Intervento adesivo del terzo introdotto con la sottoscrizione dell'atto di citazione

08 Settembre 2016

Il terzo legittimato all'intervento adesivo dipendente ex art.105, comma 2, c.p.c. può anche prendere parte all'atto di citazione dell'adiuvato, per aderire alla sua domanda e sostenerne l'accoglimento «ab initio».
Il caso

Nel giudizio di primo grado, una società (fallita e poi tornata in bonis) aveva agìto unitamente ad un socio, nonché fideiussore, per la declaratoria di invalidità ed inefficacia del provvedimento con il quale il giudice delegato – a procedura concorsuale ormai chiusa- aveva autorizzato il curatore a rilasciare un immobile in favore della parte convenuta in giudizio.

Il Tribunale, con pronuncia confermata in appello, aveva, tra l'altro, dichiarate inammissibili le domande proposte in proprio dal socio – fideiussore della società - ritenendo lo stesso carente di legittimazione attiva. La Suprema Corte riforma la sentenza qualificando la posizione del socio ai sensi dell'art. 105, comma 2,c.p.c. e ritenendo lo stesso, in tale qualità, legittimato a sostenere la posizione della parte attrice sottoscrivendo, unitamente a questa, l'atto introduttivo del giudizio.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La Suprema Corte ritorna sulla legittimazione all'intervento adesivo dipendente.

Ripercorrendo le differenze con l'intervento principale e l'intervento adesivo autonomo, il Collegio delinea la posizione dell'interventore adesivo dipendente che fa valere nei confronti di una o di talune parti del processo un proprio interesse, cioè una posizione più attenuata del diritto soggettivo perfetto, ma che abbia, pur sempre, rilievo giuridico, in quanto l'esito della lite possa tradursi per l'interveniente in un vantaggio o in uno svantaggio.

Questo interesse del terzo non deve assurgere a diritto da dedurre nel processo in corso, ma non può neppure concretarsi in un interesse di mero fatto (Cass. civ., sez. II, 4 febbraio 2016 n. 2237; Cass. civ., sez. II, 27 agosto 2015 n. 17193; Cass. civ., 10 gennaio 2014 n. 364 e Cass. civ., n. 25145/2014), dovendo consistere in un interesse giuridicamente qualificato in ordine all'esito del giudizio pendente. Secondo una interpretazione restrittiva la legittimazione ad intervenire adesivamente andrebbe riconosciuta solo a quei terzi nei cui confronti la sentenza sarebbe comunque efficace: soggetti che sarebbero esposti all'efficacia riflessa, eventualmente pregiudizievole, della sentenza resa inter alios.

Si tratta in particolare di quei rapporti che si trovano in relazione di dipendenza/ pregiudizialità. In alcuni casi vi sono specifiche norme nel codice civile, le quali prevedono che l'esito del giudizio sul rapporto principale e, svoltosi tra le parti di questo, sia opponibile al terzo titolare del rapporto dipendente.

Si pensi al caso del sub conduttore che ha interesse a sostenere le ragioni del conduttore principale, perché la sentenza che eventualmente neghi il diritto di questi lo pregiudica ai sensi dell'art. 1595, comma 3 c.c.

Non v'è dubbio che, anche in assenza di una norma espressa, analogo rapporto vi sia in tutti casi di sub rapporti obbligatori (sub-deposito, sub-appalto, sub-mandato, sub-comodato, etc.) ricorrendo in tutti un nesso di pregiudizialità-dipendenza permanente (e non solo genetico) fra i due rapporti. Infatti, il rapporto fra attore e convenuto e quello tra convenuto e terzo, non nascono l'uno dipendente dall'altro (come avviene per la posizione degli aventi causa nei diritti reali o di godimento) e il vincolo permane, da cui la estensione del giudicato rispetto al terzo che sia titolare del diritto dipendente con la precisazione che gli effetti del giudicato inter alios non incideranno sulla esistenza e validità del rapporto derivato, ma sulla sua fisiologica attuabilità.

Si ritiene poi che talora possano avere un interesse giuridico rilevante, che consente il loro intervento adesivo, anche i terzi titolari di un rapporto non formalmente dipendente da quello oggetto di giudizio nel processo pendente ma collegato all'esito di quel giudizio sotto altri profili. Come il caso del creditore che decide di intervenire adesivamente nel processo in cui il suo debitore sia stato convenuto dall'attore al fine di rivendicare la proprietà di una parte significativa del suo patrimonio, che costituisce la garanzia patrimoniale generica (ex art. 2740 c.c.) su cui il creditore faceva affidamento per soddisfare il proprio credito.

Pur in assenza di una norma espressa deve, tuttavia, sussistere un vero e proprio rapporto giuridico sostanziale di guisa che la posizione soggettiva del primo in questo rapporto possa essere – anche solo in via indiretta o riflessa – pregiudicata dal disconoscimento delle ragioni che il secondo sostiene contro il suo avversario in causa. La Suprema Corte (Cass. civ., n. 25145/2014) precisa, a questo proposito, che il terzo deve presentarsi come titolare di un rapporto giuridico connesso con quello dedotto in lite da una delle parti originarie contro l'altra o da esso dipendente e la connessione deve comportare un pregiudizio totale o parziale del diritto di cui il terzo stesso si asserisca titolare nell'ipotesi di soccombenza della parte originaria.

È necessaria quindi la titolarità di una situazione sostanziale collegata al rapporto dedotto in giudizio, tale da esporre il terzo agli effetti riflessi del giudicato.

Se, invece, il terzo ha un interesse di mero fatto a che una delle parti del rapporto principale risulti vittoriosa, non può essere riconosciuta alcuna legittimazione ad intervenire ad adiuvandum (Cass. civ., 24 gennaio 2003 n. 1111).

La situazione del terzo deve essere, quindi, giuridicamente protetta come nel caso in cui per il nesso di interdipendenza che lega la posizione a quella della parte principale, il terzo sia esposto agli effetti della pronuncia inter alios acta.

Per esempio in Cass. civ., n. 22696/2015 si è escluso che, nell'ipotesi di decreto ingiuntivo emesso nei confronti di debitori solidali, l'ingiunto che non abbia proposto opposizione sia legittimato ad intervenire anche ad adiudvandum nel giudizio di opposizione instaurato da altro debitore. Infatti non potrebbe in alcun modo giovarsi della sentenza a questi favorevole, poiché l'art. 1306, comma 2, c.c. non opera a vantaggio di chi sia vincolato da un giudicato formatosi direttamente nei suoi riguardi, difettando pertanto un interesse anche di mero fatto.

È discussa in dottrina la ricostruzione della legittimazione. Per alcuni il terzo sarebbe soggetto alla cosa giudicata, subirebbe, cioè, il vincolo dell'accertamento (PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli 2006) sicché l'intervento adesivo mirerebbe ad una tutela preventiva contro l'estensione del giudicato che prevale anche sui rapporti dipendenti. Per altri l'istituto sarebbe correlato agli effetti che, dalla sentenza, possono derivare al titolare di un rapporto dipendente e che possono essere non solo quelli costitutivi e esecutivi ma, soprattutto, le ripercussioni fattuali che si riverberano sulle fattispecie sostanziali dipendenti dall'emanazione della pronuncia. Ne deriva che può intervenire come terzo non solo colui che subisce l'estensione del giudicato (effetto di accertamento), ma in genere colui che vede la propria situazione sostanziale incisa dal cosiddetto effetto riflesso della sentenza . Vi è anche chi parla di azione surrogatoria applicata al processo (LUISO, Diritto processuale civile, VI Ed., Milano, 2011) .

Nella sentenza in commento la Suprema Corte riconosce tale legittimazione al socio e fideiussore rispetto all'azione intentata dalla società per rientrare nella disponibilità di un bene immobile, valorizzando l'interesse del socio all'accoglimento della domanda della parte principale che – sia pure in modo mediato – si sarebbe riverberato utilmente nei confronti di detto terzo.

Nella prassi si osserva, infatti, che l'interveniente adesivo ha un interesse di fatto all'esito favorevole della controversia, determinato dalla necessità di impedire che nella propria sfera giuridica possano ripercuotersi le conseguenze dannose della decisione, interesse che non è idoneo ad attribuirgli una autonomo diritto da far valere nel rapporto controverso (Cass. civ., n. 2928/1995).

Poiché la posizione del terzo è di mera adesione alla domanda della parte adiuvata, di cui il terzo auspica e cerca di favorire la vittoria, l'intervento ad adiuvandum (o adesivo semplice o dipendente) non è innovativo: il terzo, pur proponendo una domanda propria, si limita, con essa a chiedere l'accoglimento di una domanda altrui senza agire per la tutela di una propria situazione sostanziale e senza un ampliamento del thema decidendum. Egli si limita ad interloquire nella lite tra altri già pendente, prestando la propria adesione alla domanda o all'eccezione di una delle parti. Quanto alla struttura processuale, con l'intervento adesivo si costituisce un giudizio unico con pluralità di parti, nel quale la pronuncia sarà la stessa rispetto alla parte principale e all'interveniente. In seguito all'intervento adesivo il terzo chiede che il rapporto litigioso – pregiudiziale al suo – venga accertato con efficacia di giudicato anche nei sui confronti. Pertanto egli diventa parte e titolare di una serie di poteri processuali estesi che incontrano un limite solo nella carenza di potere (sostanziale) di disporre del diritto controverso.

Dunque anche per l'interveniente volontario valgono le preclusioni maturate per le parti. L'art.268 c.p.c., che ammette, in via generale, l'intervento in causa del terzo finchè non siano precisate le conclusioni, deve essere coordinato con il sistema di preclusioni e scansioni temporali introdotte dalla l.n.353/1990: il terzo non potrà compiere atti che al momento dell'intervento non sono più consentiti ad alcuna altra parte .

Poiché tuttavia l'intervento adesivo dipendente è l'unico che non comporta la formulazione di domande nuove con il conseguente ampliamento dell'oggetto del processo, l'intervento adesivo dipendente è l'unico ammissibile anche dopo che si sia verificata la cristallizzazione del thema decidendum.

Rispetto alle modalità, con cui avviene l'intervento del terzo, l'art. 267 c.p.c. stabilisce che il terzo deve costituirsi presentando in udienza o depositando in cancelleria una comparsa, il cui contenuto rispecchia quello della comparsa di risposta in cui giustificherà l'interesse che lo spinge a chiedere l'accoglimento o il rigetto della domanda attorea. L'intervenuto potrà allegare fatti (non tali da mutare l'oggetto del giudizio), sollevare eccezioni purchè rilevabili d'ufficio (salvi, tuttavia, gli artt. 1247 e 2939 c.c.), produrre documenti, formulare istanze relative a prove costituende e argomentare in fatto e in diritto.

Nella pronuncia in esame la Suprema Corte (Cass. civ., n. 25135/2015) ha precisato che la legittimazione ad intervenire nel giudizio inter alios include logicamente la possibilità della parte interessata di aderire ab origine alla domanda altrui, in seno al medesimo atto di citazione, sottoscrivendo l'atto introduttivo del giudizio unitamente alla parte principale.

Il terzo non potrà, invece, rendere confessione o prestare giuramento decisorio (né deferirlo all'avversario della parte adiuvata); gli sarà consentito, invece, rispondere all'interrogatorio libero perché da esso non possono derivare confessioni ma solo argomenti sussidiari di prova.

Il fatto, invece, che il terzo legittimato all'intervento adesivo – sia esso intervenuto o meno - abbia interesse ad un ben determinato esito della causa ha indotto il legislatore (in considerazione della parzietà del predetto) ad escludere la sua capacità a testimoniare sui fatti di causa (art.246 c.p.c.; Cass. civ., n. 1369/1989).

Poiché con l'intervento adesivo si costituisce un giudizio unico con pluralità di parti, nel quale la pronuncia sarà la medesima rispetto alla parte principale e l'interveniente, i poteri di quest'ultimo sono limitati all'espletamento delle attività accessorie subordinate a quelle svolte dalla parte adiuvata, potendo l'interveniente sviluppare le proprie deduzioni ed eccezioni unicamente nell'ambito delle domande ed eccezioni proposte da detta parte.

Conseguentemente, se le parti del giudizio principale pongono termine al rapporto processuale (per rinuncia o acquiescenza), l'interveniente non avrebbe potere di far proseguire il processo. Per lo stesso motivo, per il caso di rinuncia non è necessaria l'accettazione dell'interveniente, non configurandosi un suo interesse a proseguire il giudizio (art.306 c.p.c e Cass. civ., n. 24370/2006).

Circa il potere di impugnazione della sentenza permangono dubbi interpretativi .

La giurisprudenza prevalente è incline a negare detto potere in capo all'interventore adesivo dipendente allorchè la parte adiuvata abbia fatto acquiescenza (Cass. civ., 10 agosto 2007 n. 17644; Cass. civ., sez. un., n. 5992/2012) argomentando dal fatto che il predetto non è titolare del rapporto giuridico litigioso e riveste soltanto il ruolo di parte accessoria (salvo che l'impugnazione sia limitata alle questioni specificamente attinenti la qualificazione dell'intervento o la condanna alle spese imposte a suo carico). Da cui la inammissibilità dell'impugnazione del terzo ove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione ad essa sfavorevole.

Tuttavia, se una delle parti del rapporto dedotto in lite propone gravame, il terzo intervenuto adesivamente in primo grado sarà parte necessaria del nuovo grado di giudizio, in quanto la causa dovrà considerarsi inscindibile nei suoi confronti e si applicherà la disciplina dell'art. 331 c.p.c e l'integrazione del contraddittorio, ivi prevista. Si configura –come ritenuto da Cass. civ., n. 9150/2015 – un «litisconsorzio necessario processuale» e la causa deve considerarsi inscindibile nei confronti dell'interventore il quale, pertanto, sarà legittimato a proporre impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dell'art. 334 c.p.c, anche contro una parte diversa da quella che ha introdotto l'impugnazione principale e su un capo di sentenza diverso da quello oggetto di impugnazione.

Osservazioni

La sentenza in commento appare particolarmente interessante per la diversità di prospettiva con cui affronta la posizione del terzo interveniente rispetto alla impostazione codicistica.

Infatti, poiché di regola l'intervento dei terzi nel processo si verifica prima o nel corso dell'istruzione, il codice disciplina gli atti attraverso i quali esso può avvenire nell'ultima (quarta) sezione del capo (secondo) dedicato, appunto, all'istruzione.

Normalmente infatti nell'intervento (anche autonomo) l'esercizio dell'azione da parte del terzo avviene in un processo già pendente e nei confronti di soggetti già presenti nel processo stesso. Per questo il legislatore si è preoccupato di chiarire, quanto alle modalità, che non occorre un atto di citazione, del quale, in particolare sarebbero superflui la vocatio in ius e tutti quegli elementi che attengono all'introduzione del processo, compresa la notificazione; per questo il codice ha indicato come sufficiente un atto formalmente analogo a quello col quale entra nel processo il convenuto, ossia una comparsa, con l'unica differenza che mentre il convenuto, quando si costituisce depositando la comparsa di risposta, è già parte nel processo (nel quale, col costituirsi, acquista solo la presenza attiva e nel quale potrebbe anche – se non si costituisse- rimanere contumace), per l'interveniente volontario, proprio perchè volontario, la presenza nel processo non può che essere attiva e coincide con il suo ingresso formale, quindi con la costituzione ed il deposito del fascicolo.

Per analoghi motivi, il codice si è preoccupato di fissare il termine ultimo entro il quale il terzo può intervenire in un processo già pendente, ossia, ai sensi dell'art. 268 c.p.c di regola, solo in primo grado e fino a che non vengano precisate le conclusioni.

Dette prescrizioni codicistiche non escludono – e la cassazione ne trae spunto – che la particolare struttura processuale che si determina, con l'intervento adesivo – ovvero la costituzione di un giudizio unico con pluralità di parti, nel quale la pronuncia sarà la stessa rispetto alla parte principale e all'interveniente – si instauri sotto forma di particolare litisconsorzio facoltativo ex art. 103 c.p.c., anche tra parte principale e terzo che agisce adesivamente

Riferimenti bibliografici

CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, vol. II, Torino 2015;

LUISO, Diritto processuale civile, vol. I , Principi generali, Giuffrè 2015;

STELLA RICHTER, Codice di procedura civile, libro I, Giuffrè 2006;

MANDRIOLI, Diritto processuale civile, I, a cura di CARRATTA, Torino 2012.

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