La Cassazione sull'attuazione degli obblighi di fare infungibile
07 Dicembre 2016
Massima
È inammissibile l'opposizione a precetto (ex art. 615, comma 1, c.p.c.) con il quale si intima il pagamento di una somma di denaro, disposto ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c. ed accessorio ad un provvedimento d'urgenza, nel caso in cui si contesti la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura coercitiva, essendo competente il giudice della cautela stessa a decidere ogni controversia riguardante l'attuazione, anche ai fini di cui all'art. 614-bis c.p.c., del provvedimento cautelare. Il caso
La vicenda in esame nasce da un'opposizione a precetto ex art. 615, primo comma, c.p.c., fra la società E. S.P.A. (attrice-opponente) contro la società C. & C. - S.A.S. DI F. C. (convenuta-opposta). L'esecuzione, da incardinarsi a seguito della notificazione del precetto, trae origine, a sua volta, da un provvedimento cautelare con il quale si ordinava alla società E. S.p.A. l'immediata cessazione della fornitura di energia elettrica presso i locali della società C. & C. S.a.s. di F. C. . L'ordinanza ex art. 700 c.p.c. conteneva anche la condanna (cosiddetta “in futuro” o “condizionata”) al pagamento della somma di €. 1.000,00 per ogni giorno di ritardo a decorrere dal giorno successivo alla notificazione dell'ordinanza cautelare stessa. La previsione di tale pagamento era basata sull'applicazione dell'art. 614-bis c.p.c. (norma introdotta con la legge 69/2009 e poi modificata con il d.l. 83/2015 convertito nella legge 132/2015), con il quale il legislatore ha previsto una misura di coercizione delle obbligazioni di facere infungibili e di non fare, poi meglio definite con riferimento agli obblighi diversi dalla corresponsione di somme di denaro, per il caso di mancato adempimento volontario dell'ordine impartito. L'ente erogatore, infatti, non procedeva all'immediata cessazione dell'erogazione dell'energia elettrica fornita la quale avveniva solamente qualche giorno dopo la notifica dell'ordinanza. Tale ritardo, a detta della società E. S.p.A., non era, però, dovuto a negligenza dell'ente erogatore ma a circostanze esterne alla sua volontà, osservando di avere adempiuto subito a quanto disposto nell'ordinanza cautelare, e che era per lei impossibile fare direttamente il distacco, dovendo a tal fine provvedere il gestore materiale della fornitura di energia elettrica. Di conseguenza l'ente erogatore, ritenendo di non aver tenuto alcun comportamento censurabile, proponeva opposizione all'esecuzione ex art. 615, primo comma, c.p.c., sostenendo la totale mancanza del presupposto applicativo della sanzione contenuta nell'ordinanza stessa. Naturalmente, si costituiva la società convenuta C. & C. S.a.s. di F. C., chiedendo il rigetto dell'opposizione. Il giudice istruttore, dopo avere sospeso in via provvisoria l'efficacia del titolo, faceva precisare le conclusioni. L'opponente richiedeva, quindi, che il tribunale adito volesse, in via preliminare, disporre con decreto inaudita altera parte (ovvero con ordinanza, previa fissazione nel più breve termine dell'udienza di comparizione e discussione) la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo; nel merito, accertasse e dichiarasse la nullità e/o l'invalidità e/o l'inefficacia dell'atto di precetto opposto. A sua volta parte opposta richiedeva che il tribunale adito volesse respingere le domande avversarie in via preliminare e nel merito poiché infondate in fatto ed in diritto per le ragioni di cui in narrativa. La questione
Apparentemente la questione si sarebbe dovuta decidere nel merito della sussistenza o meno dei presupposti applicativi della sanazione prevista ex art. 614-bis c.p.c. il quale contempla la possibilità, per il giudice che provvede a condannare all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro, di disporre la condanna al pagamento di una somma di denaro per ogni violazione, inosservanza o ritardo nell'attuazione del provvedimento. Il giudice istruttore, però, rilevata d'ufficio una questione preliminare da risolvere, rimetteva la causa in istruttoria. Le parti depositavano, quindi, una memoria autorizzata sulla questione e poi precisavano nuovamente le loro conclusioni, rinunciando ai termini per il deposito di nuova comparsa conclusionale e memoria di replica.
La questione è la seguente: in caso di ordine ex art. 614-bis c.p.c., accessorio ad un provvedimento ex art. 700 c.p.c., le eventuali contestazioni sulla sussistenza dei presupposti in fatto per l'applicazione della sanzione devono essere proposte mediante un'opposizione al precetto oppure mediante ricorso al giudice che aveva emesso il provvedimento cautelare, ai sensi dell'art. 669-duodecies c.p.c.? Si accenna, solamente, alla problematica relativa all'applicabilità dell'art. 614-bisc.p.c. anche ai provvedimenti cautelari, questione risolta positivamente dalla dottrina e dalla giurisprudenza (anche se non mancano voci contrarie soprattutto in dottrina: vedi infra nel paragrafo “Guida all'approfondimento”). Il problema nasce proprio dall'applicazione delle disposizioni previste nell'art. 669-duodeciesc.p.c. in combinato disposto con l'art. 614-bis c.p.c. . Infatti, l'art. 669-duodeciesc.p.c. (oltre a richiamare gli artt. 677 e seguenti c.p.c. in ordine ai sequestri) regolamenta l'esecuzione di misure cautelari aventi ad oggetto la corresponsione di somme di denaro nonché l'esecuzione degli obblighi di consegna, rilascio, fare e non fare. Per le prime richiama gli artt. 491 e ss. c.p.c. dettati per il pignoramento, per le seconde (ed è il nostro caso) stabilisce che l'attuazione avvenga sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalità di attuazione e ove sorgano difficoltà o contestazioni da con ordinanza i provvedimenti opportuni sentite le parti (solo le “altre” questioni vanno proposto nel giudizio di merito). L'attuazione delle misure cautelari, ai sensi dell'art. 669- duodecies, c.p.c., si articola, quindi, in tre distinte modalità:
Nel nostro caso, sul presupposto di ritenere che anche la condanna ex art. 614-bis c.p.c. rientri nell'attuazione in senso ampio degli obblighi di fare e non sia inquadrabile quale semplice obbligo di corrispondere una somma di denaro, l'attuazione di tale misura dovrebbe ritenersi affidata al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare. Le soluzioni giuridiche
Osserva il tribunale adito che il provvedimento ex art. 614-bis c.p.c. costituisce una condanna sotto condizione (o condanna “in futuro”) ed è un titolo esecutivo per il pagamento di somme le quali, non essendo prevista una fase di accertamento, devono essere autoliquidate nel precetto dal creditore, liquidazione che può essere contesta dal debitore a mezzo dell'opposizione all'esecuzione. Ma nel caso in cui si contesti il presupposto stesso della condanna in futuro e, cioè, il verificarsi della situazione che da luogo all'inadempimento, cosa succede ? Il problema, infatti, si incentra sulla scelta se dare o meno autonomia procedimentale alla condanna emessa ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c. nell'ambito di un procedimento cautelare che, come tale, prelude ad un'eventuale fase di merito che, nel caso di provvedimento ex art. 700 c.p.c. è, tendenzialmente, sempre proponibile. Eventuale in quanto, dal combinato disposto degli artt. 669-octies, sesto comma e 669-novies, primo comma, c.p.c., il cautelare ex art. 700 c.p.c. (quantomeno con riferimento alle ipotesi in cui il cautelare abbia i caratteri anticipatori della condanna definitiva nel giudizio di merito, come nel nostro caso, e non solo carattere conservativo) può assumere i caratteri della definitività anche se con alcune limitazioni sulla opponibilità in altro procedimento (art. 669-octies, ultimo comma, c.p.c.). Infatti, rimane sempre il rischio di perdita di efficacia del provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. che abbia il carattere di provvedimento anticipatorio, derivante dalla possibilità di revoca o modifica della misura cautelare ottenuta e dalla facoltà concessa in capo ad entrambe le parti, di promuovere il giudizio di merito senza limitazioni temporali (Buoncristiani, Il nuovo procedimento cautelare, in Cecchella, Amadei, Buoncristiani - a cura di - Il nuovo processo ordinario e sommario di cognizione, Milano, 2006, 105 e ss.). La questione preliminare, pertanto, sembra doversi porre in questi termini. Infatti nel caso di provvedimento ex art. 700 c.p.c. la “pendenza” della fase cautelare si protrae tendenzialmente senza limiti temporali e, pertanto, rimane sempre possibile l'applicabilità dell'art. 669 duodecies c.p.c. . E' sempre possibile, infatti, la modifica o la revoca ai sensi dell'art. 669-decies c.p.c. ed, inoltre, è sempre possibile l'introduzione della fase di merito per i provvedimenti anticipatori ex art. 700 c.p.c., come sembra evincersi dall'art. 669-duodecies, comma 6, c.p.c. . Nel caso posto all'esame del giudice, questi osserva che: «Quando, come nella presente causa, un provvedimento ex art. 614-bis c.p.c. è accessorio ad un provvedimento cautelare, occorre domandarsi se ai fini della scelta della disciplina esecutiva ai sensi dell'art. 669-duodecies c.p.c., si debba confermare lo schema sopra descritto, enfatizzando il fatto che è una condanna al pagamento di somme di denaro, con conseguente applicabilità degli artt. 491 e ss. c.c. oppure se, dato il carattere accessorio della condanna ex art. 614-bis c.p.c., al fine di tutelare l'attuazione di un obbligo diverso dal pagamento di somme di denaro, si debba procedere davanti al giudice che ha emesso il provvedimento cautelare almeno quando si contesti che si siano verificate le condizioni per l'operatività della condanna ex art. 614-bis c.p.c.. Ad avviso di questo tribunale il provvedimento cautelare che preveda al suo interno una disposizione ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c. è un provvedimento unitario per la cui qualificazione ai fini esecutivi prevale l'ordine dato dal giudice per tutelare le esigenze cautelari poste alla base del ricorso introduttivo. Tanto è vero che il provvedimento ex art. 614-bis c.p.c. appare ampiamente discrezionale e non incide sulla quantificazione del valore della causa. Rendere autonomo il provvedimento di condanna ex art. 614-bis c.p.c. appare arbitrario oltre che controproducente, essendo sicuramente il giudice della cautela il più adatto a valutare se sussista o meno un inadempimento, soprattutto in una situazione in cui vi è la condanna ma deve essere ancora fatto l'accertamento dei suoi presupposti in concreto». Osservazioni
Il tribunale, pertanto, non ritenendo autonomo il provvedimento basato sull'art. 614-bis c.p.c. e ritenendo che ci si trovi nell'ambito di una condanna accessoria ad un fare, ne accomuna le sorti al provvedimento cautelare nel quale viene disposta la condanna anche ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., quale domanda specifica proposta dalla parte ricorrente. Ed invero la soluzione appare giustificata Infatti dalla formulazione dell'art. 614-bis c.p.c. appare del tutto chiaro che la condanna ivi prevista non sia dotata di una propria autonomia. Basta leggere le prime righe della norma ove si afferma che «Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro, il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione…». Orbene, sembra del tutto corretta l'interpretazione del tribunale genovese, ove si considera il provvedimento oggetto di lamentela la stessa ordinanza cautelare con la conseguente applicabilità del disposto dell'art. 669-duodecies c.p.c., nel caso in cui si contesti il presupposto stesso di azionabilità della cosiddetta condanna “in futuro”. Diverso sarebbe stato il caso in cui l'opposizione si fosse rivolta ad una “imperfezione” del precetto o il caso in cui si fosse, ad esempio, chiesta una compensazione con altre somme di denaro a sua volte dovute dal richiedente nei confronti dell'esecutando. In tali casi, chiaramente, la competenza sarebbe stata del giudice dell'esecuzione in quanto rivolta alla fase esecutiva in sé e non all'esistenza del presupposto della stessa (cioè l'azionabilità della condanna prevista nel titolo esecutivo che, nel nostro caso, è rappresentato da un provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c.). Solo nel caso in cui, adito il giudice dell'esecuzione per far valere la mancanza del presupposto di applicabilità della condanna ex art. 614-bis c.p.c., il giudice della cautela avesse dichiarato la ragione dell'opponente e, ciononostante, il vantato creditore avesse proceduto ugualmente in via esecutiva, in tal caso, appunto, sarebbe stato competente il giudice dell'esecuzione in sede di opposizione ex art. 615 c.p.c. . In questo caso, infatti, si sarebbe trattato di far valere la decisione del giudice della cautela sulla attuazione del provvedimento stesso, decisione, in ipotesi, non osservata, questa volta, dal vantato creditore procedente. La conseguenza dell'iter argomentativo adottato dal tribunale porta, quindi, a ritenere inammissibile l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., primo comma, nel caso di specie. Certo la decisione non può andare esente da critiche (vedi, ad esempio, Elisa Bertillo, in Giur. It., 2016, 5, 1129 e ss.). Sostanzialmente si potrebbe contestare, come è stato rilevato, la ricostruzione del giudice di Genova che nega autonomia al provvedimento ex art. 614-bis c.p.c. . Si osserva, infatti, che alcuna dottrina ha affermato, invece, l'autonomia del provvedimento che si basa sulla domanda ex art. 614 bis c.p.c. (per tutti: D'Amico, Sull'applicabilità dell'art. 614-bis c.p.c. ai provvedimenti cautelari, in Riv. Dir. Proc., 2014) e come tale sottoposto non all'art. 669-duodeciesc.p.c., ma alle ordinarie forme di opposizione in fase esecutiva e ciò ancor di più se si considera che la natura di condanna in futuro del provvedimento emesso ex art. 614 bis c.p.c. comporta che lo stesso giudice della cautela abbia già valutato le conseguenze della possibile violazione del provvedimento cautelare e, quindi, abbia già, a monte, espresso le modalità di attuazione per un'eventuale violazione o contestazione in merito al provvedimento cautelare stesso; di conseguenza, la verifica delle condizioni per le quali possa applicarsi la condanna in futuro andrebbe valutata dal giudice dell'esecuzione (senza contare, poi, che l'inammissibilità dell'esperimento dell'opposizione all'esecuzione limiterebbe fortemente le possibilità difensive dell'esecutando). Queste censure, pur corrette nell'enunciazione di principio, a parere di chi scrive, però, non sembrano cogliere appieno nel segno. Infatti, non tengono conto della natura sostanzialmente “aperta” del procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c., come sopra accennato. Infatti se, come già detto, il provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. è sempre suscettibile di subire il giudizio di merito (nonché di essere revocato o modificato) esso, pur acquistando efficacia latamente definitiva non potrà mai dirsi concluso e pertanto resterà sempre attuale il potere del giudice della cautela di emettere provvedimenti ai sensi dell'art. 669-duodecies c.p.c. i quali, togliendo eventualmente efficacia alla condanna ex art. 614-bis c.p.c. ivi contenuta, avranno la forza di travolgere la procedura esecutiva stessa eventualmente iniziata proprio sulla base del provvedimento cautelare contenente la condanna “in futuro”. Con ciò non si avrà nessuna diminuzione del diritto di difesa del soggetto esecutato. Sembra da ritenere, pertanto, che la decisione del tribunale di Genova sia del tutto condivisibile, pur dovendo fare i conti con una normativa non proprio cristallina, tanto che sarebbe auspicabile, forse, un intervento del legislatore che chiarisse la questione in modo chiaro e definitivo. In dottrina molti sono i contributi in materia:
|