Raddoppio del contributo unificato: non esistono i presupposti se il giudizio è estinto

Redazione scientifica
09 Settembre 2016

Il raddoppio del contributo unificato è misura eccezionale di stretta interpretazione e non è pertanto suscettibile di interpretazione estensiva o analogica.

IL CASO Il Tribunale di Milano accoglie parzialmente i ricorsi in opposizione avverso le cartelle esattoriali con cui ad una società in liquidazione era stato ingiunto il pagamento di somme a titolo di contributi a titolo di assegni familiari e di maternità e relative sanzioni, dichiarandoli non dovuti.

La Corte d'appello riforma parzialmente la sentenza del giudice di primo grado dichiarando invece dovuti i contributi CUAF e le relative sanzioni.

La società e l'INPS ricorrono in cassazione separatamente, la prima sulla base di sei motivi cui l'Inps ha resistito con tempestivo controricorso, e la seconda con un unico motivo di ricorso, cui la società resiste con controricorso. Ex art. 335 c.p.c. i ricorsi avanzati avverso la medesima sentenza vengono riuniti e la società, il cui ricorso viene dichiarato inammissibile, deposita atto di rinuncia al suo ricorso chiedendo il rigetto di quello proposto da INPS ove dichiara non dovuti i contributi per maternità.

RINUNCIA AL RICORSO La Corte ribadisce anzitutto che la rinuncia al ricorso in Cassazione è atto unilaterale non accettizio ma recettizio, che comporta quindi l'obbligo di notifica alle parti costituite o ai loro avvocati che vi pongono il visto. A norma dell'art. 91 c.p.c., infatti, il mancato rispetto di queste formalità determina il venir meno della pronuncia di estinzione del processo di cassazione (Cass. civ., sez. un., 3876/2010). Pur avendo l'INPS dichiarato di non accettare la rinuncia, avendo dato atto della sua avvenuta notifica consente alla Corte di dichiarare estinto il giudizio di cui al ricorso della società in liquidazione.

RIDUZIONE CONTRIBUTIVA AI DIPENDENTI PRIVATI La Suprema Corte in molte pronunce ha già chiarito come, ex art. 78, comma 14, d.lg. 26 marzo 2001 n. 151, sia prevista una riduzione degli oneri contributivi «quale conseguenza della fiscalizzazione degli importi delle indennità di maternità erogate per eventi successivi al 1 luglio 2001 e per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza alcun riferimento all'aumento dell'aliquota contributiva dovuta al fondo pensione lavoratori dipendenti». Pertanto la riduzione risulta applicabile «anche alle retribuzioni di lavoratori dipendenti da privati che abbiano optato il mantenimento della posizione assicurativa presso INPDAP» (Cass. civ., n. 8211/2014).

I Giudici di legittimità affermano quindi che l'assunto dell'INPS non è in alcun modo condivisibile. L'art. 78 d. lg. n. 151/2001 non fa alcuna menzione all'aumento dell'aliquota contributiva dovuta al Fondo Pensioni lavoratori dipendenti ex art. 3, comma 23, l. n. 335/1995, che l'INPS vorrebbe invece come normativa di riferimento. Anzi, testualmente l'art. 79 d.lg. n. 151/2001 stabilisce che il contributo «in attuazione degli oneri di cui all'art. 78, è dovuto dai datori di lavoro per tutti i lavoratori dipendenti», ivi compresi dunque quanti hanno scelto di mantenere la propria posizione assicurativa presso INPDAP (Cass. civ., n. 18455/2014).

RADDOPPIO DEL CONTRIBUTO UNIFICATO Dal momento che i ricorsi sono stati proposti dopo il 30 gennaio 2013, è necessario applicare l'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1. Come infatti chiarisce la Corte «Il rilevamento o meno dei presupposti per l'applicazione di un ulteriore contributo unificato è da considerarsi atto dovuto», poiché collegato al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito negativa dell'impugnazione per l'impugnante, «muovendosi nell'ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell'apparato giudiziario o della vana erogazione delle pur sempre limitate risorse a sua disposizione (Cass. civ., sez. un., n. 22035/2014).

Per la società in liquidazione, pertanto, non esistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato: il suo giudizio è stato dichiarato estinto.

Come chiarito anche da Cass. civ. n. 23175/2015, ricorda la Suprema Corte, quanto previsto dall'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 «non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica solo ai casi –tipici- del rigetto dell'impugnazione o della sua declaratoria di inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “latu sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica».

Al contrario l'INPS dovrà versare il raddoppio del contributo unificato, essendo stato rigettato il suo ricorso.

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