in nome collettivo, che è a tal fine sufficiente, oltre alla specificazione della ragione sociale, l'indicazione della persona fisica del conferente, la cui qualità di socio si presume, salva prova contraria, agli effetti dell'art. 2298 c.c. (cfr. Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2014, n. 4212).

Occorre infine ricordare, sebbene la questione (pur ricorrente nella prassi applicativa) non riguardasse direttamente la fattispecie processuale esaminata dalla S.C. nella decisione in commento, che costituisce ormai jus receptum il principio in virtù del quale l'illeggibilità della firma del conferente la procura alla lite, apposta in calce od a margine dell'atto con cui sta in giudizio una società, esattamente indicata con la sua denominazione, è irrilevante quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa, dalla certificazione d'autografia resa dal difensore o dal testo dell'atto o anche quando sia con certezza desumibile dall'indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese (v., da ultimo, Cass. civ., sez. III, 10 aprile 2015, n. 7179).

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