Novità dalla Cassazione sulla interpretazione dell'art. 57 del D.P.R. n. 602/73

Giuseppe Lauropoli
06 Maggio 2016

In materia di riscossione coattiva di crediti tributari, l'ammissibilità dell'opposizione agli atti esecutivi dipende dall'atto impugnato e non dal vizio dedotto.
Massima

«In materia di riscossione coattiva di crediti tributari, l'ammissibilità dell'opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 57, comma 1, lett. b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dipende dall'atto impugnato e non dal vizio dedotto, sicché, mentre il contribuente non può impugnare dinanzi al giudice ordinario la cartella di pagamento o l'avviso di mora, la cui cognizione è riservata al giudice tributario, può proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il pignoramento, oltre che per vizi suoi propri, anche per far valere la nullità derivata, conseguente all'omessa notificazione degli atti presupposti e, cioè, della cartella di pagamento o dell'intimazione ad adempiere».

Il caso

Tizio riceve la notifica di un atto di pignoramento presso terzi predisposto da parte dell'agente della riscossione ai sensi dell'art. 72-bis del D.P.R. n. 602/73.

Tale pignoramento ha come suo presupposto iscrizioni a ruolo relative tanto a crediti di natura tributaria, quanto a crediti di natura extra-tributaria.

Il debitore/contribuente, vistosi notificare tale atto, propone opposizione agli atti esecutivi dinanzi al giudice dell'esecuzione competente, deducendo di non aver mai ricevuto la notifica né delle cartelle di pagamento sottese all'atto di pignoramento, né degli avvisi di intimazione di cui all'art. 50 del D.P.R. n. 602/73.

Il Tribunale, investito del merito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, per quanto di interesse nella presente sede, dichiara inammissibile l'opposizione agli atti esecutivi relativamente al credito di natura tributaria sotteso al pignoramento.

La Cassazione, dinanzi alla quale veniva impugnata tale pronuncia, dopo una importante puntualizzazione in tema di unitarietà del giudizio di opposizione agli atti esecutivi (con l'affermazione, in punto di diritto, secondo la quale il giudizio di opposizione agli atti esecutivi – ma analoghe considerazioni sembrano estensibili anche al giudizio di opposizione all'esecuzione – deve ritenersi introdotto con il deposito del ricorso in opposizione dinanzi al giudice dell'esecuzione e non, invece, con la notifica o il deposito dell'atto introduttivo del giudizio di merito) pur respingendo il ricorso, giunge ad effettuare alcune importanti puntualizzazioni sul contenuto della decisione impugnata. In particolare, con riguardo alla pronuncia, adottata dal Tribunale, di inammissibilità della opposizione agli atti esecutivi allorché l'esecuzione venga svolta in relazione a crediti tributari, La Cassazione precisa che l'opposizione agli atti esecutivi per omessa notifica della cartella di pagamento sottesa al pignoramento ben può essere sollevata anche allorché il credito azionato abbia natura tributaria.

Una volta giunta ad una tale affermazione di principio, come detto, la Cassazione rigetta comunque il ricorso proposto dal debitore/contribuente, ritenendo comunque non sussistenti gli ipotizzati vizi di notifica delle cartelle di pagamento e degli avvisi di intimazione sottesi al pignoramento.

Alcune questioni di interesse

Sono invero numerose le questioni trattate nella sentenza che si annota e tutte meriterebbero un puntuale approfondimento.

Nella presente sede, però, è possibile soltanto accennare ad alcune di tali numerose questioni trattate, mentre ci si soffermerà su un argomento che pare assumere portata innovativa con riguardo alla interpretazione dell'art. 57 D.P.R. n. 602/73 fino ad ora prevalentemente invalsa.

Ebbene, fra le diverse questioni trattate, vale la pena richiamare nuovamente quanto affermato dalla Suprema Corte in punto di unitarietà del giudizio di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi.

Il problema interpretativo che si poneva ai giudici di legittimità era, nel caso di specie, quello di stabilire se, con riguardo alla fattispecie in esame, dovesse trovare applicazione l'art. 327 c.p.c. nella formulazione previgente all'entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, ovvero nella formulazione successiva all'entrata in vigore di tale riforma, al fine di verificare la tempestività della impugnazione svolta dal ricorrente.

Ebbene, la Cassazione afferma che il ricorso è tempestivo, dovendo trovare applicazione l'art. 327 c.p.c. nella formulazione anteriore all'entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, atteso che il momento dell'introduzione del giudizio di opposizione agli atti esecutivi non va individuato con riferimento alla data di introduzione del giudizio di merito di tale opposizione, bensì con riferimento alla data di deposito del ricorso in opposizione dinanzi al giudice dell'esecuzione, dal momento che l'opposizione agli atti esecutivi, pur avendo, a seguito della riforma del 2006, una natura bifasica (costituita da una fase sommaria, necessaria, dinanzi al giudice dell'esecuzione, ed una fase di merito, eventuale, dinanzi al Tribunale), deve comunque essere considerata nella sua unitarietà.

Altra questione affrontata dai giudici di legittimità concerne la sicura applicabilità dell'art. 140 c.p.c. in caso di notificazione di cartella di pagamento a soggetto temporaneamente assente.

Come noto, non sempre agevole è il coordinamento fra le disposizioni in tema di notificazione dettate dal Codice di Procedura Civile e quelle dettate da speciali disposizioni di legge.

Particolarmente problematica si rivela, in particolare, l'interpretazione delle disposizioni in tema di notifica di atti concernenti la riscossione esattoriale.

Con particolare riguardo alla ipotesi di notifica di cartella di pagamento a soggetto temporaneamente assente, l'art. 26 del D.P.R. n 602/73 conteneva un rinvio al contenuto dell'art. 60 del D.P.R. n. 600/73.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 528 del 2012, ha però inciso su una tale previsione, precisando che il rinvio all'art. 60 del D.P.R. n. 600/73 doveva intendersi effettuato con riferimento all'ipotesi in cui «nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario».

A seguito di tale intervento del giudice costituzionale, deve ritenersi che, in assenza di una speciale previsione che disciplini l'ipotesi di notifica della cartella di pagamento in caso di temporanea assenza del destinatario, debba riespandersi la portata precettiva dell'art. 140 c.p.c. e in tal senso è orientata la Suprema Corte nella sentenza che si annota.

Altro importante principio che la Cassazione riafferma nella sentenza in commento riguarda la prova dell'avvenuta notifica della cartella di pagamento.

Ai fini di una tale prova, si afferma, è ordinariamente sufficiente per l'agente della riscossione produrre copia della relata di notifica della cartella di pagamento, non sussistendo alcun onere di produrre copia integrale della cartella, spettando semmai al destinatario dell'atto fornire la prova che il plico ricevuto non conteneva la cartella di pagamento.

La questione di maggiore interesse

La questione di maggiore interesse che emerge dalla pronuncia in commento, sembra tuttavia essere un'altra, come si è poc'anzi accennato.

La Suprema Corte afferma, infatti, che l'opposizione agli atti esecutivi con la quale si lamenti il vizio di notifica della cartella di pagamento o dell'avviso di intimazione possa reputarsi ammissibile anche allorché il credito per il quale si procede (ossia il credito sotteso al pignoramento) abbia natura tributaria, sempre che sia dedotto, nel ricorso in opposizione, che un tale vizio di notifica abbia inficiato la stessa validità dell'atto di pignoramento.

La Cassazione, richiamando un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, precisa, a riguardo, che «in materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l'omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell'atto consequenziale notificato» (si veda Cass. civ., sez. III, 7 marzo 2015, n. 9246, la quale richiama Cass. civ., SS.UU., 04 marzo 2008 n. 5791).

Di conseguenza, prosegue nel suo ragionamento la Corte, deve ritenersi del tutto legittima la proposizione di una opposizione agli atti esecutivi con la quale si deduca la nullità dell'atto di pignoramento per vizio derivato, consistente nella omessa o viziata notifica della cartella di pagamento o dell'avviso di intimazione.

Una tale posizione, così espressa dalla Suprema Corte nella pronuncia che si annota, pur richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali di legittimità (si trattava, a ben vedere, di pronunce che non si esprimevano in tema di opposizione svolta ai sensi dell'art. 57 del D.P.R. n. 602/73), pare costituire un superamento di una precedente e diversa posizione dalla stessa assunta sul tema in questione.

Era infatti consolidato l'indirizzo secondo il quale allorché il credito sotteso all'esecuzione esattoriale avesse sicura natura tributaria, dovessero ritenersi ammissibili i rimedi di cui agli articoli 615 e ss. c.p.c. soltanto entro i ristretti limiti previsti dall'art. 57 del D.P.R. n. 602/73.

Tale ultima disposizione, come noto, consente la opposizione all'esecuzione soltanto per motivi attinenti alla pignorabilità dei beni o dei crediti e consente la opposizione agli atti esecutivi per motivi che non attengano alla regolarità formale del titolo e alla notifica dello stesso (si vedano, con riguardo ad una tale più restrittiva posizione espressa dalla giurisprudenza di legittimità, Cass. civ., 13 gennaio 2005 n. 565 e Cass. civ., 9 novembre 2009 n.23667).

Le soluzioni giuridiche

Una tale soluzione alla quale perviene la Suprema Corte, giunge all'esito di un processo interpretativo di progressivo ridimensionamento della portata precettiva dell'art. 57 del D.P.R. n. 602/73.

La menzionata norma, come esposto poc'anzi, prevede espressamente, al suo primo comma, che, avverso l'esecuzione esattoriale intrapresa ai sensi di tale testo normativo, non siano ammesse le opposizioni all'esecuzione (eccezion fatta per quelle concernenti la impignorabilità dei beni o dei crediti) e, inoltre, che siano ammesse le opposizioni agli atti esecutivi, ma fatta eccezione per quelle concernenti la regolarità formale e la notifica del titolo.

Si tratta di limiti, a ben vedere, piuttosto stringenti; tali, cioè, che ove una tale disposizione dovesse trovare una applicazione letterale, gli stessi finirebbero per frustrare, in concreto, la maggior parte dei motivi di opposizione esperibili avverso una esecuzione esattoriale.

Per tale ragione ha avuto luogo un progressivo intervento della giurisprudenza di merito e, da ultimo, di legittimità, finalizzato ad attenuare, su un piano interpretativo, la portata dei vincoli e delle limitazioni sancite dal citato art. 57.

È stato, così, dapprima affermato che una tale limitazione alle opposizioni esecutive, imposta dall'art. 57 del D.P.R. n. 602/73, dovesse trovare applicazione soltanto laddove l'esecuzione esattoriale avesse ad oggetto crediti tributari e non anche quando avesse ad oggetto crediti di diversa natura (si veda, a conferma di una tale impostazione - peraltro evincibile sul piano normativo dal primo comma dell'art. 29 del D.lgs. n. 46/99 - Cass. civ, 9 novembre 2009 n.23667).

Successivamente, è comunque rimasta viva, nella giurisprudenza di merito, la tensione verso una interpretazione dell'art. 57 del D.P.R. n. 602/73 che consentisse, quanto meno in determinate circostanze, la proposizione di opposizioni esecutive anche in relazione a crediti aventi natura tributaria (è stato così affermato che potesse sempre essere fatta valere, in sede di opposizione all'esecuzione, la illegittimità della procedura esecutiva per insussistenza del titolo, ad esempio nell'ipotesi di annullamento dell'avviso di accertamento o della cartella di pagamento in sede di giurisdizione tributaria, ovvero in caso di intervenuto sgravio delle somme iscritte a ruolo. Sotto altro profilo, è stato affermato che, essendo la cartella di pagamento sostanzialmente assimilabile all'atto di precetto, potesse sempre reputarsi ammissibile la opposizione agli atti esecutivi con la quale si lamentasse la sua omessa notifica).

La sentenza che si annota si pone allora nel solco di un tale progressivo processo di «ridimensionamento», sul piano interpretativo, dei limiti all'esperimento delle opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi originariamente imposti dall'art. 57 del D.P.R. n. 602/73.

Ad una tale conclusione la Suprema Corte giunge sulla base di due argomenti: innanzi tutto sottolineando come il pignoramento esattoriale possa essere affetto anche da nullità derivata, allorché risulti viziata la notifica di uno degli atti prodromici all'inizio dell'esecuzione. In secondo luogo, considerando la cartella di pagamento alla stregua di un atto di precetto, con l'effetto che, anche sotto un profilo squisitamente formale, la doglianza concernente la irregolarità formale della stessa e della sua notifica debba ritenersi estranea alla previsione contenuta nell'art. 57, comma 1, lett. b, del D.P.R. n. 602/73.

Una volta assunta una tale posizione, tuttavia, la Cassazione ha anche avvertito la necessità di ricondurre un tale ampliamento delle possibilità di esperire opposizione agli atti esecutivi in materia di esecuzione esattoriale nell'alveo dei consolidati principi dettati dai giudici di legittimità in tema di sanatoria dei vizi di notifica del titolo esecutivo e del precetto.

È stato così puntualizzato, con la recente sentenza Cass. civ., 27 novembre 2015 n. 24235, che un tale vizio di notifica della cartella di pagamento o dell'avviso di intimazione, in tanto è in grado di inficiare la successiva attività esecutiva posta in essere, in quanto integri una ipotesi di omissione o di inesistenza della notifica, dovendosi invece ritenere che in caso di mera irregolarità o nullità di una tale notifica, l'opposizione agli atti esecutivi sia idonea a sanare il vizio contestato.

Osservazioni

Non c'è dubbio che le «aperture» della Suprema Corte in tema di interpretazione dell'art. 57 del D.P.R. n. 602/73 rispondano a delle esigenze concrete e quanto meno in parte condivisibili.

Deve infatti segnalarsi la criticità insita nel meccanismo di tutela dei diritti del contribuente destinatario di una atto di pignoramento ex art. 72-bis del D.P.R. n. 602/73 nel caso in cui si acceda ad una restrittiva interpretazione dell'art. 57 del D.P.R. n. 602/73.

Di fatto, l'esecutato risulterebbe privato pressoché di qualsiasi possibilità di opposizione, anche in quei casi, si badi, in cui l'esecuzione risulti palesemente ingiustificata (si pensi, così, al caso in cui l'esecutato adduca e documenti di aver già assolto al pagamento di quanto dovuto, oppure al caso in cui il debitore documenti l'avvenuto annullamento, dinanzi alla giurisdizione tributaria, della cartella di pagamento sulla quale risulti fondata la pretesa esecutiva).

Con riguardo a tali casi, a ben vedere, non appare invero sufficiente ad evitare il completamento dell'esecuzione forzata (specie se attivata nelle forme previste dall'art. 72-bis del D.P.R. n. 602/73) la possibilità di esperire un rimedio impugnatorio dinanzi alla giurisdizione tributaria: per un verso, infatti, non è affatto scontato che la decisione del giudice tributario possa giungere entro i ristretti termini temporali imposti dall'art. 72-bis per l'adempimento del pagamento da parte del terzo pignorato; per altro verso, quand'anche la Commissione Tributaria provvedesse tempestivamente alla sospensione dell'efficacia del ruolo (o all'adozione del provvedimento cautelare richiesto), non necessariamente una tale decisione avrebbe immediati effetti sospensivi sull'esecuzione esattoriale intrapresa, in mancanza di una pronuncia sospensiva del giudice dell'esecuzione o in mancanza di una spontanea conformazione dell'agente della riscossione ad una tale pronuncia giurisdizionale resa dal giudice tributario.

In tal modo posti i termini della questione, al debitore esecutato per la riscossione di crediti tributari non rimarrebbe, nella maggior parte dei casi, che fare riferimento al rimedio previsto dall'art. 59 del D.P.R. n. 602/73, il quale consente, al debitore che si ritenga danneggiato dall'esecuzione intrapresa dall'agente della riscossione, di agire per il risarcimento del danno.

In tale ottica ben si comprendono gli sforzi interpretativi finalizzati a consentire un più ampio margine di esperibilità, dinanzi al giudice ordinario, dei rimedi oppositivi avverso l'esecuzione esattoriale.

La soluzione interpretativa adottata dalla Suprema Corte, tuttavia, non manca di alcune criticità: una volta ipotizzata la sostanziale assimilabilità della cartella di pagamento ad un atto di precetto, non può escludersi che debbano trovare ingresso in sede di opposizione agli atti esecutivi avverso l'esecuzione esattoriale fondata su crediti tributari anche motivi di opposizione concernenti la regolarità formale di un tale atto (si pensi, così, ai motivi di impugnazione concernenti la carenza di motivazione della cartella, ovvero la sua mancanza di conformità al modello legale).

Inoltre, potrebbe porre qualche problema, in sede applicativa, la non sempre agevole distinzione - che la Suprema Corte raccomanda di effettuare in sede di vaglio circa l'ammissibilità del motivo di opposizione agli atti esecutivi – fra impugnazione con la quale si lamenti la sola omessa notifica della cartella di pagamento sottesa al pignoramento (motivo che, stando alla pronuncia n. 9246 del 2015 dovrebbe reputarsi inammissibile) e impugnazione con la quale si lamenti il vizio derivato del pignoramento in ragione della omessa o inesistente notifica della cartella di pagamento (motivo, questo, da ritenersi invece ammissibile), nonché la ulteriore distinzione fra vizio di notifica della cartella di pagamento da reputare sanato a seguito di opposizione agli atti esecutivi e vizio da ritenersi, invece, insuscettibile di sanatoria.

Senza considerare che le segnalate «aperture» della giurisprudenza di legittimità in punto di interpretazione dell'art. 57 del D.P.R. n. 602/73 si sono concentrate, fino ad ora, unicamente sulla lettera b) del primo comma di tale norma (e, dunque, sulla esperibilità della opposizione agli atti esecutivi), senza invece incidere sugli stringenti limiti imposti dalla suddetta norma in tema di esperibilità della opposizione all'esecuzione.

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