Morte o perdita di capacità di stare in giudizio

07 Aprile 2017

La Cassazione, con la sentenza in commento, si occupa del caso in cui una delle parti del giudizio sia una società che, nelle more, sia stata cancellata dal registro delle imprese. Il problema da risolvere prende le mosse dalla riforma del diritto societario del 2003 ed attiene all'efficacia dell'estinzione della società a seguito della pubblicità data dal registro delle imprese.
La massima

In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, ove l'evento non sia dichiarato o notificato da parte di quest'ultimo, la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, anche ai fini della proposizione delle impugnazioni, non opera per il ricorso per cassazione, per il quale è richiesta la procura speciale, che deve pertanto essere conferita dal soggetto subentrato per legge alla parte originaria.

Il caso

Il fatto si riferisce ad una questione abbastanza semplice. E' in contestazione la vendita di un'autovettura che l'acquirente assume non avere le qualità promesse. Invece di una vettura nuova si ritrova in possesso di un'autovettura usata e, quindi, non avente la qualità concordata con il venditore.

La vicenda si snoda attraverso i tre gradi di giudizio ed arrivati in Cassazione la questione più rilevante, che viene vagliata, non è certamente la qualità del prodotto venduto ma la capacità di stare in giudizio e, quindi, la vera e propria capacità processuale, che l'art. 75 del codice di rito pretende.

La questione

Si tratta del caso in cui una delle parti del giudizio sia una società che, nelle more, sia stata cancellata dal registro delle imprese.

Il problema da risolvere, niente affatto scontato, prende le mosse dalla riforma del diritto societario del 2003 ed attiene all'efficacia dell'estinzione della società a seguito della pubblicità data dal registro delle imprese.

Prima della riforma era pacifico (anche se la formulazione della legge sembrava già essere sufficientemente chiara nel senso opposto), che la cancellazione della società dal registro delle imprese avesse effetti meramente dichiarativi (ex multis vedi

Cass. 10065/1996

) per cui l'estinzione si sarebbe verificata solamente in conseguenza della reale ed effettiva definizione di tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società stessa; in altre parole, qualora ciò non si fosse verificato, nonostante l'estinzione della società, resa pubblica, questa sarebbe, per così dire, risorta dalla sue ceneri (ex multis vedi

Cass., 6597/1998

).

Per porre fine ad una tale situazione, che creava non pochi problemi, la novella del 2003 (l. 6/2003) ebbe a prevedere, all'

art. 2495 c.c.

, che “

Ferma restando l'estinzione della società dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.

Con ciò, l'iscrizione della cancellazione della società nel registro delle imprese acquistava un'efficacia certamente costitutiva dell'estinzione del soggetto giuridico ed a tal proposito la giurisprudenza aveva modo di affermare che questo principio, sebbene previsto in materia di società di capitali, dovesse ritenersi applicabile anche alle società di persone, uniformando l'evento estintivo per tutte le fattispecie societarie (vedi

Cass., 21112/2015

).

Le soluzioni giuridiche

Se questo è il presupposto, chiediamoci ora cosa succeda al mandato alle liti in presenza della effettiva estinzione della parte processuale.

Già la Cassazione a sezioni unite (

Cass., S.U., 15295/2014

), chiarendo il conflitto giurisprudenziale esistente, si era posta il problema della cosiddetta ultrattività del mandato alle liti e cioè del fatto che questo sopravvivesse alla morte o, in questo caso all'estinzione, del soggetto giuridico,

non solo per il giudizio in corso ma anche ai fini della notificazione di un'eventuale impugnazione

.

Per comprendere il problema bisogna, innanzitutto, riferirsi agli

artt. 82,

85

e

300 del c.p.c.

.

L'art. 82 prevede che le parti debbano, normalmente, stare in giudizio a mezzo di procuratore e l'art. 85 prevede che la procura possa sempre essere revocata o rinunziata dal difensore ma la revoca o la rinuncia non hanno effetto, nei confronti della controparte, fino a che questi non sia stato sostituito nel giudizio.

In base a tali principi, e qui viene in considerazione l'

art. 300 c.p.c.

, la Corte ivi affermava che

nel caso del verificarsi di un evento interruttivo relativo alla parte costituita a mezzo di procuratore, l'omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest'ultimo comporta che il difensore continui a rappresentare la parte come se l'evento stesso non si fosse verificato nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l'evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall'altra parte o notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario

ex art. 300, quarto comma, c.p.c.

”.

Sulla base di questo principio anche la giurisprudenza successiva, riportando in motivazione l'insegnamento delle sezioni unite, ha affermato che “In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l'omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest'ultimo comporta, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l'evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione” (

Cass. 39/2015

).

Come accennato, però, non sempre l'orientamento giurisprudenziale è stato in tal senso.

Infatti, soprattutto per il caso di impugnazione e di conseguente notificazione alla parte evocata in sede di gravame, la giurisprudenza (e la dottrina) ha tenuto posizioni alterne.

Nel senso dell'ultrattività si è espressa parte della giurisprudenza (per citarne solo alcune:

Cass. 8930/2000

;

Cass. 11966/1998

;

Cass. 3431/1998

;

Cass. 4237/1997

). Secondo questo orientamento, quindi, il gravame potrebbe essere instaurato anche per iniziativa del procuratore del soggetto defunto o estinto, se l'originaria procura fosse valida per l'ulteriore grado del processo (ex multis: Cass., 1229/1984;

Cass. 6588/2003

;

Cass. 6949/2001

).

In senso contrario, tuttavia, si era espressa altra giurisprudenza; nel caso di eventi non dichiarati o non notificati, l'ultrattività avrebbe operato soltanto fino alla sentenza che avesse chiuso la fase del processo (vedi, in tal senso:

Cass., S.U., 10706/2006

;

Cass. 9387/2001

;

Cass. 1760/2012

;

Cass. 18485/2010

).

Venendo, ora, al nostro caso, per quel che ci interessa in questa sede, va esaminato il vaglio sulla ammissibilità del ricorso per Cassazione proposto dalla società estinta.

A tal proposito la Corte osserva che. “… ben prima del deposito della sentenza impugnata – la xxx s.a.s. è stata cancellata dal registro delle imprese, cancellazione che ha comportato l'estinzione della società con effetto immediato, ai sensi dell'

art. 2495 c.c.

, comma 2, (come modificato dal

d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4

), donde il venir meno della legittimazione ad agire della società e del liquidatore dal quale era rappresentata.”

La Corte, pertanto, ritiene fondata l'eccezione.

Infatti, prosegue rilevando che “È indubbio che, a seguito della modificazione dell'

art. 2495 c.c.

la cancellazione della società dal registro delle imprese comporta l'estinzione della società fin dal momento in cui il provvedimento di cancellazione è stato adottato … Donde l'interruzione del processo del quale la società sia parte, ai sensi degli

artt. 299 c.p.c.

e ss., dal momento in cui l'evento interruttivo sia stato dichiarato o fatto constatare nei modi di legge; interruzione a cui deve fare seguito la riassunzione da parte dei soci, o nei confronti dei soci che siano subentrati nei rapporti già facenti capo alla società, ai sensi dell'

art. 110 c.p.c.

. In mancanza di tale dichiarazione il processo prosegue fra le parti originarie sul rilievo che l'interruzione doveva essere eccepita dalla parte interessata.”.

Il problema che deve risolvere la Corte è quello di stabilire se il principio della cosiddetta “stabilizzazione” processuale del soggetto estinto estenda i suoi effetti anche al giudizio di impugnazione, attraverso l'excursus argomentativo che abbiamo evidenziato sopra.

Preso atto del risalente principio giurisprudenziale secondo il quale “l'impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi di società, la cui estinzione non sia stata dichiarata, deve provenire o essere indirizzata, a pena d'inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci subentrati alla società estinta, poiché la stabilizzazione processuale del soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale si sia verificato l'evento estintivo”, la Corte rileva che quel principio viene disatteso dalla Cassazione a sezioni unite (

Cass., Sez.Un., 15295/2014

) secondo la quale “la morte o la perdita della capacità di stare in giudizio della parte costituita a mezzo di procuratore, che non siano state dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano che il medesimo procuratore, se originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato anche a proporre impugnazione in rappresentanza della parte venuta a mancare, provocando così la prosecuzione nell'ulteriore grado di giudizio dell'effetto stabilizzante della mancata dichiarazione dell'evento estintivo: soluzione che è stata giustificata in considerazione del principio generale della ultrattività del mandato di difesa e dell'opportunità di lasciare il difensore arbitro del potere di gestire nel modo migliore gli interessi della parte già rappresentata e di coloro che siano destinati a subentrarvi, ivi inclusi quelli attinenti agli effetti dell'estinzione, sempre nel presupposto che agisca previa informazione degli interessati e in accordo con essi”.

Se questo è il principio cui attualmente ci se debba attenere, la Corte, tuttavia, rileva che il suo presupposto applicativo necessiti che il difensore sia munito di una valida procura alle liti, ai sensi dell'

art. 83 c.p.c.

, anche per il giudizio di impugnazione, ed in particolare per proporre il ricorso per cassazione, per il quale è richiesta una procura speciale, presupposto che, nel caso di specie, sembra mancare.

Infatti, analizzando la fattispecie concreta, la Corte osserva che: “se deve ritenersi valida la notifica dell'atto di appello effettuata presso il difensore in primo grado della società, atteso il regime transitorio previsto dal

d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6

in ordine al fenomeno successorio che caratterizza la cancellazione della società (fatta decorrere per tutte le società cancellate prima della entrata in vigore della riforma dal 01.01.2004), il ricorso per cassazione andava proposto non più dal soggetto estinto, ma dai soci, seppure gli stessi alla data della cancellazione erano da ravvisare nella sola socia superstite, signora yyy (v. atto di cessione delle quote del 4.4.1997).

Infatti nella specie è mancante il requisito della specialità della procura, poiché il difensore della ricorrente, avv. zzz, si è costituito in forza di procura rilasciata non personalmente dalla socia subentrata alla società estinta, ma dalla stessa società xxx, in persona del legale rappresentante, signora yyy. I suoi poteri di difesa non risultano quindi legittimati né dall'efficacia ultrattiva della procura a suo tempo rilasciata dalla società - procura che per principio non opera in relazione al ricorso per cassazione - né dalla nuova procura rilasciata dalla società giuridicamente "defunta" e non legittimata ad agire in giudizio in virtù del disposto di cui all'

art. 2495 c.c.

”.

Il rilievo della mancanza di valida procura, pertanto, non può che portare all'inammissibilità del ricorso per cassazione, pur in applicazione del recente principio sancito dalle sezioni unite.

Osservazioni

La sentenza deve essere accolta con favore in quanto, sulla scia anche di altre pronunce (si segnalano, sulla materia, anche a supporto dell'interpretazione fornita nella motivazione della sentenza in commento: Cass. 21 febbraio 1984, n. 1229; Cass. 21 febbraio 1984, n. 1231; Cass. 5 aprile 1984, n. 2213; Cass. 3 giugno 1985, n. 3306; Cass. 27 agosto 1986, n. 5242; Cass. 7 aprile 1987, n. 3367; Cass., S.U. 29 agosto 1989, n. 3815; Cass. 20 settembre 1989, n. 3931; Cass. 5 giugno 1990, n. 5391; Cass. 22 novembre 1991, n. 12545; Cass. 18 febbraio 1995, n. 1814; Cass. 28 aprile 1995, n. 4721; Cass. 7 luglio 1995, n. 7495; Cass. 26 agosto 1996, n. 7821; Cass. 16 novembre 1996, n. 10065; Cass. 17 febbraio 1997, n. 1441; Cass. 3 marzo 1997, n. 1865; Cass. 14 maggio 1997, n. 4237; Cass. 10 marzo 1998, n. 2639; Cass. 3 aprile 1998, n. 3431; Cass. 7 luglio 1998, n. 6597; Cass. 21 luglio 1998, n. 7121; Cass. 25 novembre 1998, n. 11966; Cass. 4 luglio 2000, n. 8930; Cass. 22 maggio 2001, n. 6949; Cass. 11 luglio 2001, n. 9387; Cass. 28 aprile 2003, n. 6588; Cass., S.U., 10 maggio 2006, n. 10706; Cass. 9 agosto 2010, n. 18485; Cass. 8 febbraio 2012, n. 1760; Cass. 9 aprile 2013, n. 8596; Cass. 20 settembre 2013, n. 21517; Cass., S.U., 4 luglio 2014, n.15295; Cass. 8 gennaio 2015, n. 39; Cass. 14 luglio 2015, n. 21112.) analizza il caso concreto, non solo dal punto di vista processuale, secondo il quale il principio di estensione ultrattiva della procura copre anche l'evento estintivo del soggetto processuale, ma anche, ed a ragione, dal punto di vista sostanziale, per cui il presupposto necessario in merito all'effettivo potere del soggetto agente è che vi sia una valida procura ad litem.

Nel caso di specie è proprio il requisito sostanziale a mancare e, quindi, non solo la procura rilasciata in origine non poteva riferirsi anche al ricorso per cassazione, stante la necessaria specialità della procura per tale gravame, ma anche la successiva procura speciale veniva rilasciata da soggetto "estinto", come tale carente di capacità processuale.

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