Recenti contrasti giurisprudenziali in tema di forum destinatae solutionis
09 Giugno 2016
Massima
Va rimessa alle Sezioni Unite la questione relativa all'applicabilità dell'art. 1182, comma 3, c.c., qualora nel contratto non risulti predeterminato l'importo del corrispettivo di una prestazione, ma tale importo venga autodeterminato dall'attore nell'atto in cui fa valere la propria pretesa creditoria. Il caso
L'ordinanza interlocutoria in commento rinvia alle Sezioni Unite la questione relativa all'applicabilità dell'art. 1182, comma 3, c.c. laddove nel contratto non sia predeterminato dalle parti l'importo del corrispettivo di una prestazione, ma questo importo sia autodeterminato unilateralmente dall'attore quando fa valere la propria pretesa creditoria. La VI Sezione Civile, infatti, ravvisa sul punto l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza e, trattandosi di una questione di massima che involge un contenzioso di notevole portata, ritiene opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente ai fini dell'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. La questione
È sorto nella giurisprudenza di legittimità, un contrasto sulla portata applicativa del combinato disposto dell'art. 20 c.p.c. e dell'art. 1182, comma 3, c.c. In particolare alcune sentenze hanno affermato che ai fini della determinazione della competenza territoriale il comma 3 dell'art. 1182 c.c. è applicabile in tutte le cause che abbiano ad oggetto una somma di denaro, laddove l'attore abbia richiesto il pagamento di una somma determinata, non incidendo sulla individuazione della competenza territoriale la maggiore o minore complessità dell'indagine sull'ammontare effettivo del credito che attiene esclusivamente al merito. In sostanza, secondo questa giurisprudenza, sarebbe irrilevante che la prestazione richiesta non sia stata convenzionalmente stabilita, essendo sufficiente che l'attore abbia agito per il pagamento di una somma da esso indicata precisamente. Altre, invece hanno affermato che quando la somma deve ancora essere determinata dalle parti, o, in loro sostituzione liquidata dal giudice tramite indagini ed operazioni diverse dal mero calcolo aritmetico, trova applicazione il comma 4 dell'art. 1182 c.c., secondo cui l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza, mentre il foro del creditore ex art. 1182 c.c., comma 3, potrebbe operare soltanto nel caso di somma già contrattualmente determinata nel suo preciso ammontare. Sicché la Sezione Semplice ha pronunciato ordinanza di rimessione della questione alle Sezioni Unite ritenendo sussistere un contrasto di giurisprudenza sul concetto di obbligazione pecuniaria rilevante ex art. 1182 c.c., comma 3 e che si tratti di una questione di massima che involge un contenzioso di considerevole portata e chiedendo altresì che le Sezioni Unite facciano chiarezza stabilendo se sia applicabile l'art. 1182 c.c., comma 3, qualora nel contratto non risulti predeterminato l'importo del corrispettivo di una prestazione, ma tale importo sia autodeterminato dall'attore nell'atto in cui fa valere la sua pretesa creditoria. Le soluzioni giuridiche
Il contrasto di giurisprudenza, a parere della Corte nella pronuncia in esame, attiene alla corretta interpretazione del concetto di obbligazione pecuniaria rilevante ex art. 1182, comma 3, c.c., contrasto che talora ha trovato soluzione nella considerazione che, ai fini della competenza, bisogna avere riguardo ai fatti per come prospettati dall'attore, a prescindere dalla fondatezza o meno delle contestazioni formulate dal convenuto o comunque relative al merito della causa. Del resto l'art. 20 c.p.c. trova applicazione ogni volta che la domanda riguardi un rapporto di obbligazione: la norma non specifica alcunché, sicché deve ritenersi estesa a tutte le obbligazioni indipendentemente dalla loro fonte, quindi sia contrattuali che extracontrattuali, sia da atto lecito che da atto illecito, comprese quelle di fonte legale Con il termine «obbligazione», presupposto specifico di applicazione della norma in commento, infatti, si indica il rapporto obbligatorio articolato nelle due situazioni speculari, quella attiva che fa capo al creditore e che si chiama «diritto di credito»; quella passiva che fa capo al debitore e che si chiama «debito», o obbligazione in senso stretto. Il debitore è tenuto al comportamento, detto «prestazione» in cui si concreta l'oggetto dell'obbligazione. L'obbligazione deve essere distinta da alcune figure affini perché, mentre nel rapporto obbligatorio al creditore è concessa una pretesa, tutelata dall'ordinamento, per ottenere l'adempimento da parte del debitore, vi sono alcune ipotesi in cui il creditore è sfornito di tutela a fronte dell'inadempimento del debitore, come nel caso delle obbligazioni naturali. Ai sensi dell'art. 1173 c.c. che detta una disposizione con contenuto descrittivo, le obbligazioni nascono dai contratti, dai fatti illeciti oppure da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico. A titolo esemplificativo si possono ricordare la gestione d'affari, il pagamento dell'indebito, l'arricchimento senza causa. Deve farsi quindi riferimento alla domanda così come è stata proposta, indipendentemente dalla valutazione della sua fondatezza (Cass. civ., 11 gennaio 1990, n. 33; Cass. civ., 30 aprile 2005, n. 9013; Cass. civ., 18 aprile 2006, n. 8950; Cass. civ., 25 agosto 2006, n. 18485), salvo che la prospettazione dell'attore sia un espediente fittizio per eludere il giudice naturale precostituito per legge (Cass. civ., 6 agosto 1997, n. 7277; Cass. civ., 27 febbraio 2004, n. 4112). Osservazioni
Per individuare il luogo di esecuzione della prestazione obbligatoria, considerato foro concorrente con quello generale ai sensi dell'art. 20 c.p.c., bisogna far riferimento alla classica disposizione dell'art. 1182 c.c. Questa norma riporta i criteri da seguire per l'individuazione del luogo di adempimento dell'obbligazione. Tra i criteri elencati dalla norma assoluta preferenza è assegnata alla volontà delle parti tanto che solo in mancanza di un loro accordo la prestazione deve essere dal debitore eseguita nel luogo risultante dagli usi o dalla natura della stessa, o dai criteri suppletivi di determinazione indicati dai successivi commi della disposizione che, precisamente sono individuati nel luogo in cui la cosa si trovava quando l'obbligazione è sorta, per la consegna di cosa certa e determinata (salve le eccezioni previste dagli artt. 1510, commi 1 e 2, c.c.; art. 1174, comma 1, c.c.; art. 1556 c.c.); nel domicilio del creditore, di norma, per l'obbligazione pecuniaria; nel domicilio del debitore per ogni altra obbligazione. I criteri specificati dall'art. 1182 c.c. devono però essere coordinati con gli altri criteri previsti in relazione alle specifiche tipologie contrattuali; ad esempio bisognerà far riferimento agli artt. 1498 e 1510 c.c. per il contratto di vendita; agli artt. 1834, comma 2, c.c. e 1843, comma 2, c.c. per i contratti bancari; all'art. 1774 c.c. per il contratto di deposito. Il dettato della norma che pare, appunto, privilegiare l'effettiva volontà delle parti, sembrerebbe dar ragione a quella giurisprudenza, riportata nell'ordinanza in commento, secondo cui sulla competenza territoriale non incide la maggiore o minore complessità dell'indagine sull'ammontare effettivo del credito che atterrebbe soltanto alla successiva fase di merito. |