Può essere condannato alle spese l'agente della riscossione anche se l'illegittimità dell'azione esecutiva sia dipesa dall'ente impositore
09 Febbraio 2017
Il caso. Equitalia sud s.p.a. ricorreva in cassazione avverso la sentenza che l'aveva condannata alle spese del giudizio.
Dalla relazione depositata ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., si legge che la ricorrente censurava l'impugnata sentenza per presunta violazione dell'artt. 91 e 97 c.p.c. e artt. 12, 24 e 25 D.p.R. n. 602/1973 (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) perché era stata condannata alle spese del giudizio promosso contro un contribuente per la riscossione di una cartella esattoriale.
«Il motivo è infondato», spiega il relatore, poiché «il giudice di merito ha motivato secondo il principio di soccombenza ed in linea con la giurisprudenza di questa Corte» (Cass., n. 23459/2011; Cass., n. 24154/2007).
Il Collegio ha condiviso le conclusioni pervenute nella relazione, ricorda il principio di diritto, pacifico in sede di legittimità, per cui «nella controversia con cui il debitore contesti l'esecuzione esattoriale, in suo danno minacciato o posta in essere, non integra ragione di esclusione della condanna alle spese di lite, né (…) di compensazione delle stesse, nei confronti dell'agente della riscossione la circostanza che l'illegittimità dell'azione esecutiva sia da ascrivere all'ente creditore interessato; restano per altro ferme, da un lato, la facoltà dell'agente della riscossione di chiedere a quest'ultimo di manlevarlo anche dell'eventuale condanna alle spese in favore del debitore vittorioso e, dall'altro, la possibilità, per il giudice, di compensare le spese del debitore vittorioso nei confronti dell'agente della riscossione e condannare al pagamento delle spese del debitore vittorioso soltanto l'ente creditore interessato o impositore quando questo è presente in giudizio, ove sussistano i presupposti di cui all'art. 92 c.p.c., diversi ed ulteriori rispetto alla sola circostanza che l'opposizione sia stata accolta per ragioni riferibili all'ente creditore interessato o impositore».
Sulla base di tali argomenti, la Cassazione rigetta il ricorso. |