La correzione del decreto ingiuntivo

09 Maggio 2016

Il contributo intende affrontare in sintesi il tema dell'applicabilità al decreto ingiuntivo del procedimento di correzione ex art. 287 c.p.c. per chiarire le ragioni che si offrono ad una inevitabile positiva conclusione anche nelle ipotesi in cui sia già pendente l'opposizione di cui all'art. 645 c.p.c..
Il quadro normativo

La questione della applicabilità ai decreti ingiuntivi della procedura di correzione di cui agli artt. 287-288 c.p.c. è posta direttamente dal testo della prima delle indicate disposizioni che, nell'individuare i provvedimenti correggibili, fa diretto richiamo solo alle «sentenze contro le quali non sia stato proposto appello» e alle «ordinanze non revocabili».

In via preliminare appare utile ricordare che l'errore rilevante ai fini della correzione è quello che non riguarda la sostanza del giudizio, ma la manifestazione del pensiero all'atto della formazione del provvedimento e che quindi si risolve in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione e come tale percepibile e rilevabile ictu oculi (Cass. civ., 26 settembre 2011, n. 19601; Cass. civ., 11 aprile 2002, n. 5196).

In altri termini, la correzione del decreto ingiuntivo in presenza di errori materiali ed omissioni non è espressamente prevista dalla legge processuale, in ciò sollecitando le riflessioni ermeneutiche di giurisprudenza e dottrina.

D'altronde la ricostruzione del preciso campo applicativo dell'art. 287 c.p.c. interessa non solo il decreto ingiuntivo, ma più in generale tutti i provvedimenti diversi da quelli tipizzati dalla norma medesima (cfr., sul tema delle ordinanze cautelari, R. Giordano, 1860 ss.).

Le questioni giuridiche

Ciò su cui, quindi, occorre preliminarmente indagare è la possibilità di ammettere la «correggibilità» del decreto ingiuntivo pure a fronte della restrittiva portata testuale dell'art. 287 c.p.c.

In secondo luogo, e in ordine logico, se si debba distinguere a seconda che avverso il decreto sia già stata o meno proposta opposizione ai sensi dell'art. 645 c.p.c., al fine di verificare se la procedura di correzione di cui all'art. 287 c.p.c. possa ammettersi indipendentemente dalla pendenza di tale successiva (e comunque eventuale) fase processuale ovvero se debba piuttosto ritenersi in essa naturalmente assorbita in un quadro di unilaterale esclusione tale per cui, altrimenti detto, la proposizione dell'opposizione rende tale sede l'unica in cui si possa legittimamente chiedere la correzione del decreto (cfr. G. Marseglia, 1712, che evidenzia peraltro come l'ipotesi della istanza di correzione immediata e antecedente addirittura alla notifica del decreto ingiuntivo, o comunque alla sua opposizione, sia quella principale e maggiormente ricorrente).

I profili problematici appena ricordati sono stati di recente affrontati da una pronuncia di merito (Trib. Palermo, decr. 4 febbraio 2013, in Dir. e prat. amm., n. 4/2013, 74 ss.) che ha interpretato in modo rigoroso il dettato dell'art. 287 c.p.c. escludendo per ragioni evidentemente formali la possibilità di procedere alla correzione del decreto ingiuntivo secondo le modalità tipiche della norma indicata e individuando la sede dell'opposizione ex art. 645 c.p.c. come l'unica in cui utilmente far valere la richiesta emendativa.

Ciò, verosimilmente, sulla base dell'orientamento giurisprudenziale che aveva già chiarito l'idoneità dell'opposizione a decreto ingiuntivo a dar luogo ad un ordinario giudizio di cognizione utile a far ritenere assorbito nel potere di decisione sul riesame quello di correzione in senso stretto (Corte Cost. 17 novembre 1994, n. 393 che sulla base di tale argomentazione aveva ritenuto inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 287 c.p.c. nella parte in cui non menziona tra i provvedimenti correggibili anche il decreto ingiuntivo; sulla stessa linea, Cass. civ., 24 novembre 1990, n. 11345; Trib. Nocera Inferiore 15 dicembre 2004).

Tali argomentazioni però sono riferibili a un contesto normativo differente da quello oggi vigente, nel quale cioè le sentenze di primo grado, cui i decreti ingiuntivi sono pacificamente equiparati, non avevano efficacia esecutiva immediata.

Esse risultano pertanto anacronistiche e in contrasto con la più recente lettura costituzionale delle norme, come fornita dalla Consulta, il cui effetto è sia, in generale, l'ammissione del rimedio ex art. 287 c.p.c. nei confronti delle sentenze avverso le quali è stato proposto appello, sia il chiarimento che, ai fini dell'applicazione di tale norma, vi è una piena equiparazione dei decreti ingiuntivi alle sentenze.

Com'è noto, infatti, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 335 del 10 novembre 2004, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 287 c.p.c. nella parte in cui escludeva la possibilità di correzione per le sentenze già oggetto di appello.

Tale originaria previsione, ispirata da esigenze di economia processuale e giustificata dalla particolare natura – di mezzo di impugnazione illimitato e con effetto sostitutivo – dell'appello (utile a consentire di assorbire in tale procedimento quello speciale di correzione e di trasferire al giudice di secondo grado il relativo potere), si giustificava nella vigenza della regola di non esecutività delle sentenze di primo grado. Infatti, nessun pregiudizio avrebbe potuto subire la parte vittoriosa in primo grado dal dovere attendere la conclusione del giudizio di appello, non potendo in ogni caso eseguire la sentenza.

Con l'introduzione della regola di immediata esecutività di cui al novellato art. 282 c.p.c., tale previsione finiva per risolversi in una ingiustificabile compressione del diritto della parte vittoriosa ad agire in via esecutiva, con conseguente violazione dei principi sottesi alla formulazione dell'art. 24 Cost. .

Ma affermare tale inammissibilità nel vigente quadro normativo, in cui la sentenza di primo grado è normalmente esecutiva, significherebbe di fatto attribuire alla parte soccombente in primo grado l'arbitraria facoltà di impedire l'esecuzione, con la mera proposizione dell'appello, di una sentenza di primo grado viziata da un errore materiale.

Per questa ragione, con assoluta chiarezza, la Corte Costituzionale ha affermato il principio secondo cui «Le esigenze di economia processuale recepite dal legislatore con l'art. 287 cod. proc. civ. sono tali da tollerare la pendenza contestuale del procedimento di correzione e dei procedimenti di impugnazione, e perfino del procedimento di appello quando questo sia posteriore a quello di correzione; in conclusione, esse sono poste a fondamento di un'eccezionale disciplina dei rapporti tra procedimento di correzione e procedimenti di impugnazione» (Corte Cost. 10 novembre 2004, n. 335).

Tale principio si estende al decreto ingiuntivo, che alla sentenza di primo grado è espressamente equiparato sia dalla citata pronuncia n. 335/2004 sia, ancora prima, da quella n. 393/1994.

Da tale equiparazione discende sia l'estensione applicativa dell'art. 287 c.p.c. ai decreti ingiuntivi sia, conseguentemente, l'ammissibilità della contestuale pendenza dei procedimenti di correzione ex art. 287 c.p.c. e di opposizione ex art. 645 c.p.c.

In altri termini, non ci si può fare trarre in inganno dal tenore letterale dell'art. 287 c.p.c., che parla letteralmente solo di sentenze e ordinanze non revocabili, essendo invece pacifico, oltre che per la Corte Costituzionale, pure in dottrina, che anche al decreto ingiuntivo, in caso di omissioni, errori materiali o di calcolo, tale procedimento trovi applicazione (C. Consolo – F. P. Luiso, 4494; G. Guarnieri, 32). Tale conclusione trova infatti diretto fondamento nel principio generale di correzione di tutte le pronunce irrevocabili ed in quello di economia dei giudizi (P. Leanza – E. Paratore, 207; G. Franco, 213).

Né potrebbe ragionevolmente giungersi a diversa soluzione attraverso una non corretta valorizzazione della pendenza del giudizio di opposizione.

Non si può infatti trascurare la circostanza che l'opposizione ex art. 645 c.p.c. presenta carattere del tutto eventuale e potrebbe chiudersi in una fase procedimentale anticipata rispetto a quella decisionale (è il caso, ad esempio, dell'opposizione dichiarata improcedibile), nel qual caso la domanda di correzione non troverebbe mai accoglimento e quindi il creditore si troverebbe nella paradossale situazione di dovere portare in esecuzione un titolo, ormai divenuto definitivo, ancora colpito da errori (S. Calvetti, 76).

In conclusione

In sintesi, la chiara affermazione della Corte Costituzionale ed evidenti ragioni sistematiche e di tenuta costituzionale impongono non solo di ritenere l'art. 287 c.p.c. applicabile ai decreti ingiuntivi, ma di confermarne l'operatività anche nei casi di contestuale pendenza del giudizio di opposizione.

Ogni diversa ricostruzione, infatti, finirebbe per aprire un'ingiustificabile frattura nel diritto alla difesa ex art. 24 Cost. non solo in ragione del carattere eventuale dell'opposizione e della chiarita possibilità che essa si arresti in una fase antecedente la decisione (il chè renderebbe inadeguata ogni tesi costruita sul valore sostitutivo della pronuncia resa in tale procedimento), ma pure per le indiscutibili negative conseguenze in tema di provvisoria e anticipata esecutività del decreto.

Se il creditore dovesse attendere la pronuncia in sede di opposizione per la correzione dell'errore già gravante sul decreto, infatti, il diritto ad agire in via esecutiva in forza dell'accertamento in esso contenuto sarebbe ulteriormente posticipato e leso nella sua portata pure a fronte del dettato dell'art. 642 c.p.c.

Guida all'approfondimento

S. Calvetti, Decreto ingiuntivo: inammissibile l'istanza per la correzione dell'errore materiale, nota a Trib. Palermo, decr. 4 febbraio 2013, in Dir. e prat. amm., n. 4/2013, 74 ss.;

C. Consolo – F. P. Luiso, Sub Artt. 633-840, in Codice di procedura civile commentato, Milano, 2007;

G. Franco, Guida al procedimento di ingiunzione, Milano, 1998;

R. Giordano, Note intorno alla correzione degli errori materiali contenuti nelle ordinanze cautelari e in altri provvedimenti non aventi la forma della sentenza, in Giust. civ., fasc. 7-8, 2012, 1860 ss.;

G. Guarnieri, Ammissibilità del procedimento di correzione nei confronti del decreto ingiuntivo, in Corr. giur., 1995, 31 ss.;

P. Leanza – E. Paratore, Il procedimento per decreto ingiuntivo, Torino, 2008;

G. Marseglia, Sub artt. 163-322, in Commentario al codice di procedura civile, a cura di P. Cendon, Milano, 2012.

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