Sulla c.d. irreversibilità della non contestazione

09 Giugno 2016

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 115, comma 1, e 167, comma 1, c.p.c., l'onere di contestazione specifica dei fatti posti dall'attore a fondamento della domanda opera unicamente per il convenuto costituito e nell'ambito del solo giudizio di primo grado.
Massima

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 115, comma 1, e 167, comma 1, c.p.c., l'onere di contestazione specifica dei fatti posti dall'attore a fondamento della domanda opera unicamente per il convenuto costituito e nell'ambito del solo giudizio di primo grado, nel quale soltanto si definiscono irretrattabilmente thema decidendum e thema probandum, sicché non rileva a tal fine la condotta processuale tenuta dalle parti in appello.

Il caso

In primo grado Tizio conveniva in giudizio una società per ottenere il pagamento di una somma quale corrispettivo di competenze professionali.

La convenuta contestava l'avversa pretesa e proponeva domanda riconvenzionale di condanna di Tizio al pagamento di un controcredito.

Le richieste della società convenuta erano integralmente accolte; peraltro, la stessa restava contumace nel corso del giudizio di appello incardinato da Tizio, all'esito del quale la sentenza di primo grado era totalmente riformata con accoglimento della domanda di pagamento dell'attore.

Il giudice di seconde cure motivava il proprio convincimento sull'assunto per il quale ciò era conseguenza della non contestazione della convenuta ex art. 115 c.p.c., non contestazione derivante dalla condotta processuale di contumacia a seguito della quale dovevano ritenersi provati i fatti e le circostanze articolati e dedotti dall'appellante e sui quali l'appellata, rimanendo contumace, non aveva svolto alcuna difesa.

Proponeva ricorso per cassazione la società soccombente deducendo violazione degli artt. 113, 115, e 116 c.p.c. e 2697 c.c. poiché nel vigente ordinamento processuale non possono desumersi conseguenze probatorie a carico del contumace.

La questione

La questione principale affrontata dalla decisione in esame è la seguente: quando diviene irretrattabile la condotta di non contestazione ai sensi dell'art. 115 c.p.c., come novellato dalla l. 18 giugno 2009, n. 69?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ha ritenuto, con la pronuncia in commento, manifestamente fondato il ricorso proposto dinanzi a sé.

Occorre premettere che l'art. 115 c.p.c. è stato modificato dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, nel senso che non è necessario che siano provati i fatti non specificamente contestati dalle parti costituite: ne consegue che una contestazione generica – rispetto a fatti oggetto di specifica e puntuale allegazione ad opera dell'altra parte e rientranti nella sfera di conoscibilità di chi è onerato della contestazione – è priva di qualsivoglia effetto. La novella è evidentemente orientata ad una semplificazione dell'istruttoria in conformità al principio economia processuale.

Ciò premesso, la prima delle argomentazioni utilizzate dalla Corte sarebbe stata di per sé sufficiente per l'accoglimento del ricorso stesso, ma non avrebbe comportato alcun peculiare interesse della decisione.

Invero, si evidenzia, innanzitutto, che la decisione impugnata si pone in contrasto con quanto espressamente previsto dall'art. 115 c.p.c., norma che, senza stravolgere la ricostruzione della contumacia in termini di condotta processuale neutra nel nostro sistema processuale, nel prevedere che non vi è esigenza di provare i fatti non contestati fa riferimento alle «parti costituite» e, pertanto, non trova applicazione per la parte contumace.

La questione di maggior interesse sul piano processuale è, tuttavia, l'espressa presa di posizione della Corte di Cassazione in ordine al momento sino al quale è possibile contestare ai fini dell'operatività del meccanismo disciplinato dall'art. 115 c.p.c.

È difatti discusso il momento processuale nel quale la non specifica contestazione rende la stessa irreversibile e, quindi, il fatto non contestato pacifico (v. ampiamente Sassani).

Non può trascurarsi di ricordare che, secondo una parte della dottrina (Balena), la contestazione è una mera difesa, sicché non può sussistere alcuna preclusione rispetto a siffatta condotta processuale che potrebbe validamente intervenire anche quando il thema probandum ed il thema decidendum sono ormai cristallizzati e, peraltro, persino in sede di impugnazione.

La pronuncia in commento accede, per contro, alla differente impostazione interpretativa (v., ad es., Ianniruperto) per la quale l'ultimo momento utile entro il quale è possibile contestare specificamente un fatto ex adverso allegato è costituito dalla prima memoria di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., dovendo poi procedersi all'ammissione dei mezzi istruttori avendo chiaro il quadro dei fatti da provare in quanto controversi.

Tale soluzione era stata già suffragata da quella parte della giurisprudenza di merito per la quale la contestazione tardiva dei fatti ex art. 115 c.p.c. è ammessa, esaurita la fase dell'ammissione delle prove, solo in presenza dei presupposti per la rimessione in termini, sicché la non contestazione entro il momento nel quale i fatti possono essere allegati nel procedimento di primo grado è tendenzialmente irreversibile (Trib. Varese, sez. I, 14 ottobre 2011, in Giur. Merito, 2012, n. 1, 94)

Osservazioni

La soluzione della Corte, scontata in ordine alla questione dell'inoperatività dell'art. 115 c.p.c. nella fattispecie che ne occupa attesa la contumacia della parte, è senz'altro da approvare con riguardo alla complessa problematica della c.d. irretrattabilità della non contestazione.

Sul punto, infatti, non potrebbe seriamente dubitarsi che la contestazione integra una mera difesa poiché, a differenza dell'eccezione, non introduce nell'ambito del giudizio fatti differenti da quelli allegati dall'altra parte, di carattere impeditivo, estintivo o modificativo rispetto agli stessi.

Peraltro, sarebbe illogico ritenere, al contempo, che possa predicarsi un'interpretazione dell'art. 115 c.p.c. nel senso di consentire che i fatti siano contestati specificamente in qualsivoglia momento del giudizio, finanche in sede di gravame, in quanto ciò andrebbe a porsi in contrasto con le finalità di economia processuale alla base della riforma del 2009.

Si vuole dire, in altre e più chiare parole, che finirebbe con il risultare pressoché paradossale che nel giudizio di primo grado un fatto in quanto non contestato sia considerato pacifico dal giudice senza quindi la necessità che venga dimostrato per desumerne le relative conseguenze giuridiche, con possibilità, peraltro, della parte che non ha contestato di modificare siffatta condotta in appello, imponendo un'istruttoria nel secondo grado di giudizio.

Guida all'approfondimento

BALENA, in AA.VV., La riforma della giustizia civile, Torino 2009, 31 ss.;

IANNIRUBERTO, Il principio di non contestazione dopo la riforma dell'art. 115 c.p.c., in Giust. Civ., 2010, II, 309;

SASSANI, L'onere della contestazione, in Giusto proc. civ., 2010, 401 ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario