Espropriazione presso terzi e il vecchio art. 548 c.p.c.

Redazione scientifica
07 Novembre 2016

Nel vigore degli artt. 548 e 549 c.p.c., precedenti le modifiche intervenute tra gli anni 2012 e 2014, l'accertamento dell'obbligo del terzo segue la dichiarazione mancata, negativa o contestata del terzo e necessita per la sua introduzione soltanto di apposita istanza del creditore rivolta al giudice dell'esecuzione.

Il caso. Il Tribunale di primo grado accertava che la società Alfa era debitrice della società Beta (a sua volta debitrice di Caio).

La soccombente società Alfa, terza pignorata nel processo per espropriazione presso terzi intrapreso dal creditore Caio, proponeva allora appello. Il giudice di seconde cure rigettava il ricorso confermando nel merito l'impugnata sentenza.

Veniva allora adita la Suprema Corte.

Nel dettaglio la società Alfa deduceva la violazione o falsa applicazione dell'art. 164, comma 1, c.p.c., in relazione all'art. 163, comma 3, n. 7 c.p.c., ossia del «mancato avvertimento al convenuto delle decadenze nelle quali incorre ex art. 38 c.p.c. in ipotesi di costituzione oltre il termine di giorni venti prima dell'udienza».

L'istanza di introduzione del giudizio di accertamento. «Il motivo» - spiega la Cassazione - «è manifestamente infondato», premettendo che la vicenda processuale è interamente regolata dagli artt. 548 e 549 c.p.c. nel testo pre-riforma ex l. 24 dicembre 2012, n. 228 e d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv. con l. 10 novembre 2014, n. 162.

Ius receptum in sede di legittimità il principio per cui «il pignoramento presso terzi è una fattispecie a formazione progressiva che si perfeziona mediante la dichiarazione positiva e non contestata del terzo pignorato ovvero, in alternativa, mediante la sentenza che accerta l'obbligo del terzo» (Cass., n. 6666/2011; Cass. n. 2473/2009).

Inoltre, «l'istanza di introduzione del giudizio di accertamento non può ritenersi implicitamente contenuta nell'atto di pignoramento (Cass. n. 6449/2003) e deve essere proposta al giudice dell'esecuzione quando si verifichino i presupposti dell'art. 548 c.p.c. (Cass. n. 12113/2013). Sulla base di tale ragionamento, «non si richiede che il creditore istante rediga e notifichi un atto di citazione; è sufficiente che l'istanza venga formulata, anche oralmente, all'udienza fissata dal giudice dell'esecuzione per la dichiarazione del terzo» (Cass., n. 17349/2011).

In conclusione «nel vigore degli artt. 548 e 549 c.p.c., precedenti le modifiche apportate sia dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228 sia dal d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv. nella l. 10 novembre 2014, n. 162, l'accertamento dell'obbligo del terzo, pur svolgendosi come ordinario giudizio di cognizione, segue (…) la dichiarazione mancata, negativa o contestata del terzo e necessita per la sua introduzione soltanto di apposita istanza del creditore rivolta al giudice dell'esecuzione, non anche della notificazione di un atto di citazione avente il contenuto di cui all'art. 163 c.p.c.».

Mancata deduzione di pregiudizio. Nel caso di specie – spiegano i Supremi Giudici – la società Alfa non aveva addotto alcun pregiudizio che le sarebbe potuto derivare dal mancato avvertimento che la costituzione tardiva avrebbe potuto comportare la decadenza ex art. 38 c.p.c.; d'altronde questa eventualità non si sarebbe nemmeno potuta riferire al giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo. Invero, dopo la modifica apportata all'art. 548 c.p.c. dal d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, «il giudice del tribunale dinanzi al quale è instaurato il processo esecutivo ha competenza funzionale ad accertare il credito del debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato».

Sulla base di tali argomenti, la Cassazione ha rigettato il ricorso.

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