La cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione

Laura Mancini
08 Giugno 2016

L'estinzione del giudizio pregiudicato, di quello pregiudicante o di entrambi, comporta il venir meno dell'interesse delle parti alla prosecuzione del giudizio sull'istanza di regolamento di competenza proposta ai sensi dell'art. 295 c.p.c.
Massima

L'estinzione del giudizio pregiudicato, di quello pregiudicante o di entrambi, comporta il venir meno dell'interesse delle parti alla prosecuzione del giudizio sull'istanza di regolamento di competenza proposta ai sensi dell'art. 295 c.p.c., con conseguente obbligo della Corte di cassazione di dichiarare anche d'ufficio la cessazione della materia del contendere.

Il caso

La resistente in un giudizio ex art. 4, comma 1, l. n. 898/1970 (divorzio) propone appello avverso la sentenza non definitiva con la quale il tribunale ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio. La Corte d'appello dispone la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 295 c.p.c. in attesa della definizione di altro procedimento pendente tra le stesse parti ed avente ad oggetto la domanda di annullamento della separazione consensuale proposta dal ricorrente-appellato, ritenendo che l'esito di tale giudizio assuma rilievo ai fini della decisione in quanto avente ad oggetto la validità del titolo su cui si fonda la domanda di divorzio e, quindi, incidente sull'interesse all'impugnazione.

Avverso tale ordinanza l'appellato propone ricorso per regolamento di competenza.

Nel corso di tale giudizio i difensori depositano un atto in cui dichiarano che le parti hanno raggiunto un accordo con cui hanno definito in via amichevole tutte le controversie tra loro vertenti, allegando le sentenze della Corte d'appello con cui sono stati dichiarati estinti, per effetto della rinuncia alle domande reciprocamente proposte, i giudizi di impugnazione promossi dalla resistente avverso la sentenza di divorzio e dal ricorrente avverso la sentenza di rigetto della domanda di annullamento della separazione consensuale.

La Corte di cassazione con l'ordinanza in commento ha dichiarato inammissibile il ricorso ritenendo che il passaggio in giudicato delle sentenze della Corte d'appello ha segnato la conclusione del procedimento in cui è stata pronunciata l'ordinanza di sospensione oggetto di regolamento di competenza e di quello che ne ha determinato la sospensione, con conseguente venir meno dell'interesse ad ottenere una pronuncia sui presupposti per l'adozione di tale ultimo provvedimento.

Ha, così, enunciato il principio di diritto per il quale l'estinzione del giudizio pregiudicato, di quello pregiudicante o di entrambi, comporta il venir meno dell'interesse delle parti alla prosecuzione del giudizio sull'istanza di regolamento di competenza proposta ai sensi dell'art. 295 c.p.c., con conseguente obbligo della Corte di cassazione di dichiarare anche d'ufficio la cessazione della materia del contendere.

La questione

Nell'ordinanza in commento viene affrontata la questione relativa all'ammissibilità di una pronuncia di cessazione della materia del contendere nell'ambito di un procedimento per regolamento di competenza avente ad oggetto un'ordinanza di sospensione ex art. 295 c.p.c., nel caso in cui il giudizio pregiudicante o quello pregiudicato od entrambi siano stati dichiarati estinti per rinuncia alle domande ivi rispettivamente proposte.

Le soluzioni giuridiche

In generale la possibilità che la cessazione della materia del contendere sia pronunciata nel processo per cassazione, anche d'ufficio, è concordemente ammessa dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. I, 3 marzo 2006 n. 4714; Cass. civ., sez. U., 21 giugno 2007 n. 14385; Cass. civ., sez. U., 4 agosto 2010 n. 18047; Cass. civ., sez. trib., 23 settembre 2011 n. 19533; Cass. civ., sez. trib., 25 luglio 2012 n. 13109).

Con specifico riferimento al procedimento per regolamento di competenza, si registrano, invece, due orientamenti parzialmente divergenti.

Per alcune pronunce, peraltro assai risalenti, poiché in sede di regolamento di competenza il compito della Corte di cassazione è limitato all'individuazione del giudice competente e non si estende ad accertamenti diversi, tra cui quello avente ad oggetto un fatto sopravvenuto idoneo a far venir meno l'interesse alla pronuncia, la declaratoria della cessazione della materia del contendere è ammissibile nel solo caso in cui i relativi presupposti siano stati già accertati dal giudice adito, con conseguente definizione della lite (Cass. civ., n. 1249/1975; Cass. civ., n. 4784/1979; Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 1987 n. 419).

La sentenza in commento si colloca, invece, nel solco del più recente indirizzo interpretativo per il quale in caso di proposizione del regolamento di competenza al fine di contestare la sussistenza dei presupposti della sospensione necessaria, ove venga deciso con sentenza passata in giudicato il processo ritenuto pregiudicante, al venir meno della pendenza di quest'ultimo consegue la sopravvenuta carenza di interesse delle parti in ordine alla decisione sulla questione relativa alla sospensione, di talché il regolamento va definito con la pronuncia di cessazione della materia del contendere, anche d'ufficio (Cass. civ., sez. III, 14 maggio 2004 n. 9258; Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 2006 n. 251; Cass. civ., sez. U., 29 marzo 2013 n. 7932). Dette decisioni, a differenza di quella in esame, hanno abbinato a tale ultima declaratoria l'espresso annullamento del provvedimento di sospensione impugnato.

Osservazioni

L'incidenza sull'interesse ad agire degli eventi che comportano la cessazione della materia del contendere assume particolare rilevanza nel giudizio di cassazione in cui l'avvento del fatto determinativo del venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti pone il duplice problema riguardante:

a) le modalità dell'ingresso – e, quindi dell'allegazione e della prova - di tale fatto nel giudizio di legittimità;

b) l'effetto dell'evento sul processo - e, più precisamente, l'incidenza di esso sul solo interesse al ricorso per cassazione, ovvero sull'interesse a tutte le decisioni che lo hanno preceduto - e, di conseguenza, la tipologia e il contenuto della pronuncia terminativa del giudizio.

Con riguardo al primo profilo, nonostante i ristretti margini posti dall'art. 372 c.p.c. in materia di produzioni documentali e il carattere tipico degli esiti del giudizio di cassazione - il quale può essere definito, ad eccezione della fattispecie della rinuncia al ricorso ex art. 390 c.p.c., solo con una pronuncia sui motivi di ricorso -, la giurisprudenza di legittimità ammette la possibilità di dedurre il fatto sopravvenuto generatore della cessazione della materia del contendere e di documentare la sopravvenuta carenza di interesse all'impugnazione (Cass. civ., sez. trib., 13 febbraio 2015 n. 2934; Cass. civ., sez. I, 30 gennaio 2013 n. 2195; Cass. civ., sez. lav., 13 luglio 2009 n. 16341; Cass. civ., sez. III, 18 febbraio 2000 n. 1854; Cass. civ., sez. lav., 28 dicembre 1999 n. 14634).

Con specifico riferimento al procedimento per regolamento di competenza oggetto della pronuncia in commento, si ribadisce che solo in passato la Suprema Corte, muovendo dal presupposto della limitazione della cognizione alla sola individuazione del giudice competente, ha condizionato la declaratoria della cessazione della materia del contendere all'accertamento, nel procedimento a quo, dell'evento determinativo del venir meno del contrasto tra le parti (Cass. civ., n. 1249/1975; Cass. civ., n. 4784/1979; Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 1987 n. 419).

Quanto agli effetti del fatto nuovo sull'interesse ad agire e, quindi, alla questione se esso incida sull'interesse al ricorso per cassazione o per regolamento di competenza, ovvero sull'interesse ad ottenere una pronuncia sulla controversia, si sono registrate due opposte soluzioni ermeneutiche.

Secondo un primo indirizzo, la Corte di cassazione, rilevata la cessazione della materia del contendere, non può che rendere una pronuncia in rito e dichiarare l'inammissibilità (Cass. civ., sez. lav., 6 giugno 1998 n. 5594; Cass. civ., sez. U., 18 maggio 2000 n. 368; Cass. civ., n. 6083/2002; Cass. civ., sez. un., n. 78/2003; Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2003 n.1205; Cass. civ., sez. I, 16 aprile 2004 n. 7239; Cass. civ., sez. I, 24 giugno 2015 n. 13565), o l'improcedibilità (Cass.civ., sez. lav., 27 febbraio 1998 n. 2197), oppure l'improseguibilità (Cass. civ., sez. I, 23 luglio 1993 n. 8255) del ricorso.

Si è, tuttavia, evidenziato che da tali formule terminative deriva l'effetto paradossale della conferma del precedente decisum.

Altro filone ritiene, invece, che il giudizio debba essere definito con la declaratoria di cessazione della materia del contendere ed evidenzia come tale decisione sull'impugnazione, pur non entrando nel merito delle pronunce dei precedenti gradi di giudizio ed a prescindere dai vizi denunciati con il ricorso, comporta la caducazione delle sentenze già pronunciate attraverso una cassazione senza rinvio che estende i suoi effetti anche alle statuizioni che hanno preceduto quella impugnata (Cass. civ., 5802/1985; Cass. civ., sez. lav., 27 febbraio 1995 n. 2243; Cass. civ., sez. I, 9 aprile 1997 n. 3075; Cass. civ., sez. I, 21 marzo 2000 n. 3311; Cass. civ., sez. I, 3 marzo 2006 n. 4714; Cass. civ., sez. U., 21 giugno 2007 n. 14385; Cass. civ., sez. U., 4 agosto 2010 n. 18047; Cass. civ., sez. trib., 23 settembre 2011 n. 19533; Cass. civ., sez. trib. 25 luglio 2012 n. 13109).

Alla base di tale seconda ricostruzione vi è il condivisibile assunto per il quale il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti comporta la sopravvenuta carenza di interesse non al solo ricorso per cassazione, ma a qualsivoglia decisione, con conseguente travolgimento dell'intera attività processuale sino a quel momento espletata.

In particolare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di legittimità integra, secondo la Suprema Corte, la specifica ipotesi di cui all'art. 382, comma 3, c.p.c. secondo cui la Corte di cassazione cassa senza rinvio se ritiene che il processo non poteva essere proseguito (Cass. civ., sez. U., 1 dicembre 2010 n. 24304).

Si rileva come nella fattispecie decisa dalla pronuncia che si annota – la quale ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso senza statuire sulla sorte del provvedimento di sospensione oggetto di regolamento di competenza – l'esigenza di una caducazione espressa del provvedimento impugnato e della precedente attività processuale non sussista, avuto riguardo al fatto che i giudizi avvinti dal nesso di pregiudizialità in forza del quale era stata pronunciata l'ordinanza di sospensione impugnata, erano stati già dichiarati estinti con sentenze passate in giudicato.

Guida all'approfondimento

B. SASSANI, Cessazione della materia del contendere, I) Diritto processuale civile, in Enc. giur., vol. VI, 1988.

A. PANZAROLA, Cessazione della materia del contendere (Dir. proc. civ.), in Enc. del dir., vol. VI, Agg., Milano, 2002;

T. DALLA MASSARA, Le Sezioni Unite si pronunciano in tema di cessazione della materia del contendere in seguito a transazione, nota a Cass. civ., sez. U., n. 368/2000, in Corr. giur., 2000, 1183 e ss..

Sommario