Regole tecniche e formato dei documenti nel processo civile telematico

Giovanni Buonomo
09 Novembre 2016

La mancata visualizzazione di un file allegato alla comunicazione eseguita dal cancelliere, dipendente da un'errata configurazione del computer in uso al difensore destinatario della comunicazione, costituisce errore inescusabile imputabile alla parte.
Massima

La mancata visualizzazione di un file allegato alla comunicazione eseguita dal cancelliere ai sensi dell'art. 136 c.p.c., dipendente da un'errata configurazione del computer in uso al difensore destinatario della comunicazione, costituisce errore inescusabile imputabile alla parte e non comporta alcuna invalidità per violazione dei regolamenti e delle specifiche tecniche relative ai formati elettronici per la trasmissione dei documenti nell'ambito del processo civile telematico.

Il caso

Contro la sentenza del tribunale che accoglie la domanda di riscatto agrario di un terreno confinante, alienato in violazione del diritto di prelazione, propone appello la società acquirente (rimasta contumace nel primo giudizio) eccependo la nullità dell'atto di citazione di primo grado.

La Corte di appello, accolta l'eccezione di nullità, dispone la rinnovazione dell'intero giudizio, fissando l'udienza per l'espletamento della prova.

I testimoni non si presentano (secondo la difesa della originaria attrice a causa di un errore nella notifica a mezzo di posta elettronica certificata), cosicché la Corte dichiara la parte appellata decaduta dal diritto, accoglie l'appello e rigetta, in totale riforma della sentenza appellata, la domanda di riscatto proposta tardivamente.

Nella motivazione relativa alla decadenza dalla prova, la Corte territoriale rileva che la mancata visualizzazione del file allegato al messaggio di posta elettronica certificata, contenente la comunicazione dell'ordinanza che ammetteva la prova, è dipesa da un'errata configurazione del computer in uso al difensore e che la circostanza è imputabile a colpa inescusabile della parte.

Con il ricorso per cassazione la parte soccombente lamenta, allora, una violazione delle norme regolamentari che disciplinano i formati elettronici ammessi nell'ambito del processo civile telematico per la trasmissione degli atti processuali e, in particolare, che l'impossibilità di visualizzare il file contenente l'ordinanza istruttoria sarebbe imputabile al formato elettronico utilizzato per la trasmissione dei documenti, un formato compresso reso evidente dalla estensione pdf.zip utilizzato in luogo del file con estensione .pdf richiesto dalle specifiche ministeriali.

La questione

Vengono, dunque, in rilevo due questioni di grande attualità.

La prima riguarda la natura e l'efficacia delle disposizioni regolamentari sul processo civile telematico e le conseguenze della loro violazione sul piano dell'eventuale nullità dei documenti informatici non conformi ai formati standard.

La seconda questione, invece, riguarda gli obblighi che sono posti dalla disciplina generale del PCT a carico della parte tenuta a dotarsi di una casella di posta elettronica certificata.

Le soluzioni giuridiche

La Corte suprema interviene nuovamente sul tema del formato dei documenti informatici trasmessi per via telematica per affermare che il formato individuato dalla estensione .zip, utilizzato per la compressione del file durante la trasmissione, non muta il contenuto dei documenti ed è conforme alle disposizioni regolamentari sulla trasmissione per via telematica dei documenti nell'ambito del processo civile telematico.

La sentenza, per la quale non constano specifici precedenti, segue la pronuncia con cui le Sezioni Unite hanno affermato la sostanziale irrilevanza del formato, ai fini della notificazione di un atto per via telematica, quando sia accertata la consegna dell'atto e la sua conoscenza da parte del destinatario (Cass., Sez. Un., 18 aprile 2016, n. 7665). Pur non affrontando direttamente il problema della conformità degli atti del processo telematico alle norme regolamentari che disciplinano il c.d. formato dei documenti informatici, dunque, la pronuncia s'inserisce autorevolmente nel più ampio dibattito relativo agli obblighi di manutenzione che fanno capo ai soggetti obbligati a dotarsi di una casella di posta elettronica certificata e alle conseguenze della mancata visualizzazione del documento informatico trasmesso per via telematica.

Nella motivazione della sentenza, la Corte di Cassazione osserva, però, che l'accertamento in fatto, relativo alla mancata visualizzazione del file allegato per una errata configurazione del computer in uso al difensore non è sindacabile in un giudizio di legittimità (se non per motivazione illogica o inesistente) e che la disciplina regolamentare, interpretata nel suo contesto generale, esige dal difensore «l'utilizzo di un'idonea configurazione del computer tale da consentire l'accesso al formato compresso»; anche perché «il semplice onere di diligenza che grava sul difensore avrebbe dovuto consigliare, in caso di dubbio, di rivolgersi alla cancelleria del giudice per risolvere il problema, eventualmente chiedendo una nuova trasmissione…»

Osservazioni

Alla luce della decisione in commento, del quadro normativo e del panorama giurisprudenziale possono svolgersi le considerazioni che seguono.

1. I riferimenti normativi

Com'è noto, la disciplina del processo civile telematico è interamente affidata alla normazione di carattere secondario. La relazione che accompagnava il d.P.R. n. 123/2001 (che costituisce il primo testo normativo sulla materia) giustificò l'emanazione con regolamento delle prime norme sulla formazione e sulla trasmissione di documenti informatici nel processo civile con il fatto che la materia non era « più coperta da riserva di legge», poiché l'art. 15, l. n.59/1997 aveva rimesso la disciplina delle modalità di applicazione del principio di equivalenza dei documenti informatici, per la pubblica amministrazione e per i privati, a fonti normative secondarie (v. art. 15, comma 2, 15 marzo 1997, n. 59).

Non era estranea alle ragioni della importante riforma, peraltro, la consapevolezza che uno strumento normativo più «snello» nei tempi di adozione e nelle modalità di attuazione avrebbe meglio seguito i mutamenti indotti dal rapido mutamento delle conoscenze scientifiche che condizionano il legislatore in questo settore.

La rapida obsolescenza tecnologica nella materia informatica, dunque, è all'origine della delegificazione della materia; ma è anche la causa delle continue modifiche che hanno privato il quadro normativo di riferimento della necessaria stabilità applicativa (Emblematica è la vicenda del codice dell'amministrazione digitale, emanato con d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e destinato a raccogliere le norme sui documenti informatici, sulle firme elettroniche, sulle trasmissioni a distanza dei documenti e, più in generale, a segnare un radicale mutamento nei rapporti tra Stato, cittadini ed imprese).

L'incertezza del legislatore di fronte al continuo mutare delle conoscenze scientifiche, in altri termini, è frutto di un evidente condizionamento del diritto ad opera dell'informatica e, più in generale, della tecnica.

La trasmissione dei documenti informatici nell'ambito del processo telematico è oggi disciplinata dall'art. 12 del decr. Min. 21 febbraio 2011, n. 44 secondo cui «I documenti informatici allegati all'atto del processo sono privi di elementi attivi e hanno i formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell'art. 34»

La stessa norma consente, peraltro, «l'utilizzo dei formati compressi, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell'art. 34, purché contenenti solo file nei formati previsti dal comma precedente».

L'art. 34 dello stesso regolamento rimanda ad ulteriori «specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentita DigitPA e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali»; e queste ultime disposizioni, emanate con decreto del 16 aprile 2014 e da ultimo modificate con decreto 28 dicembre 2015, prevedono che l'atto del processo sia scritto «in forma di documento informatico» (rectius: su un supporto informatico), «in formato PDF», «privo di elementi attivi», «ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti» e non costituito da scansione di immagini.

Il documento dev'essere, inoltre, sottoscritto con firma digitale e corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate e le informazioni della nota di iscrizione a ruolo (parimenti sottoscritto con la firma digitale del mittente).

2. I primi problemi applicativi

I primi problemi applicativi sono sorti con la produzione nel fascicolo informatico di file PDF realizzati per scansione di immagine, ritenuti da alcuni giudici di merito non conformi alle regole tecniche in quanto non idonei alla ricerca testuale (così Trib. Livorno, 25 luglio 2014). È stato così ritenuto inammissibile il ricorso per decreto ingiuntivo proposto su un documento informatico derivato da una scansione di un documento cartaceo «…che non consente operazioni di selezione e copia di parti, anziché derivare, come prescritto, dalla trasformazione in documento *.pdf di un documento testuale» poiché mancante «dei requisiti genetici indispensabili per dar valido corso ad un procedimento telematico» (Tribunale di Roma, 13 luglio 2014, giud. Castaldo); anche se non sono mancate opinioni difformi (Tribunale di Roma, 24 gennaio 2015, v. M. Nardelli, Le conseguenze processuali del deposito telematico a cura della parte non precedentemente costituita in www.ilprocessotelematico.it).

È stato anche affermato che il principio di libertà delle forme, enunciato all'art. 121 c.p.c., avrebbe portata residuale, poiché «nato in un contesto storico al quale era estranea la dimensione ‘digitale' degli atti e dei documenti» e sarebbe inapplicabile quando la legge richiede «forme determinate» per il compimento dell'atto; con la conseguenza che «quando ciò avvenga, non è consentito affidarsi al criterio del raggiungimento dello scopo per sancire la validità di un atto compiuto senza il rispetto delle forme stabilite» (Trib. Roma 13 luglio 2014).

Il Tribunale di Milano, invece, ha ritenuto sussistente, in tutti i casi di mancato rispetto delle regole tecniche, una mera irregolarità suscettibile di sanatoria mediante rinnovazione dell'atto, poiché la nullità non è prevista dalla legge e l'adozione di un diverso formato non impedisce di prendere visione del contenuto del documento e, conseguentemente, al raggiungimento dello scopo non può mai conseguire una declaratoria di nullità, secondo il principio dettato dall'art 156 c.p.c..

La tesi sostenuta dal tribunale, conforme a consolidati principi affermati dalla Corte di cassazione (secondo cui il deposito irrituale di un atto processuale dà luogo ad una mera irregolarità sanabile per effetto della successiva regolarizzazione o, anche in caso di nullità, sanabile per effetto del raggiungimento dello scopo: da ultimo, in tema di deposito del ricorso per via telematica anziché su supporto cartaceo, si veda Cass. civ., sez. II, 12 maggio 2016, n. 9772) è stata poi confermata dall'autorevole pronuncia delle sezioni unite secondo cui «L'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, in "estensione.doc", anziché "formato.pdf") ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale» (Cass., Sez. Un., 18 aprile 2016, n. 7665).

In altri termini, le disposizioni regolamentari sul c.d. processo telematico non incidono sui principi generali del processo e se il documento, a prescindere dal formato con cui è trasmesso, è leggibile, il raggiungimento dello scopo sana ogni ipotizzabile nullità.

3. Perché il PDF

Può dunque ritenersi acquisito, dopo le prime oscillazioni della giurisprudenza di merito, che lo scopo delle disposizioni tecniche sul formato dei documenti informatici non è quello di consentire la ricerca del dato testuale all'interno del file PDF (come sembrano ritenere gli estensori delle prime ordinanze sopra citate), ma quello di mantenere la leggibilità del documento informatico nella sua forma originaria (da qui l'adozione del formato PDF, nato per impedire al documento di perdere la sua originaria formattazione); così come l'adozione degli strumenti di compressione è funzionale alla minore occupazione di spazio negli archivi e alla minore occupazione della banda durante la trasmissione.

Il documento, che è rappresentazione di atti o fatti giuridicamente rilevanti, consegue dunque il suo scopo ogni qualvolta il suo contenuto sia leggibile dal destinatario a prescindere dal suo supporto (informatico o cartaceo) e dal suo formato informatico (che è una particolare codifica dei dati), imposto dai regolamenti solo in funzione delle esigenze di efficienza dei sistemi informatici a cui è affidato il funzionamento del processo telematico.

In altri termini: un file in formato «immagine» o un file PDF in formato «nativo» sono perfettamente equipollenti ai fini processuali se sono documenti leggibili.

I documenti realizzati mediante la scansione ottica (c.d. file di immagine) non sono consentiti perché occupano una maggiore quantità della memoria di massa dei sistemi di archiviazione (risorsa, per definizione, limitata e costosa) e possono nascondere al loro interno, con la tecnica della steganografia, odici eseguibili (malware o virus informatici) non rilevabili dai normali sistemi antivirus.

4. Gli elementi attivi

Un problema simile a quello legato dall'uso di formati diversi nella trasmissione dei documenti informatici è legato alla presenza dei cosiddetti «elementi attivi», vietati dalla disciplina tecnica.

Alcuni giudici di merito hanno considerato inammissibile il ricorso per decreto ingiuntivo costituito da un documento informatico contenente «uno o più collegamenti ipertestuali agli allegati» poiché le specifiche tecniche vietano la trasmissione di documenti contenenti «elementi attivi» e «la violazione della forma legale non consente di ritenere raggiunto lo scopo poiché l'atto introduttivo manca dei requisiti genetici indispensabili per dar corso a valido processo telematico» (Trib. Roma, ord., 20 aprile 2015).

È evidente, tuttavia, che i collegamenti ipertestuali, che hanno lo scopo di favorire la consultazione degli allegati collegati al ricorso, sono cosa diversa dalle le funzioni che si attivano automaticamente (e in modo spesso invisibile all'utente) all'interno del documento informatico, come i campi a compilazione automatica, destinati a compilare la data o a contare il numero delle pagine in un file di testo o dedicati all'aggiornamento automatico di una cella in un foglio elettronico.

Un documento informatico munito di istruzioni macro auto-eseguibili, in altri termini, non soddisfa i requisiti di integrità e di autenticità poiché (ad esempio) la data potrebbe non essere certa e computabile rispetto ai terzi o il numero delle pagine incerto. Così come l'esecuzione di macro-istruzioni potrebbe veicolare, all'interno del sistema, virus informatici o codici compilati per la commissione di crimini informatici.

Se questa è la ratio della disposizione regolamentare, dunque, i documenti che contengono elementi variabili rispetto al testo sono inammissibili nella misura in cui essi rappresentano un pericolo per l'integrità e per l'autenticità del documento. Cosicché occorre distinguere anche in questo caso, secondo i principi evidenziati dalla Suprema Corte, se il file che contiene collegamenti ipertestuali (che, per definizione, devono eseguire un codice per caricare in memoria un testo diverso da quello di partenza) rendono effettivamente il documento inidoneo allo scopo (perché incerta la data, l'origine o lo stesso contenuto del file).

Anche in questo caso, dunque, il motivo per cui la disciplina regolamentare esclude il deposito nel fascicolo informatico di file contenenti elementi attivi è legato esclusivamente a ragioni di sicurezza informatica e di economia delle risorse del sistema.

5. La sentenza in commento nel panorama delle questioni

Il pregio della sentenza in commento, dunque, sta nell'aver riportato la questione relativa alla violazione delle specifiche tecniche per la trasmissione dei documenti del PCT nell'ambito corretto della imputabilità dell'errore.

Da questo punto di vista, la sentenza si pone nel solco già tracciato dalla giurisprudenza della Suprema Corte in tema di comunicazioni telematiche mediante posta elettronica certificata.

Secondo la Corte, infatti, i soggetti che sono tenuti per legge a munirsi di un indirizzo PEC, hanno «il dovere di assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata e di utilizzare dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti intrusione, oltre che di controllare prudentemente la posta in arrivo, ivi compresa quella considerata dal programma gestionale utilizzato come posta indesiderata» (Cass. civ., 7 luglio 2016, n. 13917) poiché il controllo della posta in arrivo costituisce esercizio di ordinaria diligenza e prudenza.

Ai fini del perfezionamento della notifica telematica (sul tema del procedimento per la dichiarazione di fallimento a seguito delle modifiche apportate nel 2012 all'art. 15 della l.f.) la stessa Corte di legittimità ha poi affermato che «…ai fini del perfezionamento della notifica telematica occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge e, quindi, dal lato del mittente, alla ricevuta di accettazione, che prova l'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata, e, dal lato del destinatario, alla ricevuta di avvenuta consegna, la quale, a sua volta, dimostra che il messaggio di posta elettronica certificata è pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento dell'avvenuta consegna tramite un testo leggibile dal mittente (Cass. civ., sez. I, 2 novembre 2015, n. 22352).

Ciò che rende del tutto infondata la domanda di nullità basata sulla (presunta) adozione di un formato non regolamentare, dunque, non è il dato formale, ma il raggiungimento dello scopo; che, nel caso di specie, era fuori discussione, avendo lo stesso ricorrente ammesso di avere regolarmente ricevuto l'ordinanza di ammissione della prova.

Posto che il sistema di codifica dei dati adottato dal legislatore, riconoscibile dalla estensione del file, è posto in funzione dell'efficienza del sistema e della economia delle risorse, la mancata adozione degli strumenti necessari per la lettura del documento può essere imputata solo alla negligenza della parte; allo stesso modo in cui, a giustificazione della mancata lettura di un documento scritto in caratteri minuti nessuno può invocare la indisponibilità degli occhiali o di una lente di ingrandimento.