La natura giuridica dell'esecuzione forzata indiretta di cui all'art. 614-bis c.p.c.: pena privata, indennità o risarcimento del danno?
09 Maggio 2016
Il quadro normativo
Una delle principali novità della riforma ex lege 69/2009 è rappresentata dall'introduzione, sia pure nei ristretti limiti delle obbligazioni di fare o non fare infungibili, del mezzo di coazione indiretta all'adempimento di cui all'art. 614-bis c.p.c. Secondo l'originario impianto normativo, contestualmente all'emissione di un provvedimento di condanna in tali fattispecie di obbligazioni, il giudice, su richiesta della parte, salvi i casi di manifesta iniquità, poteva fissare una somma di danaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva dell'ordine giudiziale, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento, tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile. Il provvedimento giudiziale di condanna alla somma in caso di inosservanza di obblighi, precluso nell'ambito dei rapporti di lavoro dipendente e di parasubordinazione, costituiva titolo esecutivo. Prima dell'introduzione di tale disposizione, si conoscevano nel nostro ordinamento misure di coazione indiretta settoriali, modellate sulla falsariga delle astreintes. L'art. 86, comma 1, R.D. 29 giugno 1939, n. 1127 sui brevetti per invenzioni industriali e l'art. 66, comma 2, R.D. 21 giugno 1942, n. 929 sui brevetti per marchi d'impresa consentono al giudice, che accerta la violazione del diritto e che quindi provvede sul risarcimento dei danni, di «fissare altresì una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata e per ogni ritardo nell'esecuzione dei provvedimenti contenuti nella sentenza stessa». Ancora, l'art. 18, ult. comma, St. lav. prevede che, nel caso di licenziamento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali, il datore di lavoro, che non ottemperi alla sentenza o all'ordinanza di reintegrazione, «è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore». Analoga funzione di coercizione indiretta è assolta da talune disposizioni di recenti introdotte dalla legislazione consumeristica, ed in particolare dall'art. 11 L. 39 del 10.3.2002 e dall'art. 140, comma 7, d.lgs. 206 del 6.9.2005 (c.d. codice del consumo), le quali prevedono che, in caso di inesecuzione del soccombente di ordini di condanna all'esecuzione di prestazioni infungibili, lo stesso possa essere condannato, per ogni giorno di ritardo ed in relazione alla gravità dell'infrazione, al pagamento di una somma in favore dell'Erario. Resosi conto e delle potenzialità applicative dello strumento, il legislatore della riforma di cui al d.l. 83/2015, conv. in l. 132/2015, ha apportato significative modifiche al comma 1 dell'art. 614-bis c.p.c., all'evidente finalità di potenziarne la sfera applicativa, ampliando il novero di controversie nelle quali la misura può essere adottata. Ciò risulta evidente dal mutamento della rubrica legis, (misure di coercizione indiretta), che induce a ritenere superata la limitazione ai soli obblighi infungibili di fare e non fare. Pertanto, fatti salvi i provvedimenti di condanna al pagamento di somme di danaro e le controversie in materia di lavoro, la norma può trovare generalizzata applicazione alle obbligazioni di facere, non facere e dare, diverse dal pagamento di una somma di danaro. Una delle questioni teoriche di preminente rilievo, tutt'altro che scevra di conseguenze pratiche, è rappresentata dall'accertamento della natura del mezzo di coazione indiretta di cui all'art. 614-bis c.p.c.. L'analisi degli strumenti di coazione indiretta negli ordinamenti civilistici evidenzia, difatti, la presenza di misure di varia natura e tipologia che, in ragione della struttura e dei meccanismi di applicazione, è ricondotta alle categorie giuridiche delle sanzioni pecuniarie e pene private o, di converso, dell'indennizzo e del risarcimento del danno. La figura di riferimento è, per ragioni storiche, l'astreinte di elaborazione giurisprudenziale francese, fondata sul disposto di cui all'art. 1142 del Code Civil. La stessa si configura quale condanna della parte inadempiente rispetto ad un'obbligazione incoercibile al pagamento di una somma di danaro in favore del creditore nel caso di protrazione dell'inadempimento, con la possibilità, nel caso di astreinte provvisoria (cd comminatoire), di modificarne importo ed entità all'esito del giudizio. La tradizionale parametrazione giurisprudenziale della misura al danno da risarcire ha indotto a ritenere la stessa partecipe di natura risarcitoria o indennitaria sino a quando, con una storica presa di posizione della Cour de cassation, in occasione di censure in ordine alla manifesta eccessività della misura adottata rispetto al danno accertato, non se ne è affermata la natura di coazione indiretta all'adempimento pura, svincolata da profili riparatori. Tale natura è stata confermata dalla successiva applicazione giurisprudenziale, determinandosi l'entità della misura in proporzione alle capacità finanziarie del debitore ed alla proiezione prognostica del futuro inadempimento, e dalla disciplina legislativa che, con l'art. 6 della legge 5 luglio 1972, ha definitivamente escluso ogni funzione indennitaria o risarcitoria. Tale funzione appare funditus estranea alla zwangsstrafen del sistema civilistico tedesco (§§ 888 e ss. ZPO), come appare evidente dall'analisi della stessa struttura della misura. La stessa, difatti, può essere disposta solo su istanza del creditore e consiste nel pagamento di una somma di danaro e, nel caso di ulteriore inadempimento, nella misura alternativa della limitazione della libertà personale, da versarsi allo Stato e non al creditore, così valorizzando l'esclusiva funzione di sanzione pecuniaria, ed elidendo quella indennitaria o risarcitoria. Quanto al contempt of court dell'ordinamento anglosassone, se ne distinguono due figure, il criminal contempt, di matrice giuspubblicistica, e il civil contempt (o contempt in procedure), di matrice privatistica, che consiste in un provvedimento a sostegno dell'adempimento degli obblighi di fare o non fare, di natura interinale o definitiva, avente ad oggetto pene pecuniarie, ammende o sequestri, in favore dello Stato e non del debitore della prestazione con conseguente esclusione, anche in questo caso, di qualsivoglia contaminazione risarcitoria o indennitaria. Profili parimenti del tutto estranei ai cd punitive damages, tipici dell'ordinamento degli Stati Uniti, che consistono in sanzioni pecuniarie ulteriori, collaterali alla pronuncia risarcitoria che, diversamente dai mezzi di coazione indiretta all'adempimento, rivestono un ruolo specialpreventivo e generalpreventivo, fungendo da deterrente nei confronti dell'autore del danno e degli altri soggetti dell'ordinamento alla reiterazione o commissione del medesimo fatto illecito generatore del danno.
L'accertamento della natura giuridica del mezzo di coercizione indiretta introdotto nel nostro codice di rito all'art. 614-bis c.p.c., il cui campo di applicazione è stato sensibilmente ampliato per effetto della riforma di cui al d.l. 83/2015, conv. in l. 132/2015, è operazione complicata dall'impianto complessivo della norma, nella quale non soltanto è previsto che l'estremo creditorio della condanna al pagamento della somma sia il creditore della prestazione principale, ma che l'ammontare della stessa venga determinato tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile. È proprio l'inclusione, tra i parametri di quantificazione della misura, del «danno quantificato o prevedibile», che apre la questione della natura della misura di cui all'art. 614-bis c.p.c., domandandosi se essa, sulla falsariga di consimili misure, debba ritenersi esclusivamente un mezzo di coazione di natura pecuniaria, facente parte della più ampia categoria delle pene private, ovvero se sia informata, quantomeno in via concorrente, da una natura indennitaria o risarcitoria. La questione è, come anticipato, densa di risvolti pratici. La categoria delle obbligazioni cui, per effetto della riformulazione del 2015, lo strumento dell'art. 614-bis c.p.c. risulta attualmente applicabile, è quello delle obbligazioni di fare, non fare e dare diverse dal pagamento di una somma di danaro, una quota delle quali è caratterizzata da un nucleo di infungibilità. In tutti i casi, laddove il debitore non adempia spontaneamente, ed i rimedi di esecuzione forzata si appalesino inidonei, in astratto o in concreto, a far conseguire al creditore la prestazione, lo stesso potrà agire giudizialmente per ottenere il risarcimento del danno per equivalente. Potrebbe, dunque, prospettarsi l'ipotesi del creditore di una prestazione, rimasta inadempiuta nonostante la comminatoria della misura ex art. 614-bis c.p.c., che agisca, in autonomo giudizio, nei confronti del debitore inadempiente svolgendo domanda di risarcimento del danno. In quel giudizio il debitore potrebbe costituirsi chiedendo la reiezione della domanda, sull'assunto che il risarcimento è già coperto dalla somma applicata ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., ed eventualmente svolgere domanda riconvenzionale per la restituzione dell'eccedenza, laddove la somma di cui all'art. 614-bis c.p.c. sia stata in tutta o in parte versata. La preminente natura di mezzo di coazione non elimina il fatto che la stessa, nella sostanza, si traduca in una pronuncia di condanna anticipata del debitore al pagamento di una somma di danaro in favore del creditore, che diviene attuale all'atto dell'inadempimento del primo, la cui misura, come detto, va determinata anche sulla base del danno quantificato o prevedibile. Occorre, pertanto, valutare se tale riferimento non esorbiti la funzione di mero parametro di riferimento nell'esercizio del potere sostanzialmente discrezionale del giudice o se il legislatore abbia ritenuto di informare la misura di una concorrente, se non esclusiva, natura risarcitoria o indennitaria. In sede di primo commento alla norma si è ritenuto di evidenziare la concorrente natura indennitaria o risarcitoria, accanto a quella sanzionatoria e persuasiva, con la logica conseguenza della scomputabilità delle somme versate in esecuzione della misura dal quantum oggetto del provvedimento di condanna, al fine di escludere un'ingiustificata locupletazione in capo al creditore della prestazione principale, non potendosi che valorizzare in questo senso l'identità tra beneficiario della prestazione e creditore della prestazione principale, ed il riferimento al danno stimato o prevedibile. Ragionevoli corollari dell'impostazione delle concorrente natura risarcitoria/indennitaria e deterrente/sanzionatoria, nella prassi giudiziale, appaiono essere la deducibilità della somma oggetto di condanna ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c. dall'importo del risarcimento del danno, al fine di evitare ingiustificate locupletazioni. La sentenza della Cassazione n. 7613/2015
Un'esplicita presa di posizione della Cassazione sulla natura dello strumento di cui all'art. 614-bis c.p.c. è contenuta, sia pure sotto forma di ampiamente motivato obiter dictum, nella sentenza n. 7613 del 15 aprile 2015. Dopo aver delineato l'eterogenesi dei fini dello strumento del risarcimento del danno che, accanto al fine primario di riparare il pregiudizio patito dal danneggiato, riveste concorrente funzione di deterrenza o prevenzione speciale degli illeciti, posto che la minaccia del futuro risarcimento scoraggia dal tenere una condotta illecita e sanzionatoria, costituendo l'obbligo di risarcire una pena per il danneggiante, la Cassazione analizza l'evoluzione della tecnica di tutela della responsabilità civile da una nozione di danno strettamente ancorata ad una funzione riparativa stricto sensu intesa, ad una nozione di danno evoluta, che partecipa di una concorrente funzione sanzionatoria o deterrente. La figura di danno punitivo deve, tuttavia, essere secondo la Corte distinta dall'astreinte, pur essendo accomunate dalla fondamentale funzione di coartazione all'adempimento. L'astreinte, in particolare, assolverebbe la funzione di assicurare l'adempimento di un obbligo posto all'interno della relazione diretta tra le parti, in quanto derivante dal provvedimento giudiziale e da adempiersi in futuro; il danno punitivo svolgerebbe, viceversa, il ruolo di garanzia futura dell'obbligo generale del neminem laedere o dell'obbligazione contrattuale principale, restando però il contenuto suo proprio quello di sanzione per il responsabile, così che il profilo della coazione ad adempiere si configura con riguarda ad altri potenziali danneggianti o danneggianti. L'astreinte, ad ogni modo, non avrebbe funzione di riparazione del danno in favore di chi l'ha subito rappresentando, viceversa, la minaccia di un danno nei confronti di chi assuma un contegno indesiderato. La misura, tuttavia, non si pone in contrasto con un principio fondamentale, desumibile dalla Costituzione o da fonti equiparate, tutelando il diritto del creditore alla prestazione principale accertata con provvedimento giudiziale, mirando pertanto ad assicurare il rispetto di fondamentali e condivisi principi, quali il giusto processo civile, inteso come attuazione in tempi ragionevoli e con effettività delle situazioni di vantaggio, ed il diritto alla libera iniziativa economica. Né, del resto, la contrarietà all'ordine pubblico della misura dell'astreinte può eccepirsi sotto il profilo della proporzionalità della misura, lievitando l'ammontare della stessa in ragione proporzionale al ritardo nell'adempimento, in quanto la caratteristica della tecnica di tutela da essa predisposta consiste proprio nella parametrazione della sanzione al ritardato adempimento, onde è sufficiente adempiere per evitare la proliferazione della misura. In conclusione
L'espressa esclusione dell'astreinte prevista dall'art. 614-bis c.p.c. dal novero delle misure con concorrente funzione risarcitoria o indennitaria pone la stessa su analogo piano strutturale e funzionale della consimile misura prevista nell'ordinamento francese, e relega il riferimento al danno stimato o prevedibile alla stregua di mero e concorrente criterio per la determinazione del quantum, senza che allo stesso possa assegnarsi alcuna finalità riparativa. In tale prospettiva, il criterio deve essere interpretato quale espressione di esigenza che l'importo della misura sia proporzionalmente adeguato al valore dell'obbligazione il cui adempimento essa mira a indurre e, per traslato, del danno che il definitivo inadempimento della prestazione sia idoneo a produrre. Analoga funzione di parametrazione dell'ammontare della condanna ex art. 614-bis c.p.c. al valore dell'obbligazione avrebbero gli altri due criteri di determinazione previsti dal terzo comma della disposizione, quello del valore della controversia e della natura della prestazione. Il riferimento alla natura della prestazione, in particolare, sembra rivestire la funzione di assicurare un'adeguata parametrazione della misura laddove, come nel caso di prestazioni di natura personale infungibile, il valore personale e soggettivo ex latere creditoris della prestazione da adempiere sfugga a criteri di determinazione economica della stessa. La collocazione dell'art. 614-bis c.p.c. nell'alveo delle misure di coercizione indiretta, sia pure con la peculiare previsione del creditore della prestazione principale, e non dello Stato o di altro soggetto, quale estremo attivo della prestazione pecuniaria, recide, in ultima analisi, ogni potenziale nesso con l'eventuale giudizio risarcitorio intentato dal creditore nei confronti del debitore della prestazione principale, nel quale pertanto non potranno trovare ingressi temi di computo o scomputo della somma eventualmente versata ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c. dal danno. In dottrina sul tema: Bove, La misura coercitiva di cui all'art. 614-bis c.p.c., in www.judicium.it; Merlin, Prime note sul sistema delle misure coercitive pecuniarie per l'attuazione degli obblighi infungibili nella l. 69/2009, in Riv. dir. proc., 2009, 1159 e ss.; Vullo, L'esecuzione indiretta fra Italia, Francia e Unione Europea, in Riv. dir. proc., 2004, 727 e ss.; L'esecuzione processuale indiretta, a cura di Capponi, Milano, 2011.
In giurisprudenza: Cass. civ., sez. I, 15 aprile 2015, n. 7613 |