Il provvedimento di convalida di sfratto non esclude un successivo e distinto giudizio per risoluzione del contratto di locazione

07 Settembre 2017

I Giudici della Terza Sezione analizzano la questione dei limiti oggettivi dell'efficacia di cosa giudicata dell'ordinanza di convalida di sfratto.
Massima

L'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale su ogni questione in merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, né al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo del pagamento e di eccepire e contrastare, nell'indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi, tranne il caso in cui allo sfratto per morosità si sia accompagnata contestualmente l'ingiunzione di pagamento per i canoni, risultando, in tale ipotesi, coperti dal giudicato anche i fatti impeditivi/estintivi del relativo obbligo.

Il caso

Con una prima domanda giudiziale, la società conduttrice conveniva in giudizio i locatori domandando la risoluzione del contratto per gravi vizi della cosa locata. In un separato procedimento proponeva opposizione al decreto ingiuntivo per pagamento dei canoni dovuti in un periodo successivo alla pendenza del primo giudizio, decreto emesso a seguito del provvedimento di convalida dello sfratto in danno della stessa conduttrice.

Il Tribunale riuniva i due procedimenti e riteneva improponibile la prima domanda per la formazione del giudicato esterno sull'insussistenza dei vizi della cosa locata, in quanto gli stessi non erano stati dedotti dalla conduttrice in sede di successiva convalida dell'intimato sfratto.

La decisione, impugnata dalla società conduttrice, era confermata in appello.

La locataria proponeva quindi ricorso per cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455, 1458, 1460, 2909 c.c. e 324 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per errata preclusione da giudicato, derivante dall'ordinanza di convalida dello sfratto, di fatti estintivi/impeditivi anteriori, già fatti valere in separato e precedente giudizio.

La questione

La questione processuale oggetto della pronuncia in esame è quella dei limiti oggettivi dell'efficacia di cosa giudicata ascrivibile all'ordinanza di convalida di sfratto.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione (pur ritenendo di non poter modificare il dispositivo della decisione impugnata per l'inammissibilità degli altri motivi di ricorso) ritiene fondate le censure della società ricorrente.

A fondamento della decisione assunta, la Corte richiama, in primo luogo, l'art. 669 c.p.c. per il quale la pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni stessi. In forza di tale previsione, la Suprema Corte sottolinea che hanno errato i giudici di merito nel ritenere che non potessero essere considerate le questioni afferenti i vizi dell'immobile locato e, quindi, l'inadempimento del locatore, in quanto già dedotte dalla conduttrice in un separato giudizio, anteriore al procedimento di convalida di sfratto e ciò, sebbene, restasse impregiudicata, a seguito della emanazione dell'ordinanza ex art. 663 c.p.c. la risoluzione del contratto di locazione.

Sul punto, la Corte di legittimità richiama, infatti, la propria giurisprudenza pregressa per la quale l'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale su ogni questione in merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, né al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo del pagamento e di eccepire e contrastare, nell'indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi, salvo che con la domanda di convalida di sfratto non sia stata proposta contestualmente quella di pagamento dei canoni di locazione.

Conclude, quindi, la Cassazione nel senso che hanno errato i giudici di merito nel ritenere che, sebbene non fosse stata con la domanda di convalida proposta azione di pagamento dei canoni dovuti fosse precluso l'esame dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. proposta dalla conduttrice in separato giudizio.

Osservazioni

La soluzione alla quale è pervenuta la Corte di Cassazione è coerente con la giurisprudenza tradizionale della stessa per la quale l'efficacia di giudicato del provvedimento di convalida non preclude la pronuncia, in un successivo e distintivo giudizio, della sentenza di risoluzione del medesimo contratto per inadempimento anteriormente verificatosi, la cui domanda ha contenuto e presupposti diversi e tale pronuncia, sebbene di carattere costitutivo, avendo efficacia retroattiva al momento dell'inadempimento, ex art. 1458 c.c., prevale rispetto alle altre cause di risoluzione del medesimo rapporto contrattuale per la priorità nel tempo dell'operatività dei suoi effetti (cfr., tra le altre, Cass. 17 luglio 2008 n. 19695).

Occorre peraltro evidenziare che la soluzione della Corte è condivisibile in quanto nella fattispecie esaminata dalla stessa il decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni insoluti non era stato proposto dal locatore ex art. 664 c.p.c. unitamente all'intimazione di sfratto per morosità ma con separata domanda monitoria, in virtù di quanto reso possibile dal combinato disposto degli artt. 633 e 669 c.p.c..

Guida all'approfondimento

GIORDANO, Procedimento per convalida di sfratto, Bologna 2015

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